139°-I MISTERIOSI VIAGGI DI MADISSA

Quando Francide ed Astoride avevano accompagnato a casa Rindella, la sua tutrice Madissa aveva accennato ad un viaggio intrapreso, dal quale era ritornata da poco. Esso, per tutto il tempo della sua assenza da Dorinda, l’aveva obbligata a lasciare la ragazza presso l’abitazione dell’amica Schidia. A tale riguardo, va fatto presente che il viaggio da lei affrontato in quella circostanza non era stato l’unico. Nel passato, anche se erano stati infrequenti, altri viaggi avevano tenuta l’anziana donna ancora lontana dalla città natale. Anch'essi l’avevano sempre costretta a rivolgersi alla sua compagna intima, pregandola di badare alla sua Rindella fino al suo ritorno in città. La ragazza, ogni volta che era stata lasciata presso l’amica dalla sua tutrice, si era presentata alla sua ospite con caratteristiche fisiche e con esigenze personali sempre differenti. Ciò, perché c'era stata in lei una continua crescita, per cui esse si erano dovute adeguare di continuo al tempo presente, essendo state prima quelle di una bambina, poi quelle di una adolescente, infine quelle di una giovane in pieno rigoglio. Ma è possibile conoscere le ragioni che spingevano Madissa ad assentarsi periodicamente da Dorinda? Se ella si dava a quei viaggi sporadici, di sicuro non lo faceva immotivatamente, come ci accerteremo tra poco. Quindi, essi non erano affatto da considerarsi, da parte di lei, delle iniziative a scopo di svago.

A questo punto, al fine di fugare in noi ogni dubbio sulla necessità o meno di tali suoi viaggi, durante i quali era costretta ad allontanarsi dalla sua città e dalla sua Rindella, cerchiamo di vederci chiaro sulla strana vicenda, che non può non apparirci del tutto misteriosa. Ovviamente, possiamo approfondirli, soltanto se ci mettiamo ad indagarli con la dovuta cura e quanto più a fondo possibile. Iniziamo col fare presente che i viaggi di Madissa risalivano ad un triennio dalla caduta di Dorinda, quando la sua vita era interamente dedita a crescere la principessina che la regina Elinnia le aveva affidata, perché la conducesse in salvo fuori le mura della città. Ma noi adesso ci limitiamo a narrare soltanto quei fatti che in seguito avrebbero obbligato la donna ad assentarsi di tanto in tanto da casa. Invece saranno tralasciati tutti gli altri, anche se, in un certo senso, avevano riguardato la sua esistenza e quella di Rindella. Ciò, per il semplice fatto che di sicuro avremo modo di apprenderli in altre occasioni, lungo il racconto della nostra interminabile storia.

Al termine dei tre anni di permanenza presso la dimora dei gentili coniugi Siuo e Clena, la donna aveva deciso di lasciare la casa di tali persone. Essi, che erano stati i loro primi ospiti, si erano mostrati di una generosità unica. In verità, al momento della loro separazione, anch’ella aveva voluto essere prodigale nei loro confronti. Difatti gli aveva fatto dono di alcune monete d'oro, siccome poteva disporre di un cospicuo gruzzolo, per averlo ricevuto dalla regina Elinnia, quando si era congedata da lei. Per precauzione, però, la donna le teneva conservate, ben nascoste e frammischiate ad altra roba, nelle due grosse tasche di una bisaccia di cuoio, la quale pendeva lungo i fianchi del suo cavallo. Ella giustamente non si era mai fatta sfuggire di essere in possesso di tante monete così preziose davanti a coloro che avevano ospitato lei e la bambina. Essendo convinta che le cautele non erano mai troppe, la scaltra donna aveva voluto evitare di indurli in tentazione, fino a spingerli a mettere lei e la bambina in grossi guai.

Ritornando al congedo di Madissa e di Rindella dal pastore e dalla sua consorte, di cui abbiamo appena iniziato a parlare, esso era avvenuto all’insegna di un cielo apparentemente sereno, che non lasciava prevedere temporali di sorta per l'intera giornata. La piccola, che allora aveva compiuto tre anni, cavalcava insieme con la sua tutrice, standole seduta davanti sulla spaziosa groppa del loro quadrupede. Così, intanto che esse galoppavano alla volta di Dorinda, il bel tempo prometteva una splendida giornata su tutti i fronti. Inoltre, considerate le pause di riposo e di ristoro, nonché la modesta andatura che sarebbe stata imposta alla bestia per motivi di sicurezza, la città sarebbe stata raggiunta da loro due in una decina di giorni di sostenute galoppate. Almeno queste erano state le previsioni, che non avevano contemplato incidenti di percorso.

Si era nel primo giorno di viaggio e il sole aveva raggiunto il punto del cielo che agli uomini annunciava che era mezzogiorno, quando Madissa aveva ritenuto opportuno effettuare una sosta, durante la quale entrambe si sarebbero riposate e ristorate. Per pranzo, le due affamate viaggiatrici avevano da consumare del pane e del formaggio fresco, alimenti che erano stati offerti dalla moglie del pastore Siuo, prima della loro partenza. In quel luogo, una volta che si erano messe comode sopra un tappeto erboso, il quale era invaso da una miriade di pratoline, l'una e l'altra avevano cominciato a mangiare, restandosene alquanto silenziose. Mentre si pranzava, Madissa e Rindella, anziché alternare i loro bocconi a qualche parola per tirare fuori una chiacchierata qualsiasi, preferivano impegnarsi a dare morsi sul loro tramezzino a base di formaggio. Ma poi che tipo di discorso la matura tutrice poteva intavolare e portare avanti con una bimba di appena tre anni? La stessa considerazione si poteva fare a proposito della principessina, il cui unico diporto era rappresentato dal seguire attentamente il morbido volo delle variopinte farfalle. Esse svolazzavano davanti ai suoi due occhietti, mentre si davano ad effettuare dei dolci movimenti omnidirezionali. Da parte sua, Madissa, vedendo che la bambina veniva attratta dai meravigliosi insetti volanti che mostravano le loro ali policrome, se ne compiaceva molto. Anzi, sovente ella la invitava a rincorrerli e ad acchiapparli. La piccola, invece, dopo aver terminato di consumare il suo pasto leggero ed essersi alzata in piedi, aveva preferito raccogliere un piccolo mazzo di pratoline e regalarglielo con grande affetto, essendo convinta che così la rendeva assai felice. Non poteva essere diversamente, poiché la sua tutrice, a quel gentile pensierino della piccola Rindella, non era stata più nei propri panni, per la grandissima gioia provata!

Nel frattempo, prima che Madissa decidesse di riprendere il cammino, contrariamente ad ogni previsione meteorologica, nel cielo le cose avevano iniziato a mutare su ogni settore. Perciò, lungo l’intero arco dell’orizzonte, si stavano già levando verso il cielo alcuni densi e neri nuvoloni, i quali si affrettavano ad invadere gli strati atmosferici con un rapido avanzamento. In seguito, a mano a mano, essi avevano coperto pure la campagna sottostante con una coltre fosca, facendola ritrovare totalmente nella penombra. A causa di tali fenomeni, si prevedeva che presto l'avrebbero ridotta in balia di sconvolgenti fenomeni naturali. Lo dava ad intendere il cielo che, a un tratto, era stato invaso da un immane strato nuvoloso, il quale ormai accennava a volersi esprimere con una pioggia torrenziale. Anzi, esso si preparava a diluviare con la massima violenza sull'estesa pianura sottostante. Dove gli alberi, anche se erano assai radi, già si erano dati ad agitarsi con una furia inusitata, senza esimersi dall'emettere rumori forti non facilmente distinguibili.

Alla donna, però, a causa del repentino cangiamento della volta celeste, che ora si manifestava foriero di un nubifragio sconvolgente, era mancato il tempo necessario per prendere le dovute precauzioni, quelle cioè adeguate alla circostanza. Per questo non era riuscita a trovare in nessuna parte di quella zona un sicuro rifugio sia per loro due che per il loro innervosito cavallo. Così più tardi, nonostante la donna si fosse adoperata per riprendere il cammino in modo sbrigativo, il temporale aveva sorpreso lei, la bimba e la bestia, prima che potessero giungere ad un riparo ben protetto e sicuro. Per la qual cosa, l’ibrido terzetto aveva finito per inzupparsi di acqua, quando mancava poco dal raggiungere l’albero più vicino, come avvenne poco dopo. Stando poi riparate sotto la sua ampia chioma, il cavallo, essendo stato atterrito da una folgore accecante, prima si era liberato dalle redini e poi si era messo a scappare all'impazzata. Ma l’energica Madissa, inseguendola con la velocità che le era consentita, era riuscita ad arrestare il quadrupede in tempo. Per la precisione lo aveva recuperato a un centinaio di metri dall’albero, sotto il quale avevano trovato un discreto rifugio. Ma, nello stesso istante che la donna lo aveva afferrato con le redini, c’era stato in tale posto un altro abbarbagliante lampeggiamento; il quale non aveva procurato malanni né a lei né alla bestia. Invece, quasi contemporaneamente, a poca distanza da quel luogo, si era abbattuto un altro fulmine, che aveva coinvolto l'albero sotto cui stava riparata la bambina. Allora la luminosa saetta, oltre ad incendiare le ramificazioni arboree, aveva tramortito la piccola Rindella. Perciò, quando Madissa vi aveva fatto ritorno preoccupata, trovandola in quello stato preoccupante, era divenuta preda di un folle terrore.

Dopo che la ebbe alzata da terra e se la fu aggiustata sulle braccia, non sapendo come prodigarsi per farla rinvenire, si era data a piangere e a disperarsi per la grave disgrazia toccata alla principessina. La piccola, oltre a non dare alcun segno di miglioramento, neppure riprendeva i sensi. Da una parte, ella pareva morta, poiché non reagiva ad alcuno stimolo esterno; dall’altra, era da considerarsi viva, dal momento che la sua funzione fisiologica si presentava ben conservata. Anche la sua temperatura corporea non accennava a decrescere, come di solito avveniva nelle persone appena morte. Quando infine la pioggia era cessata, le condizioni di Rindella erano continuate a restare immutate, per cui Madissa aveva ritenuto opportuno rimettersi in viaggio. Perciò aveva risistemato la bambina sulla groppa del suo cavallo, mettendola prona su di essa, con gli arti e il capo pendenti lungo i suoi due fianchi. Adesso le gambe del corpicino penzolavano sul fianco sinistro della bestia vista da dietro; mentre le sue braccia e la sua testa pendevano su quello destro. Ma dopo essere risalita anch’ella sul cavallo molto delicatamente, la donna lo aveva messo al passo. Facendola avanzare con quella andatura, la poveretta intendeva evitare che la bestia finisse per nuocere ancora di più alla sua svenuta bambina. La quale, per sua sfortuna, seguitava a mostrarsi come se fosse immersa in un sonno profondo.

Verso il tramonto, il quadrupede domestico, avendo mantenuto sempre la stessa lenta andatura, aveva condotto le sue cavalcatrici in una zona rupestre, nella quale non mancavano delle grosse caverne. Allora Madissa aveva deciso di trascorrere la notte in quella che si trovava più vicina a loro. Essa, che era a una decina di metri, almeno le avrebbe protette dall’umidità della notte. Perciò, tolta la bambina dalla groppa della bestia e sistematala di nuovo sopra le sue braccia, ella si era voltata indietro per raggiungere la spelonca. Nel girarsi poi verso l’ingresso dell'antro, la donna aveva scorto a metà percorso una figura maschile, dall'apparenza alquanto bizzarra. L'uomo, che aveva le sopracciglia lievemente aggrottate, in quell’attimo la stava squadrando da capo a piedi. A un certo punto, lo strano personaggio, desiderando rendersi conto della loro situazione, le aveva domandato:

«Vuoi dirmi che cosa ha avuto la bambina che reggi sulle braccia, la quale sembra più morta che viva? Vorrei sapere anche a qual tipo di incidente è andata incontro. Se mi riferisci ogni cosa sulla sua disgrazia, preoccupata donna, probabilmente riuscirò a salvarla.»

«Non lo so neppure io, sconosciuto, se lo vuoi sapere!» gli aveva risposto l'agitata Madissa «Secondo me, sarà stato un fulmine a ridurla nello stato in cui versa ora. La bambina ha iniziato a mostrarsi in questo stato, dopo che c'è stato il bagliore di un grande lampo nei pressi dell'albero, sotto il quale ella era riparata. Esso ha anche bruciacchiato una buona parte dei suoi rami, dopo aver preso fuoco ed essersi incendiati.»

«Se mi permetti di darle un’occhiata, brava donna, vedrò che cosa posso fare per la tua bambina. A proposito, il mio nome è Turpov e sono un esperto di magia. Di regola non trovo mai difficoltà ad operare dei grandi prodigi. Perciò potrei anche guarire la tua figlioletta, se tu me la facessi visitare! Allora mi permetti di darle una occhiata accurata?»

«Volesse il cielo, Turpov, che tu fossi in grado di guarirla! Ma prima di continuare il nostro discorso, voglio farti presente che mi chiamo Madissa e che la bambina non è mia figlia, anche se vive con me per cause di forza maggiore. Dopo che ti ho chiarito queste due cose, sei libero di visitare la piccola Rindella, perché tu la guarisca!»

Una volta che si era avvicinato alla piccola svenuta, il mago, i cui occhi parevano di brace, le aveva sollevato il capo e si era dato ad ispezionarlo in ogni suo più piccolo spazio. Poco dopo, intanto che teneva tra le mani con molto garbo la testolina della bambina e la controllava dietro il collo, egli si era dato a chiedere alla donna:

«Mi dici perché mai Rindella vive insieme con te? È forse una tua nipote, ossia la figlia di un tuo germano oppure di una tua sorella? Ma non può essere la figlia di uno dei tuoi figli, non avendo tu l'età per essere una nonna! Allora cosa mi rispondi a tale riguardo? Ti raccomando di dirmi la verità, poiché le bugie vengono sempre a galla!»

«Io non sono maritata, Turpov; né Rindella è una mia parente, neppure alla lontana! Ella era semplicemente la figlia di una mia amica, la quale è deceduta circa un triennio fa, essendo stata uccisa durante l’occupazione di Dorinda da parte degli eserciti delle altre città edelcadiche. Ma perché ci tieni più a conoscere il grado di parentela esistente tra lei e me, anziché dedicarti con impegno al suo stato di salute, il quale mi sembra particolarmente grave? Vorrei proprio saperlo, se il chiarirmelo per te non costituisce un grosso problema! Allora vuoi rispondere a questa mia precisa domanda?»

«La mia è stata una curiosità pura e semplice, Madissa! Volevo essere sicuro che tu non avessi rapito la bambina e non l’avessi portata via ai suoi genitori naturali. Assodato da parte mia che non sei la sua rapitrice e diagnosticato pure il suo male, passo a formularti la prognosi circa la salute di Rindella. Essa è molto grave e, se non si interviene con urgenza, il morbo la porterà dritto alla tomba. Comunque, se ce ne restiamo in questo posto, non posso recarle alcuno aiuto. Per questo bisogna trasportarla nel mio antro, dove potrò disporre di ciò che mi occorre per apportarle l’integrità fisica. Devi sapere che il suo male adesso si trova nella testa e sta tentando di espandersi in tutto il suo corpo. Esso la ucciderà per sempre, se non riuscirò a fermarlo in tempo!»

«Allora affrettiamoci a raggiungere la tua dimora, Turpov, dove potrai metterti subito all’opera e guarire Rindella, facendola ritornare integra, proprio com'era qualche ora fa. Prima, però, desidero pregarti di non dar peso ai miei precedenti richiami; anzi, ti invito a ritenerli solo delle sconclusionate illazioni, delle quali faresti bene a non tener conto! Ma sono sicura che tu le avrai già comprese; anzi, le avrai senz'altro anche ignorate, essendo una persona intelligente e comprensiva!»

Dopo che Madissa aveva riaggiustato la bimba sulla groppa del suo cavallo, essi si erano messi in cammino in modo spedito. L’antro di Turpov, trovandosi ad appena un centinaio di metri da quel posto, era stato raggiunto in breve tempo. Fuori di esso, era stato il mago a prendersi in braccio Rindella e a portarsela nella sua dimora. Una volta nel suo interno, l’aveva adagiata sopra un tavolaccio, il quale non era il suo giaciglio ed era situato al centro dell'antro. Allora, per prima cosa, egli aveva acceso le quattro torce, che erano sistemate ai quattro angoli della cavità rocciosa. Esse, perciò, immediatamente vi avevano fatto propagare la loro luce soffusa, producendovi una discreta illuminazione, che faceva scorgere nitidamente tutte le cose circostanti. Effettuate tali azioni iniziali, il mago si era impadronito di un recipiente non molto grande, dove era contenuta una certa sostanza melmosa di colore verdognolo. Reggendolo poi con la mano destra, poiché era mancino, Turpov si era accostato di nuovo alla bambina e l’aveva denudata completamente. Subito dopo aveva ricoperto il suo piccolo corpo con un sottile strato di tale fanghiglia verdastra. Compiuta infine anche la successiva operazione, il mago era andato a prelevare da una nicchia murale un infuso marrone, il quale era conservato in una provetta di vetro. Quando poi ne era ritornato con esso, senza alcuna esitazione, lo aveva versato nel cavo orale di Rindella fino all’ultima goccia. Ma prima aveva aperto la sua bocca tanto, quanto era bastato per effettuarvi il versamento del liquido, dovendo portare in quel modo a compimento l'arcano sortilegio, il quale era stato da lui iniziato da poco.

L'operazione dell'esperto di magia, che c’era stata alla presenza di Madissa, era consistita nel tagliare due ciocche di capelli dalla chioma della bambina. I due tagli erano avvenuti in tempi diversi. Venuto in possesso della prima ciocca, egli si era dato a legare un annesso cutaneo del cuoio capelluto a ciascun dito sia delle mani che dei piedi, gettando poi via i capelli avanzati. Invece aveva usato la seconda ciocca per un altro scopo. Infatti, dopo essersene impadronito, innanzitutto vi aveva fatto un nodo centrale; in seguito si era premurato di conservarla in un’anfora di media grandezza. A quel punto, Turpov, allungando le sue mani sul corpo di Rindella e tenendole al di sopra di esso, lontane non più di una ventina di centimetri, aveva incominciato a pronunciare alcune frasi. Esse erano apparse sconnesse e totalmente incomprensibili alla donna, la quale era presente ed osservava ogni cosa da vicino. Mentre poi il mago le proferiva, due raggi bluastri erano venuti fuori dai suoi occhi, i quali restavano appuntati verso la bimba. Essi, dopo essersi adagiati sul suo corpicino, avevano creato un certo collegamento; ma era stato difficile determinarne il tipo. Per la verità, altrettanto arduo era stato rendersi conto della sua vera natura. Comunque, era stato al termine del pronunciamento delle sue enigmatiche parole, che nell’antro era iniziato ad aversi un fenomeno arcano. All'improvviso, esso aveva suscitato una gelida sensazione nella donna, la quale non sapeva precisare se essa fosse dovuta a scalpore oppure a paura. Difatti il suo nuovo stato psichico, per la sua incontrollabilità, non poteva essere definito con chiarezza neppure da chi lo stava vivendo.

A un tratto, la figura del mago era divenuta fosforescente e carica di riflessi lampeggianti, con colori che cambiavano in continuazione ed indicavano le diverse gradazioni di ciascuno. Nello stesso tempo, i capelli legati alle dita della bambina erano diventati vibratili e si muovevano, seguendo varie direzioni, come se venissero investiti da forti correnti d’aria. All'incredibile fenomeno partecipavano perfino le fiaccole che sporgevano dalle scarne pareti, le cui fiamme si erano date ad un persistente tremolio. Talune volte, esse, riducendosi ad un barlume insignificante, erano parse proprio che volessero spegnersi del tutto. Per ultimo, c’era da segnalare che una leggera bruma rosa, la quale era quasi trasparente, scendeva giù lentamente dalla volta dell’antro ed andava ad adagiarsi al suolo, dove poi si disperdeva poco alla volta. La fenomenologia riportata era durata circa un quarto d’ora. Dopo che essa era terminata, Turpov si era rivolto alla sua piccola paziente, che egli si era impegnato a guarire a qualunque costo, sebbene si trovasse ancora in uno stato comatoso. Così le aveva ordinato imperiosamente: "Lèvati su, piccola Rindella, perché è ora che tu ritorni alla tua normale vita di sempre!" All’ordine perentorio del mago, la principessina, come se si stesse svegliando da una riposante dormita, si era posta a sedere sul pancaccio; ma apparendo in parte ancora addormentata. Poco dopo, mentre si strofinava gli occhietti e sbadigliava senza smettere, all'improvviso si era messa a parlare da sola:

«Perché c’è tanto buio intorno a me? Dove mi hanno portata? Come mai non c'è più il sole di prima? Voglio la mia Madissa! Dove sei finita, mia brava tata, che non ti vedo più?»

«Sono qui, Rindella; sono proprio accanto a te, piccola mia!» l'aveva rassicurata la sua tutrice, mentre si avvicinava a lei «Se non vedi il sole, è perché è notte. Tu devi sapere che stiamo pernottando in una caverna per difenderci dall’umidità notturna. Adesso fai la brava e continua a dormire fino a domattina, poiché il sonno ti farà molto bene! Hai compreso, gioia mia, che non puoi restare sveglia?»

Alle parole della donna, la bambina si era ridistesa sul duro legno e si era rimessa a dormire all’istante. Ma era possibile che fosse stato il suo stesso guaritore a farla immergere nel suo profondo sonno. Il suo volto, allora, tra un respiro e l'altro, continuò a mostrarsi assai tranquillo. Per il resto della nottata, invece, era stata Madissa a non chiudere occhio, per un motivo che si era dato a preoccuparla. Dopo quanto aveva visto fare al misterioso essere che aveva ridato la sanità fisica e mentale alla sua Rindella, pur mostrandosi immensamente lieta per la guarigione della bambina, dentro di sé serbava qualche timore. Turpov, anziché apparire ai suoi occhi come un guaritore disinteressato, non le infondeva alcuna fiducia. Ella era fermamente convinta che assai presto egli avrebbe presentato il conto a lei e a Rindella. Perciò si andava chiedendo di che natura esso sarebbe stato e se loro due sarebbero state in grado di saldarglielo. Le cose oramai erano andate come il mago aveva voluto e non si poteva più far niente per tirarsi indietro e cercare di evitarle!

Alla fine, nonostante le riflessioni della donna e le sue considerazioni fossero continuate senza fine, la notte era trascorsa ugualmente e il nuovo giorno si era ripresentato a rischiarare le menti delle persone, facendo loro rivangare i fatti della sera precedente. Essi, però, erano risultati delle dolci esperienze per alcune e dei brutti momenti per altre, come appunto capitava quotidianamente. In quel nuovo giorno, per prima si era svegliata la bambina, la quale si era voluta alzare di buon mattino. Ella aveva anche chiesto alla sua tutrice di fare colazione, poiché avvertiva molta fame. Madissa non si era opposta alla sua richiesta; ma secondandola, aveva provveduto a darle da mangiare latte e nocciole. Dopo averle permesso di sfamarsi, la donna si era data a sistemare le loro cose sul loro cavallo, poiché aveva intenzione di ripartire al più presto da quel luogo. Mentre si dedicava a tali operazioni, ella si era data a parlare al mago in questo modo:

«Adesso che Rindella è guarita, Turpov, ho deciso di riprendere il viaggio con lei verso Dorinda. Prima di lasciarti, nostro benefattore, volevo esprimerti la mia gratitudine e quella della bambina, la quale, grazie a te, ha ricominciato a fruire di una esistenza normale. Spero che la nostra partenza per Dorinda non ti lasci contrariato e ti trovi d’accordo con la mia decisione, la quale è del tutto giustificata!»

«Nessuno vi trattiene qui, Madissa, e trovo giusto che voi proseguiate per la vostra strada. Le cose, però, non stanno esattamente come credi. Perciò voglio essere franco con te. In avvenire Rindella avrà senz’altro ancora bisogno di me e quindi occorre che noi due ci mettiamo d’accordo in questa giornata in che modo risolvere la faccenda, ad evitare che ella vada incontro ai tanti disagi futuri.»

«Non riesco a seguirti, Turpov. Vuoi farmi il favore di spiegarti meglio, perché io comprenda ogni cosa di quanto hai detto? In parole povere, ti decidi a dirmi quali accidenti potrebbero ancora derivare alla mia bambina dalla mancanza del tuo soccorso? E perché il tuo intervento ha risolto soltanto temporaneamente il suo problema? Mi chiarisci cos'altro dovrà aspettarsi la mia Rindella in futuro, nonostante l’attuale cura?»

«Purtroppo, Madissa, non è semplice fornirti delle dilucidazioni in merito. Ma per il bene della tua piccola Rindella, dovrai fidarti ciecamente di me, attenendoti a tutte le disposizioni che tra poco ti detterò. Se ci sarà la tua completa collaborazione, saranno evitati alcuni fastidi alla bambina di oggi e alla donna di domani. Ossia le si permetterà di trascorrere una esistenza normale. Allora ti dichiari disponibile a collaborare con me, per il benessere della bimba, di cui ti stai prendendo cura?»

«Devi sapere, egregio mago, che per la mia Rindella io sono disposta a fare qualunque sacrificio: perfino a morire! Prima, però, se non ti dispiace, vorrei comprendere in maniera inequivocabile in cosa dovrà consistere la mia futura collaborazione con te. Adesso sono riuscita ad esserti chiara come desideravi oppure non ancora?»

«Ne hai la facoltà, Madissa. Perciò eccomi ad esaudire il tuo desiderio, mettendoti al corrente di quanto sarai tenuta ad osservare in seguito, al fine di evitare che a Rindella un domani venga a mancare l’equilibrio fisico, psichico e spirituale. Se ciò dovesse accadere, non immagini neppure i danni, ai quali ella andrebbe incontro. Essi arrecherebbero alla sua salute un male incalcolabile! Ma adesso consentimi di specificarti quelli che dovranno essere i compiti che dovrai assolvere nei prossimi anni. Da oggi in avanti, nel giorno dell'anniversario della guarigione di Rindella, dovrà effettuarsi il cambio della ciocca dei suoi capelli, quella che ho depositato nell’anfora durante la mia cerimonia guaritrice.»

«Cosa intendi dire, Turpov, quando parli del cambio? Posso saperlo?»

«Madissa, occorrerà sostituire nel recipiente il vecchio ciuffo con un altro nuovo. Esso dovrà trovarsi in questa caverna un mese prima dell’anniversario; comunque, non dovrai dimenticare di fare stillare sul suo nodo centrale tre gocce del sangue della persona guarita. Sarai tu ad occuparti del taglio dei capelli, del loro annodamento, del versamento su di esso delle tre stille di sangue e del loro recapito. Eseguito ciò con la massima cura in ciascun anno che ci verrà incontro nell'avvenire, non ti sarà richiesto nient'altro. Così facendo, potrai considerarti soddisfatta di aver riscattato ogni volta Rindella dalla morte, la quale tenterà di portarsela via di nuovo senza alcuna pietà!»

«Turpov, se la tua richiesta per gli anni avvenire consisterà soltanto in ciò, penso che potrò pure sottopormi a questo piccolo sacrificio. A tale proposito, ti prometto che farò ogni anno quanto oggi mi stai chiedendo. Ma se venissi a trovarmi nella condizione di non poter mantenere tale promessa, che cosa succederebbe alla mia Rindella? In questo caso, ti prego di essere esplicito con me, senza celarmi nulla!»

«Prima di passare a rispondere alla tua domanda, Madissa, voglio chiarirti un particolare, che in precedenza ho omesso di farti presente. Da te non mi si deve promettere un bel niente; invece sono io ad obbligarti a fare ciò che sai. Pur di mala voglia, lo porterai a termine ogni anno, se non vuoi il male di chi ami di più al mondo!»

«Mettiamola pure in questi termini, Turpov, per cui prendo atto che sarai tu a pretendere da me tali cose e non sarò io a promettertele! Ma adesso ti decidi a darmi la tua risposta a quanto ti ho chiesto?»

«Certo che te la do, Madissa! Ebbene, ti affermo limpidamente ciò che succederebbe a Rindella, nel caso che da parte tua, volontariamente o involontariamente, si evitasse di mancare agli impegni contratti con la mia persona. Rindella si ritroverebbe in una situazione molto critica, poiché il suo cervello verrebbe frantumato da una forza misteriosa. Essa le distorcerebbe la realtà e gliela relegherebbe in una specie di subconscio, in preda ad orribili visioni da incubo. Perciò ella vivrebbe ogni attimo della sua esistenza nel terrore più folle, senza avere la possibilità di staccarsi da esso. La sentiresti urlare in modo pazzesco e la vedresti disperarsi spasmodicamente, senza che nessuno potrebbe aiutarla a liberarsene. Ora, Madissa, ti sei resa conto di come stanno realmente le cose? Ti consiglio di tenerlo sempre a mente, per il bene di Rindella!»

«Forse sì e forse no, Turpov, dal momento che con te non si sa mai cosa pensare veramente! Comunque, credevo che i capelli di Rindella ti servissero solo per mantenerla in vita. A quanto pare, te ne servirai invece per tutt’altro scopo, che non riesco a prefigurarmi; ma non posso attendermi da te la rivelazione dei tuoi oscuri propositi! Spero almeno che essi un giorno non metteranno la mia bambina in guai talmente seri, da farmi pentire di averla salvata mediante le tue cure. In quel caso, tengo a precisarti che, già da questo momento, mi augurerei la sua morte, ancor prima che la crudele sofferenza venga ad affliggerla e a travolgerla inumanamente! Adesso non mi resta che congedarmi da te; ma me ne vado mogia e per niente risollevata come lo ero all'inizio. Ormai ho preso coscienza che la mia diletta Rindella non è stata guarita per sempre da un mago, che avevo creduto molto generoso. Egli invece l’ha sottratta alla morte, esclusivamente allo scopo di renderla sua futura succube, i cui intenti mi restano ancora completamente oscuri!»

In realtà, chi era Turpov e quali notizie si avevano su di lui? Il lettore, a buon diritto, non riesce più ad immaginarsele belle, dopo che aveva assunto un atteggiamento autoritario nel dare la sua risposta a Madissa. Inoltre, egli si era mostrato molto penalizzante nei confronti di Rindella. Per cui la donna non si era allontanata da lui serena, pur essendosi dimostrata consenziente alle imposizioni a cui lo strano uomo l’aveva obbligata a sottostare. Anzi, ella si era sentita turbata al massimo nell'animo, fino ad avere un groppo alla gola, il quale adesso le carpiva la serenità. Il malcontento non era sorto nella donna in previsione dei faticosi viaggi annuali da affrontare, ai quali il mago aveva stabilito di sottoporla. Esso, invece, c'era stato in lei e continuava a restarci, per come le cose si erano messe dopo. L'infelice donna adesso temeva per il futuro della principessa, non scorgendolo più roseo e spensierato, come in un primo momento si era illusa che sarebbe stato. Specialmente per tale motivo, il lettore è pronto a scommettere che dal nuovo personaggio non c’è da attendersi nulla di buono. Ma tra brevissimo tempo, egli apprenderà se avrà avuto torto oppure ragione ad emettere contro di lui un giudizio talmente severo, da assegnargli il marchio dell'infamia e della cattiveria, già prima di conoscerlo a fondo.


Stando a certe voci della zona, Turpov era nato dallo sciamano Erkus e dalla consorte Safiad. Insieme con lui, in verità, era nato anche il suo gemello Tonk; ma il parto gemellare aveva causato la morte alla partoriente. Quindi, entrambi poi sarebbero cresciuti orfani di madre, come la situazione familiare aveva lasciato intendere agli altri abitanti del luogo. Invece ci renderemo conto che le cose non si erano svolte affatto in quel modo, se andiamo ad approfondire meglio quel piccolo nucleo familiare. A detta di tutti i loro vicini, la sua esistenza si basava sul mistero più assoluto, non riuscendosi ad avere di esso alcuna notizia.

Dopo tre giorni dalla morte e dalla sepoltura della consorte, precisamente durante una notte di plenilunio, Erkus non aveva perduto tempo ad evocare lo spirito della sua Safiad, la quale era stata sepolta ai piedi di una grande quercia. Per lui, esso rappresentava l’Albero dei Geni del Male. Così lo sciamano aveva iniziato a girare più volte intorno al gigantesco albero. Intanto che compiva i diversi giri, egli, allo scopo di mettersi in contatto con loro, aveva formulato la seguente preghiera:

"Geni del Male, Spiriti invincibili delle Tenebre, essendo vostro fedele servitore, permettete alla mia povera Safiad di continuare a restare con me e con i miei figli, sotto spoglie eteree e visibili soltanto ai suoi familiari. In questo modo, ella potrà allevare i suoi due gemelli, conformando la loro condotta al vostro volere e facendone dei vostri umili servi, sempre pronti ad esaudire i vostri desideri particolari. Inoltre, mia moglie non si asterrà dall’insegnare ad entrambi la magia nera e a praticarla da grandi con l'unico obiettivo di rendervi appagati nelle vostre soprasensibili esigenze. Ecco quanto il vostro umile servitore Erkus vi chiede e vi promette devotamente per il futuro!"

Era appena terminata la preghiera dello sciamano, allorquando si era visto venire fuori dal tumulo tombale lo spettro della sua consorte. Poco dopo, esso era stato circondato da un vortice di polvere roteante, il quale non aveva smesso di ruotargli intorno, fino a quando non lo aveva materializzato. Riavute poi le sue spoglie materiali, che però adesso potevano essere visibili soltanto ai suoi familiari, la donna subito era andata ad occuparsi dei suoi due figli. Essi, dal tempo in cui ella era morta, non avevano smesso di vagire per la grande fame, a causa del loro prolungato digiuno durato un triduo. Da quel giorno, Safiad, che rivestiva sia la natura umana che quella ultraterrena, era vissuta sempre con la sua famiglia, badando a far crescere i suoi figli Tonk e Turpov, secondo le aspettative dei Geni del Male. Così in seguito, non venendo essi mai abbandonati dalla loro protezione, nessuno degli esseri umani sarebbe stato capace di sconfiggerli e di avere ragione di loro. Dunque, protetta dagli Spiriti delle Tenebre, la loro crescita si era avuta all’insegna della potenza malefica, la quale li rendeva inattaccabili da ogni forza terrena e capaci di lanciare iettature e malefici di ogni tipo contro qualsiasi essere umano. I due gemelli erano in grado perfino di recare danno e morte ad un loro perseguitato, pur trovandosi egli ad una distanza remotissima. In questo caso, però, per riuscire a nuocergli, essi dovevano disporre di un indumento oppure di una ciocca di capelli della persona da loro presa di mira. Infatti, erano tali elementi a consentirlo all'uno e all'altro, se volevano ottenere la sua morte.

Tonk e Turpov, all’età di venti anni, potevano ormai considerarsi degli eccellenti sciamani, capaci di competere anche con il proprio genitore Erkus nell’arte della magia nera. Invece ciò che nessuno mai si sarebbe aspettato da loro due era la reciproca antipatia. La quale aveva iniziato a prendere corpo in entrambi, già quando avevano dieci anni. A quel tempo c’era stato tra di loro il primo grande litigio, che non si era mai riusciti a risolvere. Adesso, però, si eviterà di riportarlo e di venirne a conoscenza per mancanza di tempo. Così, sempre a causa di tale avversione reciproca, le liti fra i due gemelli erano continuate ad esserci con scadenza mensile e talune di esse erano state perfino molto aspre.

Essi avevano venticinque anni compiuti, quando, in seguito ad un ennesimo loro diverbio, il padre, non sopportando più i loro continui scontri, si era deciso ad intervenire e a fare qualcosa. Ovviamente, il suo intervento non aveva mirato a rampognarli, essendo convinto che a nulla sarebbero valsi i suoi rimproveri e il suo intento di farli rappacificare. Invece aveva voluto solo suggerire a tutti e due di separarsi e di tenersi lontani l’uno dall’altro, senza vivere più insieme. Perciò si richiedeva la partenza dalla casa paterna di uno dei figli oppure di tutti e due, al fine di andare a farsi una loro esistenza altrove, purché in luoghi molto distanti tra loro. Allora Tonk aveva accolto all’istante il suggerimento paterno e, dopo aver salutato entrambi i genitori, si era congedato da loro e se n'era partito solitario. Quanto a Turpov, visto che il fratello era partito ed era venuta meno l’occasione di altercare con lui, non aveva voluto imitarlo. Egli era sicuro che, restando in casa da solo, avrebbe anche fatto contenti i propri genitori. Così, con l’assenza del figlio Tonk dal focolare domestico, nella famiglia di Erkus si era ristabilita una certa calma. Invece, se vi erano cessati i battibecchi dei suoi due figli, era in procinto di visitarla una disgrazia molto grave.

Durante un disastroso temporale, infatti, lo sciamano padre si trovava nei pressi dell’Albero dei Geni, allorché un accecante fulmine aveva investito e troncato a metà l’annosa quercia. Allora la bruciante parte superiore dell’albero era caduta su di lui, uccidendolo di colpo e riducendolo in cenere. Sia la moglie che il figlio non si erano accorti dell’infausto evento. Perciò, nei giorni che erano seguiti, non riuscivano a capacitarsi della scomparsa di lui, essendo essa avvenuta in circostanze misteriose. In seguito, la donna, essendosi persuasa che il marito poteva essere solo morto, era voluta ritornare nella sua tomba per diventare ombra come prima ed incontrarsi con lui nell’aldilà. Da quel momento in poi, Turpov era stato l'unico abitatore della caverna appartenuta un tempo alla sua famiglia. Inoltre, tenendosi in contatto con gli Spiriti delle Tenebre, si era dato a praticare nei paraggi la magia nera. In cambio della loro protezione, lo sciamano era solito sacrificargli qualche fanciulla, la quale si mostrasse degna di loro e che avesse compiuto da poco i suoi diciassette anni. Egli, dopo aver scoperto da sé che Rindella era una vera principessa, aveva stabilito che un giorno l’avrebbe sacrificata ai Geni del Male.


A questo punto, ritorniamo a Madissa e continuiamo a seguirla nelle sue vicissitudini, dopo aver fatto ritorno a Dorinda con la sua bambina, dove per caso aveva incontrato Fusco, che era stato lo stalliere di corte. Così gli aveva presentato Rindella come la figlia del suo unico fratello defunto, il quale era perito insieme con la moglie durante l’occupazione della loro città. L’uomo, che ora ferrava i cavalli, le aveva trovato una casa dove abitare, la quale poteva ritenersi appena decente. Essa, che si trovava nelle vicinanze dell’abitazione del maniscalco ed era costituita di un solo vano, era stata resa da lei alquanto confortevole e decorosa. Per renderla tale, però, ella aveva dovuto apportare ad essa alcune modifiche. Per sua fortuna, in città ella era venuta in contatto con due ex damigelle d’onore della regina Elinnia, le quali erano state alle sue dipendenze ed erano anche sue ottime amiche. La prima era Stiriana, la quale occupava un casolare vicino al suo e vi abitava insieme con la sua numerosa prole. Invece la seconda era Schidia, la quale abitava da sola nella sua dimora situata nella Piazzetta degli Antenati. Entrambe volentieri si erano volute mettere a sua completa disposizione, nel caso che avesse avuto bisogno del loro aiuto.

Nel frattempo, uno dopo l’altro, i mesi erano incominciati a trascorrere veloci ed avevano fatto avvicinare spediti anche gli anniversari del loro incontro con lo sciamano Turpov. Essi, al loro approssimarsi, ogni volta avevano messo in grande agitazione Madissa, poiché erano venuti a ricordarle puntualmente l’impegno preso con l'ex guaritore della bambina. Allora, pur di fare evitare a Rindella qualcosa di brutto, anche se non si sapeva di cosa si trattasse, lo aveva mantenuto con grande scrupolo. Soltanto un anno, quando Rindella aveva avuto dieci anni, la donna, sfidando lo sciamano, aveva tentato di scaricarsene. Ma dopo quel suo primo tentativo infelice, ella non si era mai più azzardata a rifarlo, per i motivi che tra poco verranno riportati.

Già durante la notte dell’anniversario della guarigione, alla ragazza era stata fatta smarrire la realtà, alla quale si era sostituita una serie di incubi raccapriccianti. Essi, poiché non demordevano, la tenevano inchiodata al loro svolgimento allucinante. Vivendo quei suoi sogni angosciosi, i quali la terrorizzavano quasi a morte, ella si dava a grida disperate di spavento e non si asteneva dal chiedere aiuto alla sua tutrice, invitandola a liberarla dalle sue visioni spettrali. Esse non facevano altro che riprodurre orridi mostri volanti, i quali si mostravano sempre pronti ad azzannarla e a divorarsela. Così la nottata di Rindella era proseguita interamente in quel modo. Al mattino, invece, se erano venuti meno gli incubi notturni, la poveretta aveva dovuto fare i conti con una terribile cefalea. Essa non le aveva concesso un attimo di tregua e l’aveva privata, durante l'intera giornata, perfino della voglia di mangiare e di bere, costringendola a stare a digiuno per l'intera giornata. Siccome poi quelle condizioni precarie della piccola sventurata duravano da tre giorni, Madissa aveva deciso di condurla con sé a fare una passeggiata per le vie di Dorinda, allo scopo di distrarla dal suo forte mal di testa.

Mentre camminavano per le vie della città, si erano imbattute in una vecchia conoscenza della donna. Si trattava di Fulton, il quale era stato un ufficiale alle dipendenze di Surto, il comandante in capo della milizia dorindana. L’ex militare graduato, avendo trovato Rindella molto abbattuta e sofferente, aveva chiesto a Madissa di cosa soffrisse la piccola che conduceva con sé. Alla sua domanda, ella, confidandosi con lui, lo aveva messo al corrente di tutto quanto aveva riguardato Turpov. Inoltre, aveva voluto fargli presente che, a suo parere, i guai di Rindella non si sarebbero mai esauriti, almeno fino a quando non si fosse riusciti a portar via al perfido sciamano la ciocca di capelli, quelli che le erano appartenuti il precedente anno. Egli la teneva conservata dentro un'anfora, nell'antro che era la sua dimora. Allora, convinto anch'egli della teoria di Madissa, poiché si era di fronte ad un chiaro caso di magia nera, Fulton si era proposto di tentare l’impresa, pur di liberare Rindella dai malefici dello sciamano. Per raggiungere l’obiettivo, egli sarebbe ricorso alla collaborazione di una decina dei suoi amici, i quali un tempo avevano militato alle sue dirette dipendenze. Quando poi la spedizione era stata organizzata per bene, Fulton e i suoi uomini, sulla base delle indicazioni che gli aveva fornite Madissa, non avevano avuto difficoltà a seguire il tragitto che conduceva fino alla dimora di Turpov. Ad ogni modo, erano stati solo i suoi amici a farvi irruzione, con l’intento di impadronirsi dei capelli di Rindella, che si trovavano conservati nell’anfora. Invece lui, facendo da palo all’esterno della caverna, si era tenuto nascosto dietro alcuni cespugli, ad una distanza di sicurezza da essa.

Stando poi in attesa che i suoi amici ne venissero fuori a missione compiuta, Fulton, dopo appena due minuti, li aveva visti uscire dall'antro non con le proprie gambe, ma volando come se fossero dei veri pennuti. Dopo essere stati sollevati da terra da una corrente ascensionale, i suoi uomini erano stati spinti nello spazio aereo, proprio come se fossero delle foglie secche. Il loro volo, però, aveva avuto vita breve. Una volta raggiunta una considerevole altezza, i dieci disgraziati erano stati scorti precipitare verso il basso a grande velocità. Ciò era continuato, fino a quando essi non si erano sfracellati al suolo. A quello spettacolo, tutt’altro che piacevole, Fulton se ne era ritornato immediatamente a Dorinda, mostrandosi assai dispiaciuto per la fine miseranda toccata ai suoi compagni. Gli sventurati si erano prestati a dargli una mano in quel lavoro, soltanto perché era stato considerato privo di rischi. Al contrario, alla fine la spedizione era risultata a tutti loro addirittura fatale!

Il suo ritorno dalla nobildonna Madissa, come era da prevedersi, non era stato dei più lieti, dal momento che l’ex ufficiale si era presentato a lei a mani vuote. Inoltre, le aveva recato la drammatica notizia di quanto era capitato a coloro che un tempo erano stati dei suoi subalterni e che non avevano esitato a mettersi a sua disposizione in quell’operazione ritenuta una cosa da niente. Inoltre, il poveretto, nel presentarsi alla nobildonna, era apparso spaventato a morte; mentre il suo volto appariva quasi cianotico, come se fosse affetto da una malattia grave ed inguaribile. Insomma, il suo aspetto appariva così terribilmente provato, da infondere molto spavento pure in colei che gli aveva domandato il favore, facendola pentire di avergliene fatta richiesta.

Madissa allora, preso atto che nessuno poteva averla vinta contro il perverso sciamano, essendo protetto dalle invincibili Forze del Male, si era piegata definitivamente ai suoi voleri. Così, rassegnandosi al suo miserevole destino, aveva stabilito di non fare più niente per aiutare la sua Rindella, essendo quella la cosa più giusta. Nello stesso tempo, ella si era preoccupata da morire per lei, non conoscendo né i progetti, che lo sciamano aveva in serbo nei suoi riguardi, né quando essi sarebbero stati realizzati da lui. Per questo, vivendo nel terrore più folle, doveva solamente attendere impotente che essi seguissero il loro tragico corso! Quanto alla speranza che un giorno le cose sarebbero potute cambiare per la ragazza, essa non era stata presa in considerazione dalla donna. Ella oramai si era resa conto che nessuna forza al mondo sarebbe stata capace di mutare il nero destino toccato alla sua principessa. Perciò esso, a suo parere, era da considerarsi compromesso per sempre, siccome non c'era alcuna possibilità di cambiarlo. A volte era stata tentata di raccontare la sventura toccata a Rindella alle sue due amiche, per sfogarsi con loro e riceverne così qualche tipo di consolazione. Invece, all'ultimo momento, ci aveva ripensato, temendo che dopo lo sciamano gliel'avrebbe fatta pagare senza meno. Ma pur senza confidarsi con loro due, esse ugualmente si erano accorte che qualcosa la preoccupava enormemente, anche se non riuscivano ad immaginarsi ciò che la teneva in una forte tensione. Comunque, l’una e l’altra erano convinte che Rindella c'entrava in qualche modo con il suo terribile dramma interiore.