114°-TIO PRESSO LA CAROVANA DEL MERCANTE AIBURNO

Tio non era destinato a finire così miseramente, siccome il suo nome avrebbe dovuto avere alta risonanza nell'intera Edelcadia. Alcune ore dopo, perciò, era capitata da quelle parti la carovana del ricco mercante Aiburno. Allora il giovane era stato trovato per caso dalla sua unigenita Luta. La ragazza, avendo constatato che il malconcio sconosciuto era ancora vivo, subito aveva chiamato il padre e lo aveva pregato di soccorrere lo sventurato. Gli aveva anche chiesto di farlo trasportare nella sua tenda, dove ella lo avrebbe sottoposto alle sue cure speciali, permettendogli di rimettersi in sesto. A quella sua richiesta rivolta al genitore, il capocarovana Irbitos, forse perché indispettito dall'interessamento della ragazza per il giovane, era voluto entrare nel merito della questione. Così aveva espresso al suo datore di lavoro il proprio parere contrario a soccorrerlo. Anzi, all'opposto di quanto gli aveva suggerito la figlia, lo aveva sconsigliato dal prestare qualsiasi aiuto al malridotto sconosciuto. Le sue obiezioni sulla vicenda erano state le seguenti:

«Mi sai dire, nobile Aiburno, cosa ce ne facciamo di un giovane più morto che vivo, ridotto com'è ad una larva umana? Dovremmo forse tenerlo con noi, unicamente perché egli faccia nel campo la parte del cadavere ambulante, dal momento che essa è l'unica che gli si addice? Inoltre, sono convinto che il nostro moribondo non ha mai neppure maneggiato armi in vita sua! Quindi, suggerirei di abbandonarlo al suo destino, visto che non potrà esserci per niente utile, nel caso che venissimo attaccati da qualche banda di agguerriti predoni. Per concludere, il mio suggerimento è quello di finirlo in questo posto con un colpo di spada, ad evitare di rendergli l'agonia più lunga! Agendo come ho detto, padrone, faremmo perfino una buona azione nei suoi confronti!»

La giovane Luta, non condividendolo affatto, energicamente si era opposta al suggerimento che il duro capocarovana aveva dato al padre. Inoltre, mostrandosi abbastanza risoluta, la ragazza si era rivolta all’indeciso genitore e gli aveva fatto presente:

«Padre mio, nel modo più assoluto voglio che questo giovane viva. Se lo salviamo, sono convinta che la gratitudine del divino Matarum ci ricompenserà con larga generosità. Perciò, se mi ami, come hai sempre affermato e sostenuto con una punta di orgoglio, ti prego dal profondo del cuore di darmi ascolto e di esaudire il mio desiderio. Te lo chiedo, mio caro babbo, per l'anima benedetta di mia madre!»

Era stato così che Aiburno non aveva dato retta al suo capocarovana. Al contrario, aveva subito impartito l'ordine di trasportare il semimorto forestiero nella confortevole tenda della figlia per consentirle di prestargli quelle cure atte a farlo ristabilire. La decisione del mercante aveva suscitato parecchia gelosia nell'irritato Irbitos, il quale da tempo aveva messo gli occhi addosso all'unica figlia del padrone. Perciò la sua tenace avversione gliela si poteva leggere in modo palese sul viso accigliato, essendo esso diventato oscuro e contrariato al massimo. La graziosa fanciulla, quindi, come annunciato, aveva voluto dedicarsi personalmente alle attente cure dello sconosciuto, mettendocela tutta. Così, nel giro di pochi giorni, alla fine ella era stata in grado di trarlo fuori dal suo infimo deperimento organico. Quasi si fosse trattato di un proprio fratello, la ragazza aveva vegliato su di lui giorno e notte, fino a quando non aveva operato il miracolo in cui aveva tanto creduto e sperato. Anche Aiburno era apparso assai soddisfatto dell'opera indefessa della figlia a favore dello sconosciuto dal precario stato di salute.

Quando Tio era ritornato in sé, era rimasto strabiliato nel trovarsi nella lussuosa tenda della figlia del ricco mercante, poiché si presentava interamente guarnita di incantevoli drappeggi di seta dai mille riflessi. Essa, come il giovane si rendeva conto, risultava molto diversa dalla sua scarna cella dell'eremo. Anche il letto, dove era coricato, non era da paragonarsi neppure lontanamente al rigido pancaccio sul quale aveva dormito per anni, per i seguenti due motivi: primo, esso aveva un soffice materasso di piume; secondo, era situato all'interno di un'alcova che era avvolta da stupendi veli diafani. La sua meraviglia maggiore era stata suscitata dalla giovane e graziosa Luta, da cui veniva assistito con tutte le attenzioni possibili, quasi fosse un bimbo bisognoso delle cure materne. Allora, essendosi incuriosito parecchio, Tio le aveva chiesto:

«Posso sapere in quale posto mi trovo? Tu chi sei, leggiadra ed avvenente fanciulla? Scommetto che sto vivendo un sogno, circondato come sono da così fini e pregiati arredi! Naturalmente, la cosa più bella della mia visione onirica è il trovarmi al cospetto di una ragazza così incantevole e seducente! Sei tu forse una divinità, la quale è venuta ad alleviare le mie sofferenze fisiche, quelle che mi sono state provocate dal prolungato digiuno e dalla sete non appagata per lo stesso periodo di tempo? Già, non può essere altrimenti, dal momento che sono circondato soltanto da bellissime visioni!»

Sentendolo parlare in quel modo, Luta si era molto meravigliata del suo linguaggio forbito. Nel medesimo tempo, se ne era rallegrata immensamente dentro di sé, rimanendone quasi incantata. La sua meraviglia scaturiva dal fatto che non le era mai capitato di incontrare un giovane così colto. Essendosi poi accorta che stava tardando a dare la risposta al suo assistito, la ragazza si era affrettata a dichiarargli:

«Giovane sconosciuto, sei nella tenda che mio padre ha destinato a me, in qualità di sua figlia. Il mio genitore è il mercante Aiburno. Ti abbiamo trovato in questi paraggi, svenuto e quasi in fin di vita. Ma adesso stiamo facendo tutto il possibile per farti recuperare le energie, le quali erano venute a mancarti quasi totalmente. Intanto approfitto per darti il benvenuto presso la nostra carovana, a nome mio e di mio padre. Per il momento, egli è assente, poiché si è dovuto allontanare dal nostro campo per brevissimo tempo!»

«Da parte mia, ve ne sono molto grato, sublime fanciulla! Perciò ringrazio te e il tuo munifico genitore, per quanto avete fatto e state ancora facendo per me. Per adesso, posso solo augurarvi la benedizione del benigno dio Matarum, siccome non posso ancora disobbligarmi con voi di ciò che mi state elargendo! Devi sapere che mi hanno insegnato che bisogna sempre pagare i propri debiti ed io intendo assolvere i miei, non appena avrò l'opportunità di farlo. Nelle mie possibilità e nel rispetto della mia dignità di uomo, s'intende! Quindi, potete stare sicuri che mi disobbligherò con voi senz’altro e al più presto! Intanto, però, dovrò recuperare le mie forze, le quali non sono ancora in piena efficienza.»

«Non sei tenuto a sdebitarti nei nostri confronti, simpatico giovane. Per me e per mio padre, adesso ciò che conta è che tu ti ristabilisca al più presto e ritorni ad essere in perfetta forma, poiché presso di noi l'ospitalità è sacra. In seguito, se il mostrarti riconoscente verso il tuo benefattore fa parte dei tuoi obblighi morali, potrai prenderti tutto il tempo che vorrai per esprimerci la tua gratitudine. Ma torno a ripeterti che a noi interesserà solamente che tu ci parli di te e della tua vita, allo scopo di conoscerti meglio! Mi sono spiegata come dovevo?»

Quando era trascorsa appena una settimana, il giovane Tio aveva riacquistato totalmente le forze; perciò era ritornato ad essere di nuovo rinvigorito, ossia un uomo forte in ogni senso. Allora, considerato che egli si era ripreso in modo ottimale, riportando la sua salute ad un livello eccellente, la dolce Luta gli aveva domandato con speciale interesse:

«Adesso mi dici chi sei, giovane forestiero? Inoltre, come mai ti trovavi da queste parti solo e, per giunta, paurosamente stremato dalla stanchezza, dalla fame e dalla sete? Mi è permesso apprendere queste cose dalle tue labbra, senza recarti qualche tipo di fastidio? Sappi che, dopo averti guarito, vorrei conoscere ogni cosa di te e della tua vita!»

«Graziosa fanciulla, il mio nome è Tio e sono orfano di entrambi i genitori, i quali rimasero massacrati da un gruppo di predoni, quando avevo appena sette anni. Da allora, essendo stato raccolto da una carovana incontrata sul mio cammino, ho sempre accudito alle bestie presso di essa. Ma otto giorni fa, una banda di feroci predoni ha assalito la nostra carovana e ha fatto fuori tutti i suoi componenti. Io soltanto sono riuscito a scamparla a malapena, fingendomi morto. In seguito, dopo essermi messo in cammino alla cieca per queste zone disabitate, privo di cibo e di acqua, ho viaggiato per sette interi giorni, senza mai incontrare anima viva. Alla fine, divenuto stanco ed affamato ai minimi termini, sono stato colto da un improvviso svenimento e sono stramazzato al suolo moribondo. Per mia fortuna, poco tempo dopo mi ha raggiunto la carovana di tuo padre. Il quale, dimostrandosi di una prodigalità unica, mi ha raccolto dal luogo in cui giacevo semimorto e mi ha fatto curare da sua figlia. Ecco: ti ho detto ogni cosa di me!»

«Eppure, Tio, non si direbbe che tu abbia trascorso la tua vita ad accudire alle bestie, siccome il tuo linguaggio e le tue espressioni non sono di una persona che ha sempre esercitato il mestiere del carovaniere. Anzi, si direbbe che tu abbia frequentato la scuola degli aristocratici. A mio avviso, riesci a parlare anche meglio di loro! La qual cosa mi stupisce moltissimo e mi fa pensare che sotto c'è qualcos'altro, di cui non vuoi o non puoi parlarmi. Ma non intendo forzarti a fare nulla che tu non voglia. Se ci tieni a saperlo, mi chiamo Luta e vorrei tanto diventare la tua amica del cuore! Anche a me i predoni hanno lasciato un brutto ricordo, cioè la morte della mia sventurata mamma. Subimmo una loro incursione una decina d'anni fa. Essi non ce la fecero ad avere ragione di noi, ma lo stesso riuscirono ad uccidere la mia affettuosa genitrice. Ella si chiamava Stiria ed eroicamente si prese il colpo mortale, che uno dei predoni aveva inferto a mio padre. Adesso siamo diretti a Dorinda, la città che è stata costruita da poco. Dicono che essa è la più grande e la più bella di tutte le città dell'Edelcadia, poiché è così che l'ha voluta il suo primo re, che è il nobile e valoroso Kodrun.»

«Anch'io desidero visitarla ed ammirarla da vicino, soave Luta. Perciò sono lieto che la carovana di tuo padre vi sia diretta! Non vedo una città da un sacco di tempo e ho un grande desiderio di raggiungerne una!»

«Mi fa piacere, Tio, che la nostra visita a Dorinda sarà di tuo gradimento. A ogni modo, ci andiamo principalmente perché fra dieci giorni la neo città sarà inaugurata, per cui ci saranno in essa dei solenni festeggiamenti. Invece nel suo magnifico circo si avranno spettacolari tornei, nei quali saranno proclamati i campioni della lotta e del maneggio dei vari tipi di armi. Si dice, inoltre, che saranno assegnati dei ricchissimi premi ai vincitori delle diverse gare. Ma alle competizioni parteciperanno soltanto i professionisti della lotta e quelli che sanno maneggiare egregiamente le diverse armi. Ciò significa che tu, avendo ricevuto dalle bestie il solo dono del parlare raffinato, non potrai cimentarti in nessuno degli agoni previsti. Peccato che nel circo di Dorinda non venga svolta pure una gara di eloquio! Nel qual caso, anch'io avrei potuto attendermi qualche premio, grazie alla tua partecipazione a tale gara. Pazienza! Già, non ti ho detto ancora che è previsto che ogni concorrente dovrà combattere per la propria dama e a lei andranno i premi da lui vinti per le vittorie conseguite nell'arena. Ma io non dispero e sono fiduciosa nel destino. Non si sa mai che tu, pur di accontentarmi, non ti faccia insegnare dalle bestie anche l'uso delle armi e l'arte della lotta!»

La conclusione scherzosa della fantastica fanciulla, in verità, aveva mirato a rendere manifesto al giovane il grande interesse che nutriva per lui e non a farlo oggetto di una sua burla. Per tale ragione, ella aveva toccato all’istante il cuore dell'intelligente Tio. Da quel momento, allora, anch'egli aveva iniziato a coltivare nel suo animo un immenso ed inestinguibile amore per l'adorabile fanciulla.

Nei giorni che erano seguiti, sia Luta che il padre Aiburno, si erano andati legando affettivamente al giovane ogni giorno con maggiore interesse. La sua versatile genialità lo aveva fatto apparire sempre più sorprendente, presentandolo come un artigiano provetto in ogni mestiere. Ma egli era apparso anche un buon conoscitore di tutte le arti e di tutte le scienze allora in voga. Soprattutto egli si era dimostrato un vero dominatore della parola e del pensiero. Allora, incoraggiata anche dal beneplacito del padre, che vedeva di buon occhio la sua relazione d'amore intrecciata con il giovane, la ragazza gli aveva dichiarato apertamente il suo amore struggente. Così essi avevano incominciato a coltivarlo in una maniera più concreta e più appagante. La qual cosa veniva a suscitare la stizza di qualcuno, che a tutti i costi non voleva rassegnarsi al fatto che la figlia del suo padrone oramai era diventata di un altro uomo, anziché sua, come si era sempre illuso da solo.

Tutte le volte che si presentava loro l'opportunità, ossia quando si allontanavano dalla carovana, i due teneri innamorati non si lasciavano sfuggire l'occasione. Per cui cercavano di dare sfogo nel modo più soddisfacente alla loro bramosia d'amore e alla loro passione infuocata. I due giovani, oramai, avevano cominciato ad uscire spesso a cavallo e insieme avevano compiuto ogni giorno lunghe cavalcate. Esse, oltre ad aver placato i loro impeti amorosi, erano servite a produrre nel giovane Tio una certa familiarità con l'utile ed intelligente quadrupede. Infatti, Luta lo aveva fatto esercitare tantissimo sul modo di andare a cavallo, anche se non aveva ancora ottenuto da lui i massimi risultati. Al contrario, ella era una bravissima cavallerizza, essendo stata esercitata nell'equitazione fin dalla sua tenera età dal suo provetto genitore! Al termine del suo apprendimento, essendo riuscita a diventare perfino più abile di lui nell'arte del cavalcare, il padre se ne era inorgoglito moltissimo. A suo parere, la bravura della figlia nell'andare a cavallo, durante la sua vita sicuramente le sarebbe stato assai utile, per cui se ne compiaceva.

L'amore, che veniva vissuto dai due giovani innamorati, come già visto, veniva terribilmente invidiato da Irbitos, il quale adesso si sentiva nel proprio intimo un cane bastonato. Perciò cercava in tutti i modi di prendersi la rivincita sul fidanzato della figlia del padrone ed attendeva l'occasione giusta per umiliarlo e farlo apparire un uomo dappoco davanti alla sua ragazza. Così un giorno, in presenza di Aiburno e di sua figlia, il capocarovana, solo con l'intento di mortificarlo davanti a loro due, porgendo una spada al giovane, gli aveva parlato con sarcasmo:

«Sai perché te la do, giovanotto? Perché voglio insegnarti ad usarla con una bella lezione di scherma. In questo modo, un'altra volta non ti darai più per morto davanti al nemico e nemmeno cercherai di sfuggirgli, dandoti a gambe levate. Al contrario, sapendo difenderti come so fare io, lo affronterai con grande coraggio! Su, reggila e apprendine l'uso, se non vuoi comportarti vigliaccamente davanti al padrone e a sua figlia!»

Alle evidenti provocazioni del suo rivale in amore, la risposta di Tio era giunta immediata e tagliente. Manifestandogli un sorrisetto ironico, gli si era espresso in questo modo:

«Ho l'impressione che tu abbia bussato alla porta sbagliata, presuntuoso Irbitos, perché io non ho bisogno di alcuna lezione di scherma, da parte di nessuno! Al contrario, ti faccio presente che dovrai tu badare alla tua pelle, semmai un giorno il pericolo verrà ad incombere su questa carovana! Per questo ricordatelo e fanne tesoro!»

«Ben detto, Tio! Sono d'accordo con quanto gli hai dichiarato!» aveva approvato immediatamente la ragazza.

Invece il padre non era stato d'accordo con lei, poiché con il suo intervento la figlia aveva voluto prendere le difese del suo fidanzato e disapprovare l'esplicita provocazione del capocarovana Irbitos. Comunque, ella non si era voluta limitare ad approvare il suo innamorato. Invece, essendo intenzionata a rincarare la dose in quella discussione dal sapore di evidente diverbio, dopo essersi rivolta al suo spasimante di sempre, non aveva esitato ad aggiungergli:

«Come egli stesso ti ha precisato, Irbitos, sappi che il mio Tio non ha bisogno dell'aiuto di nessuno. Tanto meno necessita di quello tuo! Egli è già abbastanza cresciuto, per non saper badare a sé medesimo! Anzi, dovresti già esserne convinto anche tu, se ti è rimasto ancora un po' di senno nella zucca! Te lo posso garantire!»

Le parole della ragazza avevano punto l'orgoglio del loro destinatario. Perciò egli, mostrandosi massimamente risentito, aveva esclamato:

«Ebbene, se presso questa carovana il mio aiuto non occorre, anzi non serve a niente, allora pianto ogni cosa e me ne vado a prestare altrove il mio prezioso servizio! Quindi, vi saluto e vi lascio. Così facendo, rendo l’intera famiglia soddisfatta e contenta!»

Salito poi sul suo cavallo, egli si era allontanato veloce dal campo. Ma dopo che Irbitos se ne era andato via, Aiburno ci era rimasto molto male. Inoltre, aveva voluto disapprovare la dura reazione della figlia. Perciò, allo scopo di riprenderla, le aveva asserito:

«Luta, non avresti dovuto maltrattare in quel modo il nostro capocarovana, che viene pagato pure per esercitare il mio personale nelle armi. Del resto, egli si era soltanto offerto di aiutare il tuo fidanzato, perché si sapesse difendere in caso di un assalto improvviso alla nostra carovana da parte di predoni. Come ben sai, costoro infestano queste regioni e possono attaccarci in qualunque momento. Quindi, figlia mia, poiché sono certo del suo ritorno, grazie alla profumata paga che riceve da me, la prossima volta cerca di non esasperare Irbitos, come ingiustamente hai fatto quest’oggi! Mi sono spiegato? Non dimenticare che la sua collaborazione mi risulta molto preziosa nella gestione della carovana!»

«Va bene, padre mio, un'altra volta starò più attenta a non impermalirlo; però devi sapere che il suo scopo era un altro e non quello che ha voluto far credere. Egli intendeva solamente mettere in ridicolo Tio, facendolo sfigurare al mio cospetto. Sapessi tu con quali occhi furenti mi ha sempre guardata, ogni volta che mi ha vista insieme con il mio adorabile ragazzo! Si vedeva benissimo che il veleno gli sprizzava dalle orbite. Ecco perché dubito che Irbitos ci tenesse alla vita di Tio e che fosse sua intenzione dedicarsi alla sua incolumità fisica! Al contrario, se potesse, lo eliminerebbe con le proprie mani, pur di avermi come sua futura moglie! Adesso ti ho chiarito ogni cosa che lo riguarda!»

«Se le cose stanno come mi hai riferito, figlia mia, non so proprio a cosa pensare. Probabilmente, avrai ragione tu, mentre il torto sarà soltanto mio.» il facoltoso mercante aveva così chiuso il discorso.

Subito dopo egli si era ritirato nella sua tenda con l'intento di trovarvi un po' di meritato riposo, durante le ore notturne. Invece la ragazza, rimasta sola con lui, aveva aggiunto al suo Tio:

«Tesoruccio mio, quando saremo a Dorinda, invoglierò mio padre a farti frequentare qualche ottima scuola d'armi. Così egli ti metterà a disposizione il più valente maestro di scherma della città, poiché lì ce ne dovranno essere senza meno. E anche dei più quotati! Infatti, il re Kodrun, con il suo liberale proclama, ha fatto affluire nella propria città gli esperti migliori in ogni campo del sapere, compreso in quello delle armi. Da allora, al fine di migliorare il loro tenore di vita, ne sono stati visti a stuoli accorrere nella città di Dorinda da tutte le parti dell'Edelcadia! Considerata la tua intelligenza, diventerai prestissimo molto in gamba pure nell'uso della spada e delle altre armi. Sono convinta che riuscirai perfino a superare l'arrogante Irbitos. Se lo vuoi sapere, amore mio, spero che egli non si rifaccia più vivo presso la carovana di mio padre!»

Tio non le aveva risposto, le aveva soltanto inviato un piacevole sorriso. Egli era stato felice di apprendere che l'affascinante Luta mostrasse per lui una considerevole premura. Ma ella non poteva sapere che il suo Tio, in fatti d'armi, poteva fare da maestro a tutti i maestri dell'Edelcadia. A ogni modo, la ragazza ne sarebbe venuta a conoscenza molto presto, con sua grande sorpresa e soddisfazione. Infatti, la loro carovana stava per essere assalita da una banda di feroci predoni, che erano stati istigati proprio da Irbitos. Ma il loro assalto, grazie a Tio, non avrebbe avuto il successo che gli assalitori speravano.