177°-KRONEL ALLE PRESE CON I FENOMENI DI OPIRGOS

Una volta intrapreso il nuovo viaggio intergalattico, la diva Kronel si era messa ad avanzare per lo spazio cosmico alla massima velocità che le veniva consentita. Intanto che si dava al suo volo vertiginoso, il quale le faceva superare molte migliaia di stelle in un tempo brevissimo, ella non era contraria a darsi di tanto in tanto a qualche riflessione. La quartogenita del dio Kron, però, si era riproposta di scacciare da sé i ricordi del passato, non volendo più riviverli, poiché il loro contenuto l'avrebbe rattristata in maniera profonda. In considerazione di ciò, la graziosa diva adesso preferiva riflettere sulla propria esistenza avvenire e rivolgersi, a proposito della quale, diverse domande, anche se esse restavano tutte senza risposta. A noi, però, conviene lo stesso venirne a conoscenza. Perciò mettiamoci ad esaminarne alcune, tra quelle che le si accavallavano nella mente e non ne conseguivano delle risposte certe per permetterle di fare un pronostico sul suo futuro a breve o a lungo termine. Così dopo potremo farcene anche noi qualche idea.

Fino a quando ella si sarebbe data a quel suo interminabile vagabondaggio cosmico? Un giorno si sarebbe decisa a porvi finalmente termine, sistemandosi sopra un pianeta, che le fosse risultato particolarmente gradito? Inoltre, avrebbe avuto la grande forza di mettere una pietra sopra la sua penosa storia del passato, che aveva avuta con il germano Luciel? In un prossimo futuro, ci sarebbe stato per lei un Materiade del ceppo umano, il quale l'avrebbe fatta innamorare, fino al punto da indurla a subordinare le proprie esigenze all'ardente amore a lui dedicato? Se ciò era destinato ad avverarsi, su quale pianeta sarebbe successo, il quale le avrebbe permesso di trovare un uomo talmente eccezionale, da conquistare il suo amore senza colpo ferire, poiché sarebbe stata lei stessa a concederglisi di propria iniziativa? In merito a quest'ultima domanda, la diva non sarebbe stata contraria ad un fatto del genere.

Sfrecciando ora attraverso Kosmos in quel modo, ossia alla straordinaria velocità summenzionata, e tutta dedita a svariati interrogativi, ad un certo momento, la divina Kronel aveva stabilito di fare una piccola sosta sopra il primo pianeta che avrebbe incontrato sul suo percorso. A condizione, però, che esso avesse avuto i requisiti atti a procurarle un gradevole soggiorno! Nel frattempo la diva era intenta ad attraversare la galassia di Puniet, le cui stelle le si affollavano intorno con il loro magico moto apparente. Il quale, mentre esse avanzavano verso di lei e le sparivano alle spalle, le presentava come se le tessessero intorno danze fantasiose e leggiadre. Ma quando lo spazio della galassia in questione non aveva avuto ancora termine, alla diva Kronel si era presentata la stella Crossed, la quale era accompagnata da un corteggio di sette pianeti. Essi le orbitavano intorno, tenendosi a differenti distanze dalla sua massa. In verità, era stato il secondo corpo planetario più vicino alla stella ad interessarla in modo particolare. Infatti, la sua superficie presentava tutti gli ingredienti per farle ritenere che su di essa l'essenza vitale fosse davvero in auge. Così, dopo avere decelerato in modo considerevole, la figlia del dio Kron aveva puntato direttamente sulla superficie del pianeta da lei prescelto per effettuarvi la sua nuova sosta. Raggiunta poi una distanza ragionevole dal suo suolo, ella aveva iniziato a planare, fino a quando non vi era atterrata dolcemente.

Quello scalo, a suo parere, le sarebbe dovuto risultare un bengodi, considerata anche la regione nella quale era venuta a trovarsi. Essa, a meno che non ci fossero stati dei disagi inattesi, aveva tutta l'aria di riservarle un riposo magnifico. Ma bisognava ancora vedere se in seguito non sarebbero intervenute a guastarglielo delle seccature non imputabili all'ambiente naturale, bensì ad altro di diverso. Comunque, come notava a prima vista, non si intravedeva il pericolo che esse potessero provenirle in qualche modo o per qualche ragione. Il posto, nel quale la diva era capitata senza averlo scelto di proposito, era una conca di modesta estensione ed incastrata in mezzo ad una catena di monti. In una zona quasi centrale di essa, poteva avvistarsi lo specchio di un placido lago, dove si riflettevano, insieme con il terso cielo, le diradate chiome dei circostanti alberi secolari. Le cui ramificazioni si ergevano alte ed imponenti verso l’azzurro infinito, superando perfino i trenta metri di altezza. In quell'istante, le medesime si davano a stormire, a causa di una leggera brezza che soffiava dal nord in quei paraggi.

La divina Kronel si trovava a pochi metri dal bacino lacustre e si era soffermata ad ammirare l'incomparabile paesaggio, che la valle metteva gentilmente a sua disposizione. In quel luogo, ad attirare la sua attenzione, c'erano pure numerose specie di uccelli dal piumaggio variegato. Essi, intanto che emettevano trilli e cinguettii melodiosi, si divertivano ad arabescare il limpido cielo con i loro voli. I quali a volte fendevano l'aria altre volte radevano l'immota superficie del lago. Di fronte a quelle stupende bellezze naturali, Kronel avvertiva dentro di sé una pacata serenità ed aveva iniziato a convincersi che quel pianeta, se ella lo avesse desiderato, sarebbe potuto diventare la meta della sua traversata cosmica. Prendendo tale decisione, ella avrebbe anche posto fine alla sua esistenza errabonda e non sarebbe stata più colta dalla fredda solitudine dello spazio, dove diventava la vittima della noia, della sfiducia e della spossatezza. Ma poi su quel pianeta avrebbe ella trovato lo straordinario essere umano che le avrebbe fatto perdere la testa, dopo essersene innamorata? La diva era convinta che egli esisteva in qualche parte di Kosmos, anche se non sapeva dire dove. Se poi lo avesse trovato sul pianeta a cui era pervenuta da poco, sarebbe stato ancora meglio, siccome quel luogo si stava dimostrando infinitamente incantevole!

Poco dopo Kronel era intenta ad osservare i pesci che guizzavano nel lago, allorché si era avuto davanti ai suoi occhi un fenomeno strano, che non riusciva a spiegarsi in nessun modo, poiché andava contro la legge di gravità del pianeta. All'improvviso, aveva scorto l'acqua lacustre sollevarsi fino ad un'altezza che non raggiungeva i mille metri; ma doveva esserci molto vicina. Essa, portandosi verso l'alto, aveva assunto la sagoma di una montagna; comunque, non era ricaduta giù, dopo aver raggiunto la massima altezza che aveva potuto. Invece, mantenendo la sua compattezza, aveva continuato a restare stabile e a conservare la suddetta forma. Inoltre, dal suo cocuzzolo, adesso venivano fuori dei getti d'acqua spumeggianti ed arcuati, i quali si estendevano torno torno ad esso fino a un centinaio di metri. Cadendo poi sulla parte mediana dell'imponente monte acqueo, lungo il percorso discendente essi formavano una composizione floreale di raro effetto. Anzi, insieme con le acque zampillanti, saltavano giù anche dei pesci colorati di diversa grandezza, i quali contribuivano a rendere il disegno assai più attraente.

La figlia del dio del tempo non riusciva in nessun modo a spiegarsi quel fenomeno fuori dell'ordinario, che osava sfidare la legge di gravità. Mentre poi veniva colpita da esso, ad un certo punto, aveva notato che, a dieci metri da lei, la montagna di acqua stava calamitando anche l'attenzione di una persona anziana di sesso maschile, la quale si era accorta per niente della sua presenza. Allora ella aveva preso coscienza che, se l’uomo non riusciva ancora a vederla, il fatto era dovuto al suo abito dell'invisibilità. Perciò si era affrettata ad assumere ancora le sembianze di Uldor, ritornando ad essere visibile agli esseri umani. Ridiventata così il solitario e fantomatico viaggiatore dello spazio, la curiosa Kronel non aveva perso tempo ad avvicinare l'appartato Materiade appartenente al ceppo umano. Ella aveva perfino deciso di intavolare con lui una conversazione amichevole e chiedergli, tra le altre cose, ciò che conosceva su quell'arcano fenomeno lacustre, il quale si stava verificando sotto i loro occhi. Perciò, una volta che lo aveva avvicinato con movimenti felpati, si era data a domandargli:

«Mi dici, brav'uomo, che cosa ci fai qui tutto solo? Vedo che anche tu giustamente sei attratto dall'acqua del lago. È forse la prima volta che ti capita di osservarla come adesso si presenta? Se vuoi saperlo, il mio nome è Uldor e sono giunto proprio adesso dallo spazio. Poiché sono un tipo a cui piace darsi a viaggi cosmici, a volte visito qualche pianeta che mi capita di incontrare lungo il mio percorso tra le stelle. A proposito, oltre al tuo nome, mi riferisci quello del tuo meraviglioso pianeta, il quale mi è ancora ignoto, non essendo un suo abitante?»

«Ti premetto, Uldor, che mi chiamo Krespus, mentre il nome del mio pianeta è Opirgos. Esso, se ci tieni a saperlo, non può essere affatto considerato come lo hai definito, non essendo tutto oro quello che luccica. Davvero sei convinto che l'acqua mi attragga? Invece la sto soltanto studiando e non vorrei mai che essa assumesse una forma del genere e desse luogo al fenomeno che vedi! Hai mai sentito parlare di una strega bruttissima e repellente, la quale è capace di trasformarsi in una donna affascinante e seducente? Precisamente, qui ci troviamo di fronte ad un caso analogo, se consideriamo il fenomeno nella sua intrinseca verità. Essa è la sola che ci consente di farcelo valutare nella sua effettiva realtà. Riguardo alla tua asserzione, in base alla quale ti sei definito un viaggiatore dello spazio, non saprei come accettarla. Essa, tuo malgrado, potrebbe perfino spingermi a considerarti un visionario, se non proprio un emerito lestofante. Comunque, unicamente per quieto vivere, per il momento preferisco non dare ad essa alcun peso! Mi ti sono spiegato nel modo migliore, mio caro sconosciuto?»

«Anch'io, Krespus, per ora intendo sorvolare sulle tue ultime considerazioni fatte su di me. Invece vorrei avere maggiori informazioni su di te e sulle altre persone che convivono con te su questo pianeta, formando un contesto sociale. Allora sei disposto ad esaudire la mia innocente richiesta oppure devo rinunciarci, a causa della tua tenace opposizione, per aver deciso di negarmi ogni tua normale relazione?»

«Invece, Uldor, sono disposto a risponderti. Ma sono persuaso che noi due dopo dovremo scontrarci senza meno sulle altre cose, ad iniziare dai tuoi fantomatici viaggi, che dici di compiere nello spazio interstellare. A quel punto, la nostra conversazione, sotto la spinta dei tuoi paradossi, di sicuro si incrinerà. Il motivo? Non ci potrà essere alcuna via d'uscita, che possa farci andare d'accordo! Ti sono stato chiaro abbastanza?»

«Al contrario, Krespus, ti assicuro che le cose non andranno come adesso le stai immaginando, poiché senz'altro noi due riusciremo a trovare una intesa, la quale alla fine ci permetterà di pensarla alla stessa maniera. Te lo garantisco! Nel frattempo, perciò, non devi fare altro che soddisfare le mie richieste e mettermi al corrente del problema reale di questa acqua, che hai voluto tanto snaturare. Immagino che ci sarà una valida ragione, la quale ti ha spinto ad esprimerti così duramente su di essa! Non è forse vero?»

«Uldor, comincio allora a farti presente che appartengo al popolo dei Surpes, il cui villaggio dista da questo lago una decina di miglia ed ospita una popolazione di oltre trentamila abitanti. Oggi noi saremmo parecchi di più, se, per motivi inspiegabili, non venissimo decimati di tanto in tanto da qualcuno o da qualcosa, di cui non siamo riusciti ancora a renderci conto. Io, però, ho il sospetto che le morti dei miei conterranei abbiano a che fare con gli strani fenomeni che avvengono sul nostro pianeta. Uno è quello del lago qui presente, al quale in questo momento stai assistendo pure tu. Invece non si contano le volte che ho voluto assistere ad una simile trasformazione dell'acqua del lago. Ovviamente, quando è capitato, non l'ho fatto per procurarmi da essa un puro divertimento, dato che c'è stato in me il solo proposito di studiarlo a fondo per ragioni mie, che conoscerai in seguito a tempo debito.»

«Quali sarebbero, Krespus, gli altri fenomeni che sul tuo pianeta risultano essere dei veri paradossi? Anzi, essi, sempre secondo te, sarebbero la causa di morte di tantissima gente del tuo villaggio! Non immagini quanto io desideri conoscerli, per una mia loro valutazione! Magari potrò anche darvi una mano a risolverveli, sebbene tu non ci creda!»

«Se proprio ci tieni che te li riveli, Uldor, non ho alcuna difficoltà a farlo. Ma dopo che li avrai appresi, cambierà forse qualcosa per noi Surpes? Oppure si tratta, da parte tua, solo di una semplice curiosità? Magari da un personaggio come te, il quale può andarsene liberamente in giro attraverso le stelle, potremo pure attenderci di avere svelato il loro grande mistero e di venire privati delle stragi, alle quali andiamo incontro nelle notti di novilunio! Non è forse così, viaggiatore dello spazio?»

«C'è poco da fare l'ironico, Krespus, poiché presto ti accorgerai che la tua ironia è fuori luogo ed è indirizzata alla persona sbagliata! Ma lo stesso ti concedo il mio perdono, non essendo tu in grado di apprezzarmi per quello che valgo effettivamente. Ma ora mettiti a riferirmi anche gli altri fenomeni anomali, se vuoi rifarti dell'errore commesso, nonché meritarti la mia stima e il mio favore, a vantaggio del tuo popolo!»

«Chiedo venia, Uldor, per la mia indelicatezza dimostrata nei tuoi confronti, siccome non avrei dovuto comportarmi come ho fatto! Ti posso assicurare, però, che la mia ironia è stata soltanto una bonaria irrisione, per cui essa non ha voluto essere affatto una sarcastica e pungente deformazione della tua personalità. Inoltre, devi sapere che in te ho intravisto fin dall'inizio una persona simpatica ed amica, anche se un po’ svitata. Per cui la mia opinione su di te ugualmente non è mutata, dopo quanto hai asserito con convinzione sulla tua persona!»

«Ti ringrazio, Krespus, per la tua precisazione, anche se non c'era bisogno di farla da parte tua, essendo già a conoscenza di come stavano realmente le cose, mentre mi giudicavi. Ma adesso sono interessato agli altri insoliti fenomeni, ai quali hai accennato prima e di cui continui ancora a non parlare. Immagino sempre per distrazione!»

«Hai proprio ragione, Uldor; ma ora provvedo subito! Ebbene, essi sono due, il primo dei quali concerne un monte. Esso si trova a trenta miglia dal mio villaggio, ma dalla parte opposta, per la precisione a sud di esso; invece incontriamo questo bacino lacustre, spostandoci in direzione nord. Risulta facile anche individuarlo, visto che è l'unico rilievo che si trova nella zona, elevandosi fino a novecento metri di altezza. Se la mia constatazione non è errata, ritengo che l'acqua del lago, come la scorgiamo in questo istante, assuma esattamente la conformazione del monte di cui ti ho parlato poco fa. Perciò mi chiedo se si tratti di una pura coincidenza oppure i due fenomeni siano da collegarsi tra di loro, per un motivo che non riusciamo ancora ad intravedere con il nostro intelletto. Invece con il tuo cervello sei capace di rapportare l'uno e all'altro, mediante una dimostrazione, che risulti poi a rigore di logica?»

«Da un esame superficiale dei due fenomeni, può anche darsi che tu abbia ragione, Krespus. Ma prima di mettermi ad indagare sull'esistenza di una indubbia relazione tra di loro, vorrei apprendere da te perché il monte, di cui hai fatto poco fa menzione, non si presenta come tutti quanti gli altri rilievi e che cosa ha esso di manifestamente anormale rispetto agli altri. Allora potresti farmelo presente?»

«La risposta è abbastanza semplice, Uldor. Il monte si comporta al contrario del lago. Ad un tratto, esso sprofonda nel sottosuolo e lascia nel terreno una buca simile ad un cratere; ma poi ne riemerge dopo tre giorni di sparizione. Durante il suo sprofondamento e la sua riemersione, si registrano alcuni fenomeni secondari. Mentre nella regione accadono lievi scosse sismiche, nei pressi del monte si scatena un assordante fragore, il quale si mette ad atterrire tutti gli animali della zona. Perciò li vediamo correre di qua e di là all'impazzata, come per cercare scampo in qualche posto sicuro. Non ti pare insolito anche questo secondo fenomeno, viaggiatore dello spazio? Certo che sì, non potendo essere altrimenti! La qual cosa, secondo me, non può essere affatto normale!»

«Concordo con te, Krespus, perché anche quello del monte si presenta un fenomeno fuori dell'ordinario. Ma adesso, giacché ci siamo, mi fai la cortesia di mettermi al corrente pure del terzo fenomeno che mi hai sottaciuto, evitando ancora di svelarmelo?»

«Ora te lo illustro subito, Uldor. Si tratta di una voragine, che si trova ad una decina di miglia dal nostro villaggio; però questa volta essa è sul suo lato occidentale. Per incontrarla, bisogna dirigersi verso ovest. Si tratta di una profonda fenditura nel terreno, i cui margini si presentano irregolari. Tale crepa non supera il miglio, ma per l’intera sua lunghezza si presenta variamente ampia. Solo in qualche punto essa può raggiungere perfino i cento metri di larghezza.»

«Mi dici, Krespus, a quale altro strano fenomeno dà luogo tale spaccatura del terreno? Ritengo che anch'essa avrà delle caratteristiche, le quali sono contrarie alla logica umana, se vi risulta veramente fenomenale! Vorrei che tu me le riferissi, per farmene una mia idea!»

«È senz'altro così, Uldor! Ma tra poco te ne convincerai pure tu, dopo che ti avrò fatto presente ciò a cui essa è in grado di dare origine. La sua presenza su Opirgos non risale a tempi immemorabili, visto che tra la nostra gente si è cominciato a tramandare la sua memoria da circa tre secoli fa. I nostri vegliardi, infatti, datano a quel tempo lo straordinario evento che la fece originare sul nostro pianeta; ma scartano ogni ipotesi che possa essersi manifestata prima di allora. Adesso mi conviene riprendere il filo del discorso, avendolo perduto di nuovo nella mia breve cronistoria! Così non mi rimproverai, come le altre volte.

«Non ti sbagli, Krespus, riguardo al tuo procedere nel racconto. Ma ti prego di non fartene un problema! Le tue varie digressioni, poiché aggiungono ogni volta qualcosa di nuovo all'argomento che mi interessa, senza meno devono essere considerate comprensibili ed assai utili. Infatti, esse quasi sempre lo integrano.»

«Ritornando alla spaccatura, Uldor, quando i nostri antenati fecero la sua scoperta, si stupirono parecchio, anche perché fino al giorno precedente, nel posto dove essa era apparsa, non esisteva neppure la più piccola fenditura. Molti Surpes, volendo appurare fin dove essa sprofondasse, vi si affacciarono; ma non furono in grado di scorgere il suo fondo, sebbene la luce del sole di mezzogiorno ne rischiarasse le pareti fino ad una considerevole profondità. Così, fallito tale loro proposito, alcuni pensarono di raggiungere l'obiettivo, lanciandovi dentro delle grosse pietre. Secondo i miei industriosi antenati, si sarebbe potuto ipotizzare la profondità della fenditura, calcolando il tempo che esse impiegavano a raggiungere il suo fondo. Infatti, impattando con la sua soda superficie, ognuna di loro avrebbe dato origine ad un tonfo, il quale si sarebbe poi fatto sentire all'esterno, anche se in maniera sorda o cupa.»

«Come vedo, Krespus, l'ingegnosità non mancava già allora ad alcuni vostri progenitori, che ritengo fossero dei veri filosofi! Ma vai avanti nel tuo racconto, poiché voglio sapere se la loro intelligente trovata riuscì a risolvere il loro problema per intero oppure solo in parte. Ti ascolto.»

«Niente affatto, Uldor! Ciò che conseguì ai vari loro lanci di cose in essa si rivelò di tutt'altro genere, che i poveretti giammai avrebbero immaginato. Via via che alcuni nostri antenati lanciavano nell'enorme fenditura pietre, sassi e altro materiale pesante, questi venivano automaticamente eiettati all'esterno dopo qualche minuto da una forza esistente nella profonda buca. Mentre li scagliava fino ad un'altezza di circa cento metri, essa faceva assumere a ciascuno di loro una traiettoria leggermente obliqua. La quale li faceva così ricadere sulla zona circostante, costituendo un serio pericolo per gli stessi che li avevano buttati nella voragine. Come vedi, con i loro esperimenti essi stavano correndo il rischio di vederseli piombare in testa e di rimetterci le penne. Ma quell'aspetto della fenditura non doveva risultare l'unica sua stranezza, poiché esso, in verità, si sarebbe dimostrato ben poca cosa, a confronto di quanto successivamente sarebbe provenuto dalla medesima!»

«Dici sul serio, Krespus? Allora sbrìgati a riferirmi pure la restante parte del racconto, dal momento che mi hai messo addosso una incredibile smania di venirne a conoscenza a qualunque costo! Allora parla pure, amico mio, perché continuo a seguirti molto interessato!»

«Uldor, poiché la zona dove era apparsa la misteriosa fenditura era prevalentemente prativa, i nostri antenati, ad evitare che essa rappresentasse un pericolo per le pecore che vi venivano condotte per la pastura, avevano pensato di recintarla. Ma un giorno, mentre alcune greggi pascolavano nelle sue vicinanze, si verificò un imprevisto, il quale costò la vita sia alle lanose bestiole sia ai pastori e ai cani che badavano ad esse. All'improvviso, in seno alla fenditura, si era messo in moto un vortice tempestoso, il quale non faceva altro che risucchiarsi nella cavità tutto ciò che nei dintorni non risultava sulla superficie ben saldo alla stessa maniera degli alberi. Le prime vittime furono le pecore, i loro guardiani e i cani. Non furono risparmiati neppure gli uccelli, che in quella circostanza si trovavano a volare sopra di essa. Anche il recinto, che la delimitava, venne trascinato con violenza nel suo interno dalla medesima forza ciclonica rapitrice. Essa riusciva ad imporsi fino a mezzo miglio di distanza dalla fenditura, dimostrandosi inclemente verso le persone e verso le cose.»

«In merito, chiariscimi allora un'altra cosa, Krespus. Come fecero gli altri Surpes del villaggio a venire a sapere della disgrazia capitata ai loro conterranei, a causa dell'infernale crepa nel suolo? Mica era semplice arrivare a cotale conclusione, essendo sparita ogni cosa nei dintorni!»

«La risposta è molto semplice, Uldor. Non tutte le persone presenti perirono in quella sventura, poiché gli animali e gli uomini, i quali avevano avuto la fortuna di trovarsi oltre la distanza che sai, scamparono ad essa. Così i pastori non coinvolti nel turbine aspiratore, fatto ritorno nel loro villaggio, informarono gli altri loro conterranei in quale pericolo mortale a volte la fenditura riusciva a trasformarsi per coloro che si trovavano nelle sue vicinanze. Da allora i Surpes sono stati sempre attenti a non avvicinarsi troppo alla strana buca, specialmente quando si verifica il disastroso fenomeno, che si esprime rumoreggiando similmente a forti raffiche di vento. Anzi, ad evitare lo sconfinamento per errore o per distrazione, è stato costruito tutt'intorno ad essa un nuovo steccato, il quale separa la zona pericolosa da quella esente da rischi. Adesso che conosci anche quest'altro particolare, sei soddisfatto, uomo curioso?»

«Krespus, è giunto il tempo di dirmi in quale altro modo, oltre a quello rappresentato dalla fenditura, che alla fin fine è possibile evitare, la gente del tuo villaggio continua a morire, senza che riusciate a comprenderne le cause. Così dopo ne saprò quanto basta per valutare se mi è permesso aiutarvi e come posso ottenere il vostro affrancamento da simili pericoli! Ti prometto che, dopo aver ascoltato tutto quanto, cercherò di adoperarmi in tal senso, con la speranza di riuscire ad aiutarvi!»

«Premesso che i tre fenomeni che ti ho riportati avvengono simultaneamente, Uldor, anche le morti dei miei conterranei avvengono nello stesso periodo, ossia nei tre giorni che precedono e seguono il novilunio. Esse si hanno sempre durante le ore notturne e in una maniera inconcepibile. Infatti, al mattino di ciascuno dei sei citati giorni, vengono trovati morti nel proprio letto una trentina di Surpes, i quali, a conti fatti, corrispondono alla media di uno al giorno. Ogni volta le vittime superano i sessant'anni, come se venisse fatta una selezione da coloro che li uccidono. Sono convinto che essi, poiché lasciano sempre illese le persone di età inferiore, non perseguono la distruzione del nostro popolo. Invece intendono solamente usarlo come autentico bacino di riserva umana, dove poter prelevare periodicamente il sostentamento per sopravvivere. Dovresti vedere come i responsabili della loro morte trasformano i loro corpi! Si tratta di qualcosa davvero orripilante e brutale!»

«Può darsi, Krespus, che si verifichi quanto hai sospettato e che non a torto lo hai immaginato! Ma mi sembra impossibile che mai nessuno, nel tuo villaggio, sia riuscito a scorgere qualcuno di loro, mentre privava della vita il proprio genitore oppure il proprio nonno. Comunque, vai avanti a raccontare e mettimi al corrente in quale maniera particolare essi fanno morire i vostri anziani congiunti!»

«Al risvegliarsi al mattino, Uldor, ai familiari dei morti capita ogni volta di dover fare i conti con la cruda realtà. Essi trovano il loro parente stretto già cadavere nel suo letto; ma appare chiaro che durante la notte il suo decesso non è avvenuto per morte naturale, bensì per una strana circostanza. Due sono i motivi che li spingono ad ipotizzare ciò: primo, la sera precedente egli godeva di ottima salute; secondo, il suo corpo emaciato, una volta morto, si presenta ridotto ad una larva umana. Infatti, non essendoci rimasta neppure una goccia di sangue nei loro vasi sanguigni e nei loro vari tessuti, la sua pelle appare scarna e raggrinzita. Per questo essi si convincono che, durante la notte, si è avuta in esso una orribile metamorfosi, la quale gli è stata causata da alieni completamente diversi da noi esseri umani.»

«Neppure questo fenomeno è da sottovalutare, Krespus, per cui bisognerà dargli una spiegazione plausibile al più presto. Anche se sono sicuro che dopo accoglierai con scetticismo la mia promessa, credendola quella di un mentecatto, ugualmente ti prometto che mi incaricherò di esso quanto prima, insieme con gli altri tre che mi hai riferiti. Vedrai che non soltanto ne verrò a capo, ma darò una svolta positiva all'intera vostra vicenda, mettendo il tuo popolo in condizione di vivere la propria esistenza con serenità. Adesso perché non mi parli di esso e mi dici pure chi ne è a capo? Ti assicuro che mi farai un grande favore!»

«Se ti fa piacere, Uldor, sono disposto a darti varie notizie sulla mia gente; ma non prima di averti esplicitato il mio pensiero su di te. Non a torto hai affermato che mi mostro scettico nei confronti della tua promessa. Mi dici perché non dovrei esserlo? A mio parere, ci stai promettendo mari e monti, come se tu fossi il padrone dell'universo e non chi vi viaggia dentro solamente. E siccome ti considero una persona come noi, giammai mi convincerai che sarai in grado di compiere imprese simili. Unicamente se tu fossi una divinità, in quel caso porrei fine al mio scetticismo e comincerei a credere alle tue promesse. Anzi, non le accoglierei nemmeno come speranze, dal momento che vedrei in esse delle autentiche certezze. Perciò ti pongo la seguente domanda: sei o non sei un dio? Se mi asserisci di sì, non devi fare altro che dimostrarmelo. Probabilmente, pretendo troppo da te!»

«Almeno per il momento, Krespus, per una mia ragione, non sento la necessità di rispondere alla tua domanda. In luogo della risposta, invece, intendo far seguire quei fatti, i quali ti guideranno a dartela da te stesso senza difficoltà. Sei soddisfatto?»

«Staremo a vedere, Uldor, se sarà come hai affermato. Ma stanne certo che sarei molto felice, se tu mi mettessi nelle condizioni di ricredermi! Adesso, rispettando la mia promessa, voglio parlarti del mio popolo. La tribù, della quale faccio parte, come ti avevo già anticipato, è quella dei Surpes, il cui attuale capo è Martuon. Quanto al numero degli abitanti, esso si è sempre mantenuto sulle trenta migliaia, poiché ogni anno l'indice di natalità è sempre stato uguale al quoziente di mortalità, nonostante ci fossero state le sovrabbondanti morti causate dal fenomeno che conosci. Il mio popolo si dedica in prevalenza alla pastorizia, alla pesca e alla caccia; mentre l'agricoltura è rivolta alla coltivazione delle sole graminacee, prima fra tutte il grano, da cui ricaviamo il pane. A questo punto, non sapendo cos'altro farti sapere sulla mia gente, il mio resoconto su di essa può considerarsi esaurito.»

«Ti ringrazio, Krespus, per le utili informazioni che mi hai dato. Ma adesso devo congedarmi da te, dovendo dedicarmi allo studio degli strani fenomeni che avvengono sul vostro territorio e all'interno delle vostre capanne. Al termine del quale, che prevedo di ultimare entro pochi giorni, mi rifarò vivo in questo stesso posto, dove desidero ritrovarti con il capotribù del villaggio. Anzi, stabiliamo già da ora di rivederci qui nel primo pomeriggio del quinto giorno, a partire da quello odierno. Così, nel nostro prossimo incontro, vi ragguaglierò sui risultati raggiunti con il mio studio! Perciò adesso ti lascio e vado.»

A quel punto, senza attendere alcun'altra replica del suo interlocutore, la divina Kronel era sparita alla vista del surpesino Krespus. Costui allora era rimasto immensamente sorpreso, nel vedere il viaggiatore dello spazio volatilizzarsi e svanire in un attimo davanti ai propri occhi strabiliati. Perciò era stato costretto ad iniziare ad aver fiducia in lui!


Secondo il ragionamento della diva Kronel, se erano delle creature non divine a dar luogo a quei fenomeni, esse non andavano considerate dei comuni esseri mortali, come lo erano i Materiadi allo stato arcaico. Al contrario, come si rendeva conto, in loro doveva esserci qualcosa che le rendeva considerevolmente evolute. Esse, inoltre, se non avessero avuto bisogno del sangue umano per sostentarsi e sopravvivere in Kosmos, quasi di sicuro le avrebbe annoverate tra le divinità malefiche. A parere della sagace figlia del dio Kron, solo dopo aver appurato la verità su di loro, avrebbe potuto giudicarle senza la minima difficoltà. A ciò, comunque, l'avrebbe spinta soprattutto il fatto che ella, nel cimentarsi con siffatte creature, voleva evitare a qualunque costo complicazioni o qualcos'altro di negativo. Ossia, avrebbe aperto un contenzioso nei loro confronti, soltanto dopo avere appreso con assoluta certezza con quali esseri stava per avere a che fare e se ci fossero delle ottime ragioni per intervenire contro le creature aliene. Così, dopo che si era accomiatata dal surpesino Krespus, la diva non aveva esitato ad immergersi nella montagna di acqua, che degli esseri ignoti avevano ricavata dal modesto lago. Se avesse voluto, ella avrebbe potuto anche porre termine a quel fenomeno, il quale si presentava tutt'altro che naturale. Per il momento, però, Kronel si era astenuta dal farlo, avendo degli ottimi motivi per non dar luogo alla sua totale distruzione.

Prima di procedere oltre, vanno chiarite alcune cose importanti a quel lettore che pertinacemente intende conoscere tali motivi, volendo rendersi conto dell'atteggiamento affatto ostile della quartogenita del dio del tempo verso gli ignoti alieni, ad evitare che egli agisca senza equivoci. Kronel aveva stabilito di studiare il fenomeno lacustre, stando all'interno di esso. Così lo avrebbe approfondito ed appreso senza errori, proprio come esso veniva effettuato e tenuto in piedi da coloro che gli fornivano un apporto pratico e lo facevano esistere concretamente. Agendo in quella maniera, lo avrebbe compreso meglio possibile, senza che le sfuggisse neppure il suo più piccolo dettaglio. Ma nell'impegnarsi in tale impresa, aveva dovuto rinunciare alle sembianze di Uldor e ritornare ad essere la divinità che si presentava invisibile ai Materiadi.

Avanzando adesso nel liquido cristallino, cioè nell'acqua del lago che aveva assunto la forma di un monte, Kronel si era diretta verso la parte sottostante della montagna acquosa. Ella era convinta che in quel luogo le si sarebbe svelato il mistero, il quale avvolgeva il fenomeno ottenuto con le acque del lago. Esso la strabiliava non tanto perché faceva sollevare una quantità enorme d'acqua, quanto perché dava ad essa la conformazione di una montagna, quasi fosse stata racchiusa in una struttura trasparente avente la stessa forma. Secondo lei, un fatto del genere era consentito soltanto ad una divinità, servendosi del suo flusso energetico, siccome esso poteva essere plasmato ad libitum dal dio o dalla dea che ne faceva uso, appunto per fargli contenere un materiale della realtà sensitiva. Nel caso specifico, però, in base a talune sue constatazioni, non c'era dubbio che il fenomeno non venisse realizzato da una entità divina. Al contrario, veniva originato da una specie di Materiadi molto evoluti, che erano in grado di trattare e foggiare la materia, operando su di essa in modo egregio. Perciò non le interessava più lo studio dei tre fenomeni, che agli umani potevano risultare dei fatti senz'altro mirabolanti. Invece la diva intendeva conoscere gli esseri che ne risultavano gli autori, poiché essi, a suo giudizio, dovevano essere creature intelligenti e altamente evolute. In pari tempo, però, gli stessi erano da giudicarsi gli invisi carnefici che seminavano stragi tra la popolazione surpesina. Per la quale ragione, meritavano senza appello unicamente la sua riprovazione, la sua condanna e la sua conseguente punizione.

Attraversata la massa liquida, la giovane divinità si era ritrovata all'interno di uno spazio, che era esteso quanto la base del monte. Esso, oltre ad essere colmo d'aria, comunicava con un tunnel circolare, il quale aveva un diametro di trenta metri ed era pure zeppo d'aria. Inoltre, dopo un percorso di molte miglia, terminava sotto il basamento del monte, che al momento si trovava contenuto per intero nel sottosuolo. Sembrava che quest'ultimo, facendo da contrappeso, sollevasse l'acqua del lago, mediante l'aria esistente nel tunnel, che veniva utilizzato come vaso comunicante. Al termine del fenomeno, però, sarebbe stata l'acqua a fare da contrappeso al monte, perché esso risalisse in superficie, ricorrendo ancora alla legge dei vasi comunicanti. Ma quel processo molto ambizioso in quale modo sarebbe avvenuto? La diva si era chiesta.

Intanto incominciamo con l'affermare che lo strabiliante fenomeno lago-monte, nella sua alternanza di innalzamento e di abbassamento, non si verificava affatto per pura casualità. Al contrario, esso veniva provocato da una intelligenza superiore, di cui erano dotati alcuni particolari Materiadi, i quali non erano vissuti sempre sopra la superficie del pianeta. Operando in un'attrezzata cabina di comando, essi, attraverso leve opportunamente manovrate, riuscivano a rendersi autori dei due fenomeni, che erano collegati l’uno all’altro. Si trattava del sollevamento del lago e dello sprofondamento della montagna, oppure facendo avverare entrambi i fenomeni all'inverso. Inoltre, siccome occorreva una valvola di sfogo alle energie che gli alieni facevano sprigionare da congegni ottenuti grazie ad una tecnologia altamente specializzata, essa era costituita appunto dalla famigerata fenditura. Comunque, il loro progresso scientifico si dimostrava in grado di fare ottenere alla loro razza dei prodigi ben più straordinari. Ciò, perché essi risultavano figli di una fiorente civiltà che vantava la bellezza di centomila anni, a partire dalla loro remotissima scoperta dei metalli.

A questo punto, ci preme conoscere le molte notizie, che la diva aveva raccolto sui progrediti alieni sbarcati su Opirgos tre secoli prima. Ella aveva potuto rendersene consapevole, soltanto dopo essersi calata nel loro passato, naturalmente viaggiando a ritroso nel tempo. Anche perché taluni fatti, che li riguardavano direttamente, avevano a che fare con le loro programmate morti notturne. Le quali avvenivano nel villaggio dei Surpes nelle sei notti a cavallo del novilunio, delle quali tre lo precedevano e le altre tre lo seguivano.