129-LE DIVINITÀ LUXANIANE SUI LORO PIANETI OSPITALI

Alla fine anche le divinità positive, le quali formavano gruppi da centocinquanta coppie ciascuno, come avevano fatto quelle negative, si erano messe in viaggio per andare a colonizzare Kosmos. La prima tappa di ogni gruppo era stata effettuata sul loro pianeta–guida, cioè il luogo dove il loro gerark e la propria consorte avevano deciso di sistemarsi stabilmente. Allora, con le due autorevoli divinità, avevano voluto prendervi dimora anche quattro coppie del gruppo. Esse avevano preso una tale idea, quando erano ancora su Luxan, prima che ci fosse stata la loro partenza per il Regno del Tempo e della Materia.

Le rimanenti coppie divine, le quali erano centoquarantacinque, avevano ripreso il loro viaggio, essendo loro intenzione di trasmigrare altrove. Una parte si sarebbe trasferita sopra altri pianeti ospitali appartenenti alla stessa galassia. Invece le restanti coppie avrebbero raggiunto quelli che si trovavano nelle altre tre galassie della medesima circoscrizione spaziale, dove si sarebbero stanziate in modo permanente. Comunque, queste ultime divinità, prendendosela con comodo, avevano evitato di aver fretta nell'avventurarsi nel nuovo tragitto, al fine di raggiungere la loro meta definitiva. Quella loro decisione era scaturita dal fatto che esse intendevano festeggiare la prima parte della loro lunga traversata cosmica con le altre divinità che avevano stabilito di restare sul pianeta–guida. Ma dopo un sufficiente periodo di tempo, avendo smaltito la loro stanchezza, le divine coppie colonizzatrici, ognuna per proprio conto, si erano date a viaggiare di nuovo per cercare i pianeti compatibili con l'essenza vitale. Esse erano consapevoli che nel trascorrere dei secoli solo tali astri sarebbero diventati le dimore dei Materiadi, nelle loro sottospecie di uomini e di umanoidi o androidi. Logicamente, le galassie di loro interesse erano risultate quelle della propria circoscrizione, la quale, come appreso in precedenza, era formata da una quaterna di ammassi galattici.

Benché non fosse stato esiguo il tempo impiegato a raggiungere l'obiettivo che si era prefissato, alla fine ognuna delle coppie divine era riuscita a trovare il proprio pianeta ospitale. Così le due divinità benefiche, che la componevano, avevano potuto incominciare a vivervi in maniera stanziale, senza dimenticare di mettere in moto la loro attività procreatrice. A tale riguardo, esse desideravano dare origine prima possibile ad una numerosa famiglia divina, che desse un significato alla loro esistenza e la allietasse senza fine con la loro presenza attiva e socievole.

Anche nell'Impero del Tetraedro, il pianeta–guida era diventato la roccaforte di ogni colonia divina della circoscrizione, essendo esso il luogo di residenza del gerark. Il quale non si era astenuto dal crearvi tutta una serie di grandiose opere difensive per renderne il suolo inattaccabile da qualsiasi divinità malefica. A proposito di simile aspetto, va tenuto presente che i vari provvedimenti di difesa da lui messi in atto erano rivolti sia al proprio pianeta che al sistema stellare, del quale esso faceva parte. Per questo ogni gerark, allo stesso modo dei kapius delle divinità negative, aveva voluto avere a sua disposizione delle entità di tipo offensivo, le quali non fossero solo dei prodotti da considerarsi frutti dei propri poteri. Difatti egli ne aveva create pure di quelle ottenute, grazie all'energia proveniente dagli iperpoteri primari del dio Kron e del dio Locus. Ciò gli era stato possibile per il seguente motivo. Le due eccelse divinità, al momento della partenza dei gerark da Luxan, avevano consegnato a tutti e quattro uno scettro di comando, che poteva produrre creature energetiche di una potenza distruttiva illimitata, essendo di quarto grado. Esse, quindi, risultarono superiori ai mostri più potenti a servizio dei kapius, che erano i Burkon. I quali avevano una potenza distruttiva che in nessun caso sarebbe riuscita a superare il terzo grado.

Nell'Impero del Tetraedro, come accadeva in quello dell'Ottaedro, il pianeta–guida era divenuto il punto di riferimento per tutte le altre divinità sparse nella circoscrizione spaziale a cui esse facevano capo. Si coglie qui l'occasione per ribadire che l'impero delle divinità positive era composto da quattro circoscrizioni, ciascuna delle quali comprendeva quattro galassie ed era governata da un gerark. Oltre alle sedici galassie circostanti, vi apparteneva anche una galassia centrale autonoma, il cui nome era Maser. Per questo le galassie, che costituivano l'Impero del Tetraedro, risultavano diciassette. Nella sua parte centrale era situata la stella Bespar, intorno alla quale orbitava il pianeta Pestuk. Su tale astro spento avvenivano i periodici incontri quadrangolari fra i quattro gerark delle divinità benefiche. Essi vi s'incontravano per consultarsi di tanto in tanto e per prendervi le loro posizioni su determinati problemi che concernevano il loro vasto impero oppure una sua singola circoscrizione.

Preso il comando dello spazio a lui affidato, in un primo momento, ogni gerark aveva dato il via sul proprio pianeta a tutta una serie di opere di natura difensiva per garantire a sé e ai suoi familiari un'esistenza sicura e tranquilla. Le quali fortificazioni avrebbero dovuto assicurare l'incolumità a ciascuna divinità residente in loco, qualora ci fosse stato un attacco improvviso da parte di divinità malefiche malintenzionate. In pari tempo, non era mancato nel gerark l'intento di edificarvi un proprio maniero e di abitarlo stabilmente. Perciò, in un secondo momento, egli aveva badato a costruire sul pianeta–guida la propria dimora, dove avrebbero dovuto soggiornare anche i suoi discendenti, fino alla decima generazione. I quali, in qualunque istante lo avessero desiderato, sarebbero stati assolutamente liberi di emigrare altrove e di costruirsi sul nuovo pianeta la propria dimora, oltre che formarsi una propria famiglia.

L'abitazione del gerark non era risultata qualcosa di macchinoso e d'imponente, come quella di un kapius dell'Impero dell'Ottaedro. Nessuna affinità, quindi, poteva essere rinvenuta tra le due diverse tipologie edilizie, ossia tra la fortezza massiccia di un kapius e lo snello castello di un gerark. Quest'ultimo, anche se slanciato nei suoi elementi architettonici verticali, prediligeva un verticalismo armonioso di ampio respiro. Insomma esso si esprimeva con una verticalità di strutture e di forme quasi surreali, del tutto conforme ai modelli ispiratori di dolci evasioni e di emozioni rasserenanti. Quando si stagliava nel cielo limpido e trascolorante di un'alba rosea, il castello dell'autorevole dio era investito di una spettacolare e seducente attrazione. Per la quale ragione, per tutti quegli spiriti che si mostravano propensi ad ammirarlo, esso rappresentava una sorta di liberazione interiore affrancata da ogni turbamento psichico.

L'intera costruzione castellana era cinta da una cerchia di mura a pianta pentagonale, che disponeva di cinque baluardi. Ciascuno dei quali era situato frammezzo ad una coppia di mura attigue ed aveva funzione di collegamento tra i suoi due contrafforti laterali. Quanto allo spazio che ne costituiva la lizza, esso si presentava intervallato da stupendi giardini pensili, da riflettenti laghetti e da aiuole di rara bellezza. Perciò il medesimo riempiva gli occhi dei suoi abitatori di gaia meraviglia e di brio allietatore. Invece, dal punto di vista difensivo, il gerark ricorse a tre livelli di protezione, i quali venivano espletati da altrettante energie. Queste si differenziavano solo per ciò che riguardava il loro campo d'azione. Il primo livello protettivo era impegnato a salvaguardare la dimora del gerark. Il secondo, invece, estendeva la protezione a tutto il pianeta. Il terzo, infine, garantiva una difesa efficiente all'intero spazio del sistema stellare. Per assicurarsi i tre livelli protettivi, il gerark si servì di una speciale energia alquanto potente. Essa, pur agendo su uno spazio così enormemente vasto, era in grado di neutralizzare qualsiasi intervento minaccioso, da parte sia delle divinità negative sia dei loro prodotti mostruosi. Anzi, riusciva ad arrecare alle une e agli altri un danno adeguato, cioè tale da farli pentire del loro avvenuto sconfinamento.

Adesso cerchiamo di conoscere qualcosa sui mezzi distruttivi, che ciascun gerark aveva a sua disposizione. Essi erano capaci d'intervenire nocivamente sulle essenze psichiche delle divinità malefiche e sui loro prodotti mostruosi. Questi ultimi erano entità metafisiche dotate di un potenziale energetico smisurato che era stato possibile ottenere, grazie allo scettro in suo possesso, il quale risultava opera delle divinità Kron e Locus. C'è però da chiarire che le suddette entità operavano esclusivamente al servizio del gerark e non erano da definirsi delle creature mostruose. Invece esse andavano considerate degli enti opponenti o antimostri ed erano capaci di contrapporsi efficacemente ai mostri dei kapius. Difatti erano in grado di sconfiggerli e di disintegrarli senza alcuna difficoltà. Ma prima di procedere alla loro enumerazione e alla loro dovuta descrizione, occorre precisare che nessun gerark desiderò fornirsi di mostriciattoli che avrebbero potuto fare grande strage di Materiadi. Al contrario, le divinità positive avevano fatto richiesta di Kosmos al loro creatore Splendor non per maltrattarli, ma unicamente per mettersi a loro disposizione e soccorrerli in caso di bisogno.

I gerark, come tutte le divinità benefiche e malefiche, in virtù della loro natura divina, erano provvisti di strumenti distruttori da azionarsi contro gli umanoidi e gli androidi. Essi, però, li usavano soltanto per punire quelle loro colpe che si fossero rese empie e sacrileghe. Quanto agli enti opponenti di un gerark, detti anche antimostri, pur avendo un differente campo d'azione, avevano una potenza distruttiva di quarto grado. Essi erano di tre tipi: quelli stellari, che erano chiamati Fander; quelli galattici, che erano detti Pekad; quelli intergalattici o circoscrizionali, il cui nome era Vurk.

I Fander, in numero di venti unità e con un'azione limitata al sistema stellare in cui risiedeva il gerark, avevano una velocità doppia di quella della luce ed erano dotati di una potenza distruttiva di quarto grado. Essi erano enti opponenti di media grandezza, cioè avevano un'estensione in lunghezza di trenta metri, delle braccia lunghe otto metri e un corpo avente un diametro di sette metri. Invece la loro testa, per avere un'idea della sua grandezza, poteva essere contenuta in un parallelepipedo alto tre metri, largo due metri e profondo un metro. Tali antimostri si presentavano con una corporatura sinuosa, fluttuante e sguisciante. Il loro potenziale energetico di natura distruttiva risultava qualcosa di sbalorditivo. Una volta emesso fuori dai loro occhi, i quali apparivano cerulei e fosforescenti, esso riusciva a disintegrare blocchi di pietra enormi, grandi perfino quanto la nostra Luna. Il suo lancio risultava sempre a diffusione continua e poteva colpire il proprio obiettivo entro la distanza massima di duemila chilometri. Nei confronti di una divinità tenebrunese, il loro prodotto energetico, non potendo essere distruttivo, diveniva costrittivo. Perciò la immobilizzava e la rendeva impotente ad ottenere qualunque manovra rivolta a divincolarsi da esso, al fine di liberarsi. A ogni modo, è stato già spiegato il motivo per cui un fatto del genere era possibile, quando si è parlato dei Vectus, che erano i mostri meno potenti al servizio di un kapius dell'Impero dell'Ottaedro.

I Pekad, in numero di duecento unità e con un'azione limitata alla galassia dove il gerark aveva la sua residenza, avevano una velocità venti volte maggiore di quella della luce ed erano dotati anch'essi di una potenza distruttrice di quarto grado. Si trattava di antimostri dalle dimensioni dieci volte più grandi di quelle dei Fander. La loro presenza fisica era pressoché la stessa, con qualche variante nelle tonalità dei loro colori e nelle loro espressioni estrinseche. Ad esempio, volendo riferirci ai loro occhi, questi emettevano dei bagliori giallognoli. Riguardo alla loro testa, per avere un'idea esatta della sua grandezza, essa poteva essere contenuta in un parallelepipedo con dimensioni doppie rispetto al primo: cioè, alto sei metri, largo quattro metri e profondo due metri. Il loro potenziale energetico era dieci volte maggiore di quello dei precedenti antimostri, con i quali avevano in comune la modalità di emissione. Il loro raggio d'azione era nettamente superiore, potendo esso raggiungere i due milioni di chilometri. Inoltre, bastava un unico loro getto per distruggere un pianeta grande quanto Giove. Nei confronti delle divinità tenebrunesi e dei loro mostri, essi si esprimevano efficientemente come i Fander già studiati. Infatti, alla stessa loro maniera, i Pekad erano in grado di neutralizzare le une e gli altri senza difficoltà alcuna.

I Vurk, in numero di duemila unità e con un'azione limitata alla circoscrizione dove risiedeva il gerark, avevano una velocità duecento volte maggiore di quella della luce ed erano dotati di una potenza distruttiva di quarto grado. Si trattava di antimostri, le cui dimensioni erano dieci volte maggiori di quelle dei Pekad e cento volte più grandi di quelle dei Fander. La loro presenza fisica, in un certo senso, era quasi la stessa; si notava soltanto qualche variante nelle tonalità dei colori e delle loro espressioni esteriori. Tra l'altro, i loro occhi verdastri emettevano dei bagliori giallognoli. Quanto alla loro testa, per avere un'idea della sua grandezza, essa poteva essere contenuta in un parallelepipedo con dimensioni triple rispetto al primo: cioè, alto nove metri, largo sei metri e profondo tre metri. Tali antimostri possedevano un potenziale energetico mille volte maggiore di quello dei Pekad e il loro raggio d'azione era di duecento milioni di chilometri. Perciò la loro potenza devastatrice era illimitata e poteva disintegrare una stella mille volte più grande del nostro Sole. Pure la modalità di emissione del loro prodotto energetico non differiva da quella degli altri antimostri di categoria inferiore.


Dopo esserci resi conto di come si era dato da fare un gerark nella propria circoscrizione, è giusto apprendere anche cosa ne era stato nel frattempo delle altre centocinquanta coppie divine che avevano stabilito di non restare sul loro pianeta–guida. Invece esse avevano preferito prendere il largo ed avventurarsi nello spazio cosmico in cerca di pianeti ospitali, cioè quelli compatibili con la vita. Ebbene, di tali coppie, trenta erano rimaste nella galassia del gerark per loro libera scelta. Le altre, invece, dopo aver formato tre gruppi di quaranta unità, avevano raggiunto le restanti tre galassie della loro vasta circoscrizione. La loro ricerca dei centocinquanta pianeti che avrebbero dovuto ospitarle non si era dimostrata né breve né facile. Al contrario, essa le aveva fatte andare incontro ad una serie di vicissitudini, le quali spesso le avevano costrette a rasentare il limite massimo della sopportazione. Quando infine ogni coppia era riuscita a trovare il pianeta ospitale da essa ricercato, vi si era insediata permanentemente ed aveva incominciato ad esistervi con tutta la voglia possibile. In seguito, la stessa aveva atteso che sul suo suolo, accanto ai vegetali e agli animali che vi proliferavano ingenti, vi germinasse pure l'essenza pensante dei Materiadi, ad iniziare da quella dell'essere umano.

Poiché ogni pianeta aveva ospitato un'unica coppia divina, il dio e la dea che la componevano, a un certo punto, avevano dovuto fare i conti con una cruda realtà. La quale, dal punto di vista sociale, si era mostrata tremendamente avara. Infatti, essa li aveva costretti ad una solitudine che, fin dall'inizio, si era manifestata desolante ed avvilente. Nonostante scorgessero intorno a loro scenari naturali d'incomparabile bellezza, i due divini consorti, più che l'avidità di goderne a più non posso, avevano avvertito l'insopprimibile esigenza di stare insieme con altri loro simili. Così avrebbero potuto relazionare con loro e avere, nello stesso tempo, un riscontro della propria esistenza non più isolata. Allora, com'era avvenuto per le divinità negative, era stato il vivo senso sociale a farsi desiderare da entrambi con la massima intensità: quasi fosse stato l'elemento cardine del loro nuovo modo di essere e di esprimersi! In quella opprimente assenza di altre divinità, la loro psiche aveva bramato il fattore sociale più di ogni altra cosa, lo aveva ambito come un insostituibile bene prezioso. Ciò, perché ai primordi della loro esistenza sul pianeta ospitante, essi si erano ritrovati in balia di una solitudine struggente e penalizzante.

Alla fine, identicamente alle divinità negative, le divine coppie positive si erano convinte che, se volevano uscire da quella difficile situazione, dovevano mettersi a procreare a ritmo sostenuto nuova progenie divina. In quel modo, avrebbero visto il loro pianeta popolarsi d'innumerevoli divetti, i quali sarebbero diventati prima divi e poi divinità adulte. Queste ultime, a loro volta, li avrebbero aiutati a rendere la superficie planetaria popolata da uno stuolo di dèi e dee sempre maggiore. Così gli uni e le altre avrebbero soddisfatto finalmente il loro bisogno di sentita socializzazione. Trascorrendo poi il tempo in Kosmos, si era assistito a una proliferazione di divinità non indifferente su ciascuno dei pianeti ospitali, dove si erano trapiantate le coppie progenitrici.

Con il popolamento dei vari pianeti da parte di un cospicuo numero di divinità positive, il quale si era avuto grazie ad un ramificarsi ininterrotto dell'albero genealogico della coppia primigenia, l'esistenza si era fatta più interessante per gli dèi e per le dee. Si erano dileguati completamente lo spettro della solitudine e quello della noia; al loro posto, invece, si era avuto un clima di brio e di spensieratezza, come non mai. Il nuovo concetto della vita, basato essenzialmente sui rapporti sociali, aveva offerto alle divinità benefiche il modo di distrarsi a largo raggio. Infatti, le aveva spinte a promuovere raduni, intrattenimenti piacevoli, feste e quant'altro fosse stato ritenuto da loro nella loro nuova esistenza cosmica motivo di svago e di divertimento. Inoltre, non erano mancate fra le medesime alcune riunioni, le quali avevano come argomento l'atteggiamento da assumere verso le divinità negative. All'inizio era prevalsa la linea morbida, evitando ogni confronto con le stesse, a meno che non fossero state esse ad ingerirsi per prime nei loro affari. In tal caso, la loro risposta sarebbe stata commisurata al tipo d'interferenza delle avversarie, provocando in tali divinità rivali dei danni proporzionati.

Con la proliferazione delle essenze divine, i vari luoghi naturali, come i monti, i fiumi, i laghi e i boschi, erano diventate le sedi preferenziali delle divinità positive, avendo preso la decisione di abitarvi in modo permanente. Logicamente, la loro presenza in tali posti non poteva che risultare del tutto silente. Ciò, perché i cinque sensi a disposizione dei Materiadi non sarebbero mai riusciti a captarla, a meno che non fossero state le divinità a permetterlo ai vari esseri sensibili. Quanto alla loro attività sopra i pianeti, essa non si esplicava in forma virtuale e neppure si mostrava un mero atto riflesso, ossia privo di ogni possibilità di interagire attivamente nel rapportarsi con la natura e con gli esseri viventi che vi operavano. A modo loro, le entità divine vi prendevano parte, vi si rispecchiavano e s'immedesimavano con i fruitori della natura. Certe volte vi si esprimevano non soltanto psichicamente, ma anche metafisicamente, dando luogo a dei grandi prodigi. I quali potevano stupire le varie specie di Materiadi, predisponendoli così alla loro devota venerazione.

Anche le divinità del Tetraedro, una volta nate e divenute adulte, avevano agognato di tenersi ancorate alla consuetudine di fregiarsi di un titolo sui generis. Esso avrebbe dovuto specificarle, a seconda delle finalità che intendevano perseguire nella realtà cosmica. Tanto per fare un esempio, se una divinità assumeva il titolo di "dio dei campi", ciò significava che essa desiderava prendere i terreni agricoli sotto la propria protezione. Ovviamente, il dio o la dea s'impegnava a renderli fecondi e a preservarli dalle calamità naturali, come le inondazioni e le trombe d'aria, oppure da altri cataclismi distruttivi, come i terremoti e i maremoti. Inoltre, non permetteva agl'insetti dannosi d'infestarli e di divorarne i raccolti. Comunque i Materiadi non avrebbero ricevuto facilmente la loro protezione, poiché prima avrebbero dovuto meritarsela, invocando l'intervento della divinità propiziatrice con fervide preghiere. Oppure avrebbero dovuto pregarla, invitandola a prendere sotto il suo auspicio la loro attività e gli stessi strumenti, di cui essi si servivano per svolgerla e portarla al termine senza problemi di sorta. Unicamente in questo modo, la dea o il dio faceva ottenere dal loro lavoro agreste dei raccolti abbondanti.

Le nuove generazioni divine, ossia quelle che nascevano in Kosmos, prima di diventare divinità adulte, avevano l'obbligo di condursi in Luxan, per l'esattezza in Beatitudo, al fine di sottomettersi a Splendor e giurargli eterna obbedienza. In quel loro pellegrinaggio, esse venivano accompagnate dai rispettivi genitori. A questo proposito, approfittiamo per precisare alcuni particolari. In Beatitudo l'atto di sottomissione e il giuramento di obbedienza non avvenivano singolarmente, ma collettivamente. Era previsto che il doveroso sacro viaggio ci fosse ogni cinque millenni e che ad esso dovessero prendere parte quei divi e quelle dive che risiedevano in Kosmos ed avevano un'età compresa tra i cinquemila e i diecimila anni. Ciò, perché gli uni e le altre, con il compimento del loro decimillesimo anno di età, entrava a pieno titolo nell'età adulta. Tale ricorrenza era denominata "Solenne Pellegrinaggio" e il partecipare ad essa risultava un obbligo per tutte le giovani divinità che avevano ancora da compiere il loro atto di sottomissione e il loro solenne giuramento al sublime Splendor. Ma esse potevano accedere al Regno della Luce attraversando la Nube Bianca.

Dopo aver ripercorso i vari fatti che l'avevano preceduta, ora possiamo addentrarci senza difficoltà nell'imminente prima Teomachia, la quale ci si mostrerà avvincente e colma di episodi coinvolgenti. Essi a volte faranno intenerire il nostro animo; altre volte, invece, spingeranno il nostro spirito assetato di giustizia a ribellarsi alle varie sopraffazioni e disonestà, le quali verranno commesse dalle divinità malefiche che v'incontreremo. Perciò saremo obbligati ad imbatterci in tali turpi azioni con rincrescimento e con grande disgusto. Ma eviteremo di farci impressionare da esse, pur dando sfogo alla nostra collera e al nostro disappunto, poiché ricorreremo a ogni mezzo capace di farcele superare. Per noi sarà importante prendere atto di tali esperienze negative con spirito di sopportazione, mettendoci una pietra sopra.