111-LA DIVA KRONEL SULL'ASTEROIDE OSBUS E SUL PIANETA KLOUST

Dopo avere attraversato la Nube Nera, Kronel aveva abbandonato Luxan e si era avventurata nel profondo universo. Volando in esso ad una velocità quasi dieci volte maggiore di quella della luce, ella si era data a perlustrarlo con il suo superocchio prodigioso. Esso, come già si è accennato in precedenza, le permetteva una visione enorme, poiché le faceva spaziare lo sguardo fino a distanze incommensurabili. Considerata a trecentosessanta gradi, la sua visione riusciva a coprire lo spazio appartenente ad una intera galassia di media grandezza. Perciò si può immaginare lo scenario meraviglioso che veniva a svolgersi davanti ai suoi occhi. Essi potevano soltanto mostrarsi stupefatti e commossi, intanto che lo ammiravano e se ne entusiasmavano, durante la sua volata. Il tragitto cosmico di Kronel, comunque, era iniziato, senza averne designato in anticipo la meta e il percorso da seguire per raggiungerla.

Dunque, l'esule diva se n'era andata vagando letteralmente a zonzo, attraverso i gelidi spazi interstellari. Durante il suo viaggio privo di destinazione, spesse volte la sua mente era affondata in quei ricordi che appartenevano ad un passato, dal quale era rimasta profondamente scottata. Ma ad infondere in lei un'accorata mestizia, più di tutti gli altri, era stato quello concernente il suo amato Luciel. Un tempo la diva era stata la sua felice fidanzata ed ora si ritrovava ad esserne la derelitta sorella uterina, senza poter spartirsi con lui il sentimento fraterno, siccome egli, cadendo in un inganno, aveva finito per autoannientarsi. Tale sentimento, secondo lei, anche le sarebbe risultato meraviglioso. Adesso invece, ogni qualvolta il ricordo del fratello unilaterale le affiorava alla mente, la sconsolata Kronel veniva assalita da un intimo senso di dolente malinconia, che la immetteva in una disperazione rattristante. Oramai la rabbia e il rancore l'avevano definitivamente abbandonata, dopo che sua madre Lux le aveva raccontato la verità sulla propria nascita. Così essa l'aveva allontanata dall'idea del suicidio e l'aveva indirizzata a dare al proprio destino un nuovo corso di eventi. Secondo il quale modo di vedere le cose, dopo aver considerato le validissime ragioni di coloro che si erano opposti alla sua unione con Luciel, per quanto le interessava, non c'era stato più bisogno da parte sua di nutrire odio per nessuno, neppure per il padre. Inoltre, per lei non aveva più alcun significato annientarsi in Inesist, come aveva fatto il congiunto Luciel. Ad ogni modo, lo stesso la raminga diva non si asteneva dal muovere contro i propri genitori una sua legittima accusa, avendo essi causato la morte del fratello più dolce e più caro, con l'unico scopo di salvare la loro faccia a spese del poveretto! Per il qual motivo, ella aveva voluto punirli a dovere, allontanandosene per un periodo di tempo, del quale non aveva ancora stabilito la durata. A suo parere, esso sarebbe stato di sicuro molto lungo, allo scopo di fare intendere meglio il grave errore da loro commesso alle persone che le volevano un bene da morire. Soprattutto intendeva avviarli verso una sincera contrizione per l'immenso dolore che le avevano causato con il suicidio di Luciel, che adesso sarebbe stato difficile togliersi dalla mente.

Nell'animo di Kronel, la quale non si mostrava più incattivita dal dolore e dal rancore, quindi, si erano andati avvertendo alcune volte un lieve rammarico, altre volte un fervido altruismo. Riguardo a quest'ultimo sentimento, ella aveva deciso di metterlo a disposizione di quei Materiadi, i quali avrebbero dimostrato di essere particolarmente sensibili verso il bene e verso la giustizia. A dire il vero, li avrebbe soccorsi, nel solo caso che tali esseri avessero palesato di avere effettivamente bisogno del suo aiuto; ma anche per fare trionfare l'uno e l'altra, dove essi venivano ignobilmente calpestati.

Giova qui ripetere che le entità divine chiamavano Materiadi gli esseri viventi di natura materiale, che risultavano forniti della ragione e della coscienza. Era stato proprio in memoria di Luciel, rimasto vittima del sopruso e della prepotenza, che Kronel aveva stabilito di adoperarsi per taluni di loro. Ella si proponeva di aiutare esclusivamente coloro che si trovavano a lottare contro il male e la ingiustizia, ma senza ottenere alcun successo. A patto, però, che tali Materiadi si mostrassero disposti a sacrificarsi, pur di vedere debellati sia l'uno che l'altra! Ovviamente la girovaga diva non poteva farsi carico della gravosa fatica occorrente per ripulire l'intero universo di tutte le iniquità che vi esistevano e vi si annidavano. Lungo il suo errabondo cammino, invece, ella sarebbe intervenuta in soccorso soltanto di coloro che avessero dimostrato di averne una estrema necessità. Infatti, unicamente a loro la diva avrebbe elargito il suo prezioso e benefico apporto. Volendo specificare nel modo migliore le sue intenzioni filantropiche, la figlia del dio Kron non avrebbe mostrato il suo interesse verso tutti i Materiadi presi indistintamente. Invece, durante il suo interminabile viaggio cosmico, ella si sarebbe prodigata invece per coloro che si fossero presentati con un aspetto esteriore più o meno simile a quello degli dèi, cioè per i Materiadi antropomorfi. I quali erano rappresentati particolarmente dagli umani e dagli androidi. Per loro, infatti, ella aveva sempre avvertito dentro di sé una particolare simpatia, pur non avendo mai fatto la loro conoscenza diretta nei suoi diversi incontri avuti con il suo Luciel. Ci si riferisce al tempo in cui essi si trasferivano nella realtà di Kosmos, per dare sfogo ai loro incontri galanti lontani da tutte le altre divinità che trascorrevano la loro esistenza nel Regno della Luce.


Nella sua lunga traversata cosmica, Kronel aveva fatto la sua prima sosta sopra un asteroide di grandi dimensioni, la cui superficie poteva considerarsi vasta quanto quella del pianeta Mercurio. Esso, però, non era né sferico né piano, siccome si presentava simile ad un ammasso oblungo di rocce fitte e spigolose. In mezzo alle quali, non di rado si scorgevano delle cavità buie e molto profonde, che non lasciavano intravedere il loro fondo. Il piccolo astro spento, il cui nome era Osbus, avanzava in Kosmos ad una velocità non molto elevata, ma sempre seguendo la medesima direzione. Quest'ultima sarebbe continuata ad essere identica nella sua corsa spaziale, fino a quando non fosse stato catturato da qualche pianeta oppure da qualche stella, restando così imprigionato nella sua orbita. Ma non era da escludersi neppure un suo impatto con uno degli astri summenzionati, dal momento che in Kosmos ce ne stavano miliardi di miliardi. Tale scontro avrebbe provocato la sua disintegrazione e la fine della sua corsa, restando di esso soltanto dei frammenti così piccoli da stimarsi di nessuna considerazione.

Come possiamo immaginarci, l'asteroide in questione difettava di un vero suolo pianeggiante, siccome sulle sue rocce non si effettuava l'azione fisica e chimica degli agenti esogeni sia organici che inorganici. Infatti, l'attività meteorologica sopra la sua superficie era del tutto assente. Inoltre, c'è da far presente che esso, pur non venendo raggiunto dalla luce di alcuna stella, godeva di una strana luminosità. Questa, che gli proveniva dalla composizione chimica delle rocce, lo dotava di una luminescenza rosea molto intensa. Essa riusciva perfino a rischiarare abbastanza bene la zona circostante, rendendone più o meno visibili gli spazi angusti che esistevano tra i vari agglomerati rocciosi. I quali davano luogo ad un dedalo di sentieri, che abbastanza spesso si snodavano, seguendo varie direzioni. In riferimento alle buche, che davano l'impressione di essere assai profonde, probabilmente esse avevano avuto origine dai fenomeni di vulcanismo. Essi un tempo quasi certamente aveva avuto sull'asteroide la sua fase di attività più significativa. Era la stessa forma delle loro ampie bocche a testimoniarlo oppure a farlo ipotizzare. Difatti essa faceva pensare a quella dei crateri vulcanici di altri astri spenti, come i pianeti e i satelliti esistenti in Kosmos.

Ricollegandoci all'intelligente figlia del dio del tempo, ebbene, ella aveva scelto quell'asteroide per effettuarvi la sua prima breve sosta. Comunque, la sua scelta non c'era stata perché tale astro l'avesse attratta per qualche motivo particolare, poiché esso non presentava nulla di un certo interesse. In verità, la diva vi era approdata per una ragione abbastanza semplice. Dopo essere andata incontro ad un viaggio molto estenuante, che l'aveva prostrata immensamente, aveva avvertito la necessità di un adeguato riposo ristoratore. Anche se poi in quel posto non le sarebbe mancata l'opportunità di continuare a meditare sui fatti riguardanti il suo recente passato. I quali, come si poteva immaginare, non sarebbero stati per niente piacevoli, se ella avesse avuto la voglia di dedicarsi a loro. Al contrario, essi le avrebbero procurato senza dubbio una nuova malinconica tristezza.

Ebbene, stando ora sistemata presso una di tali buche crateriche, la quale era situata in mezzo a quella selva di picchi rocciosi che si mostravano slanciati verso lo spazio profondo, Kronel si era data alla sua costernante meditazione. Questa volta, però, ella non si era potuta dilungare su di essa più di tanto, dal momento che poco dopo qualcosa l'aveva repentinamente attratta. Nello stesso tempo, l'aveva anche distratta dai cupi e cogitabondi pensieri, i quali avevano iniziato a renderla loro preda. Poco distante da lei, infatti, era apparso un essere strano, il quale, se lo si descriveva fisicamente, non poteva essere ascritto alla specie degli umanoidi; mentre, intellettualmente parlando, non se ne differenziava neppure un poco. La sua conformazione fisica era quasi identica a quella di un rospo, ma la sua pelle era di colore nero. Nella sua posizione seduta, lo strano essere al massimo poteva raggiungere i sessanta centimetri di altezza; invece il suo incedere era identico a quello dell'anuro citato. Esso avanzava con salti, i quali potevano anche coprire una distanza di dieci metri.

Era stato proprio un suo balzo straordinario a farlo apparire davanti agli occhi della divina forestiera. In quel luogo, l'intero spazio davanti a lei non superava i pochi metri quadrati, siccome il suolo circostante era disseminato di piccoli rilievi acuminati. In quel momento, poiché la diva Kronel vestiva l'abito dell'invisibilità, il nuovo essere arrivato non si era accorto di lei. Allora, credendo di essere solo in quel posto, si era messo a gridare nella sua lingua: "Povero me! Tra poco i Cirsidi mi raggiungeranno e mi uccideranno, come hanno fatto con tutti gli altri esseri della mia specie! In che modo potrò mai sfuggire ai miei carnefici, se essi sono forniti di volo?" Al lamento di quello strano Materiade, Kronel aveva deciso di prendere a cuore il suo problema e farsi riferire da lui ogni cosa che gli stava realmente succedendo. Perciò, dopo aver assunto le sembianze di quella specie di Materiade che non appariva felice, si era messa a parlargli con lo stesso suo linguaggio, domandandogli:

«Ehi, chi sei e cosa ci fai da queste parti tutto solo? Ti scorgo anche piuttosto afflitto e disperato: mi dici perché mai lo sei? Al posto tuo, preferirei darmi più alla pazza gioia, anziché lamentarmi come stai facendo in questo momento! Allora vuoi dirmi perché ti stai struggendo dal dolore, se non ne vedo la necessità che tu lo faccia?»

«Come fai a parlare così proprio tu, dopo che la nostra intera specie è stata barbaramente trucidata? Mi dici anche in che modo sei scampato al pericolo rappresentato dai Cirsidi? Comunque, io mi chiamo Lukrop. Invece qual è il tuo nome, emerito sconosciuto? Se devo esserti sincero, non credo di averti mai incontrato su Osbus, pur facendo parte della mia razza. Me ne vuoi spiegare il motivo, se è lecito conoscerlo? Su, rispondi a tutto quello che ti ho appena chiesto, se vuoi farmi un favore! Ma non attardarti troppo, poiché mi manca la pazienza di aspettare!»

«Ti premetto, Lukrop, che il mio nome è Linciud e provengo da un altro asteroide, il quale si è trovato a transitare nelle vicinanze del vostro. Ecco perché non mi hai mai incontrato su Osbus. Ciò dovrebbe spiegarti pure la mia ignoranza sulle vicende che riguardano voi e i vostri nemici Cirsidi. Per questo mi faresti cosa gradita, se tu me ne parlassi e mi riferissi ogni cosa su di voi e su di loro! Magari potrei aiutarti a salvarti dai tuoi nemici, i quali, come ti ho sentito dire, si mostrano abbastanza feroci e pronti ad ammazzare quelli della tua specie!»

«Se lo desideri, Linciud, lo farò senza meno. Ma voglio innanzitutto chiarirti un particolare, il quale non ti farà affatto piacere. Nel medesimo tempo, voglio anch'io avere specificato da te qualcosa che non mi quadra. Riguardo a ciò che mi preme comunicarti, ti faccio presente che non avresti mai dovuto lasciare l'altro asteroide, ammesso che esso ci sia stato davvero a transitare dalle nostre parti, permettendoti di trasferirti sul nostro, poiché il tuo è stato un incauto trasferimento. Così facendo, ti sei ficcato in un universo di guai! Né sognarti di potermi aiutare! Adesso, però, veniamo a quanto desidero aver spiegato da te. Come saprai benissimo, il nostro organismo può vivere solamente all'interno di questa fosforescenza luminosa, la quale ha origine dalle stesse rocce eruttive del nostro asteroide e dalla quale gli proviene anche l'ossigeno per respirare. Al massimo, possiamo allontanarcene cinque ore e non di più, se non vogliamo morire asfissiati. Ritornando poi al tuo passaggio dall'ipotetico tuo asteroide a questo nostro, deduco che esso avrà avuto una durata di tempo talmente lunga, da non potersi quantificare. Per questo vorrei che tu mi spiegassi come hai fatto a sopravvivere durante il tuo interminabile spostamento. Quindi, vuoi palesarmi in quale modo ci sei riuscito, se non vuoi farti ritenere da me un autentico mentitore? Se pensi che io sia in errore, me lo devi dimostrare!»

«Come constato, Lukrop, sei davvero un tipo in gamba e non ti sfugge proprio niente! La qual cosa mi obbliga ad essere sincero con te. Anche se ho assunto le sembianze di uno di voi, per farti trovare a tuo agio nel conversare con me, invece sono fatto di tutt'altra natura, la quale mi permette di attraversare senza difficoltà lo spazio cosmico. Poco fa ero qui che mi riposavo, naturalmente in modo invisibile, quando ti ho visto arrivare e lamentarti del pericolo costituito dai vostri nemici Cirsidi. Così, essendomi reso conto che il bene era dalla parte tua ed era difeso dalla tua tribù, ho deciso di aiutarvi, essendo un fatto del genere nelle mie possibilità. Perciò mettimi subito al corrente di quanto ti preoccupa e riferiscimi anche i precedenti che ti hanno spinto a tale evidente preoccupazione. Sei contento adesso, amico mio?»

«Grazie, Linciud, per il tuo vivo interessamento alla nostra causa. Ma se esso sarà in grado di dare i frutti che ci hai promessi, ne potremo beneficiare solo io e la mia graziosa compagna, la quale si chiama Gialek e si trova nascosta in un posto sicuro. Vuoi sapere per quale ragione ella si nasconde? Perché gli altri Eliskos, che prima formavano la mia tribù, sono stati tutti assassinati dai Cirsidi.»

«Mi dispiace per loro, Lukrop, se sono giunto troppo tardi e non ho potuto aiutarli, come farò per voi due. Vorrà dire che in seguito, dopo che vi avrò liberati dai vostri nemici, tu e la tua compagna ricomincerete insieme a fare rifiorire daccapo la vostra stirpe. Così essa non si estinguerà per sempre, ma sopravvivrà alle gravi disgrazie che avete dovuto subire. A questo punto, quando vuoi, puoi iniziare il tuo racconto.»

«Fino a poco tempo fa, la mia tribù, cioè quella degli Eliskos, viveva su questo asteroide serenamente. Ne era a capo mio padre Osterp, che tutti reputavano molto saggio ed amante della giustizia. Ma poi sono arrivati i Cirsidi da non si sa dove e hanno cominciato a divorarci, senza che noi potessimo fare qualcosa per difenderci da loro. Si trattava di mostri alati, che avevano una stazza doppia della nostra. Inoltre, erano dotati di due zampe provviste di potenti artigli rostrati e di un becco talmente possente, che riusciva a frammentare una roccia. Il loro numero non superava il centinaio; però essi, dotati com'erano di quelle loro armi micidiali, ci sopraffacevano senza la minima difficoltà, sebbene fossimo cinquanta volte più numerosi di loro. Allora, in preda al panico, anziché impegnarci a combatterli, ci siamo dati a scappare e a cercare un sicuro rifugio, pur di non essere uccisi e divorati da loro. Invece i Cirsidi, ogni volta che sentivano fame, dopo aver scovato una parte dei nostri, li sbranava e se ne cibava. Adesso siamo rimasti solo io e la mia compagna Gialek; ma il nostro destino è segnato, come è stato quello degli altri Eliskos, visto che abbastanza presto ce li troveremo di nuovo addosso, intenzionati ad ucciderci e a fare di noi il loro pasto preferito! Lo sai perché? Io non credo affatto che potrai liberarci da loro.»

«Ti ripeto, Lukrop, che tu e la tua compagna non farete la stessa fine degli altri nativi di Osbus, siccome vi libererò dai vostri nemici senza alcun dubbio, precisamente non appena essi si faranno vivi in questo posto. Vedrai che accadrà proprio come ti ho detto, per cui neppure per loro ci sarà scampo alcuno e verranno annientati dal primo all'ultimo. Se ti stai chiedendo come farò ad eliminarli, lo saprai a suo tempo, ossia quando metterò in azione le mie potenti armi offensive. Tu non devi fare altro che aver fede in me, Eliskos!»

Kronel aveva appena terminato di parlare, allorché erano cominciati a spuntare da ogni parte il centinaio di Cirsidi affamati. Allora la diva, senza attendere che essi si avvicinassero troppo a Lukrop, puntandoli con l'indice della sua mano destra, il quale dava origine a dei raggi verdastri, aveva incominciato a disintegrarli. Agendo così, ella li faceva sparire all'istante. Quando la stessa sorte era toccata anche all'ultimo di loro, la diva, senza neppure salutare il basito Eliskos, aveva abbandonato l'asteroide e si era rimessa subito in viaggio verso i tantissimi nuovi mondi esistenti in Kosmos.


Dopo la sosta fatta sopra Osbus, la diva Kronel aveva ripreso la sua volata, memore ancora dell'esperienza fatta sull'asteroide. Così, dopo un lungo tratto di traversata cosmica, ella aveva deciso di fare la sua seconda sosta su Kloust, il piccolo pianeta solitario orbitante intorno alla stella Tramor. Quest'ultima, a sua volta, si trovava nella parte più australe di Priman, la quale era la prima galassia che si incontrava partendo dall'Empireo. A tale riguardo, bisogna specificare che la sua fermata non era stata accidentale, né tanto meno suggerita dalla sua curiosità. Essa era stata eseguita, poiché l'errante diva aveva individuato uno stato di emergenza proveniente da tale pianeta. Il quale richiedeva il suo immediato intervento su di esso, al fine di liberarlo da esseri malvagi, che seguitavano a torturare il popolo che lo abitava. Ma è permesso apprendere a che tipo di emergenza ci si riferisce e come avesse fatto la diva Kronel a captarla in volo? Certo che sì! Per conoscere ogni cosa in merito alla vicenda, ci basta continuare a seguire attentamente il racconto che sta per essere ripreso senza interruzione sul viaggio della nostra errabonda diva. Ella l'aveva intercettata per puro caso.

A quel tempo, sul pianeta Kloust, il quale era cinque volte più grande della nostra Luna, regnava il saggio re Euroco. Costui, oltre ai due figli maschi Seub e Fert, aveva anche una figlia adolescente abbastanza attraente e virtuosa, la quale era la principessa Seanira. Il sovrano del pianeta e la moglie Gralia volevano un bene immenso alla loro figliola e la stimavano tantissimo, soprattutto per la sua perspicacia e per la sua semplicità. Era stata appunto l'intercettazione di una commovente preghiera della fanciulla a spingere Kronel a cambiare rotta e a concedersi un breve soggiorno su Kloust. Il suo contenuto era stato il seguente:

"O preclari e potentissimi Kron e Locus, che rappresentate le due eccelse divinità di Kosmos e ne costituite i veri fulcri, perché vi mostrate così sordi alle accorate implorazioni di un popolo infelice, il quale è anche costretto alla sofferenza più inumana e all'umiliazione più degradante? Eppure voi due siete stati scelti dai Kloustiani come loro numi tutelari, dedicandovi perfino un tempio: più sontuoso di come si presenta esso non poteva essere costruito! Possibile che siate talmente orbi da entrambi gli occhi, da non accorgervi per niente di coloro che, a vostro dispetto, su Kloust bistrattano la giustizia, disconoscono il bene e si mostrano assolutamente irriverenti verso la sacralità della religione? Non posso crederci, mie potenti divinità! Oramai sono anni che i Kloustiani vivono nella vessazione più snaturata e sono obbligati a subire le peggiori angherie dai sacrileghi mostri senza scrupoli. Essi hanno anche abbattuto i vostri sacri simulacri marmorei, quelli che avevamo eretti nel tempio a vostra gloria e a vostro prestigio. Gli stessi esseri li hanno sostituiti con una statua marmorea del loro dio Detruf, al quale adesso offrono dei cruenti sacrifici umani, immolandogli ogni semestre sette fanciulle native del nostro sperduto pianeta. A chi, se non a voi, possiamo rivolgerci per ottenere l'aiuto necessario per sbarazzarci delle soverchierie dei Tagmi, com'essi si chiamano? A nessun altro!

Perciò, ve ne prego, liberate il mio povero genitore da tante annose frustrazioni, le quali, anno dopo anno, lo hanno prostrato sempre maggiormente, fino a ridurlo in un essere che ha finito per perdere il gusto della vita. Inoltre, infondendogli sconforto e sfiducia a non finire, gli stanno facendo smarrire anche la sua incrollabile fede negli dèi giusti e generosi, quelli che dovreste essere voi due per noi. Anzi, a causa delle sofferenze e delle oppressioni che vengono inflitte al suo popolo, la vita del mio genitore è divenuta una vera geenna. Il suo pessimo stato di salute gli proviene specialmente dal fatto che esse gli fiaccano il corpo e gli annientano lo spirito, trascinandolo in una misera ed umiliante abiezione! Allora vi decidete a venire in nostro soccorso?"

Dopo essersi appartata in un angolo del giardino della reggia, Seanira stava appunto pregando in questo modo davanti alla piccola scultura di marmo raffigurante le due gemelle divinità, allo scopo di richiedere il loro intervento contro gli oppressori del suo popolo. Allora Kronel, facendo la sua improvvisa apparizione, le si era presentata in veste di un anziano pellegrino. Quando aveva avvertito i suoi passi felpati, la giovane principessa aveva appena smesso di pregare con fervida devozione. Rivoltasi poi allo sconosciuto, si era affrettata a domandargli:

«Tu chi sei e da dove sbuchi, forestiero?! In precedenza, non ti ho mai visto frequentare la reggia di mio padre. Mi dici anche cosa ci fai in questo parco? Inoltre, mentre ti avvicinavi a me ed io ero intenta alla mia accesa preghiera, mi hai fatto quasi sobbalzare, a causa della tua presenza improvvisa e non prevista da me! Quindi, vuoi riferirmi chi sei, per favore, oppure desideri obbligarmi a scappare da questo posto, pur di non starti vicina e di non ascoltare alcun tuo discorso?»

«Sono Uldor, il solitario viaggiatore dello spazio, bella principessa. Avendo abbracciato la causa dei derelitti e degli oppressi, ogni volta che me ne capitano sul mio cammino cosmico, volentieri do loro una mano e li privo dei loro torturatori. Poco fa volavo nelle vicinanze del vostro pianeta, quando ho intercettato il tuo sfogo di sconforto. Perciò eccomi a tendervi la mano, nel caso che essa possa fare qualcosa per voi! Ma prima, se non ti dispiace, vorrei essere ragguagliato sui fatti e sugli esseri che si sono resi colpevoli delle vostre tristi vicissitudini. Così dopo mi renderò conto di cosa mi sarà possibile fare per voi, al fine di sottrarvi alle vostre infinite tribolazioni!»

«Nobile Uldor, io sono Seanira, la figlia del sovrano; ma vedo che già mi conosci, se ti sei rivolto a me, chiamandomi principessa. Sono immensamente contenta che tu ti trovi qui tra noi con il solo scopo di aiutarci. Mio padre sarà ben lieto di venire a sapere che finalmente in mezzo a noi è arrivato qualcuno, il quale può e desidera di cuore liberarci della disgustosa presenza dei nostri oppressori Tagmi! Il tuo arrivo lo risolleverà senza meno dall'enorme pena che l'opprime da tempo!»

«Al contrario, Seanira, eccettuata te, nessun altro dovrà essere messo al corrente del mio arrivo sul vostro pianeta, siccome preferisco che esso rimanga un segreto per tutti! Solamente così potrò darvi una mano a togliervi dai guai. Adesso, però, parlami dei mostruosi Tagmi e raccontami ogni cosa su di loro, poiché desidero avere a disposizione più informazioni possibili sul conto di tali esseri abominevoli. In questo modo, potrò architettare una strategia efficace contro di loro, quella che mi permetterà alla fine di combatterli e di annientarli senza alcuna difficoltà! Mi sono spiegato, graziosa principessa?»

Così, in obbedienza alle richieste dello sconosciuto personaggio, la dolce figlia del re Euroco, mostrandosi ben felice di farlo, si era data a narrare l'intera vicenda che stava riguardando gli obbrobriosi mostri, i quali erano diventati i loro oppressori da vari anni. In merito ad esso, ella aveva iniziato il suo racconto, partendo dalla prima comparsa degli spregevoli mostri sul loro piccolo pianeta Kloust, senza tralasciare nessun dettaglio sulla serie degli avvenimenti che vi erano accaduti.