175°-IL RACCONTO DI LUZIA

Come già ti ho fatto presente prima, Uldor, i Morventi fecero la loro prima apparizione nel nostro villaggio circa una trentina d'anni fa, ossia quando io e i miei due cugini dovevamo ancora nascere. Allora neppure mio zio Luoz era stato ancora investito della carica di capo, poiché era suo padre Aluser a ricoprirla. Volendo chiarire meglio i fatti al riguardo, in qualità di primogenito, in seguito sarebbe dovuto essere il mio genitore a succedergli alla morte di mio nonno e ad assumere la carica di capotribù. Invece egli era rimasto vittima della disgrazia, a cui ti ho anche accennato in precedenza, e non aveva potuto diventarlo. Infatti, mio padre, il cui nome era Zifos, perì insieme con la moglie Ustila, dieci anni dopo che il mio popolo era stato colpito dall'immane sventura, ma un anno prima della dipartita dell'ottantenne suo genitore. Acclarati così questi particolari inerenti alla famiglia di mio nonno, vado avanti a parlare dei nostri oppressori, la cui trentennale dominazione ha prostrato fino all'inverosimile il nostro popolo. Per la verità, esso non si è mai fatto annientare completamente dai suoi vessatori. A quel tempo, ossia quando i Morventi fecero la loro prima apparizione nel nostro villaggio, il mio popolo era tutto dedito a festeggiare l'avvento della primavera. La quale era esplosa con i suoi stupendi colori e con la sua smagliante vegetazione, permettendo ai prolifici uccelli di darsi a nidificare a più non posso. In special modo, consentiva agli infiniti insetti di ronzare e di spostarsi da un fiore all'altro, allo scopo di succhiarvi il prezioso polline. In tale circostanza, era anche consuetudine della mia gente far celebrare dai sacerdoti del dio Esiut i matrimoni delle giovani coppie di fidanzati. Sposandosi, esse realizzavano il loro sogno d'amore, dopo averlo accarezzato per diversi anni. Per i Cutrenzi, comunque, il nostro dio rappresentava la divinità che proteggeva il loro focolare domestico. Per cui egli veniva adorato da tutti loro con una devozione assai profonda.

Nella mattinata, dopo esserci stata la cerimonia religiosa degli sposalizi in forma collettiva, i miei conterranei si diedero a festeggiare gli sposi novelli. La festa dava modo ai ghiottoni di rimpinzarsi fino agli occhi, potendo essi scegliere tra diverse pietanze a base di carne, e trincare dell'ottimo vino, magari bevendone una ciotola di troppo. In quella giornata molto particolare, si eseguivano balli e giochi nelle principali vie del villaggio. Essi invitavano al divertimento e alla spensieratezza quanti partecipavano alla festa. Ma nel nostro villaggio, dopo che la mattinata era passata in maniera gaia e festosa, rapidamente giunsero anche le prime ore pomeridiane. Le quali avevano fatto prevedere che sarebbero state trascorse da tutti all’insegna della felicità e prive di ogni ombra di disagio. Invece fu a metà pomeriggio che in esso ebbe luogo ciò che non sarebbe mai dovuto accadervi, se si fosse voluto lasciare la mia gente a godersi la festosa circostanza del momento e la sua serenità dei giorni successivi. Essendo invece di parere contrario, qualcuno a bella posta si mise in testa di rovinarle quella giornata di gaudio e tutte le infinite altre che sarebbero seguite ad essa. Da parte loro, gli abitanti del villaggio, pur avendo cercato di fare qualcosa per evitarlo, appunto per non restarne vittime, alla fine si strinsero nelle spalle e si piegarono all'opprimente volontà del più forte.

Se vuoi sapere cosa venne a turbare l'esilarante brio che il mio popolo stava vivendo, gloriandosene, adesso te lo dico subito, generoso Uldor. Per l'esattezza, si era al termine della seconda ora pomeridiana, quando si verificò l'inatteso inconveniente a discapito dei festeggianti, per cui essi rimasero vittime di un grave turbamento psichico. Costoro, dopo essere stati obbligati a smettere le loro esternazioni briose adatte alla speciale occasione, si ritrovarono a vivere la loro esperienza più impossibile e traumatica. In tal modo, pur contro la loro volontà, si videro impelagare in una vicenda dai risvolti grotteschi. La quale in seguito avrebbe seguitato a non lasciarli più in pace per molti anni, ossia fino ad oggi. Perciò ti faccio ripercorrere i vari avvenimenti della vicenda.

Intanto che per i Cutrenzi i minuti scorrevano gai e spensierati in una parte dell'alveo infinito del tempo, Uldor, all'improvviso tutt'intorno al nostro villaggio incominciarono a sbucare da sottoterra molti Morventi. Quasi fossero dei funghi, che spuntavano dal terreno, dopo una giornata piovosa. Era chiaro che l'area circolare scelta per la loro apparizione repentina stava ad indicare che essi si preparavano ad effettuare un accerchiamento, precludendo ogni via di scampo a chiunque dei nostri l'avesse cercata. Poco dopo, dando ragione alle previsioni dei festeggianti, i mostri del sottosuolo cominciarono ad avanzare verso il nostro villaggio, rendendo palese la loro manovra che tendeva ad accerchiarlo. Quest'ultima aveva lo scopo di comprimere i suoi abitanti in una morsa paralizzante, essendo loro intenzione di precludere ad ogni Cutrenze di fuggire in qualche maniera. Ad ogni modo, a mano a mano che essi avanzavano, obbligatoriamente veniva a diminuire sempre di più la distanza che esisteva tra due di loro. La qual cosa finiva per frustrare ulteriormente ogni scappatoia possibile, da parte di coloro che avessero voluto superare la loro barriera accerchiatrice.

Quando alla fine si resero conto della nuova realtà, cioè quella che gli alieni di pietra stavano per imporre a tutti loro, non potendo sottrarsi ad essa con la fuga, i Cutrenzi decisero di intraprendere almeno qualche tipo di reazione contro i medesimi. A quel punto, però, essi fecero la sconfortante scoperta che i loro terribili nemici, anziché sembrare fatti di pietra, lo erano realmente. Perciò non si lasciavano trapassare né dalle loro frecce né dalle loro lance. Le quali armi, quando li colpivano, anziché riuscire a trafiggerne i corpi pietrosi, cadevano a terra con le punte divenute ottuse. Per questo non sortivano l'effetto desiderato dai loro lanciatori, i quali, dopo avere assistito al loro fallimento, rimanevano enormemente delusi. Stando così le cose, i Cutrenzi pensarono di affrontare i Morventi con barre di legno e di ferro, cercando di frantumarli con colpi bene assestati. Invece i loro corpi lo stesso resistevano e non si lasciavano sgretolare in nessuna maniera. Anche i grossi sassi lanciati contro gli stessi non diedero un risultato migliore, poiché furono visti frantumarsi e rovinare per terra, senza arrecare alcun danno ai loro destinatari. A causa di ciò, i nostri guerrieri furono ancora costretti ad indietreggiare; anzi, rendendosi conto della loro impotenza, poterono unicamente manifestare la loro rabbia. Infine il cerchio intorno alla popolazione cutrenzese si strinse in modo tale, che tra due Morventi contigui venne meno anche il più piccolo spazio. Per cui non fu più possibile passarci in mezzo da parte di nessuno, neppure se si fosse trattato di una persona mingherlina oppure di un bambino magrolino.

Fu in quel momento che i mostruosi alieni, i quali erano provenuti dalle viscere del pianeta, si arrestarono, formando intorno al nostro villaggio una barriera invalicabile e tenendo sotto il loro rigoroso controllo quanti vi si trovavano. Quelli da loro controllati erano gli abitanti che poco prima festeggiavano i loro novelli sposi. Allora, in attesa che succedesse qualcos'altro, i Cutrenzi, vedendo che anch'essi se ne restavano fermi ed immobili, sospesero ogni ostilità contro gli invasori. Inoltre, si diedero a scrutarli con molta attenzione, al fine di studiarseli e valutarli nella loro effettiva consistenza. Trascorsi poi alcuni minuti, mentre il silenzio regnava in ogni parte del villaggio, essendo venuto a mancare il precedente scenario di lotta unilaterale, ossia solo da parte del mio popolo, ci fu un fenomeno strabiliante. Esso si espresse alla folla dei presenti con mezzi audiovisivi. Difatti agli abitanti del villaggio, ad un certo momento, parve che il cielo si squarciasse e lasciasse poi fuoriuscire una sarabanda di mille creature mostruose dai colori sgargianti. Esse non si diedero solo ad affollare lo spazio aereo e a tempestarlo con le loro disarmoniche coreografie. Invece, nello stesso tempo, tali figure emettevano forti stridori ed urla raccapriccianti, che facevano venire ad ogni Cutrenze la pelle d'oca. Perciò, non era per niente bello trovarsi alla loro macabra vista ed essere obbligati a digerirle con la loro mente impaurita. Essa ne restava ferita in modo straziante e devastante.

Di fronte ad un simile spettacolo orrifico, quelli che erano costretti a fare da spettatori si sentivano delle vere nullità impotenti. Inoltre, a causa del medesimo, venivano obbligati a tollerare il loro spossante strapazzo psichico e mentale. Comunque, nessuno di loro badò a quantificare il tempo della sua durata, anche perché, intanto che il fenomeno si svolgeva, egli non avrebbe avuto né la voglia né la possibilità di farlo. Il motivo? Il nuovo stato della sua sfera psichica, la quale si presentava devastata perfino nella sua essenza profonda, glielo avrebbe negato. Si sa però con certezza che la totalità dei miei conterranei, dopo che il fenomeno celeste si fu esaurito, si ritrovarono scioccati ed inetti a qualsivoglia iniziativa di ribellione o di ferma opposizione alla loro invasione. Non si sarebbe affatto sbagliato, se qualche Cutrenze avesse sospettato che la loro indole battagliera avesse subito un lavaggio del cervello da parte di un dio misterioso. Il quale, per motivi propri che gli risultavano ben chiari, innanzitutto si era adoperato per farla diventare un misto di acquiescenza e di passività forzate, senza più possedere un grammo di libertà d'azione. Non bastando ciò, egli decise pure di intervenire con la propria tonante voce autoritaria a rendere più fosco e vessatorio il quadro di quella brutta situazione. Ossia, in tale evenienza, fu sua intenzione terrorizzare e disorientare di più i suoi ascoltatori, dicendogli:

"Cutrenzi, sappiate che, da oggi in avanti, la vostra attuale esistenza cambierà totalmente. Per prima cosa, dovrete smettere di adorare Esiut, che è un dio posticcio ed inesistente inventato da voi. Invece comincerete a riservare la vostra adorazione solo a me, che sono un dio vero e potente. Se vi rifiuterete di sottostare ai miei precetti, non vi permetterò una vita facile. Al contrario, vi farò maledire il giorno in cui siete nati, attraverso castighi di ogni sorta e terribili sofferenze a non finire! Io sono Petrusk, il dio della pietra con le sembianze di un topo. Sono venuto a palesarvi che sono capace di trasformarvi in esseri pietrosi, come i miei devoti che avete di fronte. Con la differenza che essi hanno la facoltà di muoversi e di pensare; mentre voi sarete solo degli autentici macigni senza una vita ed una coscienza, pur conservando la vostra sagoma umana. Nel caso che trasgrediste i miei ordini, al posto mio, sarebbero essi ad operare in voi una trasformazione del genere. Il loro nome è Morventi, poiché li ho ricavati dalla polvere di coloro che erano morti già da un secolo fa, rendendoli vivi e facendoli divenire dei morti viventi. Per alcuni di voi, probabilmente, non sarà possibile ottenere una simile trasformazione, a causa del loro codice genetico non compiacente. In tal caso, essi saranno tramutati in veri ratti, con il medesimo ciclo biologico dei topi. Pur sottostando al nuovo ciclo vitale, del quale non potranno più privarsi, essi continueranno a gestire i propri pensieri che appartengono all'essenza umana.

Adesso, prima di congedarmi da voi, voglio informarvi che, da questo momento in avanti, il mio portavoce presso di voi sarà il mio devoto Furius, il quale è stato messo a capo dei miei Morventi. Presto apprenderete da lui le cose che pretendo da voi. A tale riguardo, vi ammonisco che, qualora non dovesse corrispondere ad esse il vostro pieno consenso, per tutti voi incomincerebbero ad esserci molti guai seri. I quali vi avvelenerebbero di continuo l'esistenza e vi renderebbero la vita impossibile, oltre ogni umana immaginazione. Per il vostro bene, spero che vi dimostrerete dei Materiadi ragionevoli ed accondiscendenti! A questo punto, non mi resta che lasciarvi e ritirarmi nella mia appartata dimora."

Dopo che la voce del dio Petrusk venne meno e sopraggiunse dappertutto un grande silenzio, un Morvente si staccò dagli altri suoi simili e cominciò ad avanzare verso gli abitanti del villaggio. Costoro, da parte loro, si mostravano ancora completamente frastornati, a causa dei recenti fatti che erano venuti a svolgersi sotto i loro occhi ed erano stati percepiti dalle loro orecchie. Quando infine la creatura di pietra si trovò ad essere a pochi passi da loro, muovendo a malapena le minuscole labbra e facendo notare un timbro di voce gutturale appena percepibile, si diede ad esprimersi con queste parole:

«Sono io Furius, il devoto portavoce del mio onnipotente dio Petrusk, da lui stesso posto a capo degli altri Morventi, i quali, come vedete, adesso circondano il vostro villaggio. Da oltre un secolo, noi eravamo soltanto polvere nella polvere, ossia dei cadaveri polverizzati in un mare terroso. Qualche tempo fa, egli ci ha ricomposti e ha soffiato in noi l'alito della vita, resuscitandoci e rendendoci nuovamente esistenti. Tra le altre prerogative, la nostra magnanima divinità ci ha fornito quella che ci permette di spostarci nel solo sottosuolo rapidamente e senza alcuna difficoltà. Ossia, al contrario di quanto possiamo fare in superficie, dove il nostro movimento si presenta lento, impacciato ed incespicante. Ora fatemi parlare con il vostro capo, siccome devo comunicargli ciò che il mio dio pretende da voi. Allora vuole egli venire avanti e presentarsi a me, perché io possa riferirgli ogni cosa, come portavoce del mio dio?»

Mio nonno, il quale si trovava tra i primi suoi conterranei che stavano ad ascoltare il capo degli alieni, non appena si sentì chiamare in causa dal mostruoso essere, si affrettò a venire avanti e a farsi riconoscere dall'autorevole Morvente. Dopo, pur apparendo manifestamente timoroso, lo stesso gli rispose con voce abbastanza recisa:

«Invece io sono il capo dei Cutrenzi e il mio nome è Aluser. Visto che il dio Petrusk ha incaricato te di dettarci le sue condizioni, che il mio popolo dovrà accettare, se vuole continuare a vivere in pace, ti invito a farlo immediatamente. In questo modo, io e la mia gente ci renderemo conto della loro gravosità, dal momento che esse avranno senza meno un prezzo salato! Quindi, Furius, inizia a riferirci quali sono!»

«Come vedo, Aluser, sei un tipo concreto e non perdi tempo, quando si tratta di arrivare al nocciolo della questione, Ciò vuol dire che non ti piace perderti in inutili chiacchiere. Voglio sperare che assumerai l'identico atteggiamento, dopo che ti avrò messo al corrente delle condizioni che il mio dio vi impone. Dovrai farlo, senza appigliarti ad alcun cavillo e senza tirare fuori dei "se" e dei "ma", che sono del tutto inopportuni!»

«Dipende, Furius, da ciò che il dio Petrusk è venuto a pretendere dal mio popolo. Ma ammesso che le sue condizioni fossero peggiori che ritrovarci morti, non credi allora che giustamente preferiremmo andare incontro alla morte, anziché ubbidire al tuo dio? Comunque, secondo me, prima di pronunciarci in merito ad esse, sarà giusto vedere a quali sacrifici le medesime vorranno obbligarci.»

«Se la metti in questi termini, Aluser, per voi tutti vedo già addensarsi nel cielo molte nubi foriere di burrasche. Ma non credo che il tuo popolo sarà disposto a seguirti, facendosi coinvolgere nella straziante vicenda, la quale lo priverà della propria libertà e gli procaccerà dei mali senza alcuna sosta! Ad ogni modo, indipendentemente dall'atteggiamento che assumerai dopo che ti avrò riferito le condizioni del mio dio, sono tenuto lo stesso a fartele presenti. Anche perché innanzitutto devo compiacere il mio divino protettore. Ebbene, si tratta di due sacrifici mensili. All'inizio della prima quindicina di giorni, dovrete immolargli una fanciulla vergine; invece, all'inizio della seconda quindicina, dovrete immolargli un adolescente maschio dalle guance ancora glabre. L'una e l'altro, ci tengo a precisare, non dovranno risultare figli unici in seno alla propria famiglia; mentre la loro età non dovrà né superare i tredici anni né essere inferiore ai dieci. Allora mi sono spiegato per bene?»

«In un certo senso, Furius, ho inteso benissimo le tue parole; però hai omesso di dirci in che modo dovrà avvenire l'immolazione dei nostri adolescenti, a tutto favore del tuo dio. Vuoi chiarirci anche questo particolare, che riteniamo ugualmente importante?»

«Per me non ci sono problemi a farlo, Aluser; anzi, ve lo avrei detto ugualmente, per ovvie ragioni. A tre miglia da qui, c'è una grotta, nella quale si trova il simulacro del nostro dio. Si tratta di un grosso topo di pietra, il cui corpo poggia su quattro zampe robuste. La vittima dovrà essere condotta in quel luogo, dove verrà collocata sopra il dorso del ratto. Una volta fermato per bene sul simulacro divino, all'adolescente, maschio o femmina che sia, dovranno essere mozzate le seguenti parti del corpo: prima il capo, poi le mani, infine i piedi. In questo modo, il sangue, continuando a sgorgare dai cinque tagli effettuati dal nostro boia sulla vittima, finirà per espandersi sopra l'intero corpo di pietra del nostro potente dio, fino a tingerlo per intero di rosso vermiglio. Per le parti rimaste scoperte, penseremo noi a completare l'opera, servendoci del sangue dell'adolescente immolato. Non c'è altro da aggiungervi!»

«Premettendo che lo spettacolo non sarà affatto edificante, sia per i suoi familiari che per gli altri che assisteranno ad esso, Furius, non comprendo perché mai il tuo dio pretenda che la sua vittima gli venga mutilata nel modo che hai detto sulla parte dorsale. Non capisco quale piacere gli possa derivare dal farsi imbrattare il corpo dal sangue dell'adolescente reso mutilo dai cinque troncamenti. Inoltre, vorrei anche essere messo al corrente della necessità di alternare vittime di sesso diverso, nell’ordine prima una fanciulla e poi un ragazzo. Presuppongo che tu sappia rispondere alla terna degli interrogativi che ti ho esposti. Per questo, se non hai nulla da obiettare, puoi cominciare a dare la risposta a ciascuno di essi, poiché tutto il mio popolo ti sta ascoltando!»

«Devi considerare certezza ogni tua presupposizione, Aluser, dal momento che sono in grado di rispondere a tutte e tre le tue domande. Inoltre, mi trovi disponibile a soddisfare le tue curiosità, esattamente come le hai enunciate. La risposta al tuo primo quesito non presenta nulla di arcano oppure di particolare, in quanto il legamento della vittima sul divino simulacro è secondario a quello che è lo scopo principale del sacrificio. Esso serve a permettere al corpo del dio il bagno di sangue, attraverso il quale la divinità riesce ad incarnarsi e ad esistere concretamente; ma nelle dimensioni reali di un topo. In questo modo, egli può darsi ad una intensa attività sessuale tra individui della stessa specie, trovando tali mammiferi i più dotati sessualmente. Ma poiché un solo bagno di sangue non gli permette di far durare più di quindici giorni la sua esistenza in carne ed ossa, egli ha bisogno di un secondo sacrificio per fruire di un nuovo bagno di sangue che gli consenta di tirare avanti fino alla fine del mese.»

«Certo che ho compreso le risposte ai miei primi due quesiti, Furius! Se non sbaglio, però, hai dimenticato di dare una risposta al terzo di essi e non mi hai detto perché mai il tuo dio, come vittima sacrificale, pretende un adolescente prima femmina e dopo maschio. C'è forse una ragione precisa, per cui egli richiede dal mio popolo l'alternanza dei due sessi nelle due immolazioni mensili?»

«Ti dico che almeno una ce n’è, Aluser! Se non ci fosse alcuna ragione, egli non farebbe caso al sesso della sua vittima sacrificale. Devi sapere che, nell'animalizzarsi, mentre il sangue della fanciulla lo trasforma in un ratto femmina, quello del ragazzo lo fa diventare un ratto maschio. Ti starai domandando come mai il mio dio preferisce vivere alternativamente entrambi i sessi del topo. Ebbene, egli si sente una divinità bisex; ma gli piace condurre la sua doppia vita sessuale in tempi diversi. Così, alternando i due tipi di sessualità che avverte in sé, assegna a ciascuno un periodo di quindici giorni per viverlo intensamente, godendoseli prima come topo femmina e poi come topo maschio. Ora, però, passando a cose ben più importanti, capo dei Cutrenzi, prima di congedarci dal tuo popolo, ti rendo noto che vi sono stati concessi tre giorni per avere la tua risposta. Trascorsi i quali, essa dovrà essermi data senza meno, affermativa o negativa che sia. Ma ti avverto che, se dovesse averla vinta la seconda ipotesi, il mio dio vi farebbe pentire di averla data avversa alle sue aspettative!»

A quel punto, i Morventi, tutti insieme, abbandonarono il villaggio, ma non nella maniera in cui vi si erano presentati. In un attimo, i mostruosi esseri di pietra furono scorti sprofondare nel sottosuolo e sparirvi in un lampo. Avvenuta la loro sparizione, mio nonno invitò la popolazione a rincasare, promettendole che l'indomani si sarebbe incontrato con i suoi stretti collaboratori. Con i quali avrebbe stabilito come regolarsi in quella spinosa vicenda e quale risposta dare al sanguinario dio.

I Cutrenzi gli ubbidirono subito; però, intanto che si avviavano verso le rispettive capanne, alcuni di loro, mostrando i pugni, imprecavano contro la perversa divinità. Essa, arbitrariamente e con pretese quanto mai assurde, era andata ad ingerirsi nelle loro faccende. Le quali, fino alla sua manifestazione, non si presentavano affatto tempestose; all’inverso, erano da considerarsi alquanto serene e pacifiche.


Il giorno dopo, come promesso agli abitanti del villaggio, mio nonno Aluser si incontrò con i suoi sei collaboratori e desiderò sentire i loro pareri, in relazione ai Morventi, al loro dio e alle sue condizioni. Ma essi, per il fatto che avevano dei figli sulla decina d'anni, si mostrarono tutti contrari ad accettare le dure condizioni del dio Petrusk, dichiarandogli che non era affatto giusto cedere alle sue minacce. Ammesso che tale divinità fosse stata poi in grado di concretizzarle nei loro confronti, visto che per il momento potevano essere soltanto dubbie! Secondo gli stessi, se i Morventi non avevano reagito il giorno prima contro i loro conterranei mentre tentavano di distruggerli, ciò voleva dire una sola cosa, ossia che essi erano impotenti a farlo. Mio nonno, però, non essendo del medesimo avviso, cercò di farli ragionare. Perciò li invitò a ripensarci seriamente, prima di mettersi contro la divinità, senza avere la certezza che essa era priva di quei millantati poteri che le avrebbero permesso di agire duramente contro il loro popolo innocente. Invece risultò del tutto inutile il suo tentativo di farli andare con i piedi di piombo in quella situazione vertenziale, la quale si era appena aperta con il dio Petrusk. Alla fine, scartata ogni altra alternativa, si stabilì che la loro lotta contro i mostruosi invasori sarebbe stata aperta e determinata, fino a quando essa non li avesse condotti alla vittoria. La popolazione cutrenzese, da parte sua, dopo essere stata informata di come si era svolta la riunione e delle decisioni che erano state prese in seno ad essa, si espresse con pareri discordi. Una parte degli abitanti le ritenne giuste e doverose; mentre l'altra, parteggiando per il loro capo, avrebbe preferito attendere prima di lanciarsi in un'avventura, la quale avrebbe potuto avere conseguenze tremendamente punitive per tutti i Cutrenzi. A ogni modo, non risulta che, in quella circostanza delicata, vi fossero stati anche alcuni di loro che avevano assunto un atteggiamento decisamente neutrale, cioè sfavorevoli ad entrambe le soluzioni.

Giunto il quarto giorno, i Morventi si ripresentarono nel nostro villaggio. Essi, però, prima ancora che il loro capo raggiungesse mio nonno e gli chiedesse quale decisione avessero preso in merito alle condizioni dettate dal loro dio, furono assaliti di nuovo dai suoi abitanti con grida di protesta e con ogni sorta di armi. In seguito a tale loro dimostrazione, a Furius non fu necessario apprenderla dalla bocca del capo del villaggio, essendogli manifesto che i Cutrenzi non avevano accettato di buon grado le pretese del loro dio. Allora si vide costretto ad intimare ai suoi mostri di pietra una feroce ritorsione, volendo reprimere la sedizione del popolo cutrenzese in un bagno di sangue. Così avrebbe impartito una punizione esemplare sia ai ribelli Cutrenzi sia a colui che ne era il capo. Questa volta, però, i miei conterranei si resero conto con chi davvero stavano avendo a che fare. La reazione dei Morventi non fu la stessa che avevano manifestata la volta precedente, ossia del tutto indifferente e senza provocare alcun danno né alle persone né alle cose. Al contrario, li si scorsero emettere dai loro piccoli occhi dei raggi violetti, i quali iniziarono a bruciare capanne e a trasformare i corpi di alcuni di loro in torce umane. Per questo arrecarono agli stessi una morte atroce, senza fare delle differenze tra adulti, vecchi e bambini.

La sortita dei Cutrenzi, i quali l'avevano condotta contro i Morventi per i motivi che abbiamo indicato, si rivelò ben presto inefficace e disastrosa. Per tale motivo, mio nonno, in qualità di capo del villaggio, al fine di non vedere peggiorare ulteriormente la loro situazione, invitò la sua gente a desistere e a piegarsi alla volontà del dio Petrusk, il quale stava dimostrando di essere lui il più forte. Oramai erano state distrutte dal fuoco un centinaio di capanne e giacevano al suolo, senza vita e carbonizzati, i corpi di un migliaio dei suoi guerrieri che si erano ribellati. In verità, più che l'invito del loro capo, a convincere i Cutrenzi a sospendere la lotta contro i Morventi, fu la messa in atto di una macchina bellica quanto mai potente e distruttrice, da parte dei loro avversari di pietra. La quale era riuscita a metterli facilmente in ginocchio.

Così, da quel giorno nefasto, il popolo dei Cutrenzi è stato costretto a sottostare ai due sacrifici imposti loro dal dio malefico. Egli non si è mai mostrato stanco di farsi immolare le due giovani vittime, ciascuna a scadenza bimensile. Ovviamente, di tanto in tanto, ci sono stati anche degli sporadici casi di ribellione da parte di qualche Cutrenze. Ma quando ciò è successo, tutte le volte egli è risultato essere il genitore del ragazzo o della fanciulla che l'indomani, oppure alcuni giorni dopo, avrebbe dovuto fare da vittima sacrificale al dio Petrusk. Il ribelle, dopo la propria ferma opposizione, non l'ha mai passata liscia, siccome è stato trasformato all'istante in una statua di pietra oppure in un minuscolo topo. In relazione a quest'ultima punizione, essa è stata inflitta in quelle poche volte che la persona da castigarsi è risultata refrattaria a diventare pietra. Come vedremo in seguito, il primo caso di tal genere si è avuto con mio cugino Astiros, quando si è cercato di punirlo tre anni fa, per aver mancato di rispetto a Furius. In quella occasione, si scoprì che alcuni corpi mostravano una refrattarietà alla loro trasformazione in pietra. Allora i Morventi, come loro ripiego, li trasformavano in autentici ratti, facendoli vivere assai disagiatamente nel nuovo inadatto corpo.

A dieci anni dalla comparsa degli alieni nel nostro villaggio, anche a mio padre capitò di fare uno sgarbo a chi li comandava. Essendo però il primogenito del capo dei Cutrenzi, Furius, almeno apertamente, non ritenne opportuno punirlo e lo perdonò. Egli si mostrò indulgente per non inimicarsi l'autorevole genitore, potendo la sua collaborazione tornare in seguito molto utile al suo dio. Comunque, tre giorni dopo, al termine di un forte temporale, il mio genitore e la sua consorte furono trovati morti per folgorazione sotto una grossa quercia, la cui metà superiore si presentava pure bruciata dal fulmine che l'aveva investita. La maggioranza dei Cutrenzi ritenne che i due coniugi fossero rimasti vittime della folgore che si era abbattuta sull'albero. Perciò la loro morte era da considerarsi una evidente disgrazia, non essendo rari nella zona i casi di decesso di quel tipo. Invece qualcuno osò sospettare che fosse stato proprio Furius a procurare ad entrambi una morte simile, volendo appositamente vendicarsi di nascosto dell'offesa ricevuta da Zifos. Ma la verità non poteva conoscersi, non essendoci stati dei testimoni oculari a confermarla con certezza.

Al momento della disgrazia, io, che allora avevo un anno, mi trovavo presso i miei nonni, per cui non ebbi la sfortuna di subire la stessa sorte dei miei genitori. Anche se in modo diverso, venni però ugualmente coinvolta nella sventura familiare, essendo rimasta orfana di entrambi i genitori. Così l'anno dopo, quando anche mio nonno morì e suo figlio Luoz divenne capo dei Cutrenzi, mio zio e sua moglie vollero prendersi cura di me e mi accolsero presso il loro focolare domestico. La loro decisione ci fu, nonostante fossero già genitori di un maschietto e di una femminuccia, i quali avevano rispettivamente tre e due anni. Posso asserire di essere vissuta felice con i miei cugini e non c'è stato mai il più piccolo screzio tra di noi, quando ci davamo ai nostri giochi. Nei rari casi, nei quali accadeva di portarci il broncio fra di noi, io e mia cugina Riscia ci siamo ritrovate ogni volta ad essere alleate. Per questo il maschilista Astiros, trovandosi in minoranza, si è dovuto sempre piegare a quanto noi femminucce decidevamo. Allora, solamente dopo aver messo il muso per breve tempo, egli si riavvicinava a noi due, senza aver più pretese da parte sua. Trascorrendo poi gli anni, come se si fossero messi a volare davanti ai nostri occhi, infine ci siamo visti diventare degli adolescenti. Allora il sangue è iniziato a ribollire dentro di noi e ci siamo ritrovati con una esuberante carica di vitalità. Essa, essendo davvero prorompente, mirava a fare chissà che cosa.

Circa tre anni fa, mio cugino Astiros, visto che Furius aveva umiliato pesantemente suo padre, proprio mentre era presente anche lui, non riuscì a sopportare l'umiliazione subita dal genitore, per cui fece traboccare dal proprio animo un attacco impulsivo. In quella circostanza, esso si trasformò nei confronti dell'offensore del padre in un'aspra polemica, la quale sfociò alla fine in una grave offesa diretta all'autorevole alieno. Tale fatto determinò l'immediata reazione del Morvente, che intese mutare il corpo del suo antagonista in un blocco di pietra. Ma, pur avendogli fatto pervenire il suo raggio rossiccio, ossia quello pietrificante, la sua intenzione lo stesso fallì. Infatti, mio cugino continuò a restare l'essere umano, che era sempre stato. Al mancato effetto del suo raggio, Furius rimase deluso da quell'evento che non si era mai verificato prima. Allora si affrettò a colpirlo con un nuovo raggio, questa volta di colore grigio. Questa volta esso non disattese le sue aspettative, poiché trasformò mio cugino in un topo, che scorgemmo scappare subito via per cercarsi un sicuro nascondiglio. Così, per tre anni consecutivi, non avevamo sentito più niente di lui, fino a quando egli non è ricomparso in casa nostra in carne ed ossa durante una notte. Come già ti ho narrato all'inizio del nostro colloquio, la sua apparizione notturna tra i suoi familiari è avvenuta un mese fa. Da allora, per continuare a vivere, il poveretto ha dovuto darsi alla latitanza, trascorrendo i suoi giorni nel vicino bosco.

Mentre Astiros viveva da latitante, una nuova sventura si preparava ad abbattersi sulla nostra famiglia. È venuto ad annunciarcela in casa nostra Furius, il solito portavoce del dio Petrusk. Dopo essersi presentato a mio zio di buon mattino con i suoi soliti tre accompagnatori, facendolo svegliare perché era ancora a letto, egli, senza alcun preambolo, ha incominciato a riferirgli:

«Luoz, il mio dio ha intenzione di accoppiarsi con tua nipote Luzia, in tutto il tempo che vivrà da topo maschio. Fra tre giorni, perciò, quando gli verrà sacrificato il nuovo imberbe adolescente, fai in modo che nella caverna ci sia anche la ragazza. Così, al termine dell'immolazione della vittima sacrificale, io la trasformerò in una femmina di topo, affinché il mio dio la stupri in quel giorno stesso e continui a farlo pure nei restanti quattordici in cui egli vivrà la sua sessualità maschile. Questo è un ordine del mio divino protettore, capo dei Cutrenzi, e non potrai assolutamente sottrarti ad esso. Se tu osassi disubbidirgli, per te e la tua famiglia sarebbe la fine! Mi sono spiegato?»

«Certo che sei stato molto chiaro, Furius. Ma non potendo oppormi al tuo dio, a cui bisogna sempre ubbidire supinamente, riferiscigli pure che farò quanto mi ha ordinato!»

Stamattina, essendo il giorno del secondo sacrificio del mese, non me la sono sentita di seguire mio zio alla caverna del dio Petrusk. Perciò, non appena è spuntata l'alba, di nascosto ho abbandonato la nostra abitazione e sono scappata via. Correvo da diverse ore, allorquando sono sbucati da sottoterra i Morventi, quelli che hai eliminato giusto in tempo, dopo essere intervenuto tempestivamente in mio aiuto.