138-IL DIO IVEON SI PRESENTA AI GENITORI DI GRAEL
Al termine del suo triste racconto, il quale aveva messo a nudo una realtà cruda e stomachevole, in un primo momento, la bella Grael si era voluta eclissare in un silenzio spaventoso. I crudeli fatti del passato l'avevano scossa e stordita a tal punto, da avvolgerle l'animo in una grande amarezza; inoltre, le avevano vietato di vivere qualsiasi forma di clima spensierato. Qualche istante più tardi, la ragazza si era affrettata a fare una domanda al suo interlocutore, essendo desiderosa di conoscere la risposta che le avrebbe data. Ella, però, era fermamente persuasa che essa sarebbe stata negativa al cento per cento da parte del giovane, non potendo essere altrimenti. Per cui lo avrebbe anche giustificato. Così aveva iniziato a chiedergli:
«Allora, Iveon, dopo averti narrato le orribili vicende che hanno riguardato il mio popolo, per colpa delle odiose Creature del Male al servizio del dio Trauz, sei ancora convinto che puoi aiutare la mia tribolata gente? Oppure, alla luce dei raccapriccianti fatti da me narrati, comprensibilmente hai deciso di fare marcia indietro? Se non ti dispiace, lo stesso desidero conoscere la tua risposta, anche se essa per me non potrà che essere ovvia, ossia negativa e fondata sulla rinuncia!»
«Invece, mia graziosa fanciulla, essendo in grado di aiutare la tua gente, ti rispondo che non mi tiro indietro e non ho pensato affatto di rinunciarci! All'opposto, muoio dalla voglia di trarvi dai guai nei quali un decennio fa la iella vi ha fatti incappare! Ciò che mi hai raccontato non ha scalfito neppure un poco i miei propositi di venirvi incontro con tutte le mie forze. Grael, se avevi creduto che io, dopo avere appreso da te l'immane sventura del tuo popolo, avrei battuto la fiacca e me la sarei svignata, ti eri sbagliata di grosso sul mio conto! Eccomi, quindi, a ridarti la mia conferma che intendo ancora aiutarvi, come ti ho asserito prima!»
«In effetti, Iveon, era questa la mia profonda convinzione; ma vedo che non ti sei smentito e sei rimasto fortemente ancorato alla decisione che avevi presa prima della mia narrazione dei fatti. Ciò dimostra che sai smazzare il tuo destino senza ripensamenti di sorta! La qual cosa mi obbliga a ricredermi sulla tua persona. Ammesso che tu faccia sul serio e non continui a prenderti gioco di me con uno spirito divertito!»
«Scorgi forse in me, Grael, uno che è in vena di scherzare? Ti assicuro che in vita mia sono stato sempre la serietà personificata. In più, ti garantisco che non sono mai stato così sincero, come questa volta che mi sono prefisso di aiutarvi! Devi credermi, dolce ragazza!»
«Vuoi chiarirmi, Iveon, in che modo hai deciso di annientare i Torchidi e liberarci da loro? Io nutro dei forti dubbi che tu possa farcela contro gli stessi! A mio giudizio, è maledettamente arduo combattere contro avversari di tale pasta, se non si è protetti da qualche potente divinità! Per caso, tu lo sei, per parlarmi con tanta sicurezza?»
«Grael, sono cose che si trattano fra uomini. Perciò, se mi conduci da tuo padre e me lo presenti, sarò lieto di parlarne insieme con lui! Quindi, ti sbrighi a farmi conoscere il tuo autorevole genitore, dal momento che a lui solo voglio chiarire ogni cosa? Vedrai che egli apprezzerà la mia proposta e si renderà conto che sono in grado di aiutarvi!»
«Iveon, se hai la convinzione che non avrai difficoltà a sconfiggere i Torchidi, per cui desideri incontrarti con il mio genitore e chiarirti con lui, mi metto immediatamente a tua disposizione. Voglio evitare, però, che gli abitanti di Cerpus mi vedano entrare nel villaggio in tua compagnia, per i motivi ai quali già ti ho accennato in precedenza. Per questo faremo come ti suggerisco adesso. Mentre lo attraversiamo per recarci alla mia capanna, tu mi seguirai, standomi dietro non meno di una ventina di passi! Allora sei disposto a fare come ti ho detto?»
«Non preoccuparti di ciò, timorosa Grael! Mentre ti seguo, mi atterrò al tuo suggerimento. In questo modo, nessun Cerpusino sospetterà che noi due abbiamo fatto conoscenza e siamo rimasti a conversare insieme per un bel po' di tempo in un luogo appartato! Inoltre, il tuo onore ne uscirà salvo da pregiudizi, agli occhi della tua gente malpensante!»
Intanto che si dirigeva verso il villaggio, la ragazza si mostrava perplessa e si domandava se stesse facendo bene a dare retta allo sconosciuto. Il quale, senza che nemmeno gli fosse stato richiesto, le aveva promesso mari e monti. Mostrando poi un po' di fiducia in colui che considerava un forestiero giunto da lontano, gli aveva esclamato:
«Vogliano gli dèi giusti che tu riesca nell'ardua impresa, Iveon! La tua vittoria ci apporterebbe una gioia immensa, la quale verrebbe a sostituire la disperazione che attualmente regna nell'animo di ciascun Cerpusino! Oltre che pensare a sé stesso, il mio popolo si darebbe ad adorarti come un autentico dio, se tu lo liberassi dall'infame dio Trauz!»
«Ti garantisco che anche le divinità benefiche lo desiderano, Grael. Ecco perché devi convincerti che esse non si asterranno dal darmi l'appoggio che mi sarà necessario per farmi trionfare sulle Creature del Male e sullo stesso loro dio Trauz. Ti faccio solenne promessa che tra non molto ogni cosa avverrà come ti sto asserendo in questo momento! Ti invito a cominciare a rallegrartene fin da adesso!»
Intanto che avanzava verso Cerpus, l'ultimogenita del capo del villaggio non si asteneva dal fantasticare sul giovane sconosciuto, il quale la stava facendo sognare ad occhi aperti, colmandola di infinite speranze e di bei progetti. Si domandava chi mai egli fosse e perché riponesse tanta fiducia nelle proprie forze. Al posto suo, secondo lei, neanche un dio si sarebbe dimostrato così sicuro di poter trionfare in quella impresa! A dire la verità, in quel momento ella preferiva avere la sola convinzione che lo sconosciuto era in grado di combattere gli oppressori del suo popolo, che adesso erano i Torchidi, e di riportare una completa vittoria su di loro. Se egli fosse risultato vincitore, in seguito il suo sventurato popolo non sarebbe stato più assoggettato all'esoso e disumano tributo, che gli veniva imposto con la forza dal malefico dio Trauz.
Grael aveva ancora la mente rivolta a simili pensieri, allorché, senza neppure accorgersene, era pervenuta alla sua abitazione. Dopo esservi entrata, la ragazza vi aveva trovato i suoi genitori, mentre erano alle prese con una conversazione, che non era affatto piacevole e riusciva unicamente ad angustiare i loro animi. I quali già venivano squarciati da altre piaghe profonde, ossia quelle che procurava ad entrambi l'annosa e infelice sorte toccata ai Cerpusini per colpa del malefico dio dei Torchidi. Nel mettere piede nella capanna tutta giubilante, ella aveva fatto appena in tempo ad ascoltare la madre. Ella, proprio in quell'istante, stava dicendo al marito alquanto preoccupata:
«Fra tre giorni, Arbes, nel villaggio ci sarà un nuovo sacrificio. Credi che nostra figlia sarà ancora risparmiata dai Torchidi? Se questa volta la scelta cadesse proprio su di lei, non reggerei all'enorme dolore che mi deriverebbe dalla sua immolazione alla pervertita divinità! Allora puoi garantirmi che ella non verrà mai scelta per essere immolata al perverso dio, grazie alla tua autorità? Oppure ne dubiti?»
«Come faccio a saperlo, Fenula? Da parte nostra, possiamo soltanto augurarci che il suo sacrificio giammai avvenga nel villaggio! Per il resto, ci pensa la dura legge del destino, la quale può esserci favorevole oppure avversa! Comunque, non credo che essi, tenendo conto del fatto che sono il capo del villaggio, vorranno astenersi dallo scegliere la nostra Grael per l'abominevole sacrificio a favore del loro dio. Se lo vuoi sapere, lo possiamo solo sperare, moglie mia!»
«Invece, Arbes, essi dovrebbero avere un occhio di riguardo verso di te, per i seguenti motivi: primo, sei il capo del villaggio; secondo, quando essi apparvero la prima volta, ti mostrasti decisamente contrario ad un confronto diretto del nostro popolo con loro! Non è forse vero quanto ti ho fatto presente? Perciò auguriamoci sul serio che essi ragionino allo stesso modo mio e lascino in pace la nostra carissima bambina!»
«Mia diletta, questa è la tua logica, per cui essa ti induce a un ragionamento consono ad essa! Ma come si fa a comprendere il criterio che i Torchidi adottano nell'individuazione delle giovani vittime? Al posto tuo, non ci metterei la mano sul fuoco di essere nel giusto! Ma prima o poi, come suppongo, toccherà anche alla nostra famiglia essere investiti dalla tremenda disgrazia. E tu dovrai capacitartene, se non vuoi impazzire di dolore, già prima che accada! Ti sono stato chiaro?»
«Invece non lo accetterò mai, marito mio! Come ti ho detto poco fa, se ciò dovesse succedere, morirei dal dolore! Anziché ritrovarmi in una tale intollerante situazione, piuttosto preferirei spegnermi prima del suo sacrificio e della sua morte, fissando gli occhi nell'eterna notte e facendo calare la mia mente nel suo puro nulla!»
A quel punto, la figlia aveva deciso di non tenersi più in disparte ad origliare il discorso dei suoi genitori. Allora, facendosi avanti e salutandoli con affetto, ella era intervenuta a risollevarli dalla loro ambascia. Apparendo gaia, come non lo era mai stata, gli si era espressa così:
«Suvvia, non siate tanto tristi e tragici, mia dolce madre e mio caro padre! Per il momento, come potete vedere, sono ancora viva e vegeta. Per cui non c'è motivo che vi disperiate, ancor prima che io venga scelta come vittima sacrificale. Inoltre, nell'arido deserto delle nostre angosce sta per nascere una oasi amena di promettenti speranze. Vi assicuro che dalla buia notte sta per sorgere per i Cerpusini un giorno luminoso!»
«A che cosa ti riferisci, figlia mia?» le aveva domandato la madre «Stai forse vaneggiando? Magari le cose stessero come hai affermato! Al contrario, devi convenire con noi che non è come asserisci e mai potrà avverarsi per noi un simile miracolo! Dovresti capacitartene, Grael!»
«Al contrario, madre, non sono ancora affetta da alcun delirio! Fuori del villaggio, ho incontrato un giovane forestiero, il quale si è dichiarato disposto a darci una mano. Egli mi ha assicurato che è all'altezza di sconfiggere i Torchidi e intende farlo senza meno. Possibile che non vi rende entrambi felici questa mia bellissima notizia? Essa ci è piovuta dal cielo all'improvviso come manna e non può che invitarci a gioire e a vivere con la mente serena!»
«Allora aveva ragione tua madre, Grael!» il padre l'aveva contraddetta «Tu non sei in te e farnetichi, se hai creduto alle sue parole! Eppure sai benissimo chi sono i Torchidi e di che cosa sono stati capaci contro il nostro popolo! Se non è stato in grado di sconfiggerli il nostro eroe Neskuv, pur avendo diecimila soldati al suo comando, vuoi che ci riesca una persona giovane ed inesperta? Ma gli hai narrato ogni cosa sui nostri persecutori, dicendogli quali mostri essi sono? Oppure glielo hai tenuto nascosto a bella posta, senza un minimo di pietà per lui? Confessa che ti sei comportata come ho detto!»
«Certo, padre, che gli ho riferito ogni cosa che egli doveva sapere sui nostri aguzzini! Non gli ho celato neppure una virgola su di loro!»
«Vorresti asseverarmi, figlia mia, che il giovane da te appena conosciuto, anche dopo il tuo racconto, ugualmente si è offerto di aiutarci? Non c'è stato proprio nessun ripensamento da parte sua? Neanche qualche esitazione momentanea? Non ci posso credere! Secondo me, questo tizio dev'essere un matto, senza un briciolo di cervello!»
«Dopo avere ascoltato il mio racconto, anch'io ero persuasa che egli ci avrebbe ripensato, rinunciando all'ardua impresa. Invece lui, senza battere ciglio, è rimasto della stessa idea di prima. Posso assicurarti, padre mio, che egli è apparso ancora più incaponito nel volerci dare una mano. Avresti dovuto vederlo con quale determinazione lo ha fatto! Egli mi ha perfino assicurato che riuscirà a farcela contro gli odiosi Torchidi!»
«Adesso, Grael, dove sarebbe questo fantomatico giovane, il quale ti avrebbe dichiarato di essere capace di operare questo prodigio? Scommetto che egli, dopo averti promesso le cose più impensabili ed assurde, a ragion veduta, se l'è filata dritto da dov'era venuto! Solo in quel caso, egli avrebbe dimostrato di avere molto buonsenso!»
«Ma che dici, padre! Non è come stai sospettando tu! All'inverso, egli è qui fuori e aspetta che tu lo faccia entrare. Perciò, se mi dai il tuo consenso, corro immediatamente fuori a chiamarlo. Così tu e la mamma avrete modo di conoscerlo anche voi di persona!»
Proprio in quell'istante, il dio Iveon era apparso sulla soglia della capanna, intenzionato a farsi ricevere dai padroni di casa. Prima di accedervi, egli aveva chiesto educatamente:
«Ho il permesso di entrare nella vostra casa, brava gente? Se non vi do alcun disturbo, avrei bisogno di scambiare quattro chiacchiere con il capofamiglia. Gli prometto che il loro contenuto, lungi dal tediarlo a morte, come potrebbe temere, gli recherà un immenso sollievo! Dunque, posso fargli la mia preziosa visita per metterlo al corrente di ogni cosa, di cui intendo parlargli? Gli assicuro che dopo non si pentirà!»
«Se ti fa piacere, giovanotto, vieni pure avanti ed accòmodati!» gli aveva risposto Arbes, il padre della ragazza «Ma, poiché non sei di questo villaggio, per prima cosa, per favore, vorrei che tu mi fornissi le tue generalità. Così dopo potremo parlare più a nostro agio ed intenderci meglio, ossia da uomo a uomo! Non sei anche tu d'accordo?»
Alla richiesta paterna fatta all'ignoto ospite, la quale gli era stata rivolta con un certo distacco, la figlia si era affrettata a chiarire al genitore ogni cosa che riguardava il giovane da lei conosciuto nel bosco.:
«Padre mio,» gli aveva fatto presente «è lui il giovane, di cui vi stavo parlando poc'anzi! Egli si chiama Iveon e proviene da un villaggio molto distante dal nostro, il cui nome è Estun. Tu ne avevi mai sentito parlare in passato? Se devo esserti sincera, in vita mia un tale nome non mi è mai giunto all'orecchio; ma forse lo ignoro, poiché sono assai giovane!»
«Davvero, figlia mia, il suo villaggio è Estun?! Se devo dirti la verità, neppure io ho mai sentito farne il nome da parte di qualcuno! Per questo mi sto perfino chiedendo se esso esiste sul serio nella nostra estesa regione, vicino o lontano che sia!»
Dopo, rivolgendosi all'ospite forestiero, Arbes aveva ripreso a dirgli:
«Bene, baldo giovanotto, sei il benvenuto in casa nostra! Innanzitutto mettiti comodo sulla prima sedia che ti capita sottomano e poi iniziamo la nostra conversazione! Secondo quanto mi stava riferendo mia figlia Grael, avresti delle interessanti proposte da farmi, in quanto capo del villaggio. Perciò vorrei sapere esse quali sarebbero.»
Una volta che l'ospite si era seduto sopra la sedia più vicina a lui, che lo aveva fatto trovare di fronte al padrone di casa, costui, ricollegandosi alla sua precedente asserzione, aveva ripreso a parlargli incuriosito:
«Vediamo cosa sei venuto a proporci, simpatico Iveon. Spero che tu serbi per noi soltanto delle cose belle, dal momento che di quelle brutte ne abbiamo già a iosa! Del resto, mia figlia, venendo meno ai suoi doveri di donna, te ne avrà già parlato, quando vi siete incontrati da soli fuori del nostro villaggio! Non è stato forse così?»
«Con la mia venuta, Arbes, le cose cattive finalmente abbandoneranno il tuo popolo. Ti prometto che le stesse rappresenteranno per esso soltanto un brutto ricordo! Gliele sostituirò invece con altre che gli risulteranno promotrici di serenità e di spensieratezza. Da quel felice istante, la tua gente comincerà a bearsene per l'intero tempo avvenire! Ti sono stato chiaro? Oppure la cosa, siccome la consideri più che assurda, ti risulta di difficile comprensione?»
«Infatti, Iveon! Perciò saresti tanto gentile da spiegarti meglio, in modo che io capisca realisticamente il tuo discorso? Vorrei comprendere bene ciò che di buono sei venuto a prospettarci! Così dopo saprò come valutare i tuoi propositi umanitari ed altruistici, evitando di darmi in anticipo a delle fatue illusioni! Sai, mi piace essere realistico in ogni cosa che faccio e penso, per non restarci male in un secondo momento.»
«Non faresti dei salti di gioia, capo di Cerpus, se ti affermassi che sono venuto a liberarvi dagli spietati Torchidi e a porre termine al sacrificio mensile che essi tirannicamente vi impongono, a scapito di giovani fanciulle innocenti? Ecco: è questo che mi propongo di fare per tutti i travagliati Cerpusini, se me lo consentite!»
«Invece non farei neppure un salto, Iveon. Sarei soltanto portato a credere che tu sia uno svitato, essendo privo di qualche rotella nella testa. Scusa la mia franchezza; ma almeno adesso conosci il mio pensiero in proposito! Dalle nostre parti, siamo convinti che parlarsi francamente è parlarsi da veri amici, senza menzogne e senza inganni. Perciò ti prego di cambiare discorso, se vuoi che io sèguiti a considerarti amico e a darti retta, siccome le tue vere intenzioni sono quelle di conquistare il cuore di mia figlia, senza pensare a nient'altro! Se non lo fai, la discussione fra noi due è da considerarsi già conclusa in partenza! Mi sono spiegato in maniera molto chiara?»
«Anche se le tue idee non collimano con le mie, Arbes, ciò non vuol dire che rinuncerò a quanto mi sono proposto di fare per voi, che non ha nulla a che vedere con ciò che hai sospettato circa le mie intenzioni. Te lo garantisco! Ragion per cui, con o senza il tuo consenso, lo stesso mi adopererò con tutte le mie forze, affinché i Cerpusini ritornino ad essere un popolo felice e sereno, come lo è stato un tempo. Dunque, sappi che ciò che pensi, relativamente ai miei propositi e ai miei progetti, non m'interessa per niente!»
«Ammesso pure che intendi davvero proporti come nostro salvatore, anziché pretendente della mia Grael, Iveon, sappi che non ti asseconderò; anzi, non voglio neppure sapere come intendi mettere in pratica il tuo piano. Già una volta mi lasciai trascinare in questa brutta avventura e me ne pentii amaramente. A distanza di dieci anni, ne porto ancora i segni nell'animo! Sono certo che in me non facilmente si cancelleranno sia il ricordo di un caro amico, il quale fu seviziato ed ucciso nel modo più barbaro; sia quello dei diecimila Cerpusini orrendamente arsi vivi! Tuttora essi mi tormentano le notti, rendendomele insonni. Per il qual motivo, non vorrei ripetere lo stesso errore di allora, quando non mi opposi con la mia autorità a Neskuv e agli altri che vollero sfidare i Torchidi. A mio avviso, se oggi ti seguissi nella folle impresa che intendi intraprendere e portare a termine, mi ritroverei con l'intero mio villaggio ridotto in cumuli di cenere. Infatti, se ti dessi retta, essi lo trasformerebbero esattamente come ti ho detto, senza pensarci due volte! Dunque, il nostro discorso su di loro deve avere termine qui!»
«Comprendo il tuo timore, Arbes; però non ti sto chiedendo alcuna collaborazione, né tantomeno quella del tuo popolo! Sono venuto qui unicamente per informarti come voglio agire contro le Creature del Male e quando inizierà la mia azione punitiva contro di loro. Inoltre, desidero farti presente che, nel caso di un mio insuccesso in questa impresa, che considero del tutto improbabile, nessuno potrà addossarvi alcun tipo di responsabilità. Per questo, di qualunque divinità possa trattarsi, essa eviterà di prendere provvedimenti drastici contro il tuo popolo, non avendone esso alcuna colpa!»
«Iveon, però è meglio che io non sappia nulla del tuo piano, poiché voglio restarne completamente fuori; altrimenti potrei essere tacciato di connivenza dai Torchidi e dal loro dio. Inoltre, chi può assicurarmi che adesso il dio Trauz non è qui tra noi ad ascoltarci? Né tu né io possiamo esserne certi! So che l'altra volta, quando riunii i miei collaboratori nella mia capanna, i Torchidi, pur non essendo presenti, vennero a sapere tutto ciò che si disse sulla nostra riunione. Quindi, soltanto il loro dio aveva potuto metterli al corrente dei nostri discorsi. Come vedi, allora egli si trovava nella mia casa a guardarci e ad ascoltarci, senza che nessuno di noi potesse scorgerlo in qualche maniera!»
«Arbes, hai ragione a dire che fu il dio Trauz a riferire alle sue creature il contenuto della vostra discussione, essendo presente alla vostra riunione. Ma ora ti garantisco che la divinità malefica non si trova qui nella tua capanna e non ha ascoltato nulla di quanto sono venuto a dirvi. A quel tempo, c'era un motivo per spiarvi; ora invece no, non potendo sospettare alcunché nei vostri confronti. Egli adesso dorme sonni tranquilli nel suo rifugio, che avrà nelle vicinanze, siccome le cose per lui procedono a gonfie vele e conformemente ai suoi maligni desideri!»
«Tu come fai ad esserne così sicuro? Soltanto un'altra divinità potrebbe avere la certezza di una cosa simile. Dunque, Iveon, chi sei realmente? Perché non ci parli di te con franchezza? Sei o non sei pure tu un dio? Se lo vuoi sapere, ci farebbe piacere, se tu lo fossi per davvero e noi potessimo contare perciò sul tuo valido aiuto!»
«Per il momento, Arbes, ciò non ti deve riguardare, poiché lo saprai a tempo debito. Una cosa è certa: dalla data odierna, il popolo cerpusino non sarà più costretto ad immolare delle giovani vergini, allo scopo di soddisfare l'ignobile capriccio di tipo sessuale di qualche divinità negativa. Adesso, però, devo proprio congedarmi da voi, poiché ho da sbrigare varie faccende, prima che mi cimenti con le Creature del Male. Per questo vi saluto e vi lascio, promettendovi che mi rifarò vivo molto presto per darvi l'aiuto che vi ho promesso e per liberarvi dal dio malefico, dopo averlo sconfitto sonoramente!»
Andato via il dio Iveon, nella casa del capo del villaggio la conversazione era continuata ad esserci. Questa volta essa aveva dato luogo a delle considerazioni sul conto del forestiero, del quale non si era riusciti a capire un bel niente. Il primo ad esprimersi su di lui era stato il capofamiglia. Egli scetticamente aveva affermato:
«Non so che valore attribuire, figlia mia, alle promesse di questo Iveon, che hai incontrato e ci hai presentato. Ma dubito che il forestiero possa fare qualcosa in nostro favore! Secondo me, egli ci ha mentito su varie cose, a cominciare dal suo villaggio di provenienza. A mio parere, chi ha mentito su una cosa, può farlo benissimo anche su altre cento! Ecco come la penso io, Grael! Quindi, la miglior cosa è scordarci di lui!»
«Padre, per il modo con cui si è espresso, egli potrebbe essere anche un dio. Il quale, per il momento, non ha ritenuto opportuno scoprire le sue carte con noi, che siamo esseri umani! Sono convinta che lo farà più in là, quando lo riterrà opportuno!» gli aveva asserito fiduciosa la figlia, come se volesse crederci sul serio.
«Vacci piano, Grael, a dar credito a certe cose, le quali potrebbero risultare soltanto fandonie! Non penserai mica che un dio si presenterebbe a noi, come ha fatto il forestiero in cui ti sei imbattuto! Crederci per noi sarebbe come ammettere l'assurdo! Perciò ti consiglio di togliertelo dalla testa e di smettere di sognare ad occhi aperti!»
«Allora, padre, vuoi spiegarmi da che cosa deriva al giovane Iveon la sicurezza di potercela fare contro gli invincibili Torchidi e il loro dio Trauz? Come tutti avete notato, egli si sente massimamente sicuro di quanto afferma, nonostante abbia appreso dal mio verace racconto ogni cosa su di loro nei minimi particolari.»
«A una domanda del genere non so cosa risponderti, Grael. Iveon dovrà ancora dimostrarci di essere in grado di mantenere la sua promessa. Per questo, fino a quel giorno, se me lo consenti, non potendo fare altrimenti, seguiterò a considerarlo un millantatore, se non proprio un mentecatto, degno soltanto di essere commiserato!»
Era stato a quel punto che la moglie del capo di Cerpus si era data a recitare la seguente orazione: "O Iveon, credo nella tua divinità, sono fermamente convinta che tu sei un dio potente e che quindi non ci deluderai. Per favore, libera tante giovani vergini cerpusine, compresa la mia Grael, dal loro incubo tremendo che le assale ogni mese! Se ci aiuterai, tutti gli abitanti del villaggio ti adoreranno in eterno. Gloria a te, generoso dio Iveon!" La donna, con la sua improvvisa preghiera, aveva disorientato il marito e la figlia. Ma la ragazza, considerando l'intervento materno una specie di presagio da non sottovalutare, si era rivolta al genitore abbastanza risoluta e gli aveva detto:
«Padre, la verità è saltata fuori dalla bocca della mamma, come se ella fosse stata ispirata dallo stesso dio Iveon! Adesso sappiamo, senza alcun dubbio, chi veramente egli è. La qual cosa deve spingerci ad avere una fervida fede in lui, trattandosi di una divinità autentica. Vedrai che le sue promesse saranno mantenute senza il minimo dubbio e noi alla fine saremo liberati dai Torchidi e dal loro dio malefico Trauz!»
«Vorrei tanto crederci anch'io, Grael; ma persiste ancora in me parecchio scetticismo. Comunque, tu e tua madre dovete promettermi che non farete parola alcuna con nessuno, circa l'esistenza di Iveon e l'aiuto che egli è venuto ad offrirci. Non parlerete di lui neppure con i nostri congiunti Dusop e Gesp, i quali, come sappiamo, non sono mai riusciti a mantenere un segreto! Così farò anch'io con loro, quando rientreranno. Ci siamo intesi?»
Dopo che Arbes aveva ricevuto da ognuna delle due donne la propria promessa in merito, il discorso si era chiuso definitivamente fra loro. Allora ogni componente della famiglia se n'era ritornato alle rispettive occupazioni domestiche; però questa volta ciascuno mostrava un animo sereno e colmo di grandissima fiducia nell'avvenire.