118-LA DIVA KRONEL INDAGA SULL'EVOLUTO POPOLO DEI SELFIR

Gli evoluti esseri, i quali si erano trapiantati sul pianeta Opirgos trecento anni prima, costituivano i resti di un popolo giunto dallo spazio. Esso era rimasto quasi totalmente annientato dal suo stesso progresso scientifico e tecnologico, che si presentava molto avanzato. Si trattava del popolo dei Selfir, il quale aveva avuto come culla Geluz, un pianeta che orbitava intorno alla stella Lurek. Questa era situata nella galassia di Firan. Ma va fatto presente che, dei quattro corpi spenti che appartenevano al suo sistema stellare, esso era l'unico ad effettuarvi un'orbita che si presentava pressoché circolare. Per questo non esisteva, durante la sua rivoluzione, una sua distanza minima o massima dal corpo stellare intorno a cui orbitava. Ebbene, i Selfir, via via che erano trascorsi i secoli e i millenni, erano riusciti a progredirvi in maniera prodigiosa, per cui alla fine si erano ritrovati a gestire sul proprio pianeta una civiltà incredibile. Essa, però, a un certo punto era sfuggita al loro controllo e li aveva messi in difficoltà così grosse, da non riuscire più a far fronte ad ognuna di loro. Divenuti infine sue vittime, tra i Selfir erano cominciati ad esserci milioni di morti ogni anno, senza che gli stessi fossero stati in grado di trovarvi un rimedio efficace e risolutore. Per ovvie ragioni, ci conviene procedere con ordine nell'apprendere ciò che li riguardava da vicino. Soltanto così eviteremo di avere su tale popolo delle informazioni inappropriate, ossia prive di una organizzazione logica e scientifica.

Diversamente dai popoli esistenti sugli altri pianeti, i Selfir non avevano mai conosciuto le guerre, per cui ignoravano completamente che cosa significasse bagnare il patrio suolo con il sangue dei propri fratelli. Inoltre, in nessun modo concepivano il delitto, specialmente se efferato; anzi, non arrivavano ad una tale aberrazione mentale neppure con l'immaginazione. Ciò stava a significare che mai nessun Selfir era andato incontro a morte violenta, in quanto assassinato dal proprio simile. Anzi, l'assenza tra di loro delle guerre e degli omicidi comprovava una sola cosa: nella loro filosofia della vita, non era mai attecchita la cultura dell'odio, dell'invidia, della lite e di quant'altro avesse potuto condurli a feroci fatti di sangue. Eppure era stato sempre così presso il popolo selfirino, sebbene un fatto del genere possa sembrare molto strano, logicamente dal nostro punto di vista, il quale è da esseri umani figli di una distorta civiltà. Infatti, noi siamo abituati a convivere con le guerre; come pure ogni giorno siamo bersagliati da tanti e diversi delitti cruenti!

Anche se Geluz aveva una superficie quadrupla di quella del nostro pianeta, risultando il suo raggio doppio di quello terrestre, facilmente qualcuno potrebbe pervenire alla seguente considerazione: con quel loro modello di vita, ossia del tutto esente da guerre e da assassini, i Selfir di sicuro avevano impiegato poco tempo a popolare il loro pianeta in modo eccessivo. In conseguenza di ciò, essi si erano ritrovati assai presto a fare i conti con il problema del sovraffollamento. Invece presso di loro le cose non erano andate affatto in quel modo per due motivi: primo, la gestazione delle femmine selfirine aveva una durata doppia di quella delle nostre donne; secondo, una Selfir poteva partorire solo una volta nell'arco della sua esistenza, perché era quella la sua natura. Con il parto, ella abitualmente metteva al mondo una coppia di gemelli di sesso differente. Invece, quando veniva alla luce un solo bambino, maschio o femmina che fosse, il neonato veniva ucciso, subito dopo essere nato. Non si conoscevano bene le ragioni di tale loro comportamento; però i Selfir avevano notato che, quando un bambino nasceva unico, egli diventava adulto con gravi disturbi schizofrenici. Allora era meglio sopprimerlo da piccolo per non fargli raggiungere la maggiore età; altrimenti egli sarebbe risultato un grosso problema per la collettività.

In verità, erano destinati alla medesima sorte pure i neonati che, alla loro nascita, presentavano delle menomazioni fisiche di vario tipo, volendo i Selfir evitare che anch'essi in seguito divenissero un peso inutile per i propri simili. Non bastando ciò, proprio come succedeva a tutti gli altri Materiadi di Kosmos, neppure gli abitanti di Geluz erano stati immuni da malattie, le quali provocavano tra di loro mali di ogni genere. I cui postumi, quando non si rivelavano mortali, facevano decidere a chi di dovere se un malato guarito dovesse continuare a vivere oppure no. Infatti, quando qualcuno di loro sopravviveva ad un terribile morbo, se la sua integrità fisica ne risultava gravemente compromessa, fino a farlo diventare un invalido, gli veniva precluso ogni diritto all'esistenza, evitandogli di restare in vita.

Dopo aver raggiunto un elevato grado di civiltà, i Selfir avevano voluto affrontare il problema delle malattie, cercando di sconfiggerle a qualsiasi costo. Alla fine, però, si erano resi conto che, finché la loro essenza psichica e spirituale fosse rimasta in un corpo materiale, le malattie avrebbero continuato a minacciarlo, congiuntamente alla sua psiche e al suo spirito. Perciò ad ogni costo occorreva privarsi di esso al più presto possibile e divenire così un autentico androide. Il quale alla fine sarebbe dovuto risultare un concentrato di energie, senza più dipendere da un organismo che biologicamente era incline a trasformarsi in un vivaio di germi patogeni. Ma gli studi e le ricerche, per conseguire l'obiettivo che i Selfir si erano prefissati, avevano avuto una durata di un millennio; riuscendo alla fine ad ottenere i risultati sperati.

Avendo procurato alla loro psiche e al loro spirito il nuovo contenitore esistenziale, il quale adesso era costituito da sole energie, in seguito gli abitanti di Geluz avevano cominciato a vivere una esistenza completamente diversa. Difatti erano tantissime le cose naturali che non erano più costretti a fare, come: l'alimentazione, il bere, la respirazione e il soddisfacimento dei vari bisogni fisiologici. Mentre la pratica del sesso, anche se in maniera differente, per i Selfir era continuata ad esserci; però era scomparsa in loro per sempre la procreazione. Comunque, l'atto procreativo non aveva più alcun significato nella loro nuova forma di esistenza, poiché adesso il modello di essere esistente che essi si erano creato, non essendo soggetto all'usura del tempo, si dimostrava praticamente non soggetto a malattie, ossia immortale. Se tali erano i fatti, giustamente siamo indotti a domandarci se la popolazione dei Selfir, dopo la loro trasformazione in esseri energetici, era composta da soli individui adulti oppure continuavano ad esserci in essa i bambini, i giovani e i vecchi. Ebbene, a tale riguardo si era stabilito che i Geluziani, dopo la loro mutazione genetica, sarebbero dovuti risultare della stessa età, cioè avrebbero dovuto avere tutti trentacinque anni, avendo considerata tale età la migliore in assoluto.

Per questo, in ottemperanza a tale decisione rigorosa, era stato permesso ai soli Selfir trentacinquenni di trasformarsi in concentrati energetici. Invece si erano fatti morire di morte naturale, all'interno del loro corpo, coloro che superavano l'età stabilita. Quanto a quelli che avevano un'età inferiore, si era atteso che essi compissero i trentacinque anni, prima di affidarli alle macchine trasformatrici e di farli divenire degli esseri incorporei, con le nuove caratteristiche esistenziali. In verità, non si poteva asserire che il composto energetico dei Selfir non aveva più bisogno di niente per protrarre la loro esistenza all'infinito nel tempo. Esso, invece, non avendo la perfezione assoluta, andava incontro ad un lento depauperamento. Per il quale motivo, ogni anno veniva rigenerato per ritornare ad essere efficiente in ogni aspetto dell'esistenza. Allora ciascun Selfir riusciva ad ottenere la propria rigenerazione, esponendo la sua sagoma alla luce di una grossa parabola, il cui nome era rigener, dalla quale si sprigionavano le energie atte a fargli acquistare di nuovo l'integrità originaria. Essa veniva accesa oppure spenta come una normale nostra lampadina. Ma va chiarito che sia la sua accensione che il suo spegnimento erano effettuati con la sola forza di volontà, non potendosi farlo in una diversa maniera. Inoltre, va fatto presente che i Selfir, prima ancora di spogliarsi della propria corporeità, avevano sviluppato in loro il fenomeno della telecinesi, per cui erano in grado di spostare oggetti a distanza con la sola forza del pensiero. In merito al loro peso e alla loro distanza, essi dipendevano dal grado di efficienza che un Selfir possedeva in quel momento. Più egli risultava carico, per aver fatto il pieno di energie da poco; più poteva aumentare la distanza e il peso degli oggetti verso cui si trovava ad esprimersi la sua facoltà telecinetica. Un fatto del genere stava ad indicare che la loro efficienza telecinetica, come lo erano le loro restanti facoltà, si andava via via consumando quanto più essa si avvicinava al tempo previsto per la sua riattivazione. Insomma, si poteva affermare che le energie di un Selfir si sarebbero esaurite totalmente, procurandogli quindi la morte, soltanto se egli volontariamente non si fosse più sottoposto alla rigenerazione per un intero decennio.

In relazione alla loro forma di governo, i Geluziani, attraverso i millenni, ne avevano sperimentate parecchie; però l'ultima, ossia quella che si trovavano ad adottare prima del loro trasferimento su Opirgos, era una monarchia assoluta retta da un imperatore, il quale ne era il sovrano assoluto. Quindi, nessun dispotismo proveniva al popolo da parte di chi si trovava al vertice di essa. Costui, da parte sua, preferiva governarlo non con autoritarismo, ma con grande saggezza. Soprattutto si dava ad amministrarlo, rivolgendo la sua massima attenzione ai problemi e alle esigenze del suo popolo. Per concludere, va chiarito che sopra Geluz non esistevano le carceri, per cui quelli che trasgredivano le leggi oppure violavano le norme vigenti andavano incontro ad una delle due punizioni esistenti, a seconda se la loro trasgressione fosse risultata grave oppure lieve. In base alla prima punizione, che veniva applicata in caso di mancanza gravissima, i colpevoli venivano condannati alla disattivazione perpetua, con la quale li si faceva cessare di esistere. In base alla seconda punizione, invece, ai trasgressori veniva inflitta la deportazione transitoria oppure a vita sopra gli altri tre pianeti, i quali si trovavano ugualmente ad orbitare intorno alla loro stella Lurek.


Ricorreva il millenario della loro trasformazione in esseri energetici, allorquando i civilissimi Selfir si erano trovati di fronte ad un'amara realtà: il loro organismo, com'era stato programmato, aveva iniziato a dimostrarsi non più perfetto come prima. Per cui tutti gli sforzi, che erano stati da loro compiuti per liberarsi delle malattie, alla fine erano risultati vani, dal momento che qualcosa di assai deleterio si era dato a pregiudicarli in modo sistematico. Nel loro nuovo organismo, infatti, si era andato annidando un particolare virus, il quale era capace di disattivarlo a macchie di leopardo, fino a condurlo alla distruzione totale. In un Selfir, quest'ultima si aveva, quando le diverse sezioni disattivate, a un certo momento, si aggregavano e finivano per occupare l'intero suo organismo, facendolo alla fine esplodere e sparire nel nulla.

Allora i ricercatori selfirini, ai primi casi di quella strana pestilenza scoppiata sul loro pianeta Geluz, la quale si andava diffondendo tra la loro gente con ritmo esponenziale, non sapendo spiegarsela in alcun modo, si diedero a scoprirne le cause. Impegnandosi in studi e ricerche a trecentosessanta gradi, intanto che la popolazione geluziana continuava ad essere decimata dall'ignoto morbo, alla fine essi si erano resi conto che il responsabile della loro rovina era il virus Trapixus. Il quale, dopo essersi autogenerato in qualche apparato adibito alla produzione delle energie che li facevano esistere, era entrato poi a far parte dell'organismo energetico di un Selfir. Nel quale, in seguito, aveva iniziato ad intessere in forma massiva la sua trama degenerativa e distruttiva. In riferimento al virus, il microscopico essere aveva un periodo di incubazione di tre mesi; dopo esso passava alla fase virulenta, la quale si concludeva entro un anno e mezzo dal suo inizio. Al termine di tale fase, l'organismo ospitante si trasformava in un concentrato energetico. Il quale era pronto ad esplodere, alla minima emozione. Tra l'altro, gli scienziati geluziani avevano preso atto che il famigerato virus era indistruttibile, almeno fino a quando il loro organismo fosse rimasto quello che era, ossia un prodotto di pura energia. Inoltre, esso, dopo il suo primo ingresso in un Selfir, avvenuto probabilmente attraverso un generatore di energie, aveva trovato un nuovo modo di entrare nell'organismo di un individuo dello stesso tipo, cioè mediante il contagio. Per aversi il quale, bastava che due Selfir si trovassero ad una distanza minore di tre metri.

A tale riguardo, qualche scienziato ricercatore aveva avanzato anche una propria teoria, secondo cui il virus poteva essere debellato nel loro organismo, solamente se quest'ultimo, mediante opportune manovre, fosse stato sottoposto ad un centinaio di trasfusioni di sangue umano. Ma non essendoci un simile liquido ricco di ossigeno sul loro pianeta, la ventilata teoria risultava nulla, cioè come se non fosse stata mai avanzata. Nel frattempo, a causa del virus che veicolava la mortale pestilenza da un individuo all'altro molto celermente, la popolazione geluziana si ammalava, soffriva e crepava, dando luogo infine ad una modesta esplosione. Con la sua morte, naturalmente, periva anche lo stesso responsabile che gliel'aveva provocata. All'inizio, le morti tra i Selfir si erano contate a decine; ma poi esse si erano avute prima a centinaia, poi a migliaia e infine a milioni. Per cui gli abitanti di Geluz, i quali erano due miliardi quando il virus non era ancora comparso, in seguito a mano a mano erano diventati un numero sempre meno cospicuo. In ogni parte del pianeta, infatti, essi si andavano spegnendo e scomparivano a macchia d'olio, poiché la falce della morte si abbatteva su di loro inflessibile ed annientatrice. Quando avveniva la sua comparsa, si assisteva a dei piccoli lampi scoppiettanti, i quali, dopo essersi espressi con un tenue bagliore, si perdevano in un nulla inconsistente. Per la verità, le vittime del virus Trapixus non morivano, senza prima aver sofferto considerevolmente. La sua opera aggressiva e distruttrice non si aveva in loro in modo silente e priva di una sintomatologia dolorosa. In questo caso, gli affetti dal virus avrebbero subito unicamente l'effetto traumatico finale del lampo, il quale annientava la loro essenza esistente e pensante. Invece, già dal primo insediamento del virus nel Selfir ospitante, meno nella sua fase di incubazione, esso si dava a suppliziarlo con un'atrocità sempre più intollerabile. Il suo concentrato di energie veniva ridotto sempre di più in un inferno di spasimi e di dolori, i quali si irradiavano in ogni sua parte penetranti e lancinanti. Così facendo, trasformavano l'esistenza del malato in un qualcosa di terribilmente straziante, senza dargli più neppure un attimo di serenità.

Quando i Geluziani erano diventati meno della metà del loro numero iniziale, si era cominciato a prendere in seria considerazione la teoria avanzata dallo scienziato Klupper. Secondo la quale, il virus poteva essere sconfitto in loro solo con le trasfusioni di sangue umano. Perciò, se non si voleva fare estinguere la razza selfirina, almeno una parte di essa doveva trasferirsi sopra un pianeta abitato da esseri umani, prima che fosse troppo tardi. Sopra il quale avrebbero poi dovuto dare immediatamente avvio alle trasfusioni salvavita. Allora erano state allestite dieci grandi astronavi, su ciascuna delle quali avevano preso posto mille Selfir, compreso il personale di bordo. Intrapresa la navigazione spaziale, essi si erano messi alla ricerca di un pianeta che fosse popolato da esseri umani, allo scopo di poterli usare in seguito a propria salvezza. Ma solo dopo un viaggio considerevolmente lungo, durante il quale si era continuato a morire sulle loro astronavi, la qual cosa aveva fatto assottigliare decisamente il loro numero, i Selfir erano approdati sul pianeta Opirgos. Essi non avevano lasciato le loro navi spaziali in superficie, poiché le avevano fatte sprofondare nel sottosuolo, trasformandole in efficienti laboratori. Per cui nessun Opirgosiano si era potuto accorgere della loro presenza sotterranea, non potendo esse venire avvistate in alcun modo. Va chiarito che, quando era avvenuto il loro approdo sul suolo di Opirgos, i Geluziani non superavano il numero di mille unità; inoltre, tutti risultavano affetti dal morbo letale, il quale li andava mietendo e distruggendo poco alla volta. Allora essi, servendosi dei loro laboratori sofisticati, subito si erano dati a costruire le opere che prima la diva già aveva appreso dal surpesino Krespus. Circa la necessità della loro costruzione, principalmente a loro interessava quella del lago trasformato in un rilievo acquoso. Ma all'inizio delle loro trasfusioni a scapito del popolo surpesino, il loro numero si era ridotto a trecentosessanta unità.

I Selfir avevano ritenuto che, per far fronte al virus che continuava a sopprimerli, bastava sottoporsi ad una sola trasfusione di sangue all'anno. Essa, però, doveva essere effettuata nel tempo giusto, ossia durante la notte di novilunio. Inoltre, nei tre giorni precedenti la luna nuova, occorreva che i loro concentrati energetici restassero immersi nell'acqua lacustre circondata interamente dall'aria ed addizionata con speciali sostanze medicamentose da loro stessi preparate. Così facendo, avrebbero reso la loro trasfusione più efficace e meno problematica. I Selfir avevano perfino stabilito quanti di loro dovevano sottoporsi alla preziosa trasfusione in ogni novilunio, perché tutti durante l'anno ne fruissero. Infatti, secondo i loro calcoli, sarebbe stato sufficiente un numero di trenta unità per volta. Essi avevano anche calendarizzato i vari gruppi che si sarebbero dovuti avvicendare durante l'anno, affinché nessuno di loro ne restasse fuori per qualche errore aritmetico o per pura sbadataggine di qualcuno.

Quanto alla maniera di prelevare il liquido ematico dai corpi dei poveri Surpes, gli alieni avevano prodotto uno speciale apparecchio, detto prelevot. Esso consisteva in una specie di mantello lungo due metri. La sua particolarità stava nel fatto che, tanto la sua superficie interna quanto quella esterna, si presentavano ricoperte da aculei, a mo' di riccio. I quali erano identici all'esterno e all'interno dell'indumento. Il prelevamento del sangue dal corpo del Surpes avveniva in questo modo. Il Selfir prima anestetizzava la sua vittima, provocandogli la totale perdita della sensibilità, e poi lo avvolgeva con il suo prelevot, pressandoglielo sul corpo e facendo penetrare dentro di esso tutti i suoi aculei, i quali erano simili a dei sottili aghi. Dopo, senza perdere tempo, egli si metteva disteso sul mantello, perché anche nel suo organismo energetico affondassero gli aculei dello strumento, attivando la programmata trasfusione e la lenta estinzione del narcotizzato Surpes. Costui, una volta reso del tutto esangue, moriva e prendeva automaticamente le sembianze proprio di un corpo mummificato per essiccamento. A dire la verità, le trasfusioni avevano cominciato a dare i loro frutti, arrestando l'evoluzione del virus Trapixus e mantenendo in vita il resto degli alieni superstiti. L'esito positivo, il quale era stato perseguito con l'applicazione della teoria dello scienziato Klupper, aveva incoraggiato i Selfir a continuare per quella strada. Essa si mostrava a loro vantaggio, ma a detrimento della sventurata popolazione surpesina. La quale era costretta ad accollarsi la carneficina mensile; né si intravedeva per loro un modo diverso per liberarsene.

Dopo aver conosciuto ogni cosa riguardante il passato dei Selfir, che l'aveva sommamente sbalordita, la divina Kronel se n'era ritornata nel presente. Ella, infatti, doveva incontrare di nuovo il surpesino Krespus e il suo capo, per ragguagliarli su ciò che era riuscita ad apprendere sui misteriosi fenomeni che decimavano, mese dopo mese, il loro popolo.