115°-TIO UCCIDE IRBITOS E SGOMINA LA BANDA DI ZORUS

Dopo essere trascorsi i primi due giorni, anche il terzo stava volgendo al termine, da quando il capocarovana si era allontanato dal campo dei carovanieri, senza né rientrarvi né farvi giungere sue notizie. Allora, essendo preoccupato per il suo considerevole ritardo, il mercante Aiburno, mentre cenava nella propria tenda insieme con la figlia e il suo giovane fidanzato, a un tratto aveva esclamato piuttosto preoccupato:

«Neanche quest'oggi Irbitos si è rifatto vivo! Vorrei proprio sapere dove si sarà cacciato, per tardare così tanto a ritornare alla nostra carovana! Mi auguro che non gli sia accaduto alcunché di male e che neppure gli sia capitato di imbattersi nella banda di Zorus! Secondo alcune recenti voci, essa è stata segnalata in queste contrade. Perciò, domani all'alba, se Irbitos non si sarà rifatto ancora vivo, darò l'ordine ai miei uomini di levare il campo e di riprendere il cammino verso Dorinda. Anzi, questa sera stessa dirò a Proco, che è l'attuale suo vice, di sostituirlo nell'incarico già da domani mattina, se egli continuerà a restare lontano dai suoi uomini per l'intera nottata. Così la persona danneggiata sarà esclusivamente lui, dal momento che nessun altro mercante sarà disposto a remunerarlo con una paga uguale e quella che riceve da me!»

Fatte le sue considerazioni sul capocarovana Irbitos, egli aveva voluto consultarsi con il suo futuro genero in merito alla vicenda. Così, rivolgendosi a lui, gli aveva domandato:

«Tio, amico mio e fidanzato della mia diletta unigenita, in riferimento al tuo rivale in amore, che temporeggia a rifarsi vivo nel nostro campo, cosa mi suggerisci di fare? Devi sapere che ci tengo ad avere il tuo consiglio sulla strana vicenda del capocarovana, poiché confido nella tua saggezza! Allora mi dici come devo comportarmi?»

«Vuoi proprio che io mi esprima a tale riguardo, Aiburno? Ebbene, ti invito a fare effettuare dai tuoi uomini un’accurata vigilanza nel nostro campo, se non vuoi attenderti dall'esterno delle sorprese indesiderate. Al posto tuo, al fine di sentirmi più tranquillo, darei ordine al capocarovana sostituto di disporla già da questa notte! Ti sono stato chiaro?»

«Non capisco, genero mio, ciò che vorresti insinuare, con il tuo avvertimento. Ma ammesso che io lo abbia inteso bene, ti faccio presente che esso denota un allarmismo esagerato ed ingiustificato. Allora, se non ti dispiace, vuoi riferirmi cosa dovrei temere e da parte di chi? Sono proprio curioso di venirne a conoscenza!»

«Sono convinto, Aiburno, che hai compreso benissimo il senso delle mie parole! Completando poi il mio pensiero, a mio parere, tu faresti meglio a non fidarti più di un uomo viscido e vendicativo, qual è appunto il tuo uomo Irbitos! Oppure non hai mai immaginato che egli potesse essere come io te lo sto dipingendo questa sera?»

«Invece, Tio, mi rifiuto categoricamente di pensare che il mio dipendente possa all'improvviso essere spinto a tradirmi, dopo dieci anni che ha lavorato alle mie dipendenze come capocarovana, venendone sempre rimunerato profumatamente! Inoltre, durante tali anni, l'ho sempre trattato con i guanti bianchi. Oserei dire come se fosse stato un figlio per me! Per questo motivo, giammai potrei attendermi da lui un tradimento, che non merito! Ecco come la penso, riferendomi ad Irbitos!»

«L'invidia e la gelosia, generoso Aiburno, possono aizzare l'uomo a commettere i più terribili misfatti. Esse riescono facilmente a travolgere la mente umana, trascinandola verso il concepimento e l'attuazione dei peggiori delitti. Spingono perfino un uomo ad odiare il proprio fratello. Quindi, se non vogliamo avere delle brutte sorprese, che a mio parere ci saranno molto presto, ti rinnovo l'invito a rafforzare la vigilanza già da questa notte, senza abbassare la guardia. Ricòrdati quello che ti dico: non bisogna fidarsi troppo degli altri e la cautela non va mai trascurata! A dirla con il proverbio, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!»

«Siccome mi hai convinto, Tio, voglio darti ascolto. Dunque, farò ciò che mi suggerisci. Tra poco contatterò Proco e lo inviterò a prendere tutte le precauzioni possibili, facendo predisporre nel campo una sorveglianza di allarme rosso! Per la nostra salvezza, spero che tu ti stia sbagliando sul conto di Irbitos, che non riesco a considerare un traditore!»

Dopo essersi espresso sull'argomento, il mercante Aiburno aveva lasciato soli i due giovani ed era uscito dalla tenda. Egli era andato in cerca di chi aveva le funzioni di vicecapocarovana, volendo conferirgli l’incarico di capocarovana ed ordinargli di tenere gli uomini in stato di allerta durante l’intera nottata con la massima vigilanza notturna.

Nel campo la notte era trascorsa regolarmente serena; ma non si era potuto dire altrettanto dei primi chiarori del mattino seguente. Essi si erano presentati tutt'altro che tranquilli, cioè con la brutta prospettiva di un assalto in vista, da parte di una banda di predoni. Difatti, all'alba, delle grida di allarme erano dilagate per il campo ed avevano svegliato coloro che facevano parte della carovana. Contemporaneamente, Proco era corso difilato dal suo padrone per metterlo al corrente che numerosi predoni venivano avanti verso il loro campo, spediti e determinati.

Quando poi era venuto fuori dalla sua tenda, il ricco mercante aveva scorto in prima fila il suo ex capocarovana Irbitos, il quale avanzava insieme con quello che doveva essere il capo della banda. Allora, parlando da solo, aveva constatato: "Tio non si sbagliava affatto: è un giovane dalle doti eccezionali! Ma egli non può e non deve morire insieme con degli ignoranti come noi! Perciò gli permetterò di sopravvivere. Farò scappare lui e la mia Luta con Cun e Ran, i quali sono i due cavalli più veloci della mia scuderia. Così vedremo se i predoni riusciranno a raggiungerli e ad acciuffarli!" Subito dopo se ne era ritornato nella sua tenda per svegliare la figlia. La quale, non avendo sentito l'allarme, se ne restava ancora immersa in un sonno profondo. Magari ella stava anche facendo un sogno meraviglioso e le rincresceva di aprire gli occhi. Allora il padre, scuotendola energicamente, le aveva gridato:

«Svégliati, figlia mia! I predoni si preparano ad assaltare la nostra carovana! È stato Irbitos a condurli contro di noi, come aveva previsto il tuo prodigioso ragazzo. Ma io vi voglio salvi entrambi. Perciò corri subito nella scuderia a sellare i nostri cavalli Cun e Ran. Con tali bestie riuscirete sicuramente a mettervi in salvo. Dovete far presto, però, se non volete farvi sorprendere dai predoni. Oramai, Luta, non c'è più tempo da perdere e dovete svignarvela alla svelta! Su, corri subito da Tio e allontanatevi insieme dal nostro campo!»

Qualche istante più tardi, i predoni potevano essere già avvistati ad un centinaio di metri dalla carovana, mentre avanzavano rapidamente. Essi, assetati di sangue come apparivano, fulmineamente si erano dati ad assaltarla con violenza inusitata. Da parte sua, Irbitos, intanto che si lanciava con foga vendicativa all'assalto della carovana del suo ex padrone, aveva rammentato al capo dei predoni:

«Allora siamo d'accordo, Zorus: mentre il copioso e pregiato bottino del ricco mercante sarà totalmente tuo, la sua graziosa figliola dovrà essere tutta mia! Ricòrdati che me lo hai promesso ieri sera, prima di coricarci! Non vorrei che tu, all'ultimo momento, ci ripensassi e venissi così meno alla parola che mi hai data! Intesi?»

«Non preoccuparti, Irbitos, perché Zorus mantiene ogni volta le promesse fatte ai suoi veri amici, i quali sono solo quelli che gli propongono degli ottimi affari! Sappi che non è mia abitudine rimangiarmele, poiché sono un uomo fatto tutto d'un pezzo!»

Nel frattempo Luta si era già introdotta nella tenda di Tio, dove aveva trovato il giovane, il quale se la dormiva beatamente. Anch'egli non aveva udito alcun allarme, proprio come era capitato a lei, siccome la sera precedente essi si erano intrattenuti insieme più a lungo del solito, andando a letto a tarda ora. La ragazza, dunque, scrollando ripetutamente il fidanzato e chiamandolo per nome, gli aveva gridato forte:

«Pensa a svegliarti, Tio, perché veniamo assaliti dai predoni di Zorus! Bisogna scappare speditamente, se vogliamo salvarci! Mio padre ha messo a nostra disposizione i cavalli più veloci della sua scuderia, poiché, se le cose dovessero andare storte, egli vuole che almeno noi due ci salviamo con la fuga! Quanto a lui, con gli uomini della carovana, cercherà di opporre una valida resistenza ai predoni che ci assaltano. A ogni modo, egli è convinto che non sarà possibile farcela contro la numerosa banda del massacratore Zorus. Sappi, inoltre, che è stato Irbitos ad istigarlo contro la nostra carovana, dopo averci traditi, con l'intento di riuscire ad avermi tutta per lui e di possedermi! Invece io, se dovessi finire nelle sue luride mani, piuttosto mi suiciderei. Ti assicuro che mai gli permetterei di sfiorarmi neppure con un solo dito! Perciò, se vuoi che questo non avvenga, devi essere un fulmine ad alzarti dal letto e a raggiungere i cavalli insieme con me. Essi, che si trovano fuori la nostra tenda, sono stati già bardati da me accuratamente! Quindi, fai presto ad alzarti e a scappare via con me dal nostro campo!»

Le parole della ragazza non avevano prodotto neanche il minimo spavento nell'animo di Tio, il quale in quel momento badava soltanto a sbadigliare. Al contrario, avevano acceso sul suo volto un sorriso raggiante. Esse gli avevano recato una notizia meravigliosa, che stava aspettando con ansia da chissà quanto tempo e che oggi finalmente era giunta inattesa. Alla fine, il giovane, conservando la sua imperturbabile calma e facendo stupire la sua ragazza, con gioia le aveva risposto:

«Grazie, mia dolce Luta, per avermi destato e per avermi recato una così stupenda nuova! Tu non puoi immaginare da quanto tempo ero in attesa di questo momento particolarmente importante per me! L’ho desiderato da tantissimi anni, visto che esso mi darà modo di cominciare a vendicare i miei genitori. Perciò rammenta ciò che ti dico adesso: ogni volta che ucciderò un gruppo di predoni, avrò compiuto una parte della mia vendetta senza fine. Quella perversa razza avrà sempre un conto in sospeso con me, fino a quando non sarà estirpata alla radice. Vedrai che già stamani li costringerò a saldarmene una buona parte! Quindi, non illuderti che io fugga con te davanti a loro, proprio alla prima occasione che mi si presenta sopra un piatto d'argento! Dopo che sarò uscito, tu restatene nascosta qui dentro e non mettere piede fuori dalla tenda per nessuna ragione. Farò vedere io a quei malandrini malvagi cosa vuol dire vivere, violando le sacre leggi del bene e della giustizia!»

In quell'istante, Irbitos era comparso nella tenda di Tio. Tenendo la spada sguainata, egli faceva sprizzare dall’espressione del volto un odio feroce e bramoso di vendicarsi. Con esso, perciò, egli già minacciava di morte il giovane, il quale, dal canto suo, restava completamente impassibile alla sua minaccia. Infine, rivòltosi a colui che gli aveva infranto i sogni d'amore, il ribaldo si era dato ad esclamare:

«Eccoti scovato, mio bravo chiacchierone! Da questo momento, però, non potrai più fare alcun uso di quella tua maledetta lingua! Inoltre, non potrai più incantare con essa delle giovani fanciulle inesperte! La mia spada tra breve te la farà tacere per sempre; anzi, toglierà di mezzo l'intera tua persona! Adesso passo a mantenere la mia promessa!»

Dopo essersi espresso in quella maniera diabolica, Irbitos si era scagliato con impeto contro il giovane sbadigliante. Oramai egli aveva stabilito di infilzargli a morte il cuore e di fulminarlo con un solo colpo della sua tagliente arma. Nello stesso istante, l'atterrita Luta aveva emesso un grido di spavento, temendo il peggio; però Tio aveva abilmente schivato la punta della spada dell'avversario. Un attimo dopo, invece, con una stretta formidabile, aveva immobilizzato al suo assalitore il braccio che reggeva l'arma bianca. In seguito, con un movimento lento ma persistente, aveva diretto il filo della lama contro il collo del rivale. Così aveva incominciato a premere senza mai smettere, fino a quando la gola non ne era rimasta squarciata con un taglio lento e mortale.

Eliminato l'ex capocarovana, tra lo stupore della ragazza, Tio si era impossessato della sua spada e si era precipitato fuori della tenda, poiché non vedeva l'ora di entrare nella mischia. Lì, balzato sopra uno dei due cavalli già approntati da Luta, si era scagliato come un forsennato tra i predoni razziatori. Lo scontro, in quel momento, si svolgeva a tutto vantaggio degli uomini di Zorus. Allora quella del giovane si era rivelata veramente una irruzione strepitosa ed inarrestabile. Egli si era dimostrato un autentico fulmine devastatore ed aveva accoppato con furore ineluttabile tutti quei briganti che invano avevano tentato di attaccarlo e di infilzarlo con molta facilità. A ogni coppia dei suoi colpi, uno di parata e l'altro di stoccata, un pericoloso avversario era stato trafitto e disarcionato, finendo nella polvere del campo. Perfino Zorus non si era sottratto alla sua furia scatenata. Dopo un rapido scambio di colpi di spada, egli aveva subito il medesimo trattamento che era stato riservato ai suoi uomini. Gli ultimi tre malandrini, non appena si erano accorti che si era messa male per la loro banda, siccome essa era stata quasi totalmente annientata, non avevano esitato a cercare scampo nella fuga. Ma Tio aveva voluto trattare pure i predoni fuggiaschi senza riguardo e senza misericordia. Inseguendoli con rabbia, li aveva raggiunti ed infilzati con ripetuti colpi impietosi.

L'incredibile dimostrazione di strenuo valore data dal coraggioso Tio aveva suscitato in Aiburno e in Luta, oltre che nei carovanieri superstiti, un grande stupore e un giubilo incontenibile. Essi, che si erano oramai rassegnati a morire, all’improvviso invece si erano visti sottrarre alla morte dal valoroso ed inimitabile giovane. La qual cosa aveva infuso in ognuno di loro una gioia smagliante e giustamente li aveva spinti a dimostrare al loro valoroso salvatore un'ammirazione immensa e una sentita venerazione. Più tardi, però, il mercante Aiburno aveva impartito ai superstiti suoi uomini l'ordine di togliere il campo e di proseguire il viaggio verso la sospirata Dorinda. Due motivi impellenti lo avevano indotto ad affrettarsi a raggiungere la città del re Kodrun. Il primo riguardava lo spettacolo delle gare, quello che egli non voleva assolutamente perdersi, essendone molto appassionato. Quanto al secondo, esso concerneva la sollecita integrazione del suo personale, che era perito nel recente assalto dei predoni.

A cammino ripreso, Luta, che si mostrava fiera di cavalcare al fianco del suo adorato Tio, in pari tempo appariva molto felice. A un certo punto, però, aveva iniziato a dirgli:

«Allora, mio bugiardello, come mi spieghi il fatto che una persona prima non combatte i predoni, fingendosi morta, e alcuni giorni dopo, pur avendo la possibilità di fuggire davanti a loro, li affronta senza esitazione, li combatte e li stritola tutti? Vuoi dirmi come hai fatto a diventare molto preparato e abbastanza in gamba sotto tutti i punti di vista, in così giovane età? Chi ha curato la tua educazione, la quale si dimostra superiore a quella di un vero principe? Come vedi, sono tanti gli interrogativi attinenti alla tua persona, ai quali, pur sforzandomi moltissimo, non riesco a dare alcuna risposta. Dunque, amore mio, perché non mi dai tu una mano a rispondere almeno a quelli che considero principali? Oppure vuoi esimerti dall'appagare la mia curiosità per qualche motivo particolare a me sconosciuto?»

Tio non aveva potuto fare altro che darle la seguente risposta:

«Ascoltami, mia cara Luta, l'intera mia vita passata è un segreto, che mi è stato vietato di svelare a qualsiasi persona. Ho dato la mia parola d’onore a colui che ha fatto tanto per me che avrei sempre rispettato la sua volontà, la quale mi obbliga a non parlare con nessuno del mio passato. Per cui, ogni volta che mi vengono rivolte domande in proposito, anziché rivelare tale segreto, sono costretto a mettere in piedi una bella menzogna. Ecco perché chiunque proverà a farmi domande sul mio trascorso passato si attenda da me esclusivamente le bugie più strambe, benché io sia alieno per natura da affermazioni mendaci e da banali sotterfugi! Ma con te ho preferito essere franco, anziché dirti bugie. A questo punto, penso di averti reso bene l'idea, amore mio, sperando che tu mi comprenda e mi perdoni, senza insistere ancora in tali domande!»

«Anche a me, che ti amo così ardentemente, passerotto mio, hai deciso di non svelare il tuo segreto e di non dire la verità sulla tua vita passata, se te lo chiedessi con il cuore e con l'animo? Davvero saresti disposto a farmi un simile torto, che considererei assai offensivo, caro mio Tio? Penso proprio di no, se non vuoi offendermi!»

«Purtroppo oggi non posso fare diversamente, mia dolce Luta, anche quando la persona che me lo chiede è quella che amo più di ogni altro essere al mondo! Ne andrebbe di mezzo la mia onorabilità! Sono convinto che anche tu desideri che io resti un uomo d'onore, dato che non saresti giammai orgogliosa di un marito, il quale senza difficoltà calpesta il senso dell'onore. Ma ti esorto a non tenere spente tutte le speranze a tale riguardo, poiché per te, e solamente per te, è prevista l'eventualità che io possa fare una eccezione. In quel caso, però, ciò avverrà, senza che la mia onorabilità ne risulti minimamente scalfita! Sei contenta adesso, dolce amore mio, per averti data una speranza?»

«Dici davvero, Tio? Mi chiarisci come sarà possibile in futuro un fatto del genere, se oggi esso ti è categoricamente proibito?»

«Eccoti spiegato ogni cosa, Luta. Un domani, diventando noi due marito e moglie, sarò costretto a rivelarti ogni cosa che mi riguarda. Per il semplice motivo che tra due coniugi non possono esserci segreti, se vogliono attuare una vera comunione d'anime ed intendono raggiungere una perfetta armonia. Ciò mi è stato insegnato dal medesimo uomo che mi ha fatto promettere che avrei sempre taciuto a chiunque ogni dettaglio riguardante la mia persona. Quindi, mi avvarrò della sua stessa legge, al fine di autodispensarmi dal segreto che egli ha voluto che mantenessi con tutti. Nel frattempo, in attesa che il mio segreto ti venga svelato, farò ogni altra cosa che mi è consentita per il tuo bene. Comincerò con quella che mi vedrà partecipare in tuo onore alle varie competizioni che tra pochi giorni si terranno nel circo di Dorinda. Vedrai quanti premi riuscirò a procurarti, tesoruccio mio! Ti garantisco che con essi ti renderò la donna più fortunata dell'intero circo! Sei contenta adesso?»

«Certo che lo sono, amore mio! Perciò ti ringrazio infinitamente!»

La carovana del facoltoso mercante Aiburno aveva marciato a pieno ritmo e senza soste diurne. In quel modo, essa era stata in grado di trovarsi nella città di Kodrun la sera precedente la sua inaugurazione, per cui i suoi componenti si erano potuti riposare durante la notte. Ma per tutti loro, sarebbe stato importantissimo anche prendere parte alle diverse cerimonie solenni da tenersi per le vie della città e seguirle con viva commozione. Così se le sarebbero godute in piena libertà e in grande serenità, senza che si facesse sentire il peso della passata stanchezza. Un fatto del genere ci sarebbe stato senza meno, nonostante la marcia forzata sostenuta per un lungo periodo di tempo avesse fiaccato pesantemente il loro organismo. Esso, infatti, adesso si ritrovava ad essere piuttosto prostrato ed avido di riposo e di distrazione.