147°-UN PERICOLO INCOMBE SULLA PRINCIPESSA RINDELLA

CAPITOLO 147° UN PERICOLO INCOMBE SULLA PRINCI¬PESSA RINDELLA La sorte si mostrava con altrettanta prodigalità anche nei confronti di Francide. La dolce Rindella era diventata da poco il suo lume e la sua guida, per cui egli l'anteponeva alle più fulgide stelle del creato. Il giovane innamorato le dedicava l'amore più schietto e passionale, in una cornice di sfrenati affetti; ma soprattutto di sincere attenzioni. Egli amava perdutamente Rindella; le dimostrava il suo amore attraverso estrinsecazioni gioviali, serene e galanti. D'altronde, era quello il carattere del giovane, avendo un animo tutt’altro che sensitivo, ossia pronto a commuoversi. In lui non poteva aversi alcuna contenutezza; tantomeno era possibile riscontrare la fredda timidezza. A suo parere, quest’ultima lasciava congelare in una persona perfino ciò che invece in certe occasioni dovrebbe dimostrarsi un fuoco vivo e divampante. Perciò bisognava metterla al bando. L'amico fraterno di Iveonte sembrava personificare la perpetua armonia e l'espansività più genuina. Le quali caratteristiche, in ogni tempo e in ogni luogo, fanno germinare nell'uomo stati d'animo festosi e sublimi. Il suo carattere era abituato a mostrarsi in quel modo, quando egli amava e duellava; ma anche nelle altre circostanze della vita. In riferimento ai suoi discorsi amorosi, i quali non erano pochi, essi si presentavano stracolmi di intensa passione e di inestinguibile ardore. Più o meno, il loro contenuto e il loro linguaggio, siccome avevano la medesima carica di affetto e di passione, non si discostavano da quelli che possiamo riscontrare nel seguente:

"Tesoruccio mio caro, vorrei farti stare dentro di me, ogni volta che penso a te. Sentiresti allora come il mio cuore palpita di gioia per la forte emozione, come il mio organismo freme di letizia e di giubilo, come il mio spirito si entusiasma, quando ti sono vicino! Nel momento stesso che rivolgo a te il mio pensiero, se qualche pesantezza mi opprime, essa si scioglie e scompare. Così ridivento leggero come prima e mi trasferisco in un mondo dove regnano la serenità e la delizia! Il mio amore per te è grande quanto l'universo, è genuino come la fonte di un ruscello, è vivido come il fuoco di una fiamma. Se tu dovessi venire a mancarmi, dubito che riuscirei a sopravvivere a te. Mi vedrei precipitare in un nulla tenebroso e sconfinato, provando delle terribili fitte al cuore. Il mio animo perderebbe ogni forza volitiva e si affloscerebbe nella più cupa malinconia; mentre il mio essere andrebbe incontro ad uno schianto mortale. Io desidero tenerti sempre stretta tra le mie braccia e succhiare dalle tue labbra infuocate l'ardore del tuo spirito passionale. Non puoi immaginare quanto attendo con ansia il bellissimo giorno in cui potremo avere una nostra dimora e potremo formarci una nostra famiglia, in seno alla quale poter coltivare ed esprimere il nostro intenso amore nella maniera più favolosa! Gioiello mio sublime, come potrei frequentare un'altra donna, senza provare vergogna di me stesso, senza avvertire un forte rimorso e senza considerarmi un traditore infedele, oltre che un porco vigliacco? Perciò stanne certa che non ti tradirò mai! Il mio amore l'ho consacrato a te e tu soltanto hai il diritto di goderne a più non posso, di farne ciò che vuoi a tuo piacere, di coglierne i frutti migliori. Anche se precipitasse la luna e crollassero le stelle, il mio amore resterebbe sempre integro e totalmente consacrato a te!"

Le frasi amorose di Rindella dirette al suo amato non erano da meno, rispetto a quelle che riceveva da lui. Esse si mostravano forti non solo nella passione, che si rivelava calda e pura senza mai smettere; bensì anche nell’interesse per lui, poiché esso diventava sempre più ricco e sentito. Da tutti i suoi pensieri affiorava una consonanza di affetti, di simpatie, di fraseggiamenti passionali. In essi, inoltre, si perseguiva il vagheggiamento delle idealità più pure ed ispirate all'amore. Si trattava di espressioni cariche di pathos, che le provenivano dal profondo del cuore, come quelle che possiamo rinvenire nel seguente discorso:

"Francide, amore mio, tu solo puoi essere la mia gioia e la mia dolcezza, dal momento che rappresenti la mia ricchezza interiore. Tu solo riesci a suscitare in me ciò che gli altri giammai sarebbero in grado di accendere e di ravvivare nel mio cuore. Se per me tu non esistessi, potrei fare a meno degli altri uomini. Ma siccome adesso esisti realmente nel mio cuore, posso fare a meno di ogni altra persona e di ogni altra cosa al mondo, eccetto che della tua deliziosa compagnia! Oramai rappresenti per me un gioiello troppo pregiato; anzi, sei infinitamente indispensabile a questo mio animo, il quale non si mostra mai pago di te. Esso si manifesta sensibile ed innamorato esclusivamente di te, siccome tu riesci a procurargli un godimento estasiante. Carissimo Francide, vali per me più di una magica visione e mi allieti più di una musica soave e fatata. I maghi e le fate giammai potrebbero costruirmi una felicità più grande e migliore di quella che ogni giorno mi deriva appassionatamente da te, regalandomela con grande generosità. Tu mi hai resa così lieta, come non lo sono mai stata; anzi, continui a rendermi tale in ogni momento della mia giornata. Tu ravvivi i miei pensieri, li rendi partecipi di tanta ilarità della natura, li tranquillizzi e li liberi dalla noia e dalla sfiducia in ogni cosa che faccio. Tu mi fai sognare le cose più belle, quelle che mai avrei osato immaginare; invece adesso riesco a viverle concretamente e con sommo gaudio. Per questo non smetterò mai di ringraziarti, per essere diventato il mio uomo adorabile. Anzi, ti dico un milione di volte , a causa del copioso amore che mi dispensi ogni giorno, rendendomi la più beata delle donne."

Rindella, pur essendo insistenti le inframmettenze e i divieti di Madissa, riamava Francide nella sua stessa misura, avendo ravvisato nel giovane l'unico uomo che poteva fare per lei. La più piena fiducia ella riponeva in lui, la stessa che avrebbe riposta in un vero fratello. Per cui non dava alcun peso ai rimproveri della sua tutrice, che le ingiungeva di non legarsi affettivamente al giovane sconosciuto dalle origini ignote. Al contrario, ella con le orecchie li ascoltava e con il pensiero li soffocava. Un giorno, poiché la donna osò dimostrarsi più energica delle altre volte, nell'intromettersi nel loro amore e nel rinnovarle i suoi rigidi divieti, Rindella sentì il bisogno di risponderle a tono. Allora ci tenne a chiarirle: “Senti, mia buona Madissa, se tu per me rappresenti la luna, Francide è diventato per me il fulgido sole. Solamente dal giorno che ho conosciuto lui, ho iniziato a sentire la mia esistenza come un qualcosa di vivo e di caloroso. Invece prima, nonostante le tue cure premurose, essa sembrava ugualmente svolgersi in una morta monotonia. Per questo motivo, ti prego di lasciarmi amare il mio ragazzo, se non vuoi che io abbandoni la nostra casa e me ne vada a vivere insieme con lui nel campo dei ribelli! Adesso ti sono stata chiara, mia preoccupata donna?”

Francide si conduceva spesse volte alla casa di Madissa, la quale, come già accennato in precedenza, si trovava nei pressi della reggia. Una volta superato il grande piazzale antistante al palazzo reale, bisognava poi scantonare per tre volte consecutive, prima a destra, poi a sinistra, infine di nuovo a destra. La terza svolta dava in un vicolo cieco, dove i caseggiati di entrambi i lati apparivano in condizioni mediocri. Il suo selciato, invece, si presentava di tanto in tanto molto sconnesso o con qualche buca lungo la carreggiata. Dopo un centinaio di passi, veniva scorta sul lato sinistro della strada una scala di pietra addossata al muro. Essa, che era priva sia di un parapetto sia di un corrimano, riportava sopra un lastrico che era situato ad una decina di metri di altezza dal suolo. Lassù bisognava procedere fra camini, tetti spioventi ed abbaini, prima di giungere alla modesta abitazione della tutrice di Rindella.

A proposito delle critiche che Madissa era solita muovere all'amore di Rindella per Francide, bisogna fare una precisazione. Al contrario di quanto potrebbe farci pensare ciò che è stato riportato poco fa, la presenza del giovane nella sua casa non risultava affatto sgradita alla impensierita matura donna; anzi, le risultava molto confortante. Per questo soltanto a parole ella si lamentava ed andava ripetendo instancabilmente a Rindella di rinunciare al suo ragazzo, per un motivo solo a lei noto; ma poi, quando se lo trovava davanti, di fatto avveniva proprio l'opposto. Infatti, appena si vedeva dinnanzi il giovane, la donna veniva presa da sentimenti più di cortese accoglienza che non di indisponibilità. Il modo di agire di Francide, affettuoso e pieno di premure com'era, appariva a Madissa incoraggiante e confortevole, si poteva dire un vero salvadanaio di fiducia. Insomma, la sua presenza la rassicurava e le faceva anche apparire meno incerto l'avvenire della sua Rindella. Anche se un fatto del genere doveva risultarle impossibile, per una ragione molto seria, la quale era nota esclusivamente a lei. Infatti, se essa non la vincolasse senza via di scampo, ella avrebbe permesso che la sua ragazza si unisse a Francide e lo sposasse.

Non c'erano dubbi che il giovane adesso rappresentava per lei più un sicuro protettore che non un innamorato della fanciulla. Specialmente ora che, a causa di nuovi sopravvenuti particolari, le acque del mare erano iniziate ad agitarsi come non dovevano. Per cui si erano messe a fare traballare il fragile naviglio sul quale viaggiava Rindella! A che tipo di mare ci si riferisce? Per esattezza, ad un mare di guai. Ma esso, almeno per il momento, non era rappresentato dallo sciamano Turpov! Difatti era da un bel po' di tempo che tale travaglio aveva iniziato a tenere sulle spine la povera Madissa, tormentandola notte e giorno. Adesso, però, essendo ricomparso inopportuno, esso mostrava il suo volto spudorato, preannunciandole un imminente uragano. Volendo essere più chiari, ci si trovava di fronte ad un vergognoso ricatto.

Occorre sapere che, accanto a quello di Madissa, vi era un altro casolare, il quale apparteneva a Stiriana, una donna che sapeva vita e miracoli della sua vicina. Basta dire che in passato entrambe erano state al servizio della regina Elinnia come ancelle di corte. Il marito, che da vivo faceva il commerciante di seta, le era stato ucciso nell'infausta notte, che aveva visto Dorinda venire occupata dalle soverchianti forze nemiche. Per questo ella era rimasta a curare da sola, nella loro tenera età, una nidiata di dieci piccoli paffutelli. Quanto al decimo figlio, il quale era stato partorito giusto nove mesi dopo che la donna era rimasta vedova, c'era una illazione da fare. Poteva pensarsi che egli, in quella notte di inferno, non fosse stato già concepito nel grembo materno ad opera del padre legittimo. Invece era possibile che il suo concepimento fosse stato la conseguenza delle violenze carnali da lei subite in quel terribile momento. Ci si riferisce agli stessi soldati invasori, i quali le avevano assassinato il marito sotto i propri occhi, prima ancora di stuprarla.

Ritornando a Stiriana, dopo quella notte, da attiva ed intraprendente qual era, ella non si era persa d'animo. Al contrario, in seguito alla caduta di Dorinda, la poveretta, adattandosi a fare anche quei mestieri che potevano ritenersi i più umili, era riuscita a fare sbarcare il lunario alla sua numerosa prole. Così, via via che i figli erano cresciuti e si erano fatti grandi, la giovane donna li aveva avviati allo stesso commercio del loro genitore. Ciò le era stato possibile, poiché la donna aveva potuto disporre di un modesto gruzzolo, che le aveva lasciato il marito Singo. In passato, l’ex ancella di corte non aveva mai voluto attingere ad esso, neppure per sfamare i suoi figli. Attualmente i suoi ragazzi intraprendevano lunghi viaggi, percorrendo contrade remote e smerciando i loro pregiati manufatti di seta dal meridione al settentrione, oltre che dall'oriente all'occidente. Solo di rado essi si presentavano alla casa materna, per il qual motivo si facevano desiderare parecchio da colei che li aveva generati. Ma tutte le volte che i dieci fratelli si rifacevano vivi a casa della madre, Madissa se ne andava a vivere dalla sua amica Schidia, per l’intero tempo della loro permanenza a Dorinda. Tra poco ne conosceremo le ragioni.

La tutrice di Rindella, pur non avendo avuto mai nulla da ridire su quei giovani, siccome li aveva visti crescere da piccoli e li aveva trovati sempre corretti, intendeva evitare che qualcuno di loro si facesse delle strane idee nei confronti di Rindella. Per questo, per tutto il periodo che essi se ne restavano a far compagnia alla madre, la donna preferiva tenerla quanto più lontano possibile dai vicini di casa. Adesso però che la sua grande amica Schidia era rimasta assassinata durante la rappresaglia del re Cotuldo, come avrebbe fatto a sottrarre la sua Rindella agli occhi dei figli di Stiriana? Quello era stato il primo preoccupante pensiero che era venuto a balenare nella mente di Madissa, non appena aveva saputo della morte della sua cara amica. Specialmente dopo che fra lei e Stiriana c'erano stati dei dissapori di una certa gravità!

Adesso, soltanto con la comparsa di Francide e dei suoi amici, si era avuto, per lei e per la sua Rindella, uno spiraglio di speranza. Secondo lei, se i tre giovani erano davvero dei prodi guerrieri, come la sua ragazza le affermava con convinzione, allora entrambe potevano sentirsi in un certo senso abbastanza protette. Ma se i figli della sua ex amica fossero stati tentati di commettere qualche sciocchezza, proprio mentre non ci stava nessuno a proteggerle, in quel caso esse non se la sarebbero cavata molto bene ed avrebbero rischiato parecchio. Era questo il grande assillo che tormentava Madissa di continuo e non le dava un attimo di pace. In previsione del loro prossimo rientro a Dorinda, ella aveva perfino pensato di chiedere a Francide di ospitarle presso il loro campo, ovviamente per i soli giorni che i figli di Stiriana fossero rimasti nella casa materna. Alla fine, però, ritenendo esageratamente allarmanti quelle sue ingiustificate preoccupazioni, pensò di non dare più ad esse un peso rilevante. In quel modo avrebbe evitato di scomodare oppure di allarmare i tre giovani, senza che ci fossero dei validi motivi, considerato che per il momento non se ne intravedeva neppure uno.

In verità, cosa aveva spinto Madissa a troncare ogni suo rapporto di amicizia con la donna, la quale per tanti lunghi anni era stata una sua grande amica? Eppure le due vecchie compagne si erano sempre trattate così tanto, che meglio non avrebbero potuto fare! Dopo la catastrofe della città di Dorinda, esse si erano anche ritrovate ad essere vicine di casa con reciproca somma gioia. Comunque, era stata Stiriana, con le sue assurde pretese, a mandare in frantumi quella loro amicizia, la quale in tantissimi anni si era andata consolidando sempre di più tra le due donne. A questo punto, per dovere di cronaca, non ci resta che venire subito a conoscenza dei gravissimi motivi, che avevano provocato l'insanabile rottura nelle ottime relazioni esistenti fra l’una e l’altra. Così facendo, verremo a sapere anche quale delle due aveva preteso delle cose assurde dall’altra, costringendola ad infrangere la loro amicizia.



Un giorno, precisamente sei mesi prima, le due amiche per la pelle si erano ritrovate a discutere insieme in casa di Stiriana. Dopo aver parlato del più e del meno, come le due donne erano solite fare quando si davano a colloquiare, la padrona di casa si era voluta sfogare con la sua vecchia amica. Così le aveva fatto presente:

«Madissa, vorrei sapere per quale ragione, ogni volta che i miei figli hanno fatto ritorno alla loro casa, te ne sei andata a soggiornare con la tua Rindella presso Schidia, la quale è la nostra comune compagna. Credevi forse che non me ne fossi accorta? Se ti sei sempre preoccupata per la tua ragazza, sappi che i miei figli non sono delle belve dedite a divorare le fanciulle! Lo sai benissimo anche tu che li ho cresciuti educati e galanti verso il gentil sesso, come lo sanno fare poche madri! Quindi, vuoi spiegarmi perché la presenza dei miei figli nella loro casa ti ha messa sempre in un'agitazione psicotica?»

Ciò che le aveva fatto osservare Stiriana, dal momento che corrispondeva al vero, aveva messo in grande difficoltà la tutrice di Rindella. Quell'appunto, che la compagna di vecchia data le aveva mosso, l'aveva fatta arrossire in volto, anche se in forma attenuata. Nello stesso tempo, però, esso l'aveva infastidita a tal punto da indisporla. Perciò, pur riconoscendosi nel torto, Madissa aveva contrattaccato la sfacciata amica:

«Sarà stata solo una tua impressione, Stiriana! In quei periodi, è capitato sempre che Schidia si ammalasse. Ecco perché sono dovuta andare a curarla, per tutto il tempo che ella non si è ristabilita. Come vedi, la nostra assenza da casa è coincisa ogni volta con la malattia della nostra comune compagna! Quello che non sai è che la poveretta da anni soffre di una grave forma di asma bronchiale, la quale la castiga molto.»

«L'anno scorso, però, mia cara Madissa,» le aveva fatto notare Stiriana «io e il mio Partros vi abbiamo incontrate tutte e tre a fare le compere al mercato. In quella occasione, se non mi inganno, Schidia era in ottima forma e non manifestava alcun sintomo della malattia da te citata! Al contrario, ella appariva il ritratto della salute!»

«Davvero dici, Stiriana? Non lo ricordo per niente. Ti sarai sbagliata!»

«Invece, Madissa, ti garantisco che la mia diagnosi fatta quel giorno sulla nostra amica Schidia fu esatta! Ma adesso lasciamo da parte questo tasto delicato, visto che esso riesce soltanto a metterti in imbarazzo, oltre che farci litigare come due nemiche. Invece non desidero che la mia migliore amica si agiti per cose così irrilevanti! Allora ti sta bene fare come ho detto? Certo che sei d'accordo!»

Cambiato il precedente argomento, per togliere l'amica dal suo palese imbarazzo, Stiriana, senza attendere la sua approvazione, le aveva fatta la seguente considerazione:

«Madissa, lo sai che la tua Rindella è già una donna fatta? Fra poco, come mi rendo conto, ella avrà bisogno di un buon marito. Non sembra anche a te? Al posto tuo, mi darei da fare perché ella se ne trovi qualcuno al più presto, prima di diventare un'acida vecchia zitella! Allora vogliamo essere noi due a trovarle uno sposo, il quale risulti un ottimo partito per lei? Io una mezza idea ce l’avrei, se lo vuoi sapere!»

«Ma che idee balorde ti saltano per la testa, Stiriana! Sappi che Rindella è ancora una bambina! Riguardo poi al suo matrimonio, ella ha deciso di non volere sposarsi con nessuno. Per questo rispetterò la sua volontà, secondo la quale non intende mai avere un marito. Secondo lei, al tempo d'oggi, le donne sposate hanno un sacco di problemi familiari da risolvere ogni giorno, come il lavare, il cucinare e tante altre faccende domestiche, le quali in una casa non sono mai poche!»

«Madissa,» aveva insistito l'amica «invece io ritengo che ella abbia già bisogno di un compagno per la vita! I problemi, a cui hai accennato, per una donna rappresentano un fastidio di poco conto, a confronto della delizia che le deriva dalla vita coniugale, nonché della gioia che le procurano i bambini! Ma tu, in qualità di scapola a vita, non puoi saperlo in nessuna maniera. Dunque, Rindella non può vivere senza un marito!»

Poco dopo, cogliendola a bruciapelo, aveva proposto all’amica:

«Madissa, perché non la diamo in sposa al mio Partros la tua Rindella? L'ultimo dei miei figli la farà vivere come una vera principessa! Non ne sei convinta pure tu, considerato che lo conosci molto bene? Nel frattempo potresti sempre farci un pensierino e cominciare a convincere la ragazza a considerare la mia ottima idea!»

La brusca ed improvvisa proposta di Stiriana era venuta ad esagitare l'animo di Madissa. La quale immediatamente le aveva scagliato contro alcune occhiatacce, che avevano inteso esprimerle rabbia ed odio insieme. In seguito, non sentendosi totalmente soddisfatta di quella sua prima reazione avversa, poiché si mostrava ancora abbastanza adirata, ella si era affrettata a rispondere alla sua vicina di casa:

«Proprio tu osi parlare in questo modo, Stiriana? Da te non me lo sarei mai aspettato! A mio parere, devi essere diventata pazza, se ti fai venire simili grilli per la testa! La mia Rindella non sarà mai di nessun uomo; ma vivrà sempre con me, siccome sono la sua tata! Se non sei malata di mente, avresti dovuto già saperlo!»

A quella rigida presa di posizione dell’amica, per difendere la quale ella l'aveva perfino offesa, Stiriana si era infiammata anche lei. Così, un attimo dopo, le aveva aggiunto:

«Credi forse, Madissa, che io ignori chi sia la tua Rindella? Suo padre e sua madre non la preferirebbero certamente accanto a loro, in questo momento! Se ci rifletti bene, cara mia amica, non ti sarà difficile renderti conto che solamente il suo matrimonio con il mio ultimogenito Partros potrà salvarla da guai molto seri! Per lei, quindi, non si intravede una strada diversa, se vuole continuare a restare libera e all'aperto!»

Alle nuove parole di Stiriana, che avevano avuto un autentico sapore di ricatto, Madissa si era ritirata in casa sua, indispettita come non mai. Da quel giorno, aveva iniziato a non rivolgere più la parola alla donna che, da inseparabile sua amica qual era stata fino a quel giorno, era diventata la sua peggiore nemica. Più avanti nel tempo, quando Stiriana aveva visto il giovane Francide frequentare la casa della sua rivale, era stata presa dall'ira più tremenda. Perciò aveva bramato come non mai il ritorno della sua numerosa prole, essendo desiderosa di aggiustare ogni cosa, come le suggeriva la testa. I suoi figli, secondo lei, avrebbero fatto avverare senz'altro i propri disegni. Quando poi essi erano ritornati dall'ultimo viaggio, non aveva perso tempo a parlargli in questo modo:

«Figlioli miei cari, un giovanotto, il quale è soltanto un bellimbusto da strapazzo, sta guastando alcuni miei piani. Con i suoi modi galanti, egli ha rubato il cuore di Rindella, la bella fanciulla che Madissa ha allevato fin dalla sua tenera età. Anche se non ve l'ho mai detto, dovete sapere che ella è la figlia del detronizzato re Cloronte. Ebbene, ho sempre nutrito il desiderio di darla un giorno in moglie al nostro Partros. Chissà per quanto tempo ho vagheggiato le loro nozze! Ma se non si toglie di mezzo quel libertino, ogni mio piano resterà inattuabile oppure se ne andrà in fumo. Per tale ragione, vi voglio vedere tutti in armi e dediti a schiacciare quel ganimede, come se fosse un lurido pidocchio!»

All’incitamento della madre, i suoi nove figli più grandi, avendo condiviso appieno le sue cervellotiche aspettative, all'istante le avevano esclamato a unanimità: “Per il bene e la felicità del nostro Partros, madre, sarai esaudita da noi. In questo modo, il nostro fratellino sposerà la bella principessa e vivrà felice insieme con lei per l'intera sua vita presente e futura! Te lo garantiamo, nostra diletta madre!”

Dal punto di vista teorico, la cosa era stata vista dai figli di Stiriana in chiave ottimistica. Perciò, quando si erano ripromessi di realizzare il loro abominevole progetto, essi non avevano ravvisato alcuna sorta di difficoltà, la quale sarebbe potuta esserci nel futuro. Invece non altrettanto semplice sarebbe stato nella realtà portare a termine tale loro proposito e mantenere, quindi, la promessa fatta alla loro squilibrata madre istigatrice.