122-LA CREAZIONE DI KOSMOS

Le divinità buone e giuste che vivevano nel Regno della Luce, dopo un periodo di tempo dalla loro creazione, il quale era da stimarsi considerevole, avevano smesso di mostrarsi paghe della propria esistenza spirituale. A un certo punto, le poverette l'avevano trovata monotona e alquanto noiosa. Allora, con il dovuto rispetto, avevano deciso di rivolgersi al loro sublime Splendor e di pregarlo di rendergliela attiva, interessante e, in un certo senso, pure avventurosa. Così essa avrebbe smesso di trascorrere in modo passivo ed ozioso. Ad essere più chiari, le divinità positive avevano desiderato che la loro nuova esistenza risultasse permeata di un qualcosa di diverso, a cui neppure loro sapevano dare l'esatta definizione. A tale scopo, esse avevano nominato loro portavoce Elson, il dio dell'eloquenza, che era stimato il più facondo e il più diplomatico di tutti. Egli, quando si era trovato al cospetto di colui che era il capostipite della loro schiatta, si era dato a parlargli in questo modo:

«Altissimo nostro progenitore, sono venuto a parlarti a nome di tutte le divinità rette, quelle che, come me, incessantemente ti esprimono la loro riconoscenza e la loro gratitudine. Noi ti osanniamo e ti ringraziamo in eterno, per l'amore paterno che ci hai sempre elargito e che tuttora ci vai dispensando con magnanimo altruismo. Essendo sicuri della tua comprensione, abbiamo ritenuto lecito far nascere in noi un pio desiderio dalle intenzioni puramente generose e altruistiche. Perciò ci siamo affrettati a rendertene partecipe. Ma premettiamo che esso non vuole essere un affronto o un atto d'insubordinazione nei tuoi confronti. Se lo esaudirai, il nostro desiderio muterà soltanto il modo di condurre la nostra esistenza, poiché non potrà minimamente intaccare gli eccellenti rapporti esistenti fra te e noi divinità tue creature. Al contrario, tenendoci in contatto più di quanto lo siamo adesso, il suo appagamento da parte tua li ravviverà e li renderà più solidi e duraturi sotto qualsiasi aspetto.

Il nostro desiderio in questione non vuole significare alcun malcontento da parte nostra. Ammesso che tu sia d'accordo, vorremmo renderci utili a taluni esseri di natura inferiore, purché essi si dimostrino giusti e buoni. Ossia desidereremmo essere partecipi delle loro sventure, oltre che cercare di aiutarli nella misura e nei modi che tu stesso dovresti decretare, a cui ci atterremmo alla lettera. Inoltre, non ci lamenteremmo, se dovessero derivarci dei gravi disagi dalla nostra esistenza supplementare, come la perdita transitoria dell'attuale serenità e la rinuncia al beneficio che ci proviene dal nostro esistere nell'Empireo.

Lo sai anche tu che in seguito, trovandoci in una situazione di bisogno, ricorreremmo a te per chiederti consigli oppure soccorso. In tale circostanza, ne approfitteremmo per rifarci del bene non fruito durante la nostra assenza da Luxan. A parte queste cose marginali, c'è in noi la certezza che, dopo esserci prodigati a favore di simili esseri bisognosi ed avere acceso in loro la scintilla della gioia, ne verremmo ampiamente ripagati. Soprattutto nel nostro intimo ci sarebbe la soddisfazione di essere stati i protagonisti della conversione di un loro dramma o di una loro tragedia in un fausto evento. Di conseguenza, nei nostri protetti beneficiati nascerebbe la prima percezione del senso divino e di quello religioso. Essi li accoglierebbero nell'animo e inizierebbero a coltivarli. Dai loro cuori, come atti di riconoscenza e di gratitudine, si leverebbe un sincero ringraziamento, manifestandoci fiducia e venerazione.

Altissimo Splendor, se vogliamo essere obiettivi, chi, se non il Padre di tutti gli dèi, trarrebbe il maggior vantaggio dalla loro accesa devozione? Non c'è dubbio che, da parte loro, esclusivamente a te, in qualità di numero uno delle divinità, andrebbero tributati gli onori più grandi, sarebbero sacrificate le bestie più opime e sarebbero dedicate le località più rinomate! Principalmente per questo, è nato in noi il desiderio che siamo venuti a manifestarti con amore filiale e con animo schietto. Quindi, qualora tu decidessi di prenderlo in seria considerazione, ti pregheremmo di valutarlo nel suo obiettivo primario, il quale è quello di estendere anche oltre i confini di Luxan la tua immensa potenza e la tua infinita gloria. L'una e l'altra, a nostro avviso, dovrebbero avere alta risonanza anche tra gli esseri forniti di una natura inferiore alla nostra, vale a dire deteriorabile e destinata a perire. Oltre a ciò, esse dovrebbero trionfare in particolar modo tra quelli che dimostrassero di possedere un animo capace di cullare i sentimenti più nobili ed incline ad aspirare alle virtù superiori, prime fra tutte il bene e la giustizia.

Siamo a conoscenza che, se tu intendessi mostrarti propenso a soddisfare questo nostro desiderio, vorresti anche farci presente che esseri del genere si possono creare soltanto in Tenebrun. Il quale è il luogo, dove sono state relegate per punizione tutte le divinità che ti si sono rivoltate contro o ti hanno disubbidito in modo grave. Ebbene, siamo coscienti che solo in questi termini tale nostra intima esigenza potrà essere appagata. Perciò, nel caso che tu decidessi di accontentarci, ti pregheremmo di non farti scrupolo alcuno nella scelta del posto dove dovrà esserci la dimora, che dovrà ospitare le nuove creature inferiori a noi. A tale riguardo, siamo al corrente che la loro natura, se paragonata alla nostra, non potrebbe che dimostrarsi limitata e menomata, visto che risulterebbe corporea e materiale, contingente e caduca. Per la quale ragione, il loro destino sarebbe a termine, poiché esse non risulterebbero immortali come noi.»

Splendor, mentre ascoltava Elson, all'inizio si era corrucciato, non avendo gradito quella sua inattesa richiesta. Dopo, avendo ravvisato nelle parole del dio dell'eloquenza le buone intenzioni delle sue divinità fedeli, era ritornato a rasserenarsi in volto. Avendo valutato nel senso giusto il discorso dell'eloquente dio, non aveva indugiato a dargli la propria risposta esprimente il suo pieno consenso. Perciò gli aveva detto:

«Ebbene, Elson, ho stabilito di esaudire il vostro pio desiderio! Nel modo più assoluto, non voglio che si dica di me che sono un padre padrone, tiranno e prepotente! Riflettendoci bene, in esso non scorgo alcuna trasgressione della legge cardine. Al contrario, vi intravedo solo la ferma volontà di mettervi a disposizione di esseri materiali, i quali non avranno vita facile nel mondo che dovrò creare per loro!

Adesso, facondo dio, ritorna dalle altre divinità a me fedeli ed annuncia loro che ho preso la decisione di accogliere il vostro nobile desiderio. A proposito del luogo in cui mi sarà possibile creare la dimora dei vostri futuri protetti, riferisci alle stesse che avete visto giusto nel prevedere che un progetto del genere potrà essere realizzato esclusivamente in Tenebrun. Ma sappiate che anche voi esseri divini di Luxan, come i vostri protetti, avrete una vita travagliata nella nuova realtà, poiché in esso vi troverete a competere con le divinità ingiuste e maligne, le quali pretenderanno il culto dagli stessi esseri mortali che avrò creato per voi. Anzi, faranno fuoco e fiamme, allo scopo di attirarli dalla loro parte e di renderli loro devoti. Vi assicuro che esse non avranno riguardo per nessuno, pur di raggiungere i loro obiettivi malvagi!»

In seguito, avendo deciso di mantenere la sua parola data al dio Elson, Splendor aveva esclamato: "Che Kosmos abbia origine in Tenebrun, secondo il mio espresso disegno!" Al suo imperioso comando, l'universo aveva iniziato ad esistere, restando incapsulato in una realtà concreta in continua evoluzione. In pari tempo, esso si mostrava inarrestabile nell'infinita sua espansione. Allora il Regno delle Tenebre era stato indotto ad indietreggiare davanti alla realtà cosmica, facendogli lo spazio necessario per consentirle l'infinita corsa creativa. Essa sarebbe dovuta procedere senza arrestarsi mai più, rispettando i grandiosi progetti del suo creatore. Pur serrandolo tutt'intorno, come se volessero comprimerlo ed annientarlo, le ricalcitranti masse tenebrunesi si mostrava impotenti a fermare il suo processo espansivo ed evolutivo, il quale si effettuava all'interno dello spazio e del tempo. All'istante, in simultaneità, nell'universo si erano andate costituendo due distinte realtà: quella spaziale e quella temporale. In esse, se lo spazio appariva visibile, il tempo si presentava invisibile. Ma ognuno di loro, in forma latente, formava un dominio e presto avrebbe avuto anche il dio che lo avrebbe gestito con la massima intransigenza.

Dopo aver ricevuto da Splendor la sua spinta autocreativa, fin dal suo esordio, Kosmos non si era andato generando simile ad una massa nebulosa invasa dal buio. Esso, al contrario, aveva creato per sé qualcosa di straordinario, ossia di superbamente colossale e maestoso. Per tale ragione il novello universo, che si stava autogenerando in Tenebrun, poteva definirsi un'architettura cosmica immensa e colma di mirabolanti bellezze.

All'inizio dell'atto creativo, si erano date a pullulare in Kosmos galassie a non finire. Nello stesso tempo, in seno ad esse, si erano prodotte miriadi di stelle fiammeggianti e luminose, la gran parte delle quali apparivano con un corteggio di comete, di pianeti e di satelliti. Di questi ultimi due tipi di astri, però, erano stati quelli compatibili con la vita ad aggiudicarsi il fascino più sensazionale, l'attrazione più elettrizzante, la parte più significativa ed interessante, l'input ad esistere più formidabile. Difatti sulla loro superficie era germinata l'essenza vitale, la quale si diede ad evolversi nelle sue infinite e svariate manifestazioni. Ma la più importante di loro era stata quella che aveva dato la vita all'essere umano, poiché egli avrebbe rappresentato su tali pianeti la creatura materiale meglio riuscita. A tale riguardo, va chiarito un particolare importante. Le divinità benefiche avevano chiesto a Splendor la creazione del Regno della Materia e del Tempo, appunto per dedicarsi a tale essere materiale e per beneficiarlo in modo ampio, lungo il suo intero processo storico e sociale.

Se le tenebre di Tenebrun si mostravano risentite per l'evento creativo, dal momento che esso le privava in continuazione di una consistente fetta di spazio, invece le divinità malefiche erano di ben altro umore, siccome vi conducevano una vita stressata. Anzi, finalmente si prospettava per loro l'opportunità di uscire dal tenebrore di sempre e di iniziare a vivere una realtà ben diversa, nella quale, tra le altre cose, non sarebbe mancata la luce. Esse ne avvertivano un'esigenza folle, siccome la loro esistenza si stava protraendo da tempo nel buio tetro, che alla fine le aveva rese del tutto nevrasteniche.

Essendo Kosmos una realtà diametralmente opposta a quella di Luxan e di Tenebrun, le divinità residenti in quest'ultimo erano convinte di potervi accedere, alla stessa stregua delle divinità positive; né esse si sbagliavano a pensarla in quel modo. Infatti, Splendor, pur ricorrendo alla sua onnipotenza, non aveva potuto precludere a ciascuna di loro l'accesso alla realtà cosmica. Comunque, a nessuna delle divinità dell'uno e dell'altro regno sarebbe venuto in mente di scegliersi come propria dimora la massa infuocata di una stella o il gelido spazio cosmico, oppure un pianeta terribilmente arido e privo dell'essenza vitale. Invece la loro preferenza sarebbe andata a quei pianeti e satelliti che sarebbero risultati forniti di vegetazione e di fauna, siccome soltanto essi avrebbero offerto ricetto a quelle creature che erano destinate ad ereditare e ad incrementare una certa forma d'intelligenza.

La realtà di Kosmos, fin dalla sua origine, si era basata su due principi fondamentali, costituiti dallo spazio e dal tempo. Grazie ai quali, la materia era cominciata ad esistere, sebbene si presentasse caduca e transitoria nel suo modo di essere e di strutturarsi. Il primo la conteneva, mentre il secondo ne registrava l'evoluzione e i continui cambiamenti. Ma non si riusciva a comprendere se si dovesse parlare di un binomio spazio–tempo, che fosse finalizzato a contenere la materia. Non era neppure chiaro se lo spazio, il tempo e la materia fossero da accettarsi come elementi di un unico insieme. In tal caso, essi dovevano per forza procedere parallelamente all'interno di un trinomio, dove ciascuno aveva una propria libertà d'azione. Ma volendo essere razionali, un trinomio di quel tipo poteva risultare anomalo e contestabile. Il motivo? I primi due risultavano incorporei e immodificabili; mentre il terzo era fisico e trasformabile.

Il tempo e lo spazio, in verità, erano due realtà che differivano dalla materia; però, nei suoi confronti, essi non avevano lo stesso rapporto. Quello dello spazio si rivelava preminente, poiché ne subordinava l'esistenza alla propria. La materia non poteva esistere senza uno spazio; quest'ultimo, invece, poteva esistere senza di essa. Non altrettanto fortunato poteva considerarsi il tempo, il quale presentava un rapporto di subordinazione con l'indocile materia. Se veniva meno la materia, pure il tempo cessava di esistere, siccome esso era stato creato per fare realizzare i cambiamenti di una qualsiasi sostanza corporea e per registrarli.

Valutata come sottoposta al continuo avanzamento del tempo, la materia era da ritenersi fragile e totalmente alla sua mercé. Ciò, perché l'essenza temporale, da un punto di vista puramente formale, la privava di una propria stabile identità. L'incremento o il calo della sua qualità, al contrario, erano dovuti a fattori di altra natura, che non mi metterò qui ad enumerare per ovvi motivi. Ma pure l'incessante espandersi dello spazio cosmico implicava una certa specie di tempo. In questo caso, esso si dimostrava più blando e meno incisivo, benché fosse pur sempre una forma temporale che, parallelamente ad esso, si andava protraendo in una espansione spaziale in modo adeguato e senza attriti di sorta.

Anche l'energia si era affacciata sulla scena della concreta esistenza e si era imposta come elemento costitutivo dell'universo non meno importante degli altri tre già menzionati. Se lo spazio era il ricetto della materia e il tempo ne registrava i cangiamenti, era la sola energia a favorire l'attivazione delle sue modificazioni. Essa si presentava come la forza prima e la spinta propulsiva dell'evoluzione infinita del cosmo, inteso quest'ultimo in senso sia generale che particolare. L'energia, sebbene si presentasse incorporea ed invisibile, faceva intravedere chiaramente quei segni, ora lievi ora marcati, che in continuazione imprimeva sulla materia. Essi, se si voleva approfondirli nella giusta considerazione, si configuravano come risultati a volte di azioni negative e altre volte di rigenerazioni positive. Per tale motivo si doveva parlare più di un quadrinomio, nel quale le componenti attive erano l'energia e la materia; mentre quelle passive risultavano lo spazio e il tempo. Nel cosmo le prime due si proponevano come contenuti; invece gli altri facevano da loro contenitori. L'energia incideva enormemente sia sull'espansione dell'universo sia sulla materia, che vi si andava creando in modo continuo e stupefacente; ma senza avere alcun potere sul tempo. Semmai era quest'ultimo a tenerla sotto il proprio controllo, allo scopo di registrarne una qualsiasi intraprendenza, fosse essa evolutiva od involutiva nel suo essere e divenire.

All'inizio quale era stato il rapporto esistente tra Kosmos e le diverse divinità, fossero esse provenienti da Luxan oppure da Tenebrun? Ossia, tali esseri di puro spirito come avevano vissuto la realtà cosmica, la quale si diversificava enormemente dalla loro? Per accedervi, essi avevano dovuto forse ricorrere a qualche espediente particolare per ambientarsi nella nuova realtà e per stabilizzarvi l'esplicazione del loro differente modo di esistere? In un certo senso, le cose erano andate proprio come è stato testé ipotizzato. Ma noi cerchiamo di comprendere qualcosa di più, a tale riguardo.

Sia le divinità di Luxan sia quelle di Tenebrun, costitutivamente parlando, erano rimaste identiche. L'essere vissute in due regni diametralmente opposti, quello della luce e quello delle tenebre, non aveva influito sulla loro essenza qualitativa, cioè sul loro modo di essere e di manifestarsi. Per cui esse erano andate incontro alle medesime difficoltà tanto nell'accedere a Kosmos quanto nell'acclimatarsi alla sua realtà. Né noi possiamo dispensarci dall'apprendere le cause principali che, per forza di cose, avevano reso difficoltosi alle divinità il loro passaggio al regno sensibile e il loro adattamento ad esso. In pari tempo, sarà nostra premura conoscere i rimedi ai quali le stesse erano ricorse, al fine di superarle. Prima d'impegnarci nella conoscenza di tali cause, però, ci risulterà utile approfondire pure la realtà di Tenebrun e il particolare modo in cui Kosmos vi si espandeva, nonostante la sua energica opposizione.

Come già ci siamo resi conto, alla sua origine il Regno delle Tenebre rappresentava la realtà del nulla. Il niente e il buio erano le sue due prerogative, in virtù delle quali esso poteva considerarsi esistente. Al pari del Regno della Luce, anche Tenebrun esisteva da sempre, però non come fine a sé stesso. La sua esistenza si opponeva al regno di Luxan, in termini sia di luce che di essenza. In effetti, si contrapponevano due realtà parallele di natura opposta, ognuna delle quali, volente o nolente, dava modo all'altra di essere esattamente sé stessa. Per la sua specifica qualità nulla, Tenebrun risultava il luogo perfettamente idoneo ad ospitare il concreto esistente, il quale era rappresentato da Kosmos; ma esso era privato della facoltà d'inglobarlo dentro di sé. Perciò la realtà cosmica, fin dal suo assetto primigenio, si presentava nettamente distinta da quella tenebrunese. Siccome non aveva alcun tipo di rapporto con la realtà positiva di Luxan, essa non lo aveva neppure con quella negativa del Regno delle Tenebre, perché tale realtà non aveva in comune con esse alcuna materia e alcuna energia.