168-ELOST ERUDISCE IL DIO DELL'EROISMO SU PARLEOR
Il divino Iveon, prima di fare allo spirito del suo interlocutore le tante domande che necessitavano di risposte adeguate, aveva voluto soppesarle per il meglio. Perciò, una volta avvenuta la loro giusta ponderazione, si era dato a parlargli in questo modo:
«In attinenza a Parleor, Elost, innanzitutto vorrei che tu mi spiegassi alcuni punti, che mi sono rimasti ancora oscuri. Un momento fa, mi hai dichiarato che esso è il luogo dove le anime buone e giuste si ritrovano ad avere l'immagine che avevano avuto da vive, per la qual cosa esse possono benissimo conversare tra di loro. Ora, siccome dalla creazione di Kosmos ad oggi se ne saranno ammassate una quantità innumerevole in Animur, mi dici come fanno ad incontrarsi due anime che erano già amiche da vive oppure lo sono diventate dopo, qui in Animur? Secondo me, presentandosi difficile l'approccio, esse devono per forza colloquiare con anime sempre differenti e sconosciute fra loro.»
«Invece devo contraddirti, Iveon, dal momento che qui non ci troviamo in Kosmos. Nel Regno delle Anime, le cose funzionano in modo diverso e più efficientemente. Prima di partire per Parleor, il quale è una valle senza fine, le anime intenzionate ad intrattenersi con altre, verso cui nutrono una certa simpatia, le fanno già trovare presso il loro trispud. Ovviamente, vorrai sapere anche come esse fanno a comunicare tra di loro e ad individuare poi le loro dimore. Allora ti anticipo subito che, per noi anime ospiti di Animur, ottenere entrambe le cose non è affatto un grosso problema. Al contrario, esse diventano della massima elementarità, come neppure immagini.»
«Davvero dici, Elost? Allora spiegami come è possibile un fatto del genere, poiché a tale riguardo riesco a mostrarmi piuttosto scettico!»
«Ti avevo già anticipato, Iveon, che una delle tre punte del trispud serviva a collegare l'anima con il mondo, nel quale si è svolta la sua vita planetaria. Ebbene, con il tramite della stessa punta, un'anima, unicamente pensando all'immagine di un'altra, entra in contatto diretto con essa e le trasmette la sua intenzione di averla vicina in Parleor. A sua volta, quella che riceve il messaggio, solo fissando l'immagine dell'amica ed esprimendo il desiderio di raggiungerla, si ritrova in un lampo in sua presenza. Gli inviti, a ogni modo, devono essere espressi dalle due anime che si vogliono incontrare e parlare, poco prima della loro partenza per l'infinita valle di Parleor.»
«Dal momento che non me ne hai parlato, Elost, vorrei ancora sapere da te varie cose pertinenti a Parleor. Comincio col chiedertene solo due. Le anime devono andare in tale luogo obbligatoriamente tutte insieme oppure è permesso loro di condurvisi anche in piccoli gruppi, magari a coppie? Inoltre, è previsto un orario per trasferirsi in tale luogo o c'è un segnale a preannunciare l'ora del loro trasferimento in esso?»
«Passo subito a chiarirti l'una e l'altra cosa, Iveon. L'uscita delle anime dai loro meditos, con l'intento di raggiungere la valle di Parleor, è annunciata con un trillo acuto prima della loro partenza e non avviene in un orario prestabilito. Essa, che può esserci in qualunque istante, anche quando una meno se l'aspetta, le obbliga tutte a prendervi parte. Nemmeno sono previsti modi e tempi differenti per ciascuna di loro!»
«Grazie, Elost, per le tue risposte chiare e concise. Ma devo confessarti che mi è ancora rimasto un dubbio in materia, il quale è quello che mi dà più da pensare. Esso riguarda le relazioni parentali esistenti tra le anime. Noi sappiamo che nel mondo sensibile il rapporto più stretto che si instaura tra di loro è quello tra genitori e figli. Quindi, a rigore di logica, una volta morti, essi dovrebbero essere quelli più spinti a cercarsi gli uni gli altri. Secondo me, qui dovrebbe venir fuori un ostacolo difficilmente superabile, non potendo essere altrimenti, stando alla logica.»
«Mi dici a quale tipo di ostacolo ti riferisci, Iveon? Ma già ti premetto che ti sbagli, non potendo essere il contrario, siccome qui tutto procede nella massima perfezione!»
«Adesso, Elost, mi spiego meglio con un esempio pratico. Se Tizio e Sempronia sono i genitori di Caio, per la legge della natura, in Animur quest'ultimo dovrebbe sentire l'esigenza di cercare l'uno e l'altra. D'altro canto, risulta pure che Caio è un padre e dovrebbe sentire la necessità di cercare i propri figli. Inoltre, Tizio e Sempronia, essendo pure figli, dovrebbero avvertire l'esigenza di stare con i propri genitori, i quali non sono neppure gli stessi. Come vedi, nel Regno delle Anime, dal punto di vista delle relazioni tra anime, dovrebbe originarsi un guazzabuglio non indifferente. Il quale dovrebbe derivare dalla relazione di parentela delle varie anime sia ascendente che discendente. Esso, infatti, per logica finisce per condurre ad una catena infinita di parenti in linea diretta nell'uno e nell'altro senso, i quali avrebbero difficoltà a riallacciare i rapporti che avevano avuto in vita. Secondo me, tale fatto dovrebbe rendere impossibile agli uni e agli altri di vivere con serenità il loro rapporto familiare, com'era avvenuto nella loro vita terrena. Allora, Elost, in che maniera viene risolto presso le anime un problema di questo tipo, il quale, a parer mio, risulta arduo da risolvere?»
«Il pasticcio, che hai ravvisato in Animur, a proposito delle anime consanguinee, al contrario qui non esiste nel modo più assoluto. Esso è esistito solo nella tua logica, la quale è quella di una realtà diversa e non di questo regno. Adesso ti metto a conoscenza della logica della nostra realtà, la quale riesce benissimo a conciliare le esigenze dei vari parenti, siano essi ascendenti, discendenti e collaterali. Colui che ha creato Animur, ossia Ullioz, ha voluto fare le cose per bene e secondo giustizia, premiando le anime buone e castigando quelle cattive. Inoltre, si è adoperato egregiamente, perché qui non venisse a crearsi quanto per errore tu hai presupposto. Si vede che hai ragionato con la logica umana, la quale non è in grado di ammettere altre alternative!»
«Mi fa piacere, Elost, apprendere che nel Regno delle Anime si è ovviato all'inconveniente da me temuto. In questo modo, le persone del mondo sensibile possono continuare a beneficiare anche qui, separatamente, dei vincoli di affetto e di amicizia. Dunque, vuoi chiarirmi come viene risolto in Animur il problema, a cui ti ho accennato, venendo poi rassicurato da te che esso qui è stato superato? Vorrei tanto saperlo!»
«Esso è stato superato, incredulo Iveon, semplicemente ricorrendo alla scissione ubiquitaria. Ossia, a ogni anima viene concessa la facoltà di scindersi in altre sé stesse, identiche in ogni senso, e di svolgere così la propria esistenza in luoghi differenti e con anime diverse. Ecco qual è stata la soluzione del problema, da parte di chi comanda in Animur!»
«Bravissimo Ullioz! Ricorrendo ad un espediente simile, egli è stato senz'altro magnifico. Ma adesso, Elost, se non ti dispiace, vorrei che tu mi sciogliessi un altro nodo appartenente alla medesima questione. Anch'esso mi sta creando dei seri disturbi di comprensione, per cui mi riesce difficile trovarvi un ragionevole rimedio.»
«Allora che cosa aspetti, Iveon, a farmi la tua nuova richiesta? Oramai dovresti saperlo che, essendomi tu simpatico, è di mio gradimento rispondere a tutte le tue domande, a patto che esse evitino di crearmi delle difficoltà di tipo soggettivo. Quindi, chiedimi pure di chiarirti quei fatti che non ti convincono ancora, solo perché non risiedi Animur!»
«Come sai, Elost, durante la sua vita nel mondo sensibile, dalla nascita alla morte, un essere umano subisce vari cambiamenti del corpo. Ebbene, mi preme apprendere da te quale di essi la sua anima viene ad assumere nel Regno delle Anime.»
«Iveon, ti asserisco che ogni anima riesce ad assumerli tutti quanti, secondo il bisogno. Cioè, essa viene scorta da un'altra anima, esattamente come quest'ultima se la ricorda. Se una persona ne ha conosciuto un'altra da giovane, egli qui ritrova la sua anima con le stesse fattezze di allora. Se invece altre due persone si sono conosciute da vecchie, esse qui ritrovano le loro anime con immagini identiche a quelle con cui esse erano abituate a vedersi da vive. Quindi, oltre alla scissione ubiquitaria, già menzionata, un'anima qui è dotata anche della multiformità di apparenza, la quale facoltà le consente di apparire alle altre come queste se la ricordano. Per cui, quando un'anima vuole stabilire un contatto con un'altra, la ricercata le appare con la stessa immagine, a cui ha fatto riferimento l'anima che l'ha contattata attraverso il fenomeno telepatico. Ti sei capacitato, dopo le mie due spiegazioni?»
«Grazie, Elost, per avermi chiarito quest'altro particolare assai importante. Devo riconoscere che Ullioz, ricorrendo anche a quest'altro ottimo accorgimento, si è dimostrato molto in gamba, proprio come lo è stato con il precedente espediente. Con esso egli ha tolto le anime dall'imbarazzo di non poter più riconoscersi e colloquiare tra di loro!»
«Iveon è proprio come hai affermato! A questo punto, però, devi togliermi tu una curiosità. Come mai non è sorto in te alcun desiderio di rivedere un tuo caro parente o un tuo amico o un tuo conoscente simpatico, il quale dovrebbe risultarti morto? Probabilmente non ne avrai avuti nel mondo sensibile, se in te non è sorto un tale desiderio. Secondo me, penso che sia proprio questa la ragione!»
«Non ti avevo detto, Elost, che sono stato sempre convinto di essere un dio e non un uomo? Ebbene, come tu sai, le divinità non possono avere parenti o amici in Animur. Forse sarà stata questa mia convinzione a non farmi venire una voglia del genere! Essa mi ha privato perfino dell'occasione di avere dei miei parenti cari.»
«Hai proprio ragione, Iveon. Sarà stata la tua convinzione di essere un dio a dissuaderti dal manifestarlo a me! Ma dal momento che non sei un dio e non lo sei stato in Kosmos, almeno a qualche persona, ormai morta, ti sarai legato per parentela, per amicizia oppure per amore!»
«Adesso che ci ripenso, Elost, mi interesserebbe rivedere due anime di Animur, ossia il mio caro figlio Emiel e sua madre Grael. Per caso sai se anche i semidei hanno un'anima? Se non dovessero averla, essi qui non potrebbero essere rintracciati. Per cui dovrei rinunciare almeno all'incontro con il mio unigenito. Allora mi dici gentilmente qual è la tua risposta in merito, ammesso che tu ce l'abbia da darmela?»
«Iveon, non so cosa rispondere in relazione alla domanda che mi hai appena posta. Qui non ho mai sentito parlare di esseri semidivini morti. Solamente Ullioz potrebbe darci una risposta in merito; ma non è semplice contattarlo. E poi mi dici perché mai tuo figlio dovrebbe essere un semidio? Già, per la solita ragione che in Kosmos ti consideravi un dio! Comunque, considerato che la madre di lui era una donna, dovendo esserlo per forza, la sua anima potrà svelarti il mistero, se decidi di incontrarla in Parleor. Non ti pare? Se entrambi si incontrano in Animur, vorrà dire che tuo figlio aveva un'anima nella sua esistenza sensibile, per cui sarebbe logico pensare di poterla trovare adesso in questo luogo soprasensibile. Male che vada, non c'è dubbio che potrai contattare la tua consorte, essendo la madre di tuo figlio!»
«Il tuo ragionamento non fa una grinza, Elost, siccome si presenta molto persuasivo. Davvero sei certo che pure io, che sono un essere vivente, posso incontrarmi con l'anima della mia ex amata Grael, che non dovrebbe essere mia moglie? Nel mio caso, che è senz'altro strano, mi dici quale dovrà essere la prassi per contattarla?»
«Ti prometto, Iveon, che non ci sarà alcun problema nel farti raggiungere lo scopo. Vedrai che ci riusciremo con la immedesimazione delle nostre menti. Mentre tu ti dai a pensare alla tua cara Grael, la mia mente si immedesimerà con la tua. Allora anch'io mi impadronirò della sua immagine e potrò prendere contatto con lei. Se della tua donna conservi immagini appartenenti ad età differenti, dovrai essere tu a scegliere quella con la quale desideri rincontrarti. Perciò, quando la mia mente si compenetrerà con la tua, dovrai pensare esclusivamente alla figura che preferisci di più rivedere nella donna, che ti è appartenuta nel passato. Io ti consiglio di scegliere quella che le farebbe più piacere, per farle cosa gradita. Sei d'accordo anche tu con questa mia pensata?»
«Mi ha recato una incontenibile gioia, Elost, apprendere da te che sei in grado di farmi incontrare con Grael. Perciò, non vedendo l'ora di trovarmi al suo cospetto, fin da adesso, puoi adoperarti perché ciò avvenga. Comunque, ho deciso di rivederla con l'immagine che aveva, quando mi è capitato di imbattermi in lei la prima volta. Sono sicuro che la sua anima apprezzerà questo mio gesto gentile, propendendo anch'ella per tale mia scelta. Ma sei certo che la mia Grael accetterà l'invito di uno sconosciuto, quale tu rappresenti per lei? E se ella non dovesse tenerne conto per niente, come finirebbe il nostro tentativo di contatto?»
«Non preoccuparti, Iveon, perché ti garantisco che quanto hai ipotizzato non accadrà per due motivi: primo, essendo io il portavoce di Ullioz presso di loro, non posso risultare uno sconosciuto per nessuna delle anime di Animur; secondo, farò pervenire alla tua Grael l'immagine che avevi nel vostro primo incontro. Comprendi adesso? Dunque, puoi stare tranquillo in merito ad esso, poiché avverrà come ti ho detto!»
«Se le cose stanno come mi hai spiegato, Elost, sono convinto che presto rivedrò Grael. Ella si precipiterà da me come un fulmine, quando mi scorgerà, essendo desiderosa di incontrarmi e di abbracciarmi!»
«Iveon, dato che sono riuscito a tranquillizzarti circa l'incontro che tra poco avrai con la tua amata, ci resta solo da attendere il segnale che ci inviterà a condurci in Parleor. Non appena esso ci sarà, contatteremo la tua Grael nel modo che ti ho riferito prima. Dopo ci trasferiremo insieme nella famosa valle delle conversazioni. A tale proposito, devo avvertirti che, fuori di qui e durante il percorso, non ti sarà possibile scorgere le nostre immagini, per cui noi ti appariremo come due dischetti bianchi, come quelli che già hai conosciuto. Inoltre, poiché tu ignori la strada che porta a Parleor e non puoi neppure volare, ti ci accompagneremo io e Grael. Lungo il sentiero, noi ti precederemo di una decina di metri e voleremo ad un'altezza, che non sarà superiore alla tua testa.»
Dopo che ogni cosa si era svolta secondo quanto Elost aveva preannunciato, alla fine la terna di personaggi a noi noti aveva raggiunto la valle di Parleor, dove si vedevano moltissime altre anime riunite in capannelli. Allora, non appena essi vi avevano messo piede, il dio Iveon, oltre a rivedere l'immagine di chi era stato il suo interlocutore fino a poco prima, aveva avuto la gradevole sorpresa di scorgere davanti a sé anche la donna, della quale egli era stato l'antica fiamma. Ma in quell'incontro, la più meravigliata, oltre che molto imbarazzata in pari tempo, era stata Grael a mostrarsi. In un primo momento, ella era apparsa confusa, poiché non sapeva cosa dire e come esprimere i pochi pensieri, che le balenavano turbati nella mente. Infine, sotto l'empito dell'emozione, era riuscita a superare lo stato di disagio che accusava e aveva incominciato a dire al suo caro amato:
«Divino Iveon, nello scorgerti di fronte a me, non sai quale piacere sto provando nel mio intimo! Prima di andare avanti nel mio discorso, però, voglio ringraziarti per avermi voluta incontrare con l'immagine della mia età giovanile. Inizialmente, mi sono spaventata, avendoti creduto morto. Ma poi la riflessione mi ha tranquillizzata, poiché essa mi ha convinta che le divinità non possono andare incontro alla morte. Allora mi dici che cosa ci fai in Animur? C'è stato forse un buon motivo che ti ha spinto a varcare la soglia del soprasensibile Regno delle Anime? Se è così e non ti è vietato, vuoi farmi il favore di palesarmelo?»
Prima che il dio Iveon le potesse rispondere con pacatezza, Elost, con un cenno della mano, gli aveva fatto capire di attendere. Il motivo? Al suo posto, voleva essere lui a farle varie domande, rivolgendole naturalmente all'anima dell'emozionata donna.
«Come fai, Grael, ad asserire che il qui presente Iveon è una divinità? Egli te lo aveva solo affermato in Kosmos oppure ti aveva anche fornito le prove dei suoi poteri divini? Ci terrei a saperlo con certezza. Poco fa, quando egli mi ha rivelato di essere un dio, mi sono rifiutato di credergli. Allora vuoi essere così gentile da metterti a parlarmi di lui? Qui solamente la tua anima può svelarmi il mistero!»
«Dici davvero, Elost, che hai messo in dubbio la divinità del mio amato Iveon?! Se lo hai fatto, non sai quale grosso sbaglio hai commesso! I suoi poteri divini si mostrarono sommamente straordinari, quando egli approdò sul nostro pianeta Treun e liberò il mio popolo dalle vessazioni di una potente divinità malefica. Quando poi vi ritornò due decine di anni più tardi, egli ci liberò anche dal figlio semidivino della stessa divinità, che io avevo tenuto nel mio grembo, credendolo frutto mio e del divino Iveon. Il malvagio dio Trauz, infatti, mi aveva posseduta con l'inganno, dopo aver assunto le sembianze del mio adorato dio. Non puoi immaginare, Elost, quali pene fisiche e psicologiche noi del villaggio di Cerpus stavamo sopportando, a causa delle sevizie, alle quali il sadico dio sottoponeva molte nostre giovani vergini, facendosele sacrificare tre per volta ogni mese. Dopo averti messo al corrente di tali fatti salienti, nutri ancora dei dubbi che Iveon possa essere un autentico dio?»
«Adesso non più, Grael. Ti manifesto che le tue parole mi hanno recato un grande sollievo, per motivi personali. A tempo debito, li farò presenti al tuo divino amato. Adesso tu e lui potete anche riprendere la vostra conversazione, quella che già avevi aperta. A tale riguardo, vi prometto di non interrompervi più; invece me ne starò in disparte, affinché neppure una vostra sola parola mi giunga all'orecchio!»
Dopo che il portavoce di Ullioz li aveva lasciati soli, il dio si era affrettato a dare a Grael la risposta che prima Elost, con il suo intervento, non gli aveva consentito di darle.
«Mia dolce Grael, nessun motivo particolare mi ha condotto in Animur. Se lo vuoi sapere, sono stato forzato a venirci, anche se per colpa di nessuno, essendo capitato in uno dei vortici succhiatori che di regola attirano le anime dei defunti in questo luogo. Solo che la mia venuta nel Regno delle Anime ha modificato la mia natura e mi ha fatto diventare un essere umano. Stando qui, non so neppure come ritornare nel mondo sensibile per riacquistare la mia passata divinità!»
«Mi dispiace per te, divino Iveon, anche se mi farebbe piacere averti per sempre qui con me. Sono sicura che, con l'aiuto di Elost, troverai il modo di far ritorno nel mondo sensibile. Quindi, non disperare e poni fiducia nel destino, il quale ha già tracciato anche i sentieri della tua esistenza, che mi appare cosparsi di trionfi!»
«Grael, con il tuo consenso preferirei tralasciare questo argomento per interessarmi totalmente a te. Perciò inizia a narrarmi ciò che ti riguarda, poiché sarò felice di apprendere dalle tue labbra ogni cosa. Se lo desideri, puoi parlarmi perfino dei tuoi familiari e del tuo popolo, poiché ne sarò ugualmente contento. Te lo assicuro!»
«Dimentichi forse, mio divino Iveon, che da allora sono trascorsi più di duemila anni. Per cui cosa potrei dirti del mio popolo? Dopo che lo liberasti dal dio Trauz e dal figlio Lustok, esso non attraversò più momenti negativi, almeno fino a quando seguitai ad andare a trovarlo, essendoci il mio retto figlio Emiel a capo dei Cerpusini. Infatti, in qualità di semidio, prima di morire, egli vide spegnersi varie generazioni di parenti discendenti e collaterali. Io presenziai i suoi funerali e rimasi colpita da come il popolo se lo piangeva con tiepide lacrime; né gli mancò la mia commiserazione. Se ti fa piacere saperlo, stando nel corpo di una gatta, gli ero stata vicino anche nei momenti precedenti la sua morte, durante i quali pensai a te e avrei voluto che ci fosse stato il padre nella sua capanna, mentre lo sventurato agonizzava sul letto di morte.»
«Povero figlio mio! Davvero, Grael, non c'era nessuno a confortarlo e a rendergli meno doloroso l'addio al suo villaggio e al suo popolo, che egli amava tantissimo e governava saggiamente? Non ci posso credere, piccola mia, e mi dispiace di non esserci stato!»
«Anche se ci stavano delle persone, era come se esse non ci fossero. Intorno al suo corpo morente, infatti, c'era una turba di parenti collaterali alla lontana, dai quali non poteva attendersi neppure il pianto più flebile e la compassione più labile. Anzi, anche dopo la sua morte, essi continuarono a muoversi alla rinfusa nella sua capanna, senza mai fermarsi per un attimo presso il suo capezzale, al fine di permettere ai loro occhi di versare qualche lacrima di cordoglio per il lontano parente defunto. Invece dopo ci pensò il suo popolo a commuoversi per la sua morte, a piangerselo e a tributargli onori per una decina di giorni, non potendo esso dimenticare quanto egli aveva fatto per i Cerpusini in tutti i suoi moltissimi anni che li aveva governati da vero saggio.»
«Se avessi saputo che il corpo di mio figlio lo stava abbandonando, mia cara Grael, stanne certa che sarei andato ad assisterlo e ad accompagnarlo nel suo viale del tramonto. Ma chi poteva avvisarmi del suo stato di moribondo, considerata l'immensa lontananza che mi separava da lui? Adesso, però, potresti dirmi se anche la sua anima si trova qui e se riesci a trascorrere del tempo insieme con lui. Se la tua risposta dovesse essere positiva per entrambe le mie domande, ne sarei felicissimo. Così avrei la meravigliosa opportunità di incontrarmi anche con mio figlio, il retto Emiel!»
«Invece, mio divino amato, devo deluderti, poiché volevo chiederti anch'io notizie sul suo conto. L'ultima volta che l'ho visto, è stato quando la sua salma bruciava sopra un rogo, dal quale si sprigionavano le volubili fiamme rossastre. Da quella circostanza non ho avuto più notizie del nostro Emiel. Perciò puoi dirmi se un semidio ha un'anima o qualcos'altro, che lo farebbe continuare ad esistere qui oppure altrove, dopo la sua morte? Neanche come dio mi sai dare la risposta?»
«Questo non te lo so dire, Grael. Prima di capitare in Animur, non sapevo nemmeno che gli esseri umani avessero un'anima, come pure ignoravo questo loro ricetto. A ogni modo, poiché nostro figlio era una perla rara e in Parleor non c'è traccia di lui, dobbiamo desumere che i semidei sono privi di anima. Anzi, sono del parere che essi, visto che una loro parte appartiene ad una divinità e non può morire, dovrebbero seguitare ad esistere in qualche altro luogo e sotto una diversa forma. Ti prometto che, non appena mi sarà possibile, approfondirò l'argomento e, nel caso che mi sarà consentito, non esiterò ad andare a trovarlo. Sei contenta, piccola mia, adesso che ti ho fatto questa promessa, che sicuramente manterrò dopo il mio ritorno in Kosmos?»
«Come non potrei esserlo, Iveon, che sei il sole della mia anima? Con essa, mi hai liberata dell'intera mestizia che restava ancora in me, a causa della sua mancanza. Essa veniva avvertita nel mio intimo in modo profondo! Perciò ti ringrazio per il gentile pensiero che hai avuto per me e mi hai degnato di una tua gradita visita.»
Dopo la risposta data dalla donna al divino amato, Elost era intervenuto a troncare la loro conversazione, facendo presente che il dio Iveon non poteva indugiarsi più a lungo in Parleor. Allora, avvenuti i confidenziali saluti tra i due amici di antica data, l'eroico dio e il portavoce di Ullioz se n'erano allontanati all'istante. Giunti poi nel meditos di quest'ultimo, il dio dell'eroismo gli aveva parlato così:
«Adesso che ti sei convinto della mia divinità, Elost, mi devi chiarire chi è Ullioz e di quale aiuto egli potrà essermi, nel caso che mi rivolga a lui per avere quelle poche risposte che non hai saputo darmi tu. Soprattutto voglio farmi indicare dal medesimo, ammesso che essa ci sia, la via che conduce a Kosmos, dove potrò recuperare finalmente la mia divinità! Allora sei disposto a farmi questo favore?»
«Dio Iveon, in Animur Ullioz rappresenta il padrone sovrano e niente gli è impossibile. Perciò se ci rivolgiamo a lui, otterrai dei grandi benefici e avrai anche la possibilità di lasciare il Regno delle Anime. Ma io non ti condurrò da lui, se prima non mi avrai fatto una solenne promessa. Dovrai dichiararmi che, una volta in Kosmos, ti adopererai per liberare il mio popolo da una divinità malefica, la quale da secoli lo tortura e lo umilia nei modi più depravati esistenti. Dunque, mi prometti che lo farai?»
«Elost, dovrei considerare un ricatto quanto mi hai appena dichiarato. Ma evito di pensarla in questo modo, soltanto perché è stato un nobile scopo a spingerti ad usare un tono ricattatorio nei miei confronti. Quindi, hai la mia parola che, una volta in Kosmos, farò il possibile per togliere di mezzo la divinità negativa e riscattare il tuo popolo dalla sua tirannia. Prima, però, voglio essere messo a conoscenza di come stanno realmente i fatti nella tua città. Ciò potrà avvenire, solo dopo che mi avrai raccontato ogni cosa del tuo angariato popolo. In modo particolare, voglio essere messo al corrente di quei fatti che videro la divinità malefica insediarsi nella tua città, diventando il vostro tiranno.»
Invitato dal dio Iveon a raccontargli la triste storia del suo tribolato popolo, Elost, commosso a non dirsi, si era messo ad accontentarlo, senza far trascorrere neppure un attimo. Con il suo impressionante racconto, il defunto re era desideroso di convincerlo ad aiutare la sua perseguitata gente, dopo avere abbandonato Animur. Quel luogo, infatti, com'era stato creato dal potente Ullioz, risultava fin dalla sua origine inadatto tanto agli esseri umani vivi quanto alle divinità, fossero essere positive oppure negative. Perciò il suo divino interlocutore presto sarebbe stato obbligato a lasciarlo.