119-KRONEL LIBERA I SURPES DAGLI ALIENI SELFIR

La diva era rimasta d'accordo con Krespus che nel pomeriggio del quinto giorno si sarebbero dovuti trovare di nuovo presso il lago, esattamente nello stesso posto in cui si erano incontrati in precedenza. Questa volta, però, com'ella aveva preteso, insieme con il Surpes ci sarebbe dovuto essere anche il suo capo Martuon. Perciò, quando vi si era ripresentata, entrambi la stavano già aspettando con largo anticipo e con un certo interesse. Essi avevano la convinzione che da Uldor avrebbero ottenuto l'aiuto, di cui necessitava il loro popolo. Ma perché tanta loro fiducia in Uldor? Eccone il motivo. Krespus, avendo visto come il forestiero si era congedato da lui nel loro primo incontro, si era lasciato prendere da un giustificato ottimismo. Inoltre, aveva suscitato pure nel suo capo una sviscerata stima nei confronti di chi aveva dichiarato di essere il viaggiatore dello spazio. Comunque, adesso il forestiero a ragion veduta rappresentava per loro due un vero prodigio.

Essendo il novilunio trascorso da un paio di giorni, adesso il lago aveva cessato di essere un monte di acqua ed aveva ripreso a mostrarsi il piatto specchio equoreo di sempre. In esso, in quella circostanza, allo stesso modo di allora, si riflettevano gli alberi che crescevano lungo la sua riva, il bel cielo azzurro e i vari tipi di uccelli, i quali lo riempivano dei loro voli e dei loro garriti chiassosi. La diva, da parte sua, che era ritornata ad essere il personaggio maschile da noi conosciuto, assumendone anche le identiche fattezze, con una sua comparsa istantanea si era presentata ai due Surpes che l'attendevano. Dopo averli stupiti con la sua maniera di presentarsi, si era rivolta ad entrambi, dicendo:

«Eccomi qua, Krespus, puntuale all'appuntamento che avevo preso con te alcuni giorni or sono! Ho ragione di credere che il tuo accompagnatore sia il tuo capo Martuon, non potendo essere una perdona diversa. Anzi, sono certo che si tratta proprio di lui!»

«Infatti, Uldor, è come hai giustamente pensato! Ma come non poteva essere così, se l'asserzione proveniva da te? Comunque, visto che c'è pure il mio capo, è giusto che adesso sia lui il tuo interlocutore ufficiale, mentre io mi faccio da parte, allo scopo di consentirvi di parlarvi meglio. Ti faccio soltanto presente che l'ho già messo al corrente di quanto ci siamo detti nel nostro precedente incontro. Per cui non ci sarà bisogno che vengano ripetute da te le stesse cose della volta scorsa! Adesso, quindi, potete anche rivolgervi la parola.»

«È giusto che sia così, esimio Uldor!» era intervenuto ad approvare il capo surpesino «Adesso che ci sono io a rappresentare il mio popolo, è più ragionevole che la discussione avvenga fra me e te e non fra te e Krespus. Perciò puoi cominciare a riferirmi cosa hai appreso sui tre misteriosi fenomeni che accadono sulle nostre terre. Soprattutto intendo essere informato se c'è la possibilità di porre termine alle stragi che conosci, le quali si consumano nelle notti di novilunio a danno della nostra popolazione anziana. Secondo ciò che ho appreso dal mio uomo qui presente, lo hai incoraggiato a sperare che da te ci si possa attendere la loro fine. Allora mi confermi che le sue confidenziali notizie non sono campate in aria, ma si basano su fatti concreti?»

«Ti attesto, Martuon, che Krespus ti ha riferito precisamente ciò che gli avevo lasciato intendere. Ma gli avevo anche detto che, prima di essere sicuro delle mie promesse, avrei dovuto verificare alcune cose che concernevano i tre strani fenomeni. Perciò dovevate aspettare la mia verifica, prima di ricevere da me una risposta definitiva.»

«Questo è anche vero, onorevole Uldor. Se non sbaglio, stavolta ci troviamo qui appunto perché tu ci dia tale risposta, in relazione ad un tuo eventuale aiuto alla nostra gente. Parte della quale, come sai, continua a morire di una morte orribile. Dunque, ti chiedo se esso ti sarà possibile, in un modo o in un altro. Per il bene del mio tribolato popolo, vorrei tanto che la tua risposta risultasse affermativa e non negativa!»

«Ebbene, puoi tranquillizzarti, Martuon! Dal prossimo novilunio, non morirà più nessun Surpes per mano degli alieni, i quali sono arrivati sul vostro pianeta da un altro mondo assai remoto. Essi sono autori anche dei tre arcani fenomeni, che seguitano ad aversi nelle vicinanze del vostro villaggio. Anche tali fenomeni cesseranno di manifestarsi a voi, dopo che li avrò eliminati! Vi prometto che ciò avverrà senza meno!»

«Non avrei mai immaginato, Uldor, che ci potessero essere degli uomini così disumani, da ridurre dei loro simili nella maniera che ti è stata riferita! Essi non dovrebbero assolutamente esistere in nessun angolo del mondo e in nessuna parte dell'universo, non essendo per niente degni di viverci! Non sei pure tu d'accordo con me?»

«Parli così, Martuon, perché non conosci niente di loro. Invece, se fossi a conoscenza della loro storia, come l'ho conosciuta io poco fa, sono sicuro che non ti esprimeresti sul loro conto, come stai facendo in questo momento! Al contrario di quanto hai testé affermato, essi meritano di esistere più di qualunque altro popolo. Ma purtroppo i Selfir, questo è il loro nome, sono in via di estinzione. Infatti, riescono a sopravvivere, grazie al sangue che prelevano dai corpi della tua gente. Per ironia della sorte, essi sono costretti a farlo contro la loro volontà, siccome la loro natura è fondamentalmente contraria ad arrecare anche il più piccolo graffio ad altri esseri pensanti, anche se di razza diversa!»

«Perché mai, Uldor, i Selfir avrebbero più diritto di altri popoli ad esistere, quando invece la loro esistenza si manifesta causa di morte di altre persone innocenti? Mi sembra un'assurdità ciò che affermi, se ci tieni a saperlo! Secondo me, non si possono accettare due cose che nello stesso tempo sono antitetiche fra loro. Chi uccide non deve essere giustificato nel modo più assoluto, anche quando il suo atto malvagio viene compiuto, allo scopo di procurarsi la propria sopravvivenza!»

«In un certo senso, Martuon, non hai tutti i torti a ragionare, come stai facendo. Difatti è proprio questo il motivo per cui ho sposato la vostra causa. Non dimenticare, però, che gli esseri animali riescono a sopravvivere, proprio ricorrendo a tale principio naturale. Ignori forse che esso si basa sulla catena alimentare, la quale garantisce la sopravvivenza a tante loro specie? Se poi consideri che lo stesso uomo si alimenta di una gran quantità di animali, pur potendo vivere con un'alimentazione vegetariana, sei costretto a ricrederti delle tue pretese, secondo le quali certe cose sono consentite ad alcuni esseri viventi, mentre ad altri sono vietate! Comunque, non è in base a simile principio che voglio prendere le difese dei Selfir. Se verso di loro non mi mostro particolarmente critico, è per un'altra ragione. Essi rappresentano un popolo che ha sempre aborrito le guerre e mai nessuno di loro è ricorso alla violenza nei confronti del proprio prossimo. Il motivo? Gli alieni in questione considerano entrambe le cose degli atti delittuosi che, essendo indegni di un essere fornito di una coscienza e di una ragione, sono da deprecare in ogni tempo.»

«Voglio sperare, Uldor, che tu non stia perorando la causa di esseri così ignobili, onde venir meno alle promesse fatte a noi, per averci ripensato all'ultimo momento! Ti ricordo che un tuo ripensamento non sarebbe una decisione né saggia né giusta, poiché con esso permetteresti a degli alieni assassini di continuare ad ammazzare ogni anno trecentosessanta dei nostri conterranei. Perciò ti invito a vagliare bene anche la nostra precaria situazione, viaggiatore dello spazio, prima di lasciarti impietosire da coloro che non meritano neppure un grammo della tua pietà! Allora mi sono spiegato?»

«Dimentichi, Martuon, che all'inizio della nostra conversazione già mi sono impegnato formalmente con voi che vi avrei liberati da coloro che rappresentano la causa delle vostre stragi mensili. Per cui avresti dovuto comprendere che il mio intervento a favore dei Selfir era soltanto un modo per farvi entrare nella loro logica. La quale, se approfondita nel dovuto rispetto, ossia senza preconcetti, ci spinge a convincerci di una verità. Ossia che la loro opera disumana non è da condannare a priori e totalmente, poiché essa almeno in parte deve essere compresa ed assolta da tutti noi. Dunque, capo dei Surpes, non ci sarà da parte mia alcun dietrofront, come hai ingiustamente sospettato. Vi garantisco che mi adopererò a oltranza, perché fra la tua gente cessino di esserci ogni mese le trenta vittime di persone anziane da loro prescelte. Ora sei soddisfatto, dopo quanto ho continuato ad affermarti a vostro favore?»

«Grazie, Uldor, di ciò che ti sei prefissato di fare per favorirci. Nel medesimo tempo, ti prego di scusarmi, per aver messo in dubbio la promessa che ci avevi fatta. Intanto ti anticipo che dopo il mio popolo te ne sarà riconoscente per l'eternità, poiché molti surpesini di età avanzata avranno finalmente la possibilità di diventare dei vecchi, con la bella prospettiva di godersi più a lungo la vivacità dei loro nipotini. Fino ad oggi, siccome gli è stata troncata la vita prematuramente, una buona parte di loro non ha potuto godere una siffatta gioia, per cui non ne hanno fruito neppure i figli dei loro figli, essendo stati privati dei loro nonni. A questo punto, se è lecito domandartelo, possiamo sapere quando entrerai in azione contro i carnefici di una parte del nostro popolo? Anche se prevedo presto, visto che ci hai garantito che dal prossimo novilunio in poi non ci saranno più mattanze tra le nostre persone anziane! Comunque, vorrei che tu fossi più preciso, in merito al tuo intervento contro i nostri carnefici!»

«Non ti basta, Martuon, avere la garanzia che, entro quel giorno, i Selfir cesseranno di esistere e non avranno più la possibilità di arrecarvi alcun male? Al posto tuo, non mi preoccuperei di tutto il resto. In merito alla tua domanda, non ho ancora stabilito quando agirò con l'intento di eliminare gli alieni, poiché innanzitutto dovrò decidere come distruggerli. Adesso devo lasciarvi, poiché ho bisogno di un po' di quiete. Inoltre, desidero ponderare meglio la situazione, prima di condurre a termine il gravoso compito che mi attende, anche se di esso avrei fatto volentieri a meno! Arrivederci a presto, cari Surpes!»


Preso congedo dai due Opirgosani, la diva Kronel si era ritirata nella caverna più vicina, avendo bisogno di meditare sulle iniziative da prendere a breve scadenza. Allora, stando in quel luogo solitario, nella sua mente avevano incominciato a turbinare la folla dei pensieri. I quali adesso si erano messi ad agitarsi in una grande confusione e in un tentennamento sovrano. Pur avvertendo la necessità di annientare lo sparuto numero di Selfir, nel suo intimo provava una certa riluttanza a farlo, come se lo considerasse moralmente ingiusto, non riscontrando nei poveretti alcuna colpa. Magari ella avesse potuto trovare una soluzione che le consentisse di salvare capra e cavoli! In quel caso, ne sarebbe stata molto contenta. Al contrario, suo malgrado, la soluzione si presentava veramente introvabile. Andando poi avanti in tali sue riflessioni e considerazioni, alla fine la diva, prima di buttarsi a capofitto nella distruzione dei pochi Geluziani superstiti, aveva reputato che sarebbe stato più equo e razionale contattare direttamente i Selfir. Per agire in quel modo, però, ella doveva prima cercare di parlamentare con loro, al fine di trovare una soluzione alla vertenza che essi avevano con i Surpes, evitando così di sacrificarli. Ammesso poi che i destinatari della sua opera di mera beneficenza glielo avrebbero consentito, mostrandosi bendisposti ad accogliere la sua conciliante mediazione, la quale andava esclusivamente a loro vantaggio! Così, dopo aver abbandonato il suo luogo di meditazione, la diva aveva assunto di nuovo le sembianze di Uldor e si era presentata all'imperatore dei Selfir in persona. Con la sua repentina apparizione, lo aveva stupefatto non poco. Ma una volta che l'intruso gli era apparso davanti, egli si era affrettato a domandargli:

«Mi dici chi sei, sconosciuto, e come hai fatto ad apparirmi davanti in un modo inusuale, che neanche io avrei saputo fare? Secondo me, non puoi essere un Surpes. Anzi, stento perfino a credere che tu sia un abitante di questo pianeta, considerato il grado di civiltà che vi è stato raggiunto fino ad oggi! Allora cosa mi rispondi in merito?»

«Hai ragione a pensarla così, imperatore Sorpuv! Io sono Uldor, l'eterno viaggiatore dello spazio. Mi rincresce fartelo presente, ma tu e i tuoi sudditi vi trovate nel posto sbagliato. Perciò dovete abbandonare immediatamente questo pianeta, se non volete pentirvene con vostra grande amarezza! Adesso che ho preso a cuore la vicenda dei derelitti Surpes, per voi è giunto il tempo di smetterla di farne strage ogni mese. Infatti, vi impedirò a qualsiasi costo di portare a termine lo sterminio previsto per il prossimo novilunio, per cui esso non ci sarà. In verità, sarebbe meglio che voi rinunciaste alla strage volontariamente e cercaste altrove un nuovo modo di sopravvivere al vostro virus persecutore. Allora qual è la tua risposta in merito alla mia proposta, se posso venirne a conoscenza? Spero proprio che essa sia saggia da parte tua, se non vuoi che il tuo morente popolo non si ritrovi ad affrontare dei guai peggiori di quelli che già avete!»

«Credi che ci facciamo intimidire da un essere umano come te, Uldor? La nostra civiltà ha raggiunto un grado così alto di perfezione, che nessun altro popolo nell'universo potrà mai incuterci timore! Tutte le altre popolazioni galattiche devono considerarsi fortunate, se in noi non ci sono mai stati progetti bellicosi ed ambizioni di potere nei loro confronti. Altrimenti le avremmo rese, dalla prima all'ultima, tutte sottomesse e rese nostre schiave!»

«Ciò che hai asserito, imperatore, è senz'altro vero; però è stato sufficiente un insignificante virus a porvi in ginocchio! Così, dai due miliardi di individui che eravate all'inizio, voi Selfir adesso vi siete ridotti a meno di quattro centinaia di entità immateriali. Anzi, per sopravvivere, vi state servendo di esseri umani, i quali sono ancora all'età della pietra. Il vostro progresso, da te tanto ingiustamente strombazzato, non è stato in grado di farvi dominare il futuro con una esistenza esente da rischi.»

«Mi dici come fai a conoscere tante cose sul nostro popolo, Uldor, quasi tu fossi uno della nostra razza? Se non ti costa molto, vuoi togliermi questa curiosità, per favore?»

«Come viaggiatore dello spazio, Sorpuv, in virtù delle migliori credenziali che mi sono state concesse dalle somme divinità, non potevo non essere a conoscenza della vostra storia passata e presente. Inoltre, potrei benissimo ridurvi alla ragione, qualora vi rifiutaste di seguire le mie buone raccomandazioni. Se non volete farvi del male con le vostre stesse mani, dunque, evitate di dubitare delle mie infinite possibilità in ogni campo, compreso quello delle armi, quando tra poco vi esorterò ad essermi ubbidienti, minacciandovi anche con le cattive, nel caso che voi saccentemente mi obbligaste a farlo!»

«Ma quali frottole vieni a propinarmi, Uldor! Esse sono una offesa alla mia intelligenza, se ci tieni a saperlo! Da un sacco di millenni, noi Selfir non crediamo che ci siano, oltre al nostro universo, delle entità divine appartenenti ad una realtà spirituale ed ultrasensibile. Per questo, se vuoi continuare il tuo colloquio con me, fai in modo che tale argomento non rientri più in esso. Penso di esserti stato chiaro!»

«Quindi, imperatore dei Selfir, tu e la tua gente non prendete in considerazione il fatto che possano esserci degli esseri soprannaturali che vivono in una dimensione ultracosmica, dove il tempo e la materia non significano nulla per loro. Invece ti affermo che essi non solo esistono, ma molti di loro si sono anche trasferiti nel vostro universo sensibile e temporale. Perciò non sarà il vostro cieco scetticismo a sfatare un fatto reale ed inoppugnabile, poiché nessuno potrà mai screditare la verità, quando essa è davvero autentica! Allora lo facciamo questo nostro accordo, che vi riuscirebbe molto utile?»

«Ti avevo detto, Uldor, che non ho intenzione di affrontare questo problema di carattere teologico, non credendo noi Geluziani a nessuna divinità! Comunque, pur prescindendo dal senso religioso, siamo fermamente convinti che in qualsiasi popolo dovrebbe albergare una coscienza morale, affinché essa gli faccia improntare la propria condotta ad una sentita rettitudine, nonché agli ideali di giustizia e di convivenza civile, abominando i delitti e le guerre! Quanto all'accordo da te proposto, ti riconfermo che puoi sognartelo, visto che soltanto nei sogni esso può considerarsi accettabile!»

«A quanto pare, Sorpuv, qualcuno potrebbe obiettarvi che voi predicate bene ma razzolate male! Non credi che il tuo popolo, dal momento in cui si è messo a fare una carneficina dei Surpes, sta calpestando di fatto gli ideali che propugnate e difendete solo a parole? E non venirmi a dire che ci siete costretti per necessità di sopravvivenza a perpetrare gli inumani eccidi tra la pacifica gente surpesina! Il vostro male vi è stato causato dal vostro progresso e non dai Surpes! Quindi, dovevate lasciarli fuori dai vostri problemi sommamente deleteri, dei quali voi stessi eravate gli unici responsabili, senza cercare di risolverli poi a spese di altri popoli. Non potevate essere all'oscuro che i poveretti non avevano alcuna colpa dei vostri sopravvenuti guai. I quali, essendo derivati unicamente dai vostri marchingegni scientifici, per vostra norma e regola, non avrebbero dovuto coinvolgere l'innocente popolo surpesino, massacrandolo così poco alla volta!»

«Non serve, Uldor, insistere sulla nostra moralità, visto che, a parer tuo, essa è divenuta equivoca, da quando siamo ricorsi alle mattanze dei Surpes. Ma queste hanno avuto come obiettivo la nostra sopravvivenza e non il soddisfacimento di una nostra sadica perversione. Perciò ritengo la nostra coscienza moralmente a posto, senza che l'abbiano insozzata i nostri disegni da te definiti degeneri. Per noi il valore della vita è sacro e resta tale. Esso va difeso in ogni modo, anche quando ci va di mezzo la vita del nostro prossimo. Come vedi, si tratta solo di un principio di autodifesa e non di ammazzamento dei nostri simili!»

«In un certo senso, Sorpuv, ho compreso il vostro operato e l'ho pure giustificato. Ma se ci mettiamo nei panni dei Surpes, non possiamo ragionare alla stessa maniera. Le trenta morti mensili, pagate dalla loro gente allo scopo di farvi sopravvivere, rappresentano un tributo di sangue inaccettabile, per cui continueranno a non accettarle di buon grado. Anzi, essendo convinti che esse gridano vendetta dal mondo dei morti, vorranno vendicarle senza meno, non appena ciò sarà loro possibile!»

«Ah, ah, Uldor! Questa sì che è bella! Mi dici come i Surpes potrebbero mai vendicarsi di noi, nella loro condizione di autentici trogloditi? Perciò facciano essi le loro rimostranze, le quali potranno dimostrarsi esclusivamente delle veraci abbaiate alla luna! Dovresti saperlo anche tu che le stesse potranno solamente risultare inutili, se ce le faranno! Questo è il motivo per cui rifiutiamo di fare il nostro accordo con loro!»

«Ammetto anch'io, Sorpuv, che i Surpes non potranno mai confrontarsi con voi e con la vostra civiltà. A mio avviso, però, ti è sfuggito un particolare importante, ossia che ora ci sono io a militare dalla loro parte. La qual cosa sicuramente vi creerà dei problemi molto seri ed insormontabili, se non vi decidete al più presto a rinunciare al sangue surpesino, sospendendo le vostre trasfusioni di sangue assassine!»

«Credi davvero, Uldor, di farci paura con quanto hai dichiarato poco fa, il cui contenuto mi è sembrato palesemente minatorio? Se questa è la tua ferma convinzione, allora devi essere un forsennato! Sappi invece che, siccome è sopra questo pianeta che abbiamo trovato il modo di neutralizzare il virus Trapixus e sopravvivere, ci resteremo e nessuno mai, te compreso, potrà forzarci ad agire in maniera diversa!»

«Vedo che siete intenzionati a non darmi retta e ad intraprendere, da veri incoscienti, la via del suicidio. Ebbene, ne terrò conto al momento opportuno. Da parte mia, ho fatto di tutto per farvi ragionare e salvarvi la vita; ma voi, essendo fermamente convinti che nessuno potrà mai opporsi al vostro strabiliante progresso scientifico e tecnologico, avete voluto sfidare il mio potere. Non posso dire che presto vi pentirete della vostra decisione, siccome il pentimento non può essere una prerogativa di coloro che sono morti!»

Pronunciate le sue ultime parole, che avevano avuto il sapore di una imminente minaccia, la diva Kronel si era accomiatata dall'imperatore dei Selfir, allo stesso modo che gli si era presentata prima. Perciò lo aveva ancora sbigottito; però la sua scomparsa improvvisa non lo aveva minimamente allarmato, essendo persuaso che lo straniero non disponeva di alcuna astronave. Se ne avesse posseduta qualcuna, le sue navi spaziali molto sofisticate l'avrebbero già intercettata da tempo, pur restandosene essa ad un milione di chilometri distante dal loro pianeta ospitante, il quale adesso era Opirgos. Sebbene fosse convinto che Uldor, il sedicente viaggiatore dello spazio, non disponesse del potere di cui si era vantato, l'autorevole Geluziano lo stesso aveva voluto guardarsi le spalle. Perciò aveva impartito ai comandanti delle dieci astronavi l'ordine di stare bene all'erta, al fine di difendersi in tempo reale da improvvise minacce provenienti dalle parti esterne del pianeta, qualora ce ne fossero state. Ma egli non poteva sapere che a nulla sarebbe valsa quella sua precauzione, di fronte al pericolo che stava per provenire al suo popolo morente da un'autentica divinità girovaga!

Avvenuto il suo congedo dal monarca geluziano, che ella non era riuscita a fare ragionare, la diva Kronel aveva fatto ritorno al suo antro di meditazione, dove si era data a cercare una diversa via di uscita, pur di evitare di condannare a morte i restanti Selfir infettati. Invece i suoi sforzi erano stati del tutto inutili, visto che non era stata in grado di trovarla. Allora, con grande rammarico, ci aveva rinunciato e si era preparata a concretizzare la minaccia fatta al riottoso capo degli alieni.

Dopo essersi levata in volo fino all'altezza di un paio di chilometri, la diva aveva iniziato a far partire dal suo indice destro una dozzina di raggi rossastri. I primi dieci avevano fatto esplodere, una dopo l'altra, la decina di astronavi selfirine che si trovavano nascoste nel sottosuolo, ad una profondità di trenta metri. Gli altri due segmenti di fuoco, invece, avevano raggiunto e distrutto le gallerie sotterranee di forma cilindrica che venivano adibite dagli alieni come vasi comunicanti nelle loro molteplici strutture di natura scientifico-tecnologica. Così, in pochi attimi, i trecentosessanta Selfir erano stati fatti sparire dal pianeta Opirgos, insieme con tutte le loro navi spaziali e le loro fantastiche opere sotterranee. Le quali erano state costruite da loro esclusivamente per dare effetto ai diversi fenomeni, di cui siamo venuti a conoscenza.

Le dieci esplosioni erano state udite anche dai Surpes nel loro villaggio. In un primo momento, essi si erano spaventati, ignorando da cosa esse fossero state causate. Ma poi il loro capo Martuon e il loro conterraneo Krespus, sicuri che esse fossero state opera di Uldor, per avere egli mantenuto la promessa fatta ad entrambi, si erano affrettati a liberarli dall'ansia e dall'incubo che si erano impossessati di loro. Inoltre, avevano dichiarato a tutti che, dal successivo novilunio in avanti, non ci sarebbero state più stragi nel loro villaggio. Ciò, perché i malvagi alieni, che le commettevano crudelmente a danno delle loro persone anziane, erano stati eliminati definitivamente dal prodigioso Uldor. Entrambi si erano mostrati orgogliosi, nel fare presente al loro popolo che essi lo avevano conosciuto di persona. Inoltre, dopo averlo dimostrato con i fatti, adesso lo consideravano un dio verace. Quelle splendide notizie avevano reso euforici la totalità dei Surpes. Anzi, essi all'istante avevano cominciato a festeggiare l'avvenimento, divenendo preda di un giubilo incontenibile. Ma l'euforia e la contentezza non potevano durare eterne nel popolo surpesino, il quale, dopo esserne divenuto pago al massimo, se ne era ritornato alle sue quotidiane occupazioni. Esse, com'era prevedibile, erano tante e bisognava svolgerle nell'arco di quella bellissima giornata, anche se la voglia di portarle a termine adesso era fiacca.

Da parte sua, la figlia dell'eccelso Kron, una volta riscattati i Surpes dalla loro sventura, aveva lasciato il pianeta Opirgos e si era mostrata pronta ad affrontare nuove avventure attraverso l'immenso spazio di Kosmos. Dalla cui gelida profondità, come al solito, andavano spuntando galassie a non finire, sempre cariche di scintillanti stelle. Spesso qualcuna di loro si presentava con un corteggio di vivaci pianeti e satelliti, i quali non smettevano di danzarle intorno con superba armonia.

Dando vigore alla sua nuova volata, la giovane dea si mostrava soddisfatta di aver restituito ad un popolo disgraziato quella felicità, di cui era stato defraudato da parte di alieni progrediti in cerca di esseri umani da vittimizzare, pur non facendo parte della loro natura quel loro comportamento brutale. Essi, solo per una questione di sopravvivenza, avevano ritenuto che fosse un loro inviolabile diritto infrangere quelli degli altri, senza dover rendere conto a nessuno del loro disumano operato. Anzi, non accettavano che nei loro confronti venissero emesse condanne e comminate pene esemplari, a causa di quei loro principi errati; ma che gli stessi consideravano assurdamente sacrosanti ed inalienabili!