155°-MADISSA PARLA A LUCEBIO DELLO SCIAMANO TURPOV

Era trascorso un mese, da quando Madissa e Rindella vivevano nel palazzo di Sosimo, quando una mattina si presentarono alle due donne Lucebio e Francide. Mezzora dopo, mentre il giovane lasciò la casa di Sosimo insieme con Rindella; il venerato capo dei ribelli restò a fare compagnia a Madissa. Egli oramai aveva deciso di iniziare a frequentarla e ad amarla con una passione schietta e convinta, mostrandosi legato a lei sempre di più. In quella occasione, non appena i due giovani se ne furono andati per i fatti loro, il sapiente uomo decise di affrontare l’argomento che la riguardava direttamente. Già la volta scorsa, infatti, egli aveva intuito che qualcosa non andasse nella sua amata, avendo scorto in lei una profonda inquietudine ed una insanabile ambascia, per lui entrambe inconcepibili. Perciò, una volta che si fu ritrovato solo con la sua amata, Lucebio non perse tempo a domandarle con molta apprensione:

«Adesso che nessuno può ascoltarci, Madissa, vuoi dirmi quale assillo ti tormenta? Scommetto che adesso Stiriana non c’entra, considerato che nella casa del mio amico tu e Rindella non potete temere alcuna vendetta da parte di quella strega! Dunque, sono sicuro che c'è un altro serio pericolo, il quale ti fa preoccupare per la ragazza. Naturalmente, neppure il suo fidanzamento con Francide ha nulla a che vedere con la tua evidente preoccupazione, dopo esserti capacitata che esso può essere soltanto giusto. Allora mi dici di cosa si tratta realmente? Tu non puoi tenerti l’intera pena soltanto per te, senza rendermene partecipe. Anch’io, allo stesso modo tuo, ho il diritto di venire a conoscenza di tutto ciò che concerne la nostra principessa! Né puoi negarlo!»

«Arguto come sei, Lucebio, non ti ci è voluto molto a cogliere nel segno! Ma sebbene tu sia riuscito a colpire il bersaglio senza difficoltà, ciò non ti fa ottenere alcun risultato positivo a vantaggio della nostra Rindella. Ella, prima o poi, ignoro quando sarà, è condannata a fare una fine miseranda! Questa è la cruda realtà, che tu lo voglia oppure no! A tale riguardo, nessuno può mai fare niente per lei! Te lo garantisco!»

«Tu stai farneticando, Madissa, e non sai proprio quello che dici! Come fai ad esprimerti in questa maniera, riferendoti alla nostra principessa Rindella? Fino a ieri, tu stessa eri convinta che la sola Stiriana costituiva un grande pericolo per l’ultimogenita dei nostri regnanti e mi avevi pregato di arginarlo. Per cui, almeno per il momento, ho provveduto a tenerlo lontano da lei, sistemandovi presso il palazzo del mio amico Sosimo. Oggi, invece, vieni ad asserirmi che per lei non ci sono più speranze, siccome le pende sul capo una minaccia ben più grave di quella rappresentata dalla tua ex amica. Essa, addirittura, potrebbe perfino schiacciarla da un istante all’altro! Per questa ragione, esigo che tu mi metta al corrente del segreto che ti porti dentro forse da anni. Il quale, come mi rendo conto, ti fa penare e ti avvelena l'esistenza ogni attimo che trascorri insieme con lei! Allora ti decidi a farlo?»

«Non ti servirebbe a niente, Lucebio, costringermi a palesarti le ragioni della mia disperazione, siccome esse dopo non ti darebbero modo di opporti al crudele destino, che sta per piombare addosso alla nostra Rindella. Poiché nessuno può contrastarlo, bisogna accettarlo come si presenta, anche contro la nostra volontà! Riesci a comprendermi, mio amato uomo, oppure non vuoi arrenderti in nessun modo?»

«Credi tu, Madissa, che io rinunci a conoscere la verità circa i mali che si preparano ad affliggere la ragazza? Se sei di questo avviso, comincia a rivedere le tue posizioni nei miei confronti! Inoltre, amica mia, nessuno ti ha insegnato che a tutto c’è un rimedio, fuorché alla morte? Ecco, questo detto dovrebbe farti riflettere e trasmetterti nell’animo una buona dose di fiducia, come incomincerai a fare da questo momento!»

«Senza meno, Lucebio, alla fine mi convincerai a rivelarti chi o che cosa minaccia la vita della nostra principessa. Dopo, però, potrai solo persuaderti che i detti e i proverbi seguono tutt'altre strade, le quali quasi sempre non si allineano con la realtà. Così ti toccherà desistere da ogni tuo strenuo sforzo e rinunciare alla tua volontà di cambiarle la vita, come io stessa seguito a fare da anni inutilmente. Per tale motivo, amore mio, ti consiglio di non forzarmi a parlarti di certe cose, delle quali farei volentieri a meno, considerata la irrisolvibilità del grosso problema che attanaglia la ragazza! Allora desisti, per favore?»

«Madissa, dovrò essere io a decidere se il problema di Rindella sia risolvibile o meno. Voi donne vedete le cose diversamente dagli uomini. Siete portate a vederle subito con una certa tragicità, anche quando non sono affatto drammatiche. Perciò spesso date per morto perfino chi invece scoppia di salute! Noi uomini, al contrario, abbiamo un modo di vedere e di ragionare diametralmente opposto al vostro. Esso si dimostra sempre obiettivo, consequenziale e diretto, senza lasciarci prendere dalla precarietà del momento. Fosse essa anche di una certa gravità! A questo punto, senza frapporre in mezzo altre tue considerazioni e spiegazioni, ti esorto a parlarmi della gravosa situazione della principessa e del dramma che potrebbe investirla, quando meno ce lo aspettiamo!»

Messa da lui alle strette, Madissa non poté più rifiutarsi di raccontare al suo uomo la disavventura capitata a Rindella, dopo che avevano lasciato la casa del pastore Siuo, compreso il loro incontro con lo sciamano Turpov. A proposito di quest’ultimo, ella cominciò a raccontargli:

«L’incontro con lui avvenne perché la piccola, essendo stata colpita da un fulmine, ne rimase gravemente lesionata al cervello. Allora egli, che si era trovato per caso sul nostro cammino, almeno così mi era parso, generosamente si offrì di curarla e di salvarla dalla morte. Lo sciamano, però, dopo aver guarito la principessina, mi impose, in qualità di sua tutrice, gli annuali viaggi, con ciascuno dei quali io dovevo fargli recapitare una ciocca di capelli della ragazza. Ben presto iniziai a sospettare che tali annessi del cuoio capelluto servivano allo stregone per ricattarmi. Egli, infatti, tramite i quali, poteva procurare del male alla persona a cui in precedenza erano stati tagliati e portati via. Un fatto del genere era già accaduto una volta, cioè quando io, avendo deliberato di ribellarmi allo sciamano, mi rifiutai di assolvere il consueto compito che mi era stato da lui imposto. Allora la piccola Rindella non era stata affatto bene: di giorno soffriva di tremende emicranie, che le intossicavano la giornata; di notte, invece, l'assalivano degli incubi orrendi. I miei viaggi, comunque, non si rivelavano una sfacchinata per me, poiché essi non rappresentavano né sofferenze né fastidi per la mia persona. Il terrore maggiore, in verità, mi proveniva da un sospetto atroce, che non smetteva di tormentarmi. Secondo me, un giorno il diabolico sciamano, che è protetto dai Geni del Male, vorrà sacrificare Rindella a tali forze malefiche per propiziarsele, ogni volta che ricorrerà alla magia nera. Ecco come stanno le cose inerenti alla sventurata ragazza, le quali non lasciano intravedere per lei nulla di buono!»

Quando infine ebbe terminato di esporre al suo uomo quei fatti incredibili, mostrandosene molto spaventata mentre li raccontava, Madissa, in preda ad una grande sofferenza, gli si rivolse, dicendo:

«Lucebio, adesso che hai appreso la triste vicenda di Rindella, ti viene ancora la voglia di affermare che a tutto c’è un rimedio? Mi sai dire come faremo a sottrarla all’influenza malefica dello sciamano? Io dispero che ciò possa avvenire. Al contrario, sono convinta che alla fine dobbiamo arrenderci al destino mostruoso, che un giorno verrà a colpire la nostra amata principessa. Questa è l’atroce realtà che l'avviluppa senza sosta!»

«Invece, Madissa, ti assicuro che basterà eliminare fisicamente la persona di Turpov, oppure sottrargli i capelli di Rindella, per vederla liberata definitivamente dal suo influsso demoniaco! Sono convinto che sarà proprio così! Perciò bisognerà fare una di queste due cose al più presto, se si vuole salvare la principessa dal mago!»

«Lo credo anch'io, mio Lucebio, che la liberazione di Rindella dal flusso malefico dello sciamano si avrebbe solamente come hai detto! Ma il difficile è riuscire a far fuori Turpov, il quale di sicuro non se ne starà con le mani conserte, quando qualcuno tenterà di nuocergli. Invece egli si darà ad evocare le Forze del Male e le scatenerà contro chiunque si presenterà a lui per ucciderlo! Inoltre, chi potrebbe essere in grado di cimentarsi nell’arduo confronto con il diabolico sciamano? Sono convinta che non esistono persone capaci di eliminarlo fisicamente, anche se sei di parere contrario!»

«Ci penseranno a farlo Francide e i suoi amici, mia cara Madissa, poiché soltanto loro tre potranno averla vinta contro di lui! Non dimenticare che Iveonte ha già sconfitto una creatura del male, quella che chiamiamo Talpok! Tutti noi Dorindani pensavamo che il mostro fosse un’autentica leggenda. Al contrario, esso si è rivelato una realtà davvero tremenda, essendo fornito di potentissime armi micidiali, quali nessuno avrebbe mai immaginato che potesse avere! Quindi, facciamo intervenire Iveonte in questa vicenda, che è il solo in grado di sconfiggerlo!»

«Mai sia, Lucebio! Non intendo sacrificare la vita dei tre arditi giovani, poiché sono certa che affrontare lo sciamano Turpov è un vero suicidio! Sì, non voglio far morire altre persone per uno scopo irraggiungibile! Dopo il mio primo tentativo, il quale finì tragicamente per gli sventurati che si erano offerti di aiutarci, giurai che mai più avrei coinvolto altri volontari nella disgrazia di Rindella. Figuriamoci poi, se faccio rischiare la vita al ragazzo della poveretta e ai suoi due amici! Non se ne parli neppure! Ti affermo che ciò è fuori discussione, per cui la parentesi è chiusa per sempre!»

«A chi ti sei voluta riferire, Madissa, quando hai parlato di un tentativo già fatto a tale riguardo, il quale sarebbe poi fallito e finito nel sangue? Mica mi hai accennato ad esso, durante il tuo racconto! Per favore, mi dici anche a chi ti eri già rivolta prima, allo scopo di farvi aiutare e liberare Rindella dal mago? Sono ansioso di saperlo!»

«Lucebio, rammenti quell’aitante ufficiale di nome Fulton, il quale ogni tanto veniva a corte con Surto, il comandante in capo della milizia dorindana, essendo egli alle sue dirette dipendenze? Oppure egli adesso ti sfugge di mente, essendo trascorso molto tempo da allora? Comunque, lo avrai senz'altro conosciuto nella reggia!»

«Invece mi ricordo benissimo di lui, Madissa! Era un tipo molto simpatico e dal fisico eccezionale! Se il comandante Surto lo aveva scelto quale sua scorta personale, ciò voleva dire che l’ufficiale senza dubbio doveva essere una persona in gamba nel suo mestiere. Inoltre, egli mi dava l’impressione che si mostrasse superbamente fiero della sua scintillante uniforme! A quell’epoca, non ebbi mai l’opportunità di scambiare con lui almeno qualche parola, poiché a corte, come pure tu sai, c’era sempre un viavai di persone altolocate. Per la qual cosa, non si riusciva mai ad avere il tempo di fare la conoscenza di tutti coloro che frequentavano la nostra reggia!»

«Lucebio, fu a lui che chiesi aiuto, dopo essermi incontrata per caso con il mio vecchio conoscente. A quel tempo, io e Rindella eravamo rientrate in Dorinda da circa sette anni. Riguardo poi al Talpok affrontato e sconfitto da Iveonte, volevo farti presente che combattere contro un mostro è ben diverso che lottare contro degli esseri soprannaturali, specialmente se sono infernali! Essi non si lasciano colpire da nessun'arma degli esseri umani e non si rendono neppure visibili agli stessi. Ma ugualmente riescono a produrre dei risultati venefici sul loro corpo, dove e quando vogliono! Perfino a grandi distanze, i medesimi sono in grado di arrecare la morte, quando agiscono in tal senso!»

«Dunque, Madissa, secondo quanto hai affermato poco fa, il poveretto ci lasciò le penne! Ma mi sai dire quanti uomini lo accompagnarono nella difficile impresa? Ora che ci ho riflettuto meglio, hai ragione tu, mia cara! Non è alla portata di noi esseri umani affrontare le Forze del Male, poiché esse non rappresentano un nemico concreto e visibile, che si può abbattere con il valore e con le armi. Perciò mi rendo conto che il nostro Iveonte, pur essendo imbattibile tra gli umani, avrebbe poche chances, se combattesse contro di esse! Quindi, ci ho ripensato!»

«Menomale che te ne sei convinto, Lucebio! Ebbene, ritornando a Fulton, per fortuna egli riuscì a cavarsela; altrimenti, non avrebbe potuto raccontarmi quanto era accaduto alla dimora dello sciamano. Invece ci rimisero la pelle i dieci suoi ex subalterni, che si erano lasciati implicare da lui nella nobile missione. L’ex ufficiale, comunque, ne ritornò che non si riconosceva più: così grande era il terrore che gli si leggeva ancora negli occhi! Anzi, esso sembrava addirittura uscirgli dalle orbite! Se vuoi, puoi andare a fargli una visita e farti spiegare da lui ciò che capitò ai suoi compagni, dopo aver fatto irruzione nella dimora dello sciamano Turpov. Ti dirò io dove trovarlo per potergli chiedere qualcosa sulla sua missione effettuata alcuni anni addietro a favore di Rindella.»

«Agirò come mi hai consigliato, Madissa. Prima di fare intervenire Iveonte e i suoi amici nella vicenda di Rindella, voglio vederci ben chiaro. Intendo apprendere da lui in quale situazione oscura i tre giovani andrebbero ad impelagarsi, se tentassero l’ostica impresa. Magari essa potrebbe risultargli così perniciosa, da impedirne poi il ritorno presso di noi. Nel frattempo, per precauzione, eviterò di accennare a loro tre il pericolo che sta correndo Rindella per colpa di Turpov. Se lo facessi, nessuno riuscirebbe a spegnere in loro la brama di conciare bene per le feste lo sciamano. Sono convinto che essi si lancerebbero immediatamente a liberare la ragazza dalle sue grinfie malefiche, ignari del grave pericolo che li attenderebbe laggiù!»


Un'ora più tardi, Lucebio, dopo essersi congedato da Madissa, la quale gli aveva dato anche l'indirizzo di Fulton, si recò a fare una visita all’ex ufficiale di Surto. Era sua intenzione apprendere da lui qualcosa di più sul pericoloso sciamano. Avendolo poi trovato nella sua casa con la moglie Escida e la sua numerosa figliolanza, cominciò a dirgli:

«Mi consenti di scambiare quattro chiacchiere con te, Fulton? Ma visto che in casa tua non c'è permesso farlo senza essere disturbati a causa della baraonda che vi regna, se sei d’accordo, possiamo andare in strada a parlare, intanto che facciamo due passi. Allora, ex ufficiale di Surto, mi consenti questa breve chiacchierata che ti ho chiesta, la quale verterà su un argomento abbastanza serio?»

«In verità, non so chi tu sia, sconosciuto, non avendoti mai incontrato in vita mia, anche se mi hai dimostrato di conoscermi bene. Perciò posso prima sapere con chi avrò l’onore di parlare, una volta che sarò uscito dalla mia abitazione?»

«Fulton, in Dorinda hai mai sentito parlare di Lucebio? Anzi, sono sicuro che lo avrai anche conosciuto a corte, magari di vista, quando ci venivi per scortare il tuo superiore Surto. Ebbene, ce lo hai proprio davanti! Ti senti soddisfatto adesso, dopo che ti ho risposto?»

«Ti stai forse riferendo all'esimio educatore, che è stato il pupillo del re Kodrun, il consigliere del nostro ex re Cloronte e l’attuale capo dei ribelli? Se fosse così, per me sarebbe un grande onore mettermi a sua completa disposizione! Allora davvero tu saresti la persona, alla quale ho fatto riferimento? Mi farebbe piacere sentirlo dire dalle tue labbra!»

«Esatto, Fulton! Come ti ho detto prima, egli ti sta davanti, in carne ed ossa! Forse la mia età e la mia barba hanno sviato la tua memoria e non le hanno permesso di riconoscermi all'istante. Ad ogni modo, sono io in persona! Tu invece non sei cambiato per niente. Hai quasi mantenuto le medesime fattezze di quando eri giovane, come se per te il tempo si fosse fermato! Ma ora bando ai tanti complimenti e veniamo alle cose serie, siccome sono venuto da te unicamente per questo motivo!»

«Come ti ho premesso, onorevole Lucebio, ritienimi pure a tua disposizione! Hai ragione a volere uscire di casa, poiché in strada non verremo disturbati dai frastuoni dei miei figli. Pensa che quest'anno abbiamo superato il numero di otto, perché ci è nato anche il nono! Ebbene, come tu hai suggerito, fuori potremo discutere meglio e dedicarci al nostro colloquio con più tranquillità. Esso sarà senz’altro importante, se ti sei preso il fastidio di venire di persona a casa mia per incontrarmi!»

Poco dopo, raggiunto l'acciottolato della strada e stando l’uno accanto all’altro, con Lucebio sulla destra, il quale aveva un lustro più di lui, i due quasi coetanei iniziarono a fare i primi passi. Mentre poi camminavano con un'andatura normale, come se stessero passeggiando, Fulton, aprendo la discussione per primo, gli domandò:

«Allora posso conoscere le ragioni che ti hanno condotto fino a me, illustre Lucebio? A dire il vero, non riesco neppure ad ipotizzarle! Per questo attendo che sia tu a rivelarmele.»

«Innanzitutto ti faccio presente, Fulton, che sono venuto da te, dopo essermi incontrato con Madissa, la ex prima damigella d’onore della nostra regina Elinnia, con la quale hai avuto a che fare alcuni anni or sono. Da lei sono venuto a sapere quanto a quel tempo hai tentato di fare per il benessere di sua nipote Rindella, ma sventuratamente senza riuscirci. Ebbene, a tale riguardo vorrei che tu mi raccontassi cosa vi capitò, quando tu e i tuoi uomini vi presentaste alla dimora dello sciamano Turpov. Naturalmente, devo prima chiederti se ti senti di farlo oppure mi tocca lasciar perdere, per non intossicarti la giornata.»

«Ad esserti sincero, esimio Lucebio, dopo quella terribile esperienza, avevo giurato a me stesso di non ricordarla mai più, tanto meno di parlarne con qualcun altro! Per molte notti mi derivarono da essa degli incubi da inferno, i quali mi straziavano il sonno e mi obbligavano a svegliarmi di soprassalto, facendo preoccupare perfino i miei familiari. Invece, adesso che la buona ventura mi aveva permesso di liberarmene quasi del tutto, dimenticando ogni momento di quell’orrida visione, ecco che sei venuto tu a ricordarmela! Perché, grande Lucebio, vuoi che ti racconti quella mia allucinante esperienza, che non vorrei mai più rivivere? Ti dico subito che venirne a conoscenza non ti servirà a niente, se ci tieni ad apprenderla per lo stesso motivo che allora mi spinse a tentare l’impresa! Contro lo sciamano nessun essere umano può niente, essendo egli invincibile!»

«Può darsi pure, Fulton, che egli sia imbattibile. A me, però, interessa il racconto di ciò che accadde quel giorno a te e ai tuoi compagni. I quali poveretti, come ho appreso, ci rimisero la pelle! Così pure vorrei sapere perché solo tu ne uscisti illeso e tutti gli altri perirono. Anche ciò vorrei apprendere da te con i vari dettagli!»

«Se è questo che vuoi conoscere da me, insigne Lucebio, pure a costo di sacrificare la mia stabilità psichica, non oso contrariarti. Ma spero solo che tu dopo non oserai far tentare ad altri la stessa missione nella quale io e miei ex subalterni fallimmo, poiché ti assicuro che li manderesti incontro a morte certa! Infatti, questa è la fine di tutti coloro che si illudono di potere averla vinta contro il terribile e maligno sciamano.»

«Fulton, sarà il tuo racconto a schiarirmi meglio le idee. Esso dovrà aiutarmi a comprendere ciò che è giusto fare e ciò che conviene evitare. Perciò inizia a narrarmi quanto ti ho chiesto, se vuoi farmi un grande favore. Solamente così potrò valutare nel modo migliore le cose e trarne subito dopo le debite considerazioni!»

Alla presa di posizione del suo rispettabile interlocutore, il quale si mostrava per niente intenzionato a rinunciare a conoscere i fatti di quel giorno maledetto, l’ex ufficiale di Surto si sentì come messo con le spalle al muro da lui. Perciò, senza cercare ulteriormente di distoglierlo dal suo fermo proposito, egli diede inizio al suo raccapricciante racconto, il quale è quello che viene riportato qui appresso.

[Dopo che la nobildonna Madissa mi ebbe espresso le sue affliggenti preoccupazioni, a causa della precaria salute della sua piccola e mi ebbe anche fatto presente chi ne era il responsabile, le promisi che mi sarei incaricato di risolvere il loro problema. Così, già il giorno dopo, mi rivolsi ad una decina dei miei amici, i quali erano stati in passato miei subalterni nell’esercito dorindano. Esposi ad ognuno di loro quanto intendevo fare, pur di aiutare la nipote dell’ex prima damigella d’onore della regina Elinnia. Ma li avvertii che la missione si sarebbe potuta anche rivelare alquanto rischiosa. Allora essi, senza curarsi dei possibili pericoli che sarebbero potuti esserci in agguato, ossia quelli che gli avevo prospettato, si dichiararono disponibili a darmi una mano. A loro parere, dal momento che ero intenzionato ad intraprenderla comunque, la missione stava bene anche a tutti loro.

Così, già all'alba del giorno seguente, preparata ogni cosa che ci serviva per il nostro lungo viaggio, ci mettemmo in cammino alla volta della caverna dello sciamano, avendo previsto che l’avremmo raggiunta presumibilmente in otto giorni. A tale riguardo, non ci sbagliammo sulla sua durata. Seguendo l'itinerario che ci aveva indicato la nobildonna Madissa, coprimmo la distanza che ci separava dall’abitazione di Turpov nel tempo preventivato. Per cui dopo ci preparammo per la nostra missione, la quale si prevedeva che sarebbe stata assai ardua. Arrivati in vista dell’antro dello sciamano, che ci era stato indicato dalla nobildonna Madissa con la massima precisione, giunsi al seguente accordo con miei compagni. Mentre essi avrebbero fatto irruzione in quella specie di spelonca, io sarei rimasto fuori, ovviamente in una posizione protetta. In quel modo, avrei sorvegliato l’arrivo dello sciamano, nel caso che egli si fosse trovato assente dalla sua dimora e si fosse presentato all'improvviso fuori di essa.

Invece, intanto che mi tenevo nascosto dietro uno spuntone di roccia, erano trascorsi appena pochi minuti dall'intrusione nell’antro dei miei amici, allorquando vidi verificarsi davanti ai miei occhi un episodio orripilante. Esso, data la sua natura manifestamente diabolica, mi sbigottì in modo tremendo. La mia attenzione, infatti, fu attirata da uno strano rumore che proveniva dall’interno dell'abitazione dello stregone. Esso prima si fece udire come un sibilo acuto; ma dopo si trasformò in una violenta folata di vento, che si riversava all’esterno dell'antro con una furia scatenata. Di lì a poco, vidi uscirne anche i miei dieci compagni, però volando, ossia trascinati via dalla ventosa raffica. La quale, avendoli prima sollevati nell’aria come fuscelli, in quel momento se li stava portando via, facendogli raggiungere un’altezza sempre maggiore. Dopo la loro uscita, a breve distanza, ci fu anche quella dello sciamano, il quale mostrava i capelli abbaruffati e l’espressione del viso rabbuffata. Allora, con il solo indice della mano destra, egli si dava a spingere verso l’alto gli sventurati, che apparivano in balia della corrente ascensionale. Inoltre, gli faceva eseguire un percorso spiraliforme e li sballottolava nell'aria, come se fossero degli esili steli.

Quando infine Turpov fu pago di strapazzare in quel modo feroce coloro che avevano osato violare il suo domicilio con intenzioni ostili, lo sentii gridare forte: “Che essi abbiano adesso l’orrida fine che si meritano!” A quel suo grido, di colpo cessarono l’urlio del vento e il moto dell’aria. Nello stesso istante, si videro i corpi dei miei amici precipitare giù a capofitto, da un’altezza che forse superava i trecento metri. Così, sbattendo contro il suolo, l’uno dopo l’altro, i loro corpi si sfracellarono in modo spaventoso. Anzi, si erano trasformati in una tale poltiglia, da non poter essere più riconosciuti. Per mia buona ventura, egli non si accorse di me, per cui non fui punito da lui alla stessa stregua di coloro che avevano violato la sua dimora. Allora, non appena egli rientrò nel suo antro malefico, senza perdere tempo, me la svignai furtivamente, mettendomi a correre come un folle fino a Dorinda, dove il panico e l'agitazione che mi portavo addosso seguitarono a restare in me.]

Dopo aver ascoltato il racconto di Fulton, Lucebio, ringraziandolo per la disponibilità dimostrata nei suoi confronti e salutandolo cordialmente, si accomiatò da lui. Abbandonato quel luogo, egliì raggiunse di nuovo Madissa e la mise al corrente dell'incontro avuto con l’ex ufficiale, il quale gli era risultato molto utile. Inoltre, le garantì che, almeno per il momento, avrebbe evitato di fare affrontare lo sciamano dai tre giovani. La sua decisione era scaturita dal fatto che, dopo avere ascoltato il racconto di Fulton, si era convinto che Turpov avrebbe potuto costituire sul serio una potenziale minaccia per loro tre, se avessero osato sfidarlo.

Un quarto d’ora più tardi, rincasarono anche Francide e Rindella. Essi facevano trasparire dai loro volti una felicità immensa, avendo trascorso una parte della loro giornata in modo meraviglioso. Così il vegliardo e il giovane, dopo aver salutato caldamente le rispettive donne, fecero ritorno al loro campo. Strada facendo, però, Lucebio non si mostrava affatto sereno come prima, poiché anche nel suo animo aveva iniziato a prendere corpo una grande preoccupazione. Essa era la stessa che da anni tormentava la sua amata Madissa, costringendola a vivere nel terrore dei suoi pensieri e nel patema del suo animo.