140-CHI ERA IL DIO NEGATIVO TRAUZ?
A questo punto, prima di occuparci degli avvenimenti che presto si avranno dal confronto diretto delle due divinità di grado maggiore, i quali riscuoteranno particolare interesse da parte nostra, ci conviene avere alcune dilucidazioni inerenti al dio negativo Trauz. Esse ci risulteranno molto utili, poiché ci illustreranno meglio la sua vera natura. Così, dopo che saremo venuti a sapere con quale divinità il dio Iveon sta avendo a che fare, seguiremo con maggiore accanimento la lotta tra le due divinità in procinto di affrontarsi. Inoltre, la vivremo intensamente nella sua accesa evoluzione competitiva. In riferimento alla quale, con molte probabilità potremo anche permetterci di tentare un pronostico sul suo esito finale. Magari riusciremo perfino anche ad azzeccarlo! Fino a questo momento, siamo stati al corrente soltanto del fatto che il dio Trauz era una divinità negativa maggiore e che era stato lui a dare origine ai Torchidi, chiamate anche Creature del Male. Invece abbiamo tralasciato ogni altra cosa che avesse riguardato la sua vita trascorsa. Ma tra breve rimedieremo, prima ancora di rimetterci in linea con il prosieguo del nostro racconto. In questo modo, conosceremo almeno le notizie più salienti di lui, per esattezza quelle che ci aiuteranno ad approfondire intimamente il carattere del dio.
Il divino Trauz non era una divinità veterana di Kosmos, per il semplice fatto che non vi era nato e cresciuto, com'era avvenuto per il dio Iveon. Siccome aveva lasciato da poco Tenebrun, egli era all'inizio della sua esperienza cosmica e la stava facendo appunto perfidamente sopra il pianeta Treun. Per ovvie ragioni, non ci metteremo a parlare del suo viaggio che lo aveva condotto sul pianeta, il quale dopotutto era stato anche di scarso significato. Invece andremo a rintracciarlo direttamente nel Regno delle Tenebre, dove, fino a poco tempo prima, aveva trascorso la sua esistenza nella piena solitudine. In Tenebrun, inoltre, egli si era dato a soddisfare le sue tendenze pedofile con una certa assiduità.
Il padre Erlut, che era dio del sarcasmo, si era imparentato con la famiglia di Buziur, sposando una sua lontana discendente, la quale era Fluen, la dea dell'impudicizia. Con una coppia di genitori come i suoi, il dio negativo Trauz era stato costretto ad uniformarsi alla loro condotta salace. In questo caso, però, l'aggettivo usato nei suoi confronti va inteso sia nel senso di sarcastico sia in quello di scurrile. Nella sua crescita, perciò, egli non aveva potuto fare a meno di prendere esempio dal padre e dalla madre, i quali gli avevano fatto da esperti maestri.
Una volta divenuto adulto, subito si era compreso che il figlio dei divini Erlut e Fluen aveva ereditato la causticità del primo e la volgarità della seconda. Non bastando ciò, il dio Trauz vi aveva aggiunto la sua innata perversione di pedofilia. Inoltre, poiché il suo piatto forte era la scontrosità, nella realtà tenebrunese l'antipatico dio non aveva mai voluto allacciare cordiali rapporti con qualcuno, neppure con i propri genitori. Dai quali, sebbene fossero entrambi divinità minori, il dio Trauz, per un fatto strano, era nato con i requisiti della divinità maggiore. Infatti, i discendenti maschi del dio Buziur, a volte nascevano dotati di un simile grado. Ma quel fatto straordinario avveniva con frequenza aciclica ed imprevedibile. Per questo lo stesso Imperatore delle Tenebre si mostrava impotente a prevedere le nascite divine aventi tale caratteristica.
Ritornando al dio Trauz, la sua nascita era stata baciata dalla buona sorte, se così si poteva dire, visto che la sua esistenza non sarebbe stata altrettanto fortunata. In verità, la sua futura sventura ci sarebbe stata solo per colpa sua e la si sarebbe imputata esclusivamente alla sua natura, la quale non smetteva mai di essere spiccatamente depravata! In relazione al suo carattere, esso si presentava altero e ferrigno; mentre la sua indole si mostrava violenta e ribelle. Soprattutto era aliena da ogni forma di perbenismo ipocrita e basato sulla menzogna. Misantropo e taciturno com'era, il dio Trauz rifuggiva dai luoghi frequentati da altre divinità e in special modo da quelli dove era in voga la conversazione più affabile. Perciò quelle poche parole, che spendeva nei suoi rari colloqui o quando erano gli altri a tirargliele di bocca, risultavano essenziali ed indispensabili. Per concludere sulla sua divinità, egli non era indenne da una forma patologica strana, la quale lo faceva apparire morbosamente egocentrico e privo di ogni stima verso le altre divinità. Per cui preferiva tenerle lontane per propria scelta e per propria convenienza.
Nel Regno delle Tenebre, non erano mancate alcune voci, secondo le quali il dio Trauz spesso e volentieri abusava di qualche divinità minore di sesso femminile. Egli costringeva le sue vittime a compenetrarsi con lui, al fine di avere un rapporto sessuale con loro. Ma, buon per lui, tali abusi non suscitavano affatto scalpore in Tenebrun, visto che in un luogo simile essi non potevano che risultare di ordinaria amministrazione. Il motivo? Ebbene, quella specie di reato, considerato veniale, non era ritenuto né sconcertante né passibile di pena. In Tenebrun non si faceva altro che incoraggiare i più terribili misfatti, anche se di rado essi finivano per dare fastidio a qualcuno. Il quale, a sua volta, appena gli capitava l'occasione adatta, provvedeva a vendicarsi nel modo a lui più congeniale. Un fatto analogo, come tra breve apprenderemo, era accaduto pure al paranoico unigenito del dio Erlut e della dea Fluen, a causa di una sua mascalzonata che aveva compiuta ai danni di una diva. La sua nuova vittima, per sua sfortuna, godeva della protezione della divinità più autorevole del Regno delle Tenebre, ossia del dio Buziur.
In riferimento al dio Trauz, si è già accennato alla sua pedofilia, la quale, di tanto in tanto, lo spingeva ad adescare qualche diva adolescente per sottoporla alle sue violenze sessuali, anche se ella non dava il suo assenso. Ma l'ultimo suo stupro consumato a danno di una diva minorenne gli aveva procurato guai così seri, da costringerlo a lasciare in fretta e furia il Regno delle Tenebre e a scampare in Kosmos. La fuga, per chi volesse saperlo, gli era servita per eludere la vendetta del protettore della diva, che era l'Imperatore delle Tenebre.
In merito al fattaccio, sono certo che alcuni lettori staranno già fremendo di apprendere chi mai fosse stata l'ennesima diva sua vittima, la quale era stata prima adescata e poi violentata da lui. Anzi, ora che hanno appreso che ella era una parente del dio Buziur, esso li terrà in pressante attesa, siccome gli stessi pretendono a ogni costo di conoscere il nome della vittima e quelli dei suoi genitori. Infatti, è loro sacrosanto diritto essere informati della vicenda nella sua versione integrale, che sia la più esaustiva possibile. Comunque, l'autore ha deliberato di non venir meno a tale suo obbligo, anche se ci andrà di mezzo la discrezione. Infatti, uno dei capisaldi della sua opera resta un principio molto importante, in base al quale egli si prefigge di fornire al lettore la cronaca particolareggiata di ogni episodio, anche quando esso dovesse rivelarsi di una scabrosità insulsa e rivoltante. Secondo lui, il medesimo più risulta vomitevole più è odiato da chi ne viene a conoscenza.
La ripresa del discorso sul dio Trauz ci riporta appunto a tale episodio, che viene adesso raccontato. Un giorno i suoi genitori avevano voluto a tutti i costi che egli li accompagnasse a casa di certi loro amici, dove si festeggiava il compimento della prima giovinezza, da parte della loro figlia, la quale era l'illibata Aklia. I genitori della diva erano Kindop, il dio dell'odio, e Pensel, la dea della falsità. Il padre era un bisnipote del fratello della dea Clostia, ossia di Eruclo, il dio degli uragani. In un certo senso, se da parte nostra cercassimo di approfondire di più il discorso, ascendendo il loro albero genealogico, alla fine essi si ritroverebbero imparentati con i genitori del dio Trauz. Ma chiudiamo la parentesi sulle due parentele divine, al fine di far presente che, per ogni diva adolescente, il momento di festa citato coincideva con l'avvento del loro menarca. Presso le divinità sia positive che negative, il primo mestruo corrispondeva appunto all'ingresso di ogni diva pubere nella sua prima parte della giovinezza, ossia perveniva all'adolescenza. Per questo motivo, i suoi genitori erano soliti festeggiarlo come un avvenimento particolarmente importante della loro figliola. Difatti, in occasione del fausto e lieto evento, i padroni di casa invitavano i parenti e gli amici più stretti, affinché tutti loro vi partecipassero per festeggiare la diva.
Nel caso della graziosa Aklia, il nostro maturo dio Trauz, non pago delle formalità della cerimonia, aveva voluto imprimere alla circostanza la sua impronta duratura. Come? Antifrasticamente parlando, facendo la festa alla diva che veniva festeggiata. Per la quale ragione, seguiremo il libidinoso evento del divino pedofilo in ogni suo particolare, per conoscerlo come esso si era svolto in quel momento inopportuno.
A causa di beghe familiari, non si erano presentati alla cerimonia il dio Buziur e la sua consorte Clostia, nonostante essi fossero stati i primi ad essere invitati. Se proprio vogliamo dire le cose come stavano realmente, era stata la dea dell'invidia a porre il suo veto al marito, essendo convinta che in passato tra il suo Buziur e la dea della falsità ci fosse stato del tenero. Nutriva addirittura forti sospetti su loro due, cioè che essi si fossero macchiati di adulterio e che la festeggiata Aklia fosse nata dalla loro relazione segreta. A ogni modo, pur con un certo malcelato disappunto da parte dei genitori della diva, dovuto all'assenza dei due illustri invitati, il festino stava avendo ugualmente il suo normale svolgimento. In casa, perciò, si viveva un'aria di festosa allegria, per cui i parenti e gli amici della diva badavano a spassarsela a più non posso. Si poteva asserire che vi primeggiava la voglia di mettere al bando, in quel giorno di festa, tutti i pessimi umori e i diversi tipi di ambasce.
A tavola, durante il convito, la diva sedeva tra la madre Pensel e il suo promesso sposo Erios. Costui era figlio di Ekmer, dio della maldicenza, e di Sailan, dea della civetteria. Proprio di fronte, invece, le stava il dio Trauz, il quale, fin dall'inizio del banchetto, si era dato a mangiarsela con gli occhi. Aklia, da parte sua, vedeva i suoi sguardi (ma forse si sforzava di considerarli tali) come un qualcosa di assolutamente lecito, siccome la beltà femminile era solita attirarsi addosso l'attenzione dei divini maschi. Perciò essi, a suo avviso, lungi dal palesare dei desideri esprimenti libidine, denotavano la sua immensa ammirazione per lei senza secondi fini. Procedendo la festa con tale umore, a metà banchetto, la diva era saltata fuori ad esprimere il seguente desiderio:
«In questa mia festa, come mio dono preferito, vorrei che qualche dio presente mi portasse a fare una volata alla massima velocità, poiché mi sento bramosa di provare l'ebbrezza del moto vertiginoso! Se egli fosse disponibile ad esaudire questo mio irresistibile desiderio, ne proverei una gioia immensa e lo ringrazierei anche un mondo!»
Un attimo dopo, ella si era rivolta al suo dirimpettaio ammiratore, che continuava ad essere molto interessato a lei, e gli aveva detto:
«Tu, Trauz, in qualità di divinità maggiore, potresti accontentarmi più di tutti gli altri commensali. Perciò appagheresti il mio desiderio, dopo che abbiamo terminato di pranzare? Per favore, dimmi di sì, siccome oggi è la mia festa e non puoi respingere la mia richiesta!»
«Sarai da me soddisfatta senza meno, Aklia!» le aveva risposto il dio «Vedrai che ti farò avvertire dei brividi che non immagini neppure, mentre voleremo a velocità doppia di quella della luce! Così, alla fine della rapidissima volata, te ne sentirai paga al massimo e mi ringrazierai del beneficio che avrò arrecato alla tua essenza divina!»
A pranzo ultimato, il dio Trauz si era affrettato a mantenere la promessa fatta alla diva. Dopo averla presa con sé, egli si era condotto per le buie regioni di Tenebrun ad una velocità così incredibile, da infondere nell'animo di Aklia panico ed ebbrezza insieme. Al termine della frastornante volata, essi si erano fermati a riprendere fiato in una contrada scarsamente frequentata, dove poco dopo tra loro due si era accesa una conversazione amichevole. Quando infine si era esaurito il carosello delle domande e delle risposte incrociate tra il dio e la diva, le quali avevano toccato svariati argomenti, a un tratto e senza farsi scrupolo, il primo aveva domandato alla seconda:
«Aklia, fino ad oggi, ti sei mai compenetrata con qualche divo da te amato in modo particolare? Oppure non sai neppure come si ottiene la compenetrazione fra due divinità? Vorrei che tu mi rispondessi in modo schietto, se per te ciò non costituisce alcun problema!»
«Ad esserti sincera, Trauz, non mi è mai capitato di fare una simile esperienza; però mi piacerebbe farla! Un giorno l'ho chiesto al mio Erios; ma egli mi ha risposto che non era ancora in grado di effettuare una compenetrazione con una diva. Per la qual cosa, avrei dovuto ancora attendere parecchio tempo, se ci tenevo a compenetrarmi con lui.»
«Se lo desideri, Aklia, posso insegnarti io a compenetrarti con un'altra divinità. Dopo potrai farlo apprendere anche al tuo amato. Così egli ti ringrazierà immensamente, per avergli impartito la lezione da me ricevuta. Allora che ne dici? Desideri che sia io ad insegnarti le tecniche dell'atto compenetrativo? Devi essere tu a deciderlo!»
«Davvero, Trauz, faresti una cosa simile per me, senza considerarlo un fastidio da parte tua? Se proprio vuoi saperlo, ne sarei lietissima! Perciò diamo senza indugio avvio alla nostra compenetrazione, poiché voglio evitare di fare tardi nel rincasare!»
«Certo che sono disposto a farlo, Aklia; anzi, sono interamente a tua disposizione! Aggiungo che, una volta divenuti esperti nell'arte del compenetrarvi, in seguito potrete anche darvi a soddisfare le vostre esigenze sessuali, godendovi l'esistenza in maniera meravigliosa!»
«Dici giusto, Trauz! Dopo che avremo imparato a compenetrarci, io e il mio Erios potremo pure amarci intimamente e gustare i piaceri del sesso. Allora cosa aspetti a farmi vedere come si fa? Ti confesso che sto già vivendo un'attesa quasi spasmodica e surreale, tanta è la mia voglia di apprenderlo da un maestro esperto quale tu sei!»
Il dio non se lo era fatto ripetere, poiché all'istante aveva assecondato il desiderio della sospirosa diva. Così l'aveva avvinta in un abbraccio avviluppante, che era risultato denso di gradevole calore. Poco dopo, con un accento suadente, il quale in quella circostanza faceva apparire vellutata ogni sua parola, aveva iniziato a sussurrarle:
«Aklia, cerca di annientarti come coscienza attiva, desidera con ardore di essere in me e di invadermi con tutta te stessa, cioè con la psiche e con lo spirito insieme. Da parte mia, intanto che mi insinuo dentro la tua essenza con leggerezza inebriante, cercherò di aiutarti a trasferirti in me, risucchiandoti sublimemente con il mio vortice dissolutore di ogni tua incertezza. è così che ci si compenetra, mia graziosa diva, cioè divenendo noi due una unica entità spirituale, salda ed indivisibile!»
La diva, venendo rapita dall'irresistibile attrazione del dio, il quale andava assorbendola nella sua stimolante essenza, non si era astenuta dal manifestargli il suo compiacimento. In preda alla magica invasione del maturo dio che penetrava e mandava in visibilio ogni sua parte, eccetto quella della sfera sessuale, ella si era data a rispondergli:
«Oh, che bello, Trauz! Che dono magnifico mi stai facendo per la mia festa! Non avevo mai avvertito sensazioni simili, né immaginavo che potessero essercene! Questa suggestiva circostanza mi sta trascinando nell'oblio di me stessa; anzi, in un'oasi di piacere e di godimento mai provati. Non vedo l'ora di compenetrarmi con il mio Erios e di consumare insieme con lui anche la mia prima esperienza sessuale. Fin da adesso, prevedo che essa sarà bellissima ed incantevole tra noi due, per cui non la dimenticheremo mai più per l'eternità! Sì, non potrà essere che come ti ho dichiarato, mio benefattore!»
La poveretta era ancora all'oscuro che adesso era completamente in balia del dio che la ospitava. Egli poteva fare di lei ogni cosa che volesse, non essendo ella in grado di opporsi in qualche modo alla sua voluttà. Nella compenetrazione divina, l'entità ospitante era quella che dettava leggi, poteva diventare il despota della situazione, costringendo l'entità ospitata a subire ogni suo grillo estemporaneo. Aklia se n'era resa conto, quando aveva cercato di far cessare la sua compenetrazione con il dio, non avendo gradito una sua manovra, la quale le era parsa scorretta e soprattutto alquanto losca. A quella sua equivocità, immediatamente ella aveva tentato invano di divincolarsi dal suo partner, che in quel momento la possedeva psichicamente e spiritualmente. Per questo, per come si erano messe le cose, soltanto lui poteva porre fine all'atto compenetrativo e renderla di nuovo autonoma.
Vedendosi poi impotente a prendere una iniziativa di tal genere, la diva Aklia si era sentita anche tremendamente minacciata dalla divinità attiva della compenetrazione. Così, senza fargli capire quanto sospettava e temeva, ella aveva cercato di smettere di compenetrarsi con lui. Perciò si era rivolta al dio ospitante e si era data a dirgli:
«Grazie, Trauz, per avermi insegnato il modo di compenetrarmi con il mio Erios, facendomi conoscere le delizie che ci possono provenire dalla compenetrazione. Adesso, però, vorrei uscirne e ritornare ad essere una entità libera di decidere da me ciò che intendo fare, senza che altri prendano il posto della mia volontà. Allora mi fai questo favore, esaudendo il desiderio che ti ho appena espresso?»
«Certo, Aklia, che ritornerai ad essere te stessa nelle tue decisioni! Ma siccome oggi è la tua festa, voglio farti dono di un ricordino, che non dimenticherai mai più in tutta la tua esistenza futura. Voglio che la tua prima compenetrazione sia anche di tipo sessuale, affinché tu la viva appieno in seno alla tua intimità psichica. Tra poco te la sottoporrò ad una pioggia di sensazioni travolgenti e intente a deliziarti al massimo, mentre tu ne trarrai il piacere più intenso, come non lo hai mai provato! Sono pronto a scommettere che sarà proprio come ti ho detto, mia piccola verginella vogliosa, che celatamente non aspetti altro!»
«No, non farlo, Trauz! Ti scongiuro di non abusare di me! Tu non puoi prenderti con la forza ciò che non è mia intenzione concederti volontariamente. Il mio primo atto sessuale l'ho promesso al mio Erios e così dovrà essere senza meno! Trauz, cerca di comprendermi! Permettimi di essergli fedele e di mantenere la promessa che gli ho fatta! Se mi vuoi bene e mi stimi in modo sincero, devi rispettare la mia volontà, senza farmi alcun male, proprio oggi che è la mia festa!»
«Tu sei all'oscuro di una cosa, Aklia. Perciò devo fartela conoscere. Così, dopo che ti avrò messa al corrente di essa, mi comprenderai e non potrai fare a meno di ringraziarmi!»
«Mi dici quale cosa dovrei sapere, Trauz, che ignoro ancora? Voglio sperare che essa non sia brutta per me! Io desidero vivere questo giorno serena e spensierata, senza che nessuno me lo intossichi!»
«Questa mattina, mia dolce Aklia, quando ti ho vista per la prima volta in casa dei tuoi genitori, all'istante ho fatto una scommessa con me stesso. Riguardo alla quale, tengo a precisarti che già allora, mentre la facevo, ero sicurissimo di vincerla!»
«Voglio che tu mi riferisca, Trauz, quale sarebbe stato l'oggetto della tua scommessa. Spero proprio che essa non sia quello che cerchi di farmi intendere con i tuoi abbordaggi significativi! Sappi che, da parte tua, sarebbe una vera vigliaccata, se io avessi ragione!»
«Ho promesso a me stesso, Aklia, che entro oggi ti avrei posseduta e ti avrei costretta a soddisfare ogni mio capriccio. Mentre eravamo a tavola, grazie alla tua insperata richiesta, tu mi hai facilitato ulteriormente il compito. Per questo motivo, ti ringrazio!»
«Quale pazzia vai escogitando, Trauz?! Per favore, smettila di terrorizzarmi, come stai facendo! Lasciami ritornare dai miei genitori illibata, come lo ero prima di lasciare la mia casa. Non pensarci neppure di approfittare di me e di disonorarmi, comportandoti da vigliacco! Sappi che non nasconderei il tuo stupro da te effettuato a mio danno e lo rivelerei ai miei genitori, se tu ti proponessi adesso di ottenere tale risultato!»
Il dio Trauz, invece, sordo alle suppliche della tremante diva, si era dato a possederla anche sessualmente senza manifestare alcuna decenza. Egli era invaso soltanto dalla smania di carpirle la verginità con ripetuti assalti di incontrollabile lascivia. Quando infine aveva terminato di dare sfogo alle sue voglie satiresche, il dio negativo aveva liberato Aklia dalla compenetrazione. La quale, come si è visto, da un certo momento in poi, era diventata coatta da parte del dio malefico.
In sèguito a quella esperienza riluttante e traumatica, la diva non era stata più la stessa, si era sentita proprio come se fosse stata investita da un ciclone devastante. La felicità aveva smesso di farsi leggere sul suo volto e neppure albergava più nel suo animo. La poveretta si vergognava a tal punto di sé stessa, da sentirsi morta nell'animo. Nel quale adesso la sua esistenza iniziava a vacillare tra la paura e la brama di sparire per sempre dalla circolazione, simile a un giorno in declino che affonda nella tetra notte. La sventurata, dopo quanto le era successo, non aveva voluto più far ritorno dai suoi con il suo violentatore. Aklia, invece, vi si era recata da sola, in compagnia di un'angoscia inesprimibile, che non cessava di tenerla inchiodata alla terribile violenza subita.
Il dio Trauz, da parte sua, anche se non aveva viaggiato con la diva, scaltramente aveva fatto in modo di trovarsi sull'uscio della sua abitazione nello stesso istante che lo varcava lei. Con quella sua precauzione, aveva fatto apparire che essi stessero rientrando insieme in casa, come ne erano usciti, quasi non fosse accaduto nulla. Al loro rientro, invece, ogni ospite si era accorto che Aklia non era serena e vispa, allo stesso modo di quando era uscita di casa con il suo accompagnatore. Qualcosa di brutto, che aveva senz'altro subito e di cui non si riusciva a definire l'entità, adesso le offuscava il volto; anzi, la presentava assente, nonché la invogliava ad estraniarsi da tutti quanti, perfino dal suo fidanzato. Allora, prima che i suoi genitori e gli ospiti le chiedessero il motivo di quel suo atteggiamento, il dio Trauz aveva voluto tranquillizzarli a modo suo. Aveva riferito alla schiera dei presenti che la rapida volata non era giovata alla diva e le aveva arrecato, oltre che una forte nausea, anche una confusione mentale non indifferente. Per questo adesso Aklia si comportava in modo anormale, come non le era mai capitato in passato.
Terminati i festeggiamenti, gli invitati avevano lasciato l'abitazione della ragazza. Allora i suoi genitori, che non avevano creduto a quanto raccontato dal dio Trauz, avevano sottoposto l'unigenita ad un interrogatorio di terzo grado, pur di costringerla a sputare il rospo che si teneva dentro. Alla fine, la diva era crollata ed era esplosa in un pianto dirotto. Dopo che si era riavuta dal brutto colpo, ella si era confidata con i preoccupati genitori, raccontando ad entrambi quanto le era successo contro la sua volontà, durante l'uscita con il dio Trauz. Alle rivelazioni della figlia, la madre Pensel era partita in quarta e si era recata subito dal dio Buziur, il quale, sempre secondo il parere della dea Clostia, era il padre naturale di Aklia.
Ricevuta dall'Imperatore delle Tenebre, la dea gli aveva narrato l'oltraggio che la figlia aveva subito per mano del dio Trauz. A quella notizia, Buziur si era inviperito orribilmente, proprio come se la diva oltraggiata fosse sua figlia. Dopo aveva anche minacciato che presto l'avrebbe fatta pagare a quel pedofilo di Trauz, che non aveva mai avuto alcun ritegno. L'esagerata reazione del consorte aveva convinto ulteriormente la dea Clostia che i suoi sospetti erano fondati. Ma non aveva accennato né a condolersi con loro né ad esprimere all'uno e all'altra la sua solidarietà più sentita. Anzi, aveva voluto perfino mettere al corrente l'autore del misfatto che presto il marito non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Perciò, se proprio egli non voleva andare incontro a dei brutti momenti, gli conveniva emigrare senza perdere tempo in Kosmos e seguirvi quanti lo avevano preceduto nella nuova realtà.
Era stato in questo modo che il dio Trauz era stato costretto ad abbandonare il Regno delle Tenebre; però si era ben guardato dal trasferirsi nell'Impero dell'Ottaedro. Il motivo? Egli era persuaso che in quella parte di Kosmos non avrebbe avuto vita facile, siccome vi si trovavano a comandare i figli e i nipoti del dio Buziur. Essi, essendo kapius delle varie circoscrizioni, immancabilmente gliel'avrebbero fatta pagare, per conto del padre e dello zio. Per tale motivo aveva preso la decisione di avventurarsi in qualche sperduta galassia dello spazio cosmico.
Dopo un lungo vagabondare, durante il quale si era astenuto dal fare sosta sopra qualche astro spento, infine aveva fatto scalo su Treun, il pianeta che abbiamo conosciuto da poco, dove aveva stabilito di sistemarsi nella maniera che abbiamo appreso. Ma in quel luogo, grazie all'eroe delle divinità positive, il dio negativo stava per pagare interamente tutte le sue colpe con gli interessi, per cui non se lo sarebbe dimenticato mai più. Invece il popolo cerpusino lo avrebbe ricordato ben volentieri e con tantissima felicità nel cuore!