16-NURDOK CONTRO STRIAKON, IL MOSTRO DELLA PALUDE

L'appagato Nurdok era ancora in luna di miele e continuava a bearsene insieme con la giovanissima moglie Enker, quando alcuni Berieski appartenenti alla tribù di Terra si erano presentati al superum della Berieskania. Essi, che provenivano dalla regione della Landez, avevano avuto i loro buoni motivi per ricorrere a lui. Fendro, il conductor di Tascus, non essendo riuscito a risolvere il problema che si trovava ad affrontare il loro villaggio, li aveva spinti a prendere tale iniziativa. A suo avviso, esclusivamente recandosi a Geput, essi avrebbero ottenuto qualche beneficio, in attinenza alla loro strana vicenda. Egli, però, anziché mandarli al superum che era il suo diretto superiore, li aveva consigliati di rivolgersi a Nurdok, il suo leggendario nipote, rassicurandoli che soltanto lui sarebbe stato in grado di trarli fuori dai guai.

Possiamo sapere anche noi con quale tipo di problema i preoccupati Terresi si trovavano ad avere a che fare nel loro villaggio, che il loro conductor non era riuscito a risolvere? Certo che ci è consentito conoscere ogni cosa in merito ad esso; anzi, è nostro dovere rendercene subito conto. Perciò non perdiamo tempo a venirne a conoscenza, perché veniamo spinti da una curiosità impellente ad entrare nella vicenda.

Ebbene, i Terresi giunti a Geput erano abitanti del piccolo villaggio landezano, il cui nome era Cilup. Esso si trovava nella zona nord-est della regione, esattamente a circa sei miglia dalla confinante palude. La quale si trovava in un territorio relativamente esteso, che non apparteneva alla Berieskania. Secondo una leggenda del popolo cilupino, da tempo immemorabile, nelle stagnanti acque palustri viveva un terribile mostro, al quale veniva dato il nome di Striakon. La maggior parte di loro, in verità, quando ne parlava, preferiva citarlo con il nome di Mostro della Palude. A ogni modo, mai nessuno dei Cilupini era riuscito a trovarsi faccia a faccia con il mostruoso essere senza volto. Ai loro occhi, invece, non sfuggivano gli ingenti danni che esso continuava a provocare nei campi da loro coltivati con parecchia fatica e fra gli animali domestici che essi allevavano, facendoli crescere allo stato brado. Si trattava di autentiche scorrerie, che l'inavvistabile mostro compiva periodicamente negli ovili, raramente tra gli armenti di cavalli e di buoi, facendone ogni volta una grande strage. Volendo quantificare i danni, esso ne uccideva e ne divorava più o meno una decina, quando assaliva il bestiame minuto, come pecore e capre. Invece l'uccisione si limitava a due capi, se si trattava di bestiame grosso, come cavalli e buoi. Inoltre, durante il suo disordinato transito distruggeva le varie colture, le quali comprendevano frumento, legumi e foraggio; ma si riteneva che almeno la distruzione delle colture non fosse un atto volontario.

Secondo quanto asserivano i guardiani delle bestie, sia i danni all'agricoltura che le razzie compiute da parte del Mostro avvenivano ogni volta sul far del giorno, cioè quando essi iniziavano ad accudire alla loro custodia. All'improvviso, dopo esserci stato un rovinio delle coltivazioni nei campi, si avvertiva all'interno dell'ovile oppure della mandria uno strano turbamento tra le bestie. Esse allora cominciavano ad impazzire e ad agitarsi, peggio che se si stesse avendo in mezzo a loro un autentico ciclone. Il loro ritorno alla normalità significava che l'invisibile razziatore aveva posto fine alla sua azione di sterminio. Ma dopo venivano rinvenute sui campi coltivati, oltre ad alcune zone insanguinate, anche le varie carcasse delle bestie divorate. Inoltre, a causa dell'incursione di Striakon, il mostro che non si faceva vedere mai da nessuno, ci andavano di mezzo pure le coltivazioni erbacee, come il grano e l'orzo, e quelle arboree, se queste ultime erano costituite da piante di basso fusto. La qual cosa faceva disperare non poco i contadini e gli allevatori di bestiame, che si mortificavano e ne soffrivano moltissimo.

Un giorno, siccome ne avevano fin sopra i capelli di quell'essere misterioso, il quale quotidianamente si dava a distruggere colture ed uccideva animali senza lasciarsi vedere, gli allevatori e i contadini avevano deciso di chiedere protezione al loro conductor Fendro. Egli aveva la propria sede di governo nel borgo di Tascus. Dopo che essi lo avevano raggiunto e si erano ritrovati in sua presenza, era stato Lupsen a parlare per tutti, essendo l'unico ad essere dotato di una buona parlantina. Il Cilupino allora, senza perdere tempo, gli aveva fatto presente:

«Nobile conductor della Landez, siamo abitanti del villaggio di Cilup e siamo venuti da te per una questione molto seria, la quale per noi risulta di capitale importanza. Non essendo riusciti a sbrogliarcela da soli, eccoci qui a chiedere il tuo aiuto, sperando che esso possa toglierci dai guai in cui siamo rimasti incappati da anni. Essi continuano a privarci di parte dei nostri raccolti e del nostro bestiame, senza alcuna possibilità di venirne fuori! Speriamo che tu possa darci una mano ad uscirne; altrimenti ci vedremmo impossibilitati ad adempiere il nostro dovere verso la nostra nazione, che è quello di contribuire in solido al suo benessere e alla sua prosperità. Infatti, da onesti cittadini, versiamo ogni anno all'erario di Tascus le somme, che siamo tenuti a pagare per legge.»

«Miei corregionali,» il conductor gli aveva risposto «se voi non mi spiegate prima qual è il reale problema che vi assilla, come faccio a pronunciarmi su di esso e a promettervi di aiutarvi in qualche modo? Ovviamente, sempre nel caso che fosse nelle mie prerogative potervi dare l'aiuto che vi necessita! Quindi, esponetemi innanzitutto il vostro problema, di modo che dopo se ne possa discutere insieme con calma. Soltanto a quel punto, potrò anche rendermi conto se mi sarà possibile trovarvi una soluzione. Penso che più chiaro di così non sarei potuto essere, miei cari Cilupini! Oppure credete che le mie parole non vi abbiano soddisfatti abbastanza? Se è così, potete pure farmelo presente.»

«Invece, onorevole Fendro, ti diamo atto che il tuo intervento è stato giusto! Perciò passo subito a riferirti da quale problema noi di Cilup veniamo tormentati da anni. Chi non ha mai sentito parlare del Mostro della Palude nella nostra regione? Sono sicuro che tutti i Landezani sono al corrente della sua esistenza! Striakon ha sempre suscitato alquanto interesse dalle nostre parti, magari anche con un po' di tremarella. C'è chi ne subisce spesso le incursioni sui propri campi, con devastazione anche delle colture, sebbene esse siano dirette contro le greggi e le mandrie. Ma nessuno può alzare un dito contro lo sterminatore di bestie e il distruttore di messi, come nel nostro caso, per il semplice fatto che esso risulta praticamente invisibile. È per questo motivo che oggi noi siamo qui a chiedere il tuo aiuto! Sono sicuro di esserti stato chiaro!»

«È mai possibile, Lupsen, che ti riferisci ad una leggenda, come se essa fosse un fatto reale? Non ci posso credere! Lo sai anche tu che nella Landez, già da bambini, tutti vengono a conoscenza del mostro in questione; però la sua esistenza, di generazione in generazione, viene tramandata come qualcosa di leggendario. Ragion per cui, mai nessuno si è sentito in dovere di temerlo, contrariamente a quanto state facendo voi di Cilup! Anche oggi il Mostro della Palude viene citato ai bambini con il solo intento di spaventarli e di farli diventare più buoni, come nella frase seguente: "Se non fai il bravo, ragazzo, ti do in pasto a Striakon, il mostro mangiabambini!" Per questo motivo, secondo me, dargli al giorno d'oggi una valenza reale significherebbe uscire di senno! Ecco qual è il mio pensiero a tale riguardo, cari miei sudditi!»

«Allora, autorevole Fendro, come giustifichi le stragi che vengono compiute fra i nostri capi di bestiame, i quali sono dilaniati tra gli sguardi atterriti dei guardiani? Costoro, al momento della loro effettuazione, non riescono neppure a vedere in qualche modo il loro divoratore! La stessa cosa vale per le coltivazioni che esso danneggia, quando si sposta e le percorre per giungere alle nostre bestie! Dunque, come si fa a considerare una leggenda dei fatti reali, nostro incredulo conductor?»

«Al posto vostro, miei cari Cilupini, metterei sotto torchio quelli che fanno la guardia alle vostre greggi e alle vostre mandrie. Sono convinto che sono loro ad uccidere il vostro bestiame, allo scopo di cibarsene o di barattarlo con qualcos'altro. Dopo la macellazione, essi si premurano pure di cospargere i vostri campi dei loro ossi scarnificati per dare la colpa dell'eccidio ad un mostro, che in realtà non esiste. Per questo, a mio parere, le vostre indagini dovranno essere condotte in questa direzione, se volete scoprire i responsabili e giungere alla verità!»

«In merito ai danni reali arrecati alle nostre colture, nostro esimio conductor, come la mettiamo? Perché mai i nostri mandriani e i nostri pastori dovrebbero preoccuparsi pure di mettere sottosopra i campi coltivati, provocandovi seri danneggiamenti? Visto che noi non riusciamo a comprenderlo in nessun modo, vorremmo che ce lo dicessi tu!»

«A mio parere, Lupsen, la ragione è molto semplice. I mandriani e i pastori intervengono anche sui campi, appunto per farvi credere che non si tratti di abigeati, ma unicamente dell'opera dell'invisibile mostro. Così facendo, essi trovano la maniera di allontanare da sé ogni vostro sospetto. Se vuoi conoscere la mia idea in proposito, il loro espediente è davvero molto ingegnoso. Ma esso si rivela tale esclusivamente alle persone ingenue come voi, dal momento che non riuscite a vedere oltre la punta del vostro naso! Mi sono spiegato adesso oppure ve lo debbo ripetere in una diversa maniera?»

«Non è giusto, illustre Fendro, farci considerare i nostri coscienziosi guardiani degli abigei e tacciare noi di minchioneria. Ciò, naturalmente, solo per lavarti le mani della vicenda e per non scomodarti, al fine di appurarne la fondatezza. Invece sarebbe tuo dovere approfondirla da vicino e darci una mano, se il nostro problema dovesse rivelarsi effettivo. Ecco quanto vorremmo che tu facessi per noi, che ne veniamo danneggiati e siamo costretti a subirne delle grosse perdite!»

«A quanto pare, sono stato frainteso, Lupsen, se avete pensato che le mie ipotesi sono scaturite dalla mia scarsa volontà di aiutarvi e non dalla mia convinzione che Striakon è solo una leggenda, per cui le cause dei vostri guai vanno ricercate altrove. Allora, allo scopo di persuadervi che non è come avete sospettato della mia persona, non ho difficoltà a venire nel vostro villaggio e a constatare di persona ciò che vi accade di strano. Così mi darò anche da fare, cercando di scoprirne con ogni mezzo l'origine! Adesso, Lupsen, tu e i tuoi compagni vi considerate abbastanza soddisfatti, dopo quanto vi ho appena annunciato?»

«Certo che lo siamo, nobile Fendro, dal momento che era esattamente questo che volevamo sentirti dire nel nostro incontro! Soltanto adesso possiamo finalmente sperare che il nostro annoso problema verrà risolto, grazie al tuo autorevole intervento nei nostri campi!»

Il conductor di Tascus, come aveva promesso al gruppo dei Cilupini, si era recato al loro villaggio con una scorta di cento soldati. In quel luogo, egli aveva iniziato ad acquisire indizi probativi circa le stragi addebitate al fantomatico mostro. A tale proposito, aveva voluto che fosse spostato un gregge nel campo confinante con la palude. Così facendo, intendeva dimostrare a quelli di Cilup che l'ipotetico essere mostruoso esisteva solo nella fantasia di coloro che lo incolpavano delle uccisioni del loro bestiame. Invece Fendro sarebbe stato costretto a ricredersi del suo scetticismo, poiché anche davanti ai suoi occhi ci sarebbero stati gli inusitati fenomeni, dai quali derivavano il rovinio delle messi e le stragi delle bestie da allevamento. Si sarebbe trattato degli stessi fenomeni, dei quali i Cilupini erano andati a lamentarsi nella sua dimora di Tascus, dopo essere stati messi a dura prova dall'invisibile Mostro della Palude.

Era da qualche giorno che le numerose pecore brucavano l'erba nel pascolo loro assegnato. Esse, però, non stavano da sole, poiché il conductor e i suoi soldati le guardavano a vista, intanto che si tenevano nascosti. A un certo punto, subito dopo l'alba, quelli che le sorvegliavano avevano percepito uno strano rumore, che non avevano mai avvertito prima. Perciò non riuscivano né a classificarlo né ad individuarne la causa né a captarne la provenienza. Poco più tardi, le stesse persone avevano anche scorto il manto erboso assumere un movimento insolito, il quale non poteva essere causato dall'azione del vento, poiché esso quel giorno era assente. L'erba dapprima si inarcava in direzione degli ovini e subito dopo restava schiacciata al suolo sotto il peso di qualcosa che non si riusciva a scorgere. Anche gli arbusti, gli sterpi, i frutici e gli alberelli, come se venissero investiti da una immane forza sconosciuta, si piegavano nella stessa direzione e ne restavano malridotti.

Il visibile e rovinoso moto del terreno era andato avanti, fino a quando non aveva raggiunto le miti pecore. In mezzo a loro, lo straordinario evento fenomenico, anziché continuare a disastrare i vari elementi vegetativi già citati, si era dato a rendere sue vittime le mansuete bestie. Le quali, al suo arrivo, subito avevano iniziato ad agitarsi in modo particolare, mostrando incredibilmente timore di qualcosa che neppure riuscivano a scorgere. Oltre che provenire da esso i lamentevoli belati, nel piccolo ovile si aveva un fuggifuggi generale da parte delle pecore. Il quale le spingeva a trovare riparo in ogni direzione, come se una turbolenta massa d'aria si stesse abbattendo su di loro e le spaventasse a morte. Invece finivano sventrate ed ammazzate sul colpo quelle poche che non ce la facevano a scappare e a sfuggire a chi invisibilmente non dava loro tregua alcuna. Quando infine il tramestio confuso aveva avuto termine nell'improvvisato ovile, una decina di pecore restavano al suolo orribilmente mutilate, mentre tutte le altre si erano disperse nei dintorni, dopo aver abbandonato lo steccato. Poco più tardi, si era iniziato ad assistere allo sballottamento sull'erba dei loro corpi sventrati, facendo diventare lordo di sangue il manto erboso. Accadeva come se qualcuno li azzannasse, li scarnificasse, li spolpasse e li riducesse a brandelli. Dopo i piccoli pezzi di carne sparivano e non si riusciva a capire quale strada avessero preso, mentre finivano nel nulla. Al termine di tale evento, delle pecore uccise e sbranate, erano rimasti solo degli ossi sanguinolenti, i quali erano stati in poco tempo raggiunti ed invasi da un esercito di voraci formiche.

Avvenuta la strage degli ovini, i loro sorveglianti avevano assistito di nuovo al precedente fenomeno, che si era avuto prima sulla parte vegetativa. Questa volta, però, chi lo provocava aveva seguito la direzione opposta, ossia quella che adesso lo faceva dirigere verso la palude. Ogni azione si era effettuata, senza che essi fossero stati in grado di comprenderci alcunché, poiché l'autore della strage degli ovini e della rovina del campo, per la maggior parte prativo, non si era fatto avvistare per niente. Al contrario, stupendo tutti quanti, aveva agito nell'invisibilità più assoluta ed aveva dato i segni sgraditi della sua nociva presenza.

Il conductor della Landez, nel momento stesso che assisteva ai due arcani fenomeni, non se l'era sentita di intervenire contro quell'essere invisibile, per cui aveva evitato di ordinare ai suoi soldati di lanciargli contro frecce e giavellotti. Il lancio di tali armi sarebbe dovuto avvenire in direzione del luogo dove si avevano lo sbranamento e l'ingurgitamento delle sue prede, pur non mostrandosi visibili tali azioni. Non potendosi quantificare né la sua complessione né la sua ferocia, egli aveva temuto di mettere a repentaglio la propria incolumità e quella dei suoi soldati. Quanto all'iniziale scetticismo di Fendro, finalmente esso si era dissolto, subito dopo avere assistito a quei fatti inspiegabili, convincendosi così che il gruppo dei Cilupini a ragion veduta era andato ad esporgli le proprie lagnanze. Perciò egli si era anche preoccupato di fare ai suoi componenti le proprie personali scuse. Dopo essersi scusato pubblicamente con loro, non si era astenuto dal fargli il seguente commento:

«Cari Cilupini, sono stato testimone oculare di un fenomeno sovrumano, che non avrei mai creduto potesse accadere. Dopo quanto mi è capitato di vedere in questo posto, ritiro le mie accuse mosse contro i vostri pastori e i vostri mandriani; mentre a voi chiedo venia, per avervi qualificati degli ingenui. In pari tempo, mi dispiace di non potervi essere di alcun aiuto, poiché mi sento impotente ad agire in qualche modo contro l'inesplicabile essere che viene chiamato Mostro della Palude. Per questo, volente o nolente, temo che dobbiate abituarvi a convivere con il vostro razziatore di bestiame, che è anche il distruttore di alcune vostre colture cerealicole, le quali per voi contano molto.»

Quando infine il disorientato Fendro aveva posto termine alle sue considerazioni in chiave pessimistica, con un animo piuttosto triste, Lupsen gli aveva parlato così:

«Possibile, conductor della Landez, che nell'intera Berieskania non ci sia una persona capace di liberarci dall'invisibile Striakon? Non puoi indicarci qualcuno che possa essere in grado di soccorrerci? Sono sicuro che tra la nostra gente deve pur esserci qualche impavido eroe che possa aiutarci, ponendo così fine all'esistenza dell'invisibile mostro!»

«Adesso che ci penso, Lupsen, tra i Berieski c'è la persona giusta che potrebbe darvi una mano a sottrarvi ai vostri guai. L'unico guerriero, il quale ha tutte le carte in regola per competere con il vostro mostro, è Nurdok, il nipote del nostro superum Suok. Egli è un eroe straordinario, dotato di coraggio e di scaltrezza. Perciò vi consiglio di rivolgervi a lui, che potrete trovare nel borgo di Geput. Per contattarlo, vi basterà rivolgervi direttamente all'autorevole nonno, il quale penserà poi a farvi incontrare con l'eroico suo nipote.»

Allora, seguendo il suggerimento ricevuto dal loro conductor Fendro, un gruppo di Cilupini, senza perdere tempo, si era messo in viaggio alla volta del famoso borgo di Geput. Nei loro programmi, essi, dopo essersi fatti ricevere dal superum, lo avrebbero messo al corrente dei gravi disagi che avevano nel loro villaggio. Nel contempo, gli avrebbero anche fatto presente che intendevano parlare con il nipote Nurdok, essendo egli la persona alla quale erano stati indirizzati dal loro conductor. Ma intanto che si dirigevano verso Geput, i Cilupini erano apparsi immensamente fiduciosi che il loro viaggio avrebbe avuto alla fine lo sperato successo. Le ragioni? Essi, in base a ciò che gli aveva dichiarato il loro conductor, si erano convinti che il nipote del loro superum li avrebbe finalmente liberati da Striakon, il loro nemico Mostro della Palude.


Concessa udienza ai Landezani, Suok aveva appena iniziato a chiedere ai suoi ospiti il motivo che li aveva spinti a rivolgersi a lui, allorché anche Nurdok era venuto a fare la sua visita al nonno. Allora il superum della Berieskania, non volendo perdere tempo, lo aveva presentato alla delegazione cilupina. Così, subito dopo esserci state le presentazioni da entrambe le parti, Lupsen aveva voluto approfittare per chiarirsi meglio con il capo di tutti i Berieski, facendogli presente:

«Per la verità, illustre Suok, nulla togliendo al tuo prestigio, noi desideravamo incontrare proprio il qui presente tuo nipote. A quanto pare, il celeste Mainanun provvidenzialmente lo ha fatto venire qui da te al momento opportuno. Se c'è qualcuno che potrà esserci utile nelle nostre disgrazie attuali, egli potrà essere unicamente il leggendario Nurdok! Ce lo ha assicurato il nostro conductor Fendro, dopo essersi reso conto da quale terribile bestia mostruosa il nostro villaggio viene vessato.»

«Ti garantisco, Cilupino, che il conductor della Landez non ha esagerato!» aveva approvato il superum «Mio nipote Nurdok, il quale sicuramente mi succederà nella massima carica della Berieskania, non ha uguali al mondo, sia nel valore militare che nel senso della giustizia. Perciò comincia a riferirgli quali sono i guai che affliggono la gente del tuo villaggio e chi ne è il crudele responsabile. Fin da questo momento, vi posso garantire ad occhi chiusi che dopo egli saprà tirarvene fuori. Ma prima darà il fatto suo a chi sta prevaricando iniquamente nei vostri confronti! Vi sono stato chiaro?»

All'invito di Suok, Lupsen si era messo a raccontare ogni cosa sulla vicenda del Mostro della Palude e sui danni che ne derivavano al loro bestiame e alla loro agricoltura, ogni volta che esso veniva fuori dalla zona paludosa. Quando infine l'ospite aveva terminato il suo incredibile racconto, il quale aveva stupito enormemente perfino il superum, Nurdok si era deciso a prendere la parola. Perciò aveva cominciato ad esprimersi in questo modo:

«Senza dubbio, ci troviamo di fronte ad un mostro fuori del comune, protetto com'è dalla sua invisibilità, che non ci permette di comprendere neppure quale sia la sua reale stazza. Possiamo farcene una idea, soltanto giudicando la quantità di cibo che esso riesce a trangugiare ad ogni suo pasto. A mio parere, essa ci porta ad immaginarla non inferiore a quella di tre elefanti messi insieme. Gli stessi danni, che il mostruoso essere arreca all'agricoltura durante il suo transito, ci conducono a fare la medesima valutazione, circa la sua sproporzionata corporatura. Comunque, prima di affrontare il Mostro della Palude, occorrerà renderlo visibile; altrimenti la lotta, che dovremo ingaggiare contro di lui, non ci sono dubbi che risulterà impari e totalmente a nostro svantaggio! Ecco quali sono le mie prime considerazioni su Striakon!»

«Vuoi dirmi, mio caro nipote,» era intervenuto a domandargli il superum «in che modo si potrà ottenere la visibilità del mostro? Se devo esserti sincero, quanto proponi su di esso mi strabilia non poco! Ma conoscendoti come nessun altro al mondo, penso che tu abbia già una tua teoria in merito alla tua proposta! Non è forse vero che ho ragione?»

«Forse sì e forse no, nonno. Dipende dall'essere con cui avremo a che fare. Nel caso che si trattasse di una divinità, essendo essa di natura prettamente spirituale, non ci sarebbe possibile raggiungere l'obiettivo che avrei in mente. In questo caso, dovremmo perfino rinunciare ad una competizione contro di essa con l'intento di annientarla. Invece, se abbiamo a che fare con un mostro in carne ed ossa, senza meno esso non può che avere un corpo materiale. Allora ciò che ho già meditato di fare nei suoi confronti sarà fattibile al cento per cento. Comunque, almeno per il momento, rimango dell'idea che si tratti semplicemente dell'essere mostruoso che i Cilupini da tempo immemorabile hanno continuato a chiamare Striakon, altrimenti detto Mostro della Palude, considerato anche il suo comportamento, il quale è quello di un'autentica bestia.»

«Allora, Nurdok, mi dici con quale espediente vorresti rendere visibile Striakon a quanti si troveranno ad una ragionevole distanza dal suo corpo? Vorrei proprio saperlo, nipote mio! Sinceramente parlando, se mi trovassi al posto tuo, non saprei che pesci pigliare in questa impresa, la quale si presenta oltremodo ardua!»

«Tutti conosciamo, nonno, quelle bacche azzurrognole che si trovano in abbondanza nei nostri boschi, quelle che dalle nostre parti sono chiamate bocchille. Siamo anche al corrente che esse tingono, se non proprio in modo indelebile, di sicuro in maniera duratura, poiché ognuno di noi si è trovato a fare la loro antipatica esperienza. Infatti, dopo esserne rimasta macchiata, la pelle delle nostre mani è riuscita a liberarsi dalle loro chiazze con gran fatica e dopo lunghissimo tempo. Ebbene, in un primo momento farò ricavare dalla loro polpa succosa un considerevole quantitativo di tintura vegetale e poi la farò versare sul corpo invisibile del Mostro. In questo modo, oltre a renderlo visibilmente colorato e a metterne in mostra la cute, ne conosceremo anche le dimensioni. Si tratta di uno stratagemma che reputo assai valido e che penso vada tentato, specialmente perché non ne abbiamo altri da sperimentare!»

«Anch'io ne sono certo, Nurdok!» era intervenuto a dire Lupsen «Ma mi dici come faremo a versare addosso al mostro il succo colorato, dopo che esso è stato ricavato dalle bacche a cui hai fatto riferimento, se neppure ci è consentito di vederlo? Inoltre, non credo che Striakon ci permetterà di approssimarci al suo corpo, senza reagire contro di noi in modo furioso e tremendamente pericoloso! Non ti sei fatto anche tu un simile concetto di lui?»

«Certo che me lo sono fatto, Lupsen! Per cui non avevo pensato di versarglielo addosso nella maniera da te supposta! Il mio piano prevede ben altro e mira a due obiettivi importanti. Il primo già lo conoscete e sarà quello di rendere il mostro visibile ai nostri occhi. Riguardo al secondo, invece, esso dovrà prefiggersi la sua totale distruzione, prima che Striakon riesca a ritornarsene nella sua dimora, la quale può trovarsi solamente nella palude.»

«Per favore, temerario Nurdok, vuoi farci apprendere come faremo a distruggerlo? Siamo ansiosi di venirne a conoscenza!»

«Ve lo spiego subito, Lupsen, pregandovi di porgermi la vostra massima attenzione. La nostra opera comprenderà tre fasi, nella prima delle quali ci daremo a preparare il liquido da cospargere sul corpo del mostro. Per approntarlo ed averlo a disposizione, basterà versare il succo delle bocchille in un ettolitro di olio, aggiungendovi poi frammenti di paglia e di pece. Così, allo stesso tempo, la mistura ottenuta risulterà colorante e considerevolmente infiammabile. Durante la seconda fase, invece, baderemo a cercare il luogo adatto che possa permetterci di raggiungere senza problemi il nostro obiettivo, il quale dovrà essere perseguito da noi in modo confacente alla circostanza. Una volta che il mostro risulterà ricoperto della mistura da noi preparata e non potrà più nascondersi alla nostra vista, daremo inizio alla terza fase. Quest'ultima consisterà nel farlo colpire dai nostri arcieri con molte frecce incendiarie, le quali dovranno dare fuoco al liquido infiammabile, di cui la pelle del mostro è stata appena cosparsa. Quanto a ciò che dovrà seguire dopo, ci regoleremo sul posto, al termine della terza fase. Comunque, dipenderà dai danni che avremo arrecato al mostro nostro nemico.»

«Adesso sono sicuro che il conductor Fendro ci ha inviati dalla persona giusta per risolvere il nostro caso. Nurdok, considero il tuo piano veramente geniale e mi fa ben sperare che presto ci libereremo del mostruoso Striakon. Ma dal momento che hai omesso di riferircelo, desidero sapere da te con quale artificio riusciremo a cospargere il mostro della mistura che avremo preparato, senza correre dei rischi da parte nostra, mentre ci adoperiamo in tal senso.»

«Per prima cosa, Lupsen, troveremo un albero avente la chioma molto ampia, sotto la quale costruiremo un piccolo recinto, che dovrà risultare addossato al suo fusto, senza che questo vi sia contenuto. Al suo interno, invece, rinchiuderemo dieci o più pecore. Poi, dal ramo che verrà a trovarsi in posizione centrale rispetto all'ovile, faremo pendere un telo quadrangolare impermeabilizzato, dopo averlo accoccato e riempito con la miscela da noi preparata. Il telo, restando racchiuso come ho detto, non sarà legato al ramo; ma pur restando nascosto tra le sue frasche, esso sarà tenuto sospeso ad una decina di metri di altezza mediante un capo di una fune. Invece l'altro suo capo sarà legato al tronco di una pianta situata ad una ventina di metri di distanza. Esso verrà troncato da noi, quando l'adatta circostanza lo richiederà, appunto per far cadere il telo aperto sopra il mostro, mentre è intento a fare razzia.»

«Il tuo piano inizia a piacermi, Nurdok; ma vorrei che tu ci parlassi della sua parte finale, poiché non vedo l'ora di venirne a conoscenza!»

«Adesso vi riferisco pure su di essa, Lupsen! Ebbene, dopo che avrò reciso la corda con un colpo di spada ed avrò fatto cadere il telo aggiustato come sai addosso al mostro, intanto che sta facendo la sua strage di pecore, noi dovremo aspettarci la seguente evoluzione del nostro piano. Il telo, non essendo un recipiente ermetico ma un contenitore con quattro ampie aperture, nella sua caduta libera farà versare addosso a Striakon l'intero suo liquido. Avvenuto ciò, il suo corpo diventerà subito ben visibile a tutti noi, oltre che sicuro bersaglio delle nostre frecce incendiarie. Questo è tutto!»

Anche la parte restante del piano di Nurdok aveva soddisfatto a sufficienza il gruppo dei Cilupini presenti, i quali lo avevano apprezzato moltissimo. Essi si erano anche lasciati prendere dalla fiducia nel suo geniale ideatore e dalla convinzione che presto per la loro gente le cose sarebbero finalmente cambiate. Perciò essa non sarebbe stata più oberati dalle disgrazie che la perseguitavano da anni per colpa del mostro. In special modo ne era rimasto superbamente entusiasta il nonno, il quale aveva voluto elogiare il maggiore dei suoi nipoti. Con gli occhi che quasi gli luccicavano, gli aveva dichiarato:

«Sei stato bravissimo, Nurdok, per aver saputo ideare il piano che sconfiggerà il Mostro della Palude! Devo confessarti che neppure io sarei stato capace di concepirlo così perfetto ed eccezionale. Oltre ad essere nato per primo, fra tutti i miei nipoti, tu resti pure il primo in ogni cosa e nessuno di loro potrà mai paragonarsi a te. A ogni modo, fra tutti i Berieski, me compreso, quanto a valore, a moralità e a giustizia, puoi considerarti il migliore in assoluto. Ma come sappiamo, tale primato non ti viene disconosciuto dalla tua gente. Quindi, puoi andare fiero ed orgoglioso del nostro riconoscimento!»


Il giorno dopo, Nurdok, con la delegazione cilupina, aveva intrapreso il suo viaggio verso la Landez. Raggiunta quella regione, il gruppo aveva seguitato il cammino, fino a quando non aveva posto piede in Cilup. Una volta nel piccolo villaggio landezano, dopo appena un giorno di riposo, tutti si erano messi all'opera, affinché si approntasse ogni cosa che sarebbe servita per incastrare il mostro e punirlo con severità per i danni che esso provocava ai Cilupini. Quando infine i vari lavori erano stati ultimati, si era atteso con pazienza che Striakon si rifacesse vivo ed andasse a fare la sua cruenta visita all'ovile. Esso questa volta era stato posto in essere unicamente per intrappolarlo. Il mostro non si era fatto attendere a lungo, poiché si era presentato al recinto delle pecore, dopo che erano trascorsi appena tre giorni dal completamento dei preparativi. I quali erano stati attuati con cura dai Cilupini per scoprirlo e danneggiarlo. Bisognava anche ammettere che essi, sotto la direzione di Nurdok, si erano adoperati con animosità nei vari lavori eseguiti. Nella raccolta delle bocchille, erano state impiegate tutte le donne del villaggio. Così, in un giorno, esse ne avevano raccolte nel bosco un numero di ceste bastevoli per ricavare dalla loro polpa mezzo ettolitro di succo. Ma il loro lavoro aveva riguardato anche la pigiatura delle bacche e il travaso del loro succo in cinque otri di pelle, ciascuno avente una capacità di dieci litri. Invece, allo scopo di portare a termine i rimanenti lavori, erano bastati una decina di uomini, i quali li avevano eseguiti con passione ed impegnandosi con la massima diligenza. Riguardo al posto che era stato prescelto per tendere l'agguato a Striakon, esso era stato trovato ad un paio di miglia dalla palude. Si trattava di una piccola macchia, dove c'erano molti alberi di alto fusto, i quali avevano le chiome che coprivano una superficie di oltre venti metri quadrati.

L'arrivo del mostro era avvenuto alla stessa ora delle altre volte. Perciò, ai primi segnali della sua presenza, tutti si erano allarmati e lo avevano atteso, stando ben celati in luoghi che offrivano una copertura sicura. Allora, con la sua rapida irruzione nel recinto, il mostro aveva demolito all'istante quegli staggi che formavano la parte dello steccato rivolta verso il lato da cui esso era arrivato. L'invisibile bestia, dopo averla devastata, come se si fosse trattato di un fuscello, si era scagliata contro gli spaventati ovini, cominciando a sbranarli e a divorarli con voracità. A quel punto, con un taglio netto, Nurdok aveva reciso con la spada la corda che teneva appeso a distanza il telo trasformato in contenitore. Così esso, aprendosi completamente e facendo cadere la sua miscela sul mostro sottostante, l'aveva fatta spargere sull'intera sua superficie corporea. Solo in quel modo si era iniziata ad intravedere gran parte dell'informe stazza del mostro. Per la prima volta, adesso essa appariva con chiazze di invisibilità qua e là; ma mostrava anche ampi strati azzurrastri, i quali ne delineavano in maniera imperfetta la imponente e mastodontica corporatura.

In verità, Striakon non aveva fatto caso alla mistura che gli si era riversata addosso, una volta uscita fuori dal telo. Essa ora continuava a colargli a rivoli lungo la massa corporea, la quale, in tale circostanza, da inesistente com'era prima, cominciava a diventare esistente, assumendo una strana forma, che era quella sua. Ma la medesima si presentava anche interamente fessurata e laciniata ai bordi, a causa dei molti lembi che restavano ancora invisibili. Il feroce predatore aveva appena azzannato la sua quinta pecora, quando Nurdok aveva ordinato agli arcieri designati di avvicinarsi, di dare fuoco alle loro frecce e di scagliarle poi contro la tozza figura del mostro. Essi gli avevano ubbidito senza indugio, facendo partire dai loro archi una ventina di saette incendiarie, le quali erano andate a conficcarsi nella spessa pelle del bestione. I dardi, oltre a provocare alla sua cute delle ferite più o meno profonde, con il loro contatto l'avevano data subito alle fiamme, iniziando a farla bruciare a cominciare dalla superficie. La qual cosa veniva resa possibile, grazie alla miscela oleosa che si era cosparsa su di essa.

Il Mostro della Palude, essendo stato ridotto in una specie di enorme falò, si era dato ad emettere disperate urla di inaudita sofferenza, le quali si facevano sentire anche da molto lontano. Poco dopo, esso aveva pensato di far spegnere le fiamme che lo avvolgevano dall'acqua stagnante della palude. Perciò aveva intrapreso la sua corsa verso il luogo che poteva salvarlo. Nurdok, da parte sua, non era stato d'accordo con quanto il mostro aveva in mente di fare. Per questo, alla testa di un centinaio di cavalieri cilupini, si era messo a corrergli dietro, senza dargli tregua. Mentre lo inseguivano, essi non si astenevano dal lanciargli contro in continuazione giavellotti e frecce. Le quali armi trafittive, unitamente alle brucianti e scottanti fiamme presenti, facevano la loro parte nel martoriargli al massimo l'esistenza. Così, intanto che il mostro si dirigeva verso la palude urlando follemente, le bruciature delle fiamme e le ferite delle armi da getto, seguitando la loro azione nociva, gli procuravano dei dolori terebranti. Inoltre, gli facevano tirare alla lunga la penosa agonia in cui esso era entrato.

In seguito, la corsa di Striakon aveva iniziato a rallentare l'andatura, essendo divenuta sempre più dolorosa ed impacciata. Il suo rallentamento era dovuto al fatto che il suo enorme corpo non smetteva di fare da bersaglio alla pioggia di frecce che gli inseguitori inesorabilmente si accanivano a scagliargli addosso, riducendolo a poco a poco in fin di vita. Quando infine non ne aveva potuto più, il mostro aveva emesso un urlo tremebondo. Esso, annunciandone l'imminente morte, aveva voluto rappresentare il suo ultimo gesto vitale. Un attimo dopo, infatti, lo si era visto stramazzare al suolo pesante ed esanime. Nel frattempo, le ingorde fiamme non si erano arrestate nell'agitarsi sul suo corpo, bruciandoglielo in ogni sua più piccola parte, fino ad arrostirlo come se si fosse trattato di un pollo immane, che avrebbe potuto sfamare cento persone.

Dopo aver liberato i Cilupini dal Mostro della Palude, Nurdok, a cui mancava qualche mese per compiere il suo ventunesimo anno di età, aveva intrapreso la via del ritorno, desiderando raggiungere al più presto il suo borgo e la sua adorabile moglie. Ma prima era stato ringraziato e festeggiato dall'intero popolo di Cilup, il quale aveva voluto tributargli onori e gloria, oltre che acclamarlo come grandissimo eroe. Anche Fendro non si era comportato da meno, poiché aveva presenziato i festeggiamenti che i Cilupini avevano improvvisati in onore del giovane eroe. Soprattutto era stato lieto di esprimergli la propria stima e la propria riconoscenza per quanto aveva fatto a favore dei suoi tribolati Terresi.

Quando era rientrato nel suo villaggio, con graditissima sorpresa e con gioia, egli aveva appreso che Enker gli aveva dato il suo primo figlio, al quale avevano poi dato il nome di Feron. Invece il suo secondogenito Sultek era venuto alla luce dodici mesi più tardi. Allora la sua nascita aveva accresciuto ulteriormente la gioia dei suoi già felicissimi genitori.

Una volta che abbiamo assistito alla morte del Mostro della Palude, possiamo sapere sul mostro qualche notizia in più, a patto però che essa esuli da quanto si è già detto sulla sua esistenza, a cui è stato fatto solo un accenno? Ebbene, se ci è permesso averne su Striakon, magari anche più di una, allora è nostro dovere darci ad apprenderle. Così appagheremo la curiosità e la sete di conoscenza del lettore, il quale quasi di certo non vorrà restarne all'oscuro. Forse qualcuno si meraviglierà nell'apprenderlo, ma egli deve sapere che il mostruoso essere della palude tempo addietro era stato un uomo come tutti gli altri, con una propria vita ed una propria storia. Perciò dedicarci a lui diventa per noi un dovere ancora più irrinunciabile, ansiosi di essere informati su come e su quando egli si era trasformato nel mostro spaventoso.