136-SUL PIANETA TREUN IL DIO IVEON INCONTRA LA GIOVANE GRAEL

Qualche tempo addietro, di ritorno da una missione in Luxan per conto del proprio gerark, il dio Iveon era capitato sul pianeta Treun. Esso orbitava intorno alla stella Klaen, la quale era uno degli astri luminosi più occidentali della sperduta galassia di Zankav. Il dio positivo si era ritrovato a percorrere quello spazio cosmico di propria iniziativa, per cui era stato un atto volontario il suo allontanamento dalla rotta che lo riportava a Zupes. Quindi, non era partita da un proprio desiderio l'idea di raggiungere il pianeta in questione. Invece c'era stata in lui soltanto la volontà di approfondire quella parte di Kosmos che gli risultava ancora ignota, avendo avvertito in sé la necessità di rendersi conto dei mondi che vi si trovavano a caracollare nello spazio. In definitiva, possiamo affermare che egli si era imbattuto nel pianeta Treun per puro caso e non perché si era avuta in lui l'intenzione di cercarlo e di visitarlo. Anche perché, prima di quel tempo, egli non ne aveva mai sentito parlare.

Una volta toccata terra, il divino Iveon subito si era lasciato attrarre dalle bellezze naturali, che abbondavano sulla superficie treunina. Durante la sua esistenza trascorsa fino a quel momento, sopra nessun altro astro spento da lui visitato gli era accaduto di ammirare dei paesaggi così belli ed incomparabili. Intanto che il dio li contemplava, essi gli intenerivano il cuore e gli inebriavano lo spirito. Per questo aveva stabilito di percorrere alcuni luoghi del nuovo pianeta e di lasciarsi affascinare dalle sue stupende caratteristiche, che vi si manifestavano rigogliose in ogni suo posto. Esse venivano offerte sia dalle zone vallive sia da quelle lacustri e collinari che incontrava, mentre egli era intento a visitarle.

Così, mentre se la gironzolava in quelle zone solitarie, le quali apparivano di una bellezza unica e lo facevano restare estremamente sbigottito, il dio dell'eroismo aveva adocchiato un laghetto. Esso, insieme alla vegetazione circostante, formava un autentico angolo di paradiso. Allora egli aveva deciso di raggiungere quel meraviglioso specchio d'acqua e di sostare presso di esso per il resto della giornata. Alla quale, come si rendeva conto, rimaneva ancora un buon margine di tempo, prima di affogare nella tenebrosa notte e sparirvi interamente.

Appena giunto sulla sua riva, il dio benefico si era accorto che non era il solo ad avere avuto una simile brillante idea, poiché sul posto si trovava anche un'avvenente fanciulla della specie umana. A suo parere, forse ella vi era andata per la sua stessa ragione; invece poco dopo egli si era dovuto ricredere. Infatti, aveva scoperto che la poveretta non vi si tratteneva per godersi l'impareggiabile spettacolo della natura, ma vi si era condotta per dare libero sfogo alla sua disperazione interiore. Ella stava piangendo, a causa delle ingenti vicissitudini che il suo popolo si ritrovava a sopportare, le quali duravano da lungo tempo. Né si intravedeva per esso una qualche possibilità di farle venir meno, dall'oggi al domani! Perciò, avendo letto sul suo volto la dolorosa ambascia che le affliggeva l'animo, il divino Iveon aveva deciso di apprendere che cosa mai potesse rattristarla in quella maniera così incredibile e se fosse anche il caso di trarla fuori dall'immane sofferenza che l'addolorava.

In un primo momento, egli si era condotto in un luogo riposto, dove aveva assunto quelle sembianze umane che gli conferivano un aspetto ardito e simpatico. Alcuni attimi dopo, era ritornato ancora dalla ragazza, sicuro che le avrebbe fatto un'ottima impressione. Per la precisione, l'eroe delle divinità benefiche voleva apparirle un autentico pellegrino, il quale veniva da molto lontano ed era in cerca di un luogo accogliente. Esso, inoltre, avrebbe dovuto farlo beare con il riposo e con il ristoro, dal momento che ne aveva tantissimo bisogno! Invece la sua improvvisa presenza, che prima non era stata notata da lei, aveva fatto sobbalzare la ragazza, che in quell'istante gli volgeva le spalle. Più che i suoi passi, era stato il suo inatteso saluto a spaventarla e a farla ritornare in sé, poiché esso l'aveva colta mentre era in soprappensiero. Volendo essere precisi, quando il timbro della sua voce l'aveva raggiunta dalla parte posteriore, c'era mancato poco che non le venisse un colpo. A ogni modo, le sue cordiali parole a lei rivolte erano state le seguenti:

«Salve, bella fanciulla! Posso farti compagnia, intanto che mi riposo per qualche ora presso questo meraviglioso lago? Oppure la mia presenza ti infastidisce, per cui vorresti evitare di avermi vicino?»

La ragazza, dopo essersi voltata indietro visibilmente scossa e disorientata, non aveva fatto seguire alcuna risposta al saluto dello sconosciuto. Invece si era soltanto limitata a rivolgergli uno sguardo, il quale appariva sotteso di malinconia. Mentre poi penetrava e studiava il forestiero apparso di repente dal nulla, l'indigena faceva intendere che si stava chiedendo chi fosse mai quella persona di sesso maschile e da dove essa fosse sbucata. Comunque, il suo aspetto giovanile e aitante la predisponeva favorevolmente nei suoi confronti, senza averne né paura né soggezione. Allora, scorgendola smarrita e indecisa, il dio Iveon era intervenuto ad incoraggiarla come meglio poteva, al fine di farle sciogliere la lingua e di farla aprire nei propri confronti. Infatti, egli, per conseguire tale obiettivo, senza mezzi termini, le si era messo a parlare in questa maniera:

«Possibile, graziosa fanciulla, che io ti abbia spaventata a tal punto, da paralizzarti la favella? Ti garantisco che non hai nulla da temere dalla mia persona, essendo io un uomo dabbene e rispettabile! Quindi, ti invito a mostrarti più aperta verso di me, mettendo al bando il timore, se senza volerlo l'ho suscitato nel tuo animo! Ora vuoi darmi retta o le mie rassicurazioni non ti sono ancora bastate per fidarti di me?»

All'inizio la ragazza, intanto che il rossore le copriva il viso, fino a farlo diventare erubescente, era rimasta interdetta. Poco dopo, avendo acquistato un certo coraggio, ella gli si era rivolta timidamente, dicendo:

«Non c'è dubbio, forestiero, che la tua repentina apparizione mi ha scioccata e bloccata nel rispondere al tuo saluto, il quale da parte mia ti si doveva per educazione. In verità, è un altro il motivo principale, per cui mi scorgi ritrosa, oltre che indecisa nell'intavolare una normale conversazione con te. Dalle nostre parti, a noi donne non è consentito appartarci da sole con uomini che non sono né nostri fratelli né nostri mariti né nostri fidanzati. Perciò, quando non c'è nessun vincolo che ci leghi a qualcuno, dobbiamo stare alla larga da lui! Se non lo facessimo, subito la gente ci metterebbe alla gogna, pur senza aver commesso qualche azione riprovevole. Figuriamoci poi, se quel qualcuno risultasse anche forestiero! Ti lascio immaginare cosa succederebbe nel villaggio. La gente sparlerebbe della poveretta anche per più di un mese. Purtroppo, questo atteggiamento, che non considero civile, si è radicato nel mio popolo da tempo remotissimo ed è diventato ormai tabù!»

«Ti comprendo, simpatica fanciulla; però potresti almeno rivelarmi qual è il tuo nome. Intanto, senza attendere il tuo, ti dico il mio, che è Iveon. Non mi dire che dai tuoi familiari ti viene perfino proibito di riferirmi come ti chiami! Se così fosse, sarebbe proprio il colmo e non saprei spiegarmelo in alcun modo! Allora mi dici come ti posso chiamare?»

«Considerato che in questo posto nessuno può vedermi e sentirmi, emerito sconosciuto, ti accontento immediatamente, mettendoti al corrente che il mio nome è Grael. Inoltre, ti paleso che compio diciotto anni proprio quest'oggi; perciò ricorre il mio compleanno. A questo punto, conviene interrompere qui il nostro discorso, poiché devo raggiungere al più presto la mia famiglia, prima che qualcuno ci sorprenda insieme da soli e si metta a pensare su noi due chissà che cosa di scandaloso!»

«Si vede, amorevole Grael, che il tuo popolo non ha altri pensieri per la testa, se sciupa il proprio tempo a limitare così abiettamente la libertà delle donne e a condannarle, anche quando le sventurate non si macchiano di alcuna colpa disonorevole! Adesso, però, mi preme farti il seguente chiarimento. Quando ti rivolgi a me, gradirei che tu mi chiamassi con il mio nome, visto che ne ho uno, quello che adesso conosci. Non ammetto che non lo si faccia da parte dei miei interlocutori, quando invece essi possono farlo benissimo, poiché non glielo impedisco!»

«Scusami, Iveon, se mi sono astenuta dal farlo un attimo fa; però posso giurarti che mi è venuto spontaneo agire in questo modo, essendo abituata a comportarmi in questa maniera con ogni persona sconosciuta. Per questo, da parte mia, non è voluta esserci nessuna intenzione di mancarti di rispetto e di offenderti!»

«Ti credo sulla parola, graziosa Grael, per cui questa volta sei scusata da me. Ma adesso puoi andare avanti a raccontarmi ciò che mi stavi riferendo, a proposito della tua gente, poiché ti garantisco che potrei aiutarla, se per caso essa avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno!»

«Ritornando al vecchio argomento, gentile Iveon, voglio che tu sappia che nel mio popolo si è ormai radicata questa atavica tradizione. La quale, oltre a proibire alle donne di parlare con persone estranee, impone a tutte loro molti altri divieti, alcuni dei quali risultano di un'assurdità inaudita. Ma non si può pretendere di estirpargliela dalla sera alla mattina! Riguardo poi ai suoi pensieri, ti garantisco che la mia gente ne ha fin sopra i capelli e tutti di una certa gravità. Essi, essendo abbastanza seri, non smettono mai di frullare nel cervello di coloro che risiedono nel villaggio. Questo, a ogni modo, è tutto un altro discorso, che è preferibile non toccare, ad evitare di angustiarti l'animo. Esso riesumerebbe dei problemi che non sono affatto gradevoli, siccome riguardano soltanto gli abitanti di questa regione. Ora desidererei che tu mi dicessi chi sei e da quale villaggio provieni, essendo convinta che le tue origini non sono di queste parti. Me lo fa pensare il mio sesto senso!»

«Se ti dicessi, Grael, che abito in un posto situato oltre le stelle, il quale giammai potrà essere scorto di giorno, mentre di notte lo si riesce ad avvistare a occhio nudo, simile ad una lucina puntiforme? Scommetto che non mi crederesti neppure un poco: non è forse così, dolce e bella fanciulla? Lo so che avresti le tue buone ragioni ad essere sospettosa!»

«Non hai torto a pensarla come hai detto, Iveon! Non potrei bermela per i seguenti due motivi: primo, vedo che non hai le ali per volare; secondo, anche se tu le avessi, non saresti in grado di raggiungere e superare le stelle che sono disseminate nel firmamento. Hai mai visto i nostri uccelli levarsi in volo fino ad un'altezza simile? Essi, sebbene siano degli ottimi volatori, non sono mai riusciti perfino a toccare le nuvole oppure ad intrufolarsi in mezzo ad esse! Allora, vuoi dirmi adesso per cortesia il nome del paese dal quale provieni?»

«Grael, dal momento che non sei così sprovveduta da credere ingenuamente alle fandonie più inverosimili, mi costringi a ripiegare su qualcosa di più verosimigliante, a cui tu possa credere senza la minima esitazione. Dopo sarai senz'altro contenta, mia adorabile fanciulla, se mi comporterò come ti ho appena annunciato.»

«Se vuoi continuare a prendermi in giro, Iveon, ciò non mi sta affatto bene! Da te voglio unicamente la verità, senza più inventarti luoghi e cose che esulano dalla realtà! Adesso mi sono spiegata a puntino? Oppure per te non è stato così, per cui dovrò lasciarti perdere, smettendo di rivolgerti la parola? Decidi tu come intendi regolarti con me!»

«Non potevi esprimerti meglio, mia deliziosa Grael! Ti avviso che, prima che io ti parli della mia provenienza, mi devi promettere che dopo mi dirai ogni cosa del tuo popolo. Mi parlerai perfino dei pensieri che lo assillano, ai quali hai accennato alcuni istanti fa. Devi sapere che voglio rendermene conto seriamente, essendomi proposto di aiutarlo a spogliarsene. Non saresti contenta anche tu, se riuscissi a privarlo dei suoi brutti pensieri e a rasserenarlo?»

«Non ti comprendo, Iveon! Ti costa tanto dirmi il nome del luogo di tua provenienza? A cosa ti serve conoscere le tribolazioni della mia gente, le quali, dopotutto, non hanno niente a che vedere con la località da cui sei giunto? Io non ci vedo alcun nesso logico tra le due cose, se lo vuoi sapere! Perciò dimmi il nome del tuo paese e facciamola finita, senza pretendere in cambio che io ti parli delle sventure del mio popolo. Ti avverto che, se sèguiti a rifiutarti di rivelarmi la tua provenienza, la nostra conversazione termina qui! Inoltre, perché tu lo sappia, non potrai fare niente di niente per la mia sventurata gente!»

«Hai proprio ragione, Grael: le due cose non sono interdipendenti tra loro. Ma non ti avevo affermato che dall'una dipendeva l'altra! Volevo invitarti a riferirmi le disgrazie che sta attraversando il tuo popolo, solo per rendermi conto se mi sarà possibile aiutarlo e in che modo potrò farlo. Dopo averti esplicitato il motivo per cui sono interessato ai vostri guai, mi metto subito a parlarti del mio luogo di origine e della professione che vi esercitavo, prima di essere spinto ad abbandonarlo.»

«Dopo tanto tentennare, Iveon, alla fine ti sei deciso a farlo! Anzi, era ora che tu lo facessi! A dirla con un nostro proverbio, che spesso citiamo nel nostro villaggio, meglio tardi che mai!»

«Ebbene, Grael, Estun è il nome del mio villaggio, il quale venticinque anni fa mi diede i natali. Si tratta di un luogo solcato dalla miseria più nera, dove la gente non ha più niente di cui sfamarsi, dopo che la selvaggina e gli uccelli, per un fatto inspiegabile, hanno abbandonato il bosco ad esso circostante. Sono pochi coloro che vi sopravvivono, dopo essere diventati vegetariani. Io, che vi esercitavo l'attività del cacciatore, pur di non morirvi di fame, sono stato obbligato ad emigrare in villaggi migliori, ossia come lo è il vostro. Esso mi è apparso un autentico bengodi, cioè un luogo dove abbondano il cibo, la gioia e la spensieratezza! Non è forse vero che non sono in errore, poiché il tuo villaggio è davvero quello giusto, calzando esso al mio modo di vivere?»

«Non essere precipitoso, Iveon, ad esprimere giudizi sulle località che non conosci ancora, poiché potresti essere costretto a ricrederti sul loro conto. Riguardo poi ai tuoi buoni propositi di darci una mano a liberarci dalle nostre traversie, per il tuo bene, ti invito a rinunciarci. Anzi, ti suggerisco di sceglierti un altro posto per trascorrervi la vita spensierata che sogni. Ammesso che lo si trovi in qualche parte! Devi sapere che nessuno mai potrà sottrarci alla grave disgrazia che ci è piombata addosso. Essa non è opera di altri uomini, bensì di esseri di altra natura, i quali si presentano terribilmente crudeli e non si lasciano sconfiggere neppure dagli eroi. Capisci adesso perché non te ne devi incaricare, se non vuoi che gli stessi esseri intervengano a mutilarti in maniera orribile? Uomo avvisato mezzo salvato! Si suole anche dire dalle nostre parti a colui che si cerca di mettere in guardia da un reale pericolo, a cui egli si rifiuta di credere o, per spavalderia, non se ne dà per inteso.»

«Invece ho deciso di aiutarvi ugualmente, Grael, siccome non mi è mai piaciuto che nel mondo ci siano delle vittime della violenza e della sopraffazione. Da parecchio tempo, mi sono ripromesso di fare sparire l'una e l'altra ovunque esse si annidino e rechino delle pene atroci a taluni perseguitati dalla sorte. Mi sono spiegato, ragazza? Come vedi, niente e nessuno potrà mai farmi recedere dal mio nobile proposito!»

«Più esplicito di così non potevi essere, generoso Iveon! Logicamente, non terrò conto della tua intenzione di aiutarci, se prima non avrai ascoltato le disgrazie che hanno reso sfortunato il mio popolo, come nessun altro. Sì, soltanto dopo la prenderò in seria considerazione, ammesso che, al termine del mio straziante racconto, sarai ancora disponibile a soccorrerci, come lo sei ora con tutta la tua buona volontà!»

«Allora, Grael, non ti resta che iniziare la narrazione dei fatti che hanno coinvolto la tua gente, trascinandola in un tormentoso vortice senza fine. Dopo, vedrai, sarò più disposto che mai ad abbracciare la vostra causa e a battermi per voi, essendo desideroso di liberarvi dai vostri guai attuali. Lo farò, fino a quando essi non saranno definitivamente debellati da me! Te lo prometto, fin da questo istante!»

Era stato così che la fanciulla si era messa a raccontare la sciagurata sorte, che da un decennio perseguitava il suo popolo. La quale era iniziata, dopo che degli esseri mostruosi si erano presentati nel suo villaggio e vi si erano insediati con molta prepotenza. Essi, dimostrandosi imbattibili e spietati al massimo, non mostravano alcuna pietà per nessuno. Perciò non cessavano di infierire contro gli abitanti del villaggio con diabolico sadismo, senza fare eccezione né dei bambini né dei vecchi né delle donne, trattando ogni persona allo stesso modo. Naturalmente, sempre in maniera crudele ed inesorabile!