111°-ANCHE PER KUERCOS E LA SUA BANDA GIUNGE LA RESA DEI CONTI

Non appena misero piede nel campo di Kuercos, Iveonte, Francide ed Astoride si videro accerchiare dalla restante banda di masnadieri che vi bivaccavano. Essi, mostrando dei volti ostinati e burberi, facevano il possibile per dare ad intendere ai tre giovani intrusi che le loro vite erano appese ad un filo. C'era chi li scrutava con uno sguardo maledettamente morboso, chi sogghignava loro con sarcasmo, chi invece godeva nell'ideare per loro un martirio lento e penoso; chi infine li fissava con diabolica ostilità, pronto a divorarseli vivi con lo sguardo. Ma essi potevano fare a meno di esprimersi in quel modo. Infatti, i tre giovani, di fronte alle truculente reazioni dei trenta predoni che li accerchiavano, facevano mostra di una impassibilità fuori del comune. Ai loro occhi, quei facinorosi si rivelavano delle autentiche marionette. Per tale motivo, la mimica espressa dai volti di quei brutti figuri, lungi dal produrre sgomento in loro, si palesava ridicolmente farsesca. Perciò riusciva solo a strappare ai loro destinatari un sogghigno o una risatina beffarda.

In quel momento, il loro capo stava ancora nella sua tenda con il suo vice Murzo. Egli era intento a fare con lui una cernita delle ipotesi più probabili, che avessero potuto spingere i ribelli ad inviare nel loro campo i tre pastori. Messo poi al corrente del loro arrivo dai clamori rabbiosi dei suoi uomini, Kuercos subito decise di raggiungerli insieme con il suo luogotenente, che lo seguiva molto da vicino. Una volta che fu al cospetto dei tre giovani pastori, egli si diede a lanciare loro addosso delle occhiate maligne, come se esse potessero fulminarli. Inoltre, appariva simile ad una pantera, la quale stava sul punto di assalire la sua preda indifesa. Infine, con un tono arrogante, chiese ai tre giovani amici che erano venuti a fargli visita:

«Perché i miei uomini ribelli vi hanno lasciati liberi? Posso sapere in cambio di quale servigio? Sono sicuro che sotto c'è qualcosa di torbido! A ogni modo, vi ricordo che la vostra maggiore imprudenza è stata quella di presentarvi al mio cospetto, nelle vesti di alleati dei miei peggiori nemici e senza il vostro gregge! Adesso che siete venuti nel mio campo a mani vuote, non vedo come possiate ingraziarvi i miei uomini e farvi perdonare da loro la vostra improvvida decisione! Non vi accorgete che la immensa rabbia dei medesimi già brama di ridurvi in carne da macello? Prima, però, sentiamo se avete delle risposte sensate da dare alle due domande che vi ho appena rivolto! Ma vi faccio presente che, qualora esse non dovessero risultarmi gradite, considerate la vostra sorte come già segnata, non potendo essere altrimenti! A questo punto, indipendentemente da quello che pensate voi, sono sicuro di essermi spiegato abbastanza!»

Conservando l'intera sua flemma iniziale, Iveonte, senza scomporsi per niente, si diede a parlargli in questo modo:

«Ecco le mie risposte alle tue domande, Kuercos. Come hai supposto, gli uomini che ti si sono ribellati di certo non ci avrebbero restituito la libertà, se non avessero intravisto nella nostra liberazione un loro reale tornaconto, equivalente a un vero affare. Devi sapere che essi hanno acconsentito a concedercela, soltanto dopo che gli abbiamo promesso in cambio la vostra totale eliminazione. Per questo eccoci qui da voi, intenzionati a mantenere la nostra parola di uomini d'onore, dopo averla data ai tuoi ex subalterni! Comunque, vi promettiamo che non vi faremo soffrire neppure un poco, poiché la vostra morte sarà fulminea ed indolore! Invece voi, al contrario di noi, siete abituati a sottoporre le vostre vittime ad un supplizio lento e doloroso, prima di accopparle!»

Le frasi del giovane, le quali per giunta erano state scandite con un tono reciso e con grande disinvoltura, stranamente non provocarono in quegli omacci burberi dei prevedibili schiamazzi di derisione; però esse fecero incupire i loro volti. Tale loro atteggiamento fece meravigliare non poco perfino Murzo, il quale si aspettava ben altro da loro come risposta alle parole di Iveonte, siccome esse erano state offensive e minacciose. A quanto pareva, la fierezza del giovane all'inizio aveva inibito in loro ogni giustificabile esternazione di dileggio; soprattutto si poteva affermare che essi ne erano rimasti come fulminati emotivamente. Perciò si erano ritrovati, a un tratto, in preda ad un blocco psicologico, che reprimeva in tutti loro ogni impulso reattivo. Oppure era un'altra la causa, la quale riusciva a trattenere quella massa di predatori dai loro atti insolenti e provocatori? Ci si riferisce a quelli che essi erano soliti adoperare nei confronti di quanti si trovavano a subire le loro angherie. Ammesso che la risposta fosse affermativa, allora quale poteva essere?

Come era noto, gli uomini di Kuercos avevano sempre incontrato persone, alle quali la paura e la viltà avevano fatto indossare ogni volta l'abito dell'inferiorità. Quei tre giovani, al contrario, sebbene si presentassero nelle vesti di pastori, facevano mostra di una grande superiorità. I loro sguardi vividi ed intelligenti, il loro portamento fiero e nobile, il loro linguaggio sicuro e forbito, nonché il loro fisico eccellente e curato, mai e poi mai li avrebbero indotti a scambiarli per autentici pastori. Per la quale ragione, essi facevano avanzare esclusivamente delle ipotesi, in base alle quali era possibile trovarsi di fronte a dei veri principi guerrieri. In verità, soltanto il loro capo e il suo vice potevano pensarla in quel modo, arrivando perfino a credere che i tre giovani fossero piombati in mezzo a loro, allo scopo di far compiere il vaticinio di Serienno, conformemente ai disegni del destino. Ma in quella circostanza lo avrebbero essi pensato sul serio nella profondità del loro intimo o lo avrebbero ignorato nel modo più assoluto, non ritenendola adatta alla situazione?

Inizialmente neppure Kuercos osò esplodere nelle sue consuete risate sarcastiche. Anch'egli era stato sbalordito dal fatto strano che la totalità dei suoi uomini era stata impressionata parecchio dalle ferme parole del giovane pastore. Pochi istanti dopo, però, essendosi riavuto per primo da tale sbalordimento, il capo dei predoni cercò di scuotere anche la sua masnada di manigoldi da quell'inspiegabile atteggiamento passivo. Il quale, a parer suo, li stava soggiogando in una maniera da definirsi alquanto inusuale. Allora egli, a qualunque costo, volle che venisse ad alimentarsi in ognuno di loro una reazione pari all’occasione. Così, come se volesse agitare delle acque stagnanti al fine di renderle mosse il più possibile, tentò di smuovere i suoi uomini con tali parole:

"Ehi, voi, appestatori di mille terre, autori di infiniti crimini, esecutori di innumerevoli scorrerie, come è possibile che non vi sentiate crepare dentro, dopo avere ascoltato chi è venuto ad annunciarvi la morte? Ve ne restate invece in quell'atteggiamento da rimbambiti, senza reagire con i dovuti provvedimenti a chi sfacciatamente vi ha comunicato il vero motivo della loro presenza in mezzo a voi! Forse vi è venuta meno la suscettibilità di un tempo, la quale è stata fino all'altro giorno causa di numerose carneficine efferate? Ma forse credo di aver capito il vostro insolito comportamento. Risultando essi per voi dei moscerini, la loro presenza tra di voi e le loro parole di minaccia e di sfida non hanno scalfito e turbato per nulla il vostro animo fremente! Sarà stato proprio così, se siete rimasti indifferenti ad esse, miei valorosi uomini!"

Rimbrottati in quella maniera i suoi trenta predoni, Kuercos si rivolse subito dopo di nuovo ai tre giovani, dicendo:

«A questo punto, mi pare che lo scherzo sia durato già troppo, incauti galletti. Perciò vi intimo di palesarmi senza alcuna reticenza il vero scopo della vostra visita, se non volete assaggiare la mia rabbia e quella dei miei uomini! Anzi, vi ordino di sbrigarvi a sciogliere quella vostra maledetta lingua, senza farmi attendere un attimo di più! Altrimenti, mi arrabbio per davvero e per voi saranno guai molto seri!»

«Se continui a minacciarci, come stai facendo, disavveduto Kuercos,» Iveonte gli rispose con molta calma «dubito che riuscirai a cavarci qualcosa dalla bocca. Invece, se tu la smettessi di ricorrere alle minacce, come è tua abitudine fare, in quel caso sì che otterresti da noi più di quanto tu possa aspettarti. Ti assicuro che saremmo noi stessi a metterti sulla strada giusta, ossia quella che ti consentirebbe di essere informato da noi di ogni cosa che vuoi conoscere. A questo punto, mi sono spiegato come dovevo oppure devo ripetertelo ancora?»

«Sentiamo allora cosa avete da riferirci di interessante, pastori da strapazzo, perché siamo tutt'orecchi ad ascoltarvi! Ma guai a voi, se non avete per noi delle ottime informazioni! Se poi doveste risultarne del tutto privi, vi faremmo pentire nella maniera più amara!»

«Ebbene, se vuoi venire a conoscenza del vero obiettivo della nostra missione, è indispensabile che tu ti sottoponga ad una nostra condizione. Vedrai che non la troverai né esosa né umiliante. Il suo contenuto sarà totalmente di tuo gradimento. Scommetto che ti spingerà ad accettarla senza alcuna esitazione. Allora ci tieni a conoscere la nostra condizione oppure la cosa non ti garba affatto, per cui rinunci a venirne a conoscenza? Sei tu, quindi, che devi stabilire se desideri esserne messo al corrente oppure no!»

«Purché non si continui a perdere ancora altro tempo, pastore, puoi cominciare pure a farci presente la tua condizione. Così dopo ti darò anche la mia risposta!» gli rispose il capo dei predoni.

Egli, però, nel proferire le sue parole, aveva esternato un tono di voce alquanto seccato, poiché era stato obbligato ad agire in quel modo. Kuercos, infatti, era apertamente in contrasto con la decisione che aveva preso controvoglia davanti ai suoi uomini. Per la verità, egli aveva acconsentito alla richiesta del suo interlocutore, soltanto perché si era trovato con l'acqua alla gola. Anzi, vedendosi costretto a subire le loro imposizioni, il predone si sentiva assai umiliato dai tre pastori. Comunque, accettava volentieri quella umiliazione, pur di apprendere infine qualche notizia sugli uomini che gli si erano ribellati e che ora odiava a morte per il torto da loro subito. In cuor suo, l’infame predone aveva stabilito di farla pagare anche ai suoi umiliatori, logicamente non appena essi gli avessero fornito l’informazione che intendeva avere. Prima di quel momento, però, avrebbe tollerato da loro ogni imposizione possibile ed immaginabile, anche nel caso che gli fosse risultata sgradita.

Iveonte, da parte sua, dopo che il capo dei briganti gli aveva manifestato la propria volontà di sottostare ai loro patti, sempre in modo tranquillo, riprese a parlargli nella seguente maniera:

«Kuercos, eccoti la nostra condizione. Tu dovrai cimentarti con me nelle armi e, solo se riuscirai ad uccidermi, i miei due amici risponderanno alle tue domande, rivelandoti ciò che ora desideri apprendere da noi. Se poi resterai ucciso, è superfluo aggiungere che da parte nostra ci si asterrà dall’aprire bocca, siccome è risaputo che i morti non possono ascoltare le cose che dicono i vivi. Ma aggiungo che, se dopo la tua morte fra i tuoi uomini ci dovessero essere altri interessati quanto te alla medesima risposta, pure per loro varrebbe la stessa condizione, però con l'apporto di una lieve modifica. Volta per volta, essi dovranno affrontarmi non più singolarmente, ma in numero sempre doppio di quello precedente. Ad esempio, ipotizziamo che io uccida te, dopo i tuoi uomini saranno obbligati a combattere contro di me in due. Se anche quelli dovessero essere uccisi dal sottoscritto, allora i miei nuovi avversari dovranno scontrarsi con me in numero di quattro. E così via dicendo, fino a quando il raddoppiamento non risulterà più possibile, a causa della scarsità di avversari viventi. Ti ho reso bene l'idea, capo dei predoni, o devo ripeterti tutto daccapo, per non aver capito nulla?»

«Non farti illusioni, sciocco pivello! Non ci sarà né il due né il quattro né qualsiasi altro raddoppio, per il semplice fatto che basterò già io a cambiarti i connotati, fino ad ucciderti. Ti garantisco che dopo non sarà in grado di riconoscerti neanche chi ti ha procreato! Perciò non spaziare in fantasticherie irrealizzabili. Volentieri vi affronterei tutti e tre insieme, se la vostra morte non mi creasse il problema che conosci. Infatti, non risparmiando nessuno di voi, dopo non saprei da chi apprendere il motivo per cui i miei uomini ribelli vi hanno mandati da me.»

«Saggia decisione, Kuercos!» approvò Iveonte «Prima, però, vediamo se riuscirai a cavartela come affermi, sebbene io sia il tuo unico rivale nell'imminente duello. Invece ho il presentimento che i miei amici attenderanno invano regolari richieste, da parte di qualcuno di voi, di palesargli l'obiettivo della nostra missione in questo campo! Lo sai perché? Perché nessuno di voi riuscirà a sopravvivere, dopo essersi cimentato con me da solo o con altri compagni! Questa è la pura verità!»

«Bene, mio caro poppante, tra poco sperimenterai che succhiare il latte dalle mammelle materne è cosa ben diversa che maneggiare un'arma. Inoltre, imparerai che fra il pensare una cosa e il realizzarla esiste una sostanziale differenza. Peccato che non potrai mai giovarti di questa nuova esperienza, dal momento che la tua immatura morte, negandoti un avvenire più lungo, non te lo consentirà! Adesso prepàrati a ricevere una bella lezione d'armi. Essa, senza esagerare, per te sarà la prima e l'ultima di questo tipo. Infatti, dovendo tu pagarla con la vita, non avrai modo di trarne qualche profitto per un altro eventuale scontro!»

Così dicendo, Kuercos diede di piglio alla spada. Iveonte, a sua volta, fece altrettanto, mettendosi a scrutare bene l'avversario in ogni sua minima mossa. Allora tutti gli altri predoni si assieparono intorno ai due duellanti e cominciarono a fare parecchio schiamazzo e a tifare per il loro capo. Ma per il momento lo scontro era alla fase di reciproco studio e quindi scarsamente appagante. Nel frattempo, Murzo era andato a collocarsi al fianco di Francide e di Astoride. Adesso, intanto che gli uomini di Kuercos seguivano il combattimento con un interesse acceso, egli si rivolse a Francide e gli domandò trepidamente:

«Sei sicuro che il tuo amico uscirà vincitore dalla tenzone, che egli stesso si è volontariamente cercata? Ora che conosco il vostro modo di fare e di ragionare, mi dispiacerebbe molto il contrario! Non tanto per me, che vedrei morire le mie speranze di riscatto dalla decimata banda di Kuercos, quanto per la sua giovanissima esistenza! Allora, Francide, comprendi la mia attuale preoccupazione per tutti e tre voi?»

«Certo che la capisco, Murzo! Ma cerca di stare sereno, poiché la vittoria del mio amico è indiscussa.» gli rispose fermamente il giovane «Anzi, Iveonte vincerà anche se i restanti predoni, dopo la morte del loro capo, decideranno di accettare la sua condizione. In seguito, perciò, spetterà a te invogliarli a non mostrarsi codardi e a non rifiutarsi di combattere contro il mio compagno con le modalità da lui indicate. Quindi, fin da ora, comincia a pensare in che modo riuscirci, se vuoi farci cosa gradita! Sono certo che non ti mancano le idee per convincerli!»

Nel frattempo Iveonte e Kuercos già si erano scambiati i primi colpi. Essi erano stati espressione non ancora di un attacco decisivo, bensì di un rigoroso accertamento delle reali potenzialità schermistiche dell’avversario, sia nel campo della difesa che in quello dell’offesa. Con sua grande sorpresa, da parte sua, il vecchio lupo si era accorto di aver di fronte un giovane leone agguerrito, il quale era in grado di destreggiarsi abbastanza bene con la spada. Inoltre, dimostrava di avere parecchia esperienza nel combattere, senza presentare alcun angolo nevralgico. Come si era reso conto fin dall'inizio, l'attendeva quindi un combattimento non facile, ma all’insegna di un rischio più temibile del solito. Quanto ad Iveonte, egli si era messo a duellare con molta disinvoltura, essendo consapevole della sua indiscutibile superiorità sull'avversario, il quale poteva contare su un combattimento appena mediocre.

Dopo le prime schermaglie, il duello iniziò ad essere vivacizzato da una foga sempre maggiore e da una combattività assai più incisiva. Solamente allora i colpi si misero a diluviare senza tregua e più poderosi che mai; mentre gli assalti andarono diventando più fieri, più aggressivi e di una pericolosità crescente. Allora nel capo dei predoni ogni sistema di difesa parve divenire più debole, più instabile e più vacillante. Egli, pur di resistere al suo avversario, impegnava tutte le proprie energie, azionava tutte le proprie infinite scaltrezze. Soprattutto faceva scattare le proprie trappole insidiose e si dava a far mostra dell'intera minacciosa ferocia, la quale gli era congeniale. Ma pur ricorrendo a tali accorgimenti ed astuzie, Kuercos non riusciva ad arrivare ad alcun dato di fatto, poiché il suo rivale si mostrava all'altezza della situazione e al di là di ogni sua ottimistica previsione. Egli, a suo giudizio, sapeva ben trasformarsi in una barriera inespugnabile ed inattaccabile, oltre che dimostrarsi qualcosa di eccezionale nel contrattaccarlo, stupendolo moltissimo.

In riferimento a quella tenzone, va chiarito che, se il combattimento si protraeva più a lungo, ciò lo si doveva unicamente ad Iveonte, il quale non aveva ancora deciso di far crollare il suo avversario sotto i suoi formidabili colpi. Ecco perché il suo impegno non era ancora totale in quello scontro. Si poteva invece asserire che esso era proporzionato al grado di capacità offensiva che il nemico metteva in atto, appunto per far sì che il duello si mantenesse acceso e non perdesse di quota! Di ciò, però, poteva essere al corrente soltanto Francide, il quale conosceva benissimo l’immenso valore e le effettive virtualità dell’intrepido amico nel campo delle armi e delle arti marziali!

Quando infine il giovane eroe ritenne che fosse giunto il momento di dare la morte al predone suo avversario, mise in azione maggiori energie. A quel punto, Kuercos si vide sommergere da una raffica di prepotenti colpi, che lo ridussero in un misero tapino. Perciò lo si scorse all’improvviso barcollare, rannicchiarsi in un'angolatura spaziale quasi impossibile e sostenere l'arma più con la forza di volontà che non con le sue forze fisiche. Oramai era evidente che egli stava per stramazzare al suolo ed era quasi perduto. Infine la spada, priva di una impugnatura efficiente, gli saltò di mano e spiccò il volo per andare a cadere al suolo. Allora egli si ritrovò disarmato e in preda ad un'avvilente mortificazione, la quale lo frastornava e gli dava l’impressione che si stesse aprendo un baratro sotto i suoi piedi. Quello fu un momento terribile per Kuercos, pur essendo il predone tanto temuto e così evitato dalla totalità dei carovanieri. Egli, che per più di un ventennio aveva ogni volta accoppato con fredda determinazione e brutalità tutti quelli che si erano trovati ad incrociare la loro spada con la sua, veniva visto finalmente crollare sotto i colpi intransigenti di un giovane schermitore. Costui, facendolo sudare freddo, lo stava scornando sotto gli sguardi attoniti ed increduli di coloro che fino a quel momento lo avevano considerato invincibile.

Ad un certo momento, il volto del famigerato predone fu visto prima farsi vermiglio e violaceo, a causa dell'immensa vergogna; successivamente esso divenne pallido e moribondo per la paura. Ciò, perché Kuercos non era neppure capace di nascondere il suo terrore di fronte alla morte che stava per soggiogarlo, essendo un grande codardo ed incapace di affrontarla con coraggio ed alterigia. In vita sua, come non aveva saputo vincere, così adesso non sapeva neppure perdere e morire da vero uomo. Lo dimostrava il fatto che egli si era messo a lanciare occhiate molto eloquenti al suo luogotenente, come se volesse invitarlo a farsi togliere al più presto da quel suo stato infelice. Il predone non osava ordinarlo apertamente ai suoi uomini, volendo salvare la faccia; ma cercava di far partire l’iniziativa da un altro, in quel caso dal suo vice. In tal modo avrebbe evitato una figuraccia davanti agli uomini che gli erano rimasti. Murzo, invece, dandosi a fare il finto tonto, non si dava per inteso del tacito messaggio del proprio capo, il quale, trovandosi in cattive acque, cercava l'aiuto necessario per uscirne salvo. Egli era desideroso di vederlo annientare per sempre dal valoroso avversario.

Da parte sua, Iveonte non intendeva freddare il suo avversario senza che avesse l'arma in pugno, poiché il dovere colpirlo in quella maniera lo faceva sentire a disagio, non reputandolo giusto. Allora pensò di dare origine ad una situazione tale, che gli consentisse di ucciderlo, in seguito ad una reazione istintiva. Per questo, rivolgendosi a colui che era da considerarsi il più spietato dei predoni, gli parlò nel modo seguente:

«Ti offro ancora una possibilità di rifarti, Kuercos. Così vedrò se sarai in grado di approfittarne! Ma tieni presente che ciò che ti apparirà assai facile in verità potrebbe nascondere una difficoltà grandissima e costarti la vita. Dunque, ti esorto alla massima prudenza, prima di agire in maniera inconsulta! Dopo non dirmi che non ti avevo avvertito, dal momento che ne sono testimoni anche gli uomini che ti sono rimasti!»

Così dicendo, il giovane gli gettò ai piedi la sua spada e fece sei passi all'indietro, la qual cosa fece sgranare gli occhi al rivale. La sua iniziativa fece anche sussultare Murzo, essendo stato colto da un grande spavento. Allora il secondo di Kuercos, considerando il gesto di Iveonte una pura follia, si rivolse di nuovo a Francide e gli disse:

«Ma è forse diventato pazzo il tuo amico, se si è messo in testa di porre fine alla sua giovane età? A mio avviso, quanto egli sta facendo equivale ad un autentico suicidio! Tu cosa credi che succederà, adesso che si è messo scioccamente in una situazione simile? Voglia il cielo che Iveonte non paghi la sua stupida imprudenza con la vita, poiché in tal caso ci rimetteremmo anche noi tutti!»

Francide, per niente preoccupato per il suo amico, gli rispose:

«Non so perché mai sei tanto agitato, Murzo, quando invece non c'è alcun motivo di esserlo! Ti consiglio di non anticipare dei responsi che sono da ritenersi fasulli. Convinciti che il mio amico sa sempre benissimo il fatto suo. Perciò aspetta, prima di giudicarlo! Tra breve, lo vedrai in azione e ti convincerai che avevi torto marcio!»

Il capo dei predoni, non volendo lasciarsi sfuggire la bella occasione che gli era stata offerta dall'avversario, in un attimo si lanciò sull'arma che si trovava a terra, a pochi metri dai suoi piedi. Dopo averla impugnata con ferocia, si mise ad incalzare l'avversario con passi studiati. Oramai egli aveva stabilito di vendicarsi ad ogni costo dell'umiliazione che l'eccentrico giovane gli aveva fatto subire. Allora Iveonte, intanto che indietreggiava con cautela, ad un certo punto, finse un normale incespicamento e si lasciò cadere per terra di proposito, rimanendo al suolo in posizione supina. Alla finta caduta del giovane, che per lui risultava una circostanza propizia, l'imbestialito Kuercos cercò di approfittarne. Per cui subito passò ad allungare un tremendo colpo al suo rivale, come se volesse inchiodarlo al suolo. Iveonte, da parte sua, non si fece sorprendere da esso, pur essendo stato sferrato dall'avversario con rapidità e con eccessiva brutalità. Egli, spostandosi di scatto sulla sua destra mediante una rotazione del tronco, alla fine si ritrovò a stare di nuovo nella sua posizione iniziale. Poi, schivato in quel modo il colpo vibrato dal furioso predone, l'atletico giovane fulmineamente si alzò di scatto e riprese la sua posizione eretta. Ma dovette ancora eludere un suo secondo colpo, prima di essergli addosso e di circondargli il collo con le sue poderose braccia. Una volta conseguita quella presa, egli, scuotendogli bruscamente il capo, all'istante gli provocò la rottura dell'osso cervicale, riducendolo così in fin di vita. A quella rapida mossa del giovane, fu visto Kuercos divenire livido in volto e lasciarsi cadere la spada di mano, non avendo più la forza di reggerla.

Poco dopo, prima che l'ineluttabile morte gli chiudesse definitivamente gli occhi, si rivolse ai suoi uomini, biascicando queste parole: "Ucci...de...te...lo!" Dopo avere impartito a malapena un simile ordine ai suoi predoni, i quali avevano assistito allo scontro come inebetiti, egli crollò per terra come un masso. Oramai l'essenza vitale si era per sempre spenta nel suo corpo rigido e immoto.


La morte del loro capo produsse negli uomini a lui fedeli un enorme sbigottimento, il quale presto si tramutò in una rabbia forsennata e in un conseguente desiderio di immediata vendetta. Per tale motivo, essi si rifiutarono nella maniera più assoluta di seguire il consiglio di Murzo. Costui aveva tentato invano di convincerli ad accettare la precedente condizione posta da Iveonte ed accettata già dal loro capo. Il rifiuto da loro manifestato fu dovuto al fatto che il vice di Kuercos non godeva alcun credito presso di loro, poiché da tempo veniva malvisto da tutti i suoi compagni. Infatti, essi gli avevano sempre rimproverato l'atteggiamento da lui assunto nelle ultime incursioni da loro operate. Nelle quali egli si era sempre mostrato contrario ad ogni atto di violenza e di sangue nei confronti delle loro vittime. Al contrario, i predoni assecondarono volentieri l'invito del loro compagno Asup, il quale, tutto a un tratto, si era dato a gridare loro: "Non ascoltiamo chi non ha mai goduto la nostra fiducia! Invece vendichiamo il nostro capo e riduciamo questi pastori in luride carogne! Come vi siete resi conto, anche Kuercos ci ha invitati ad assalirli, prima di morire!" A quelle sue parole, tutti i suoi compagni diedero mano alle armi ed aggredirono con animosità e spietatezza i tre giovani. Ma costoro, essendo già preparati a fronteggiarli, li accolsero con altrettanto furore e con straordinario valore.

Murzo, dal canto suo, non si mostrò affatto perplesso nell'allinearsi al fianco dei tre giovani pastori. Egli aveva stabilito di dare almeno alla sua morte quel senso di onore e di dignità, che non era mai riuscito a dare alla sua trascorsa esistenza. Anche perché per molti anni aveva sospirato di porre il suo braccio al servizio del bene e della giustizia. La qual cosa, però, gli era stata sempre contrastata dalla sua codardia, che di continuo gli aveva prospettato davanti lo spettro terribile della morte in modo pauroso. In quella occasione, la fierezza e la nobiltà d'animo dei tre valorosi giovani lo avevano aiutato a superare ogni timore della morte e a saper sfidare con coraggio qualunque pericolo. Specialmente adesso che il suo sacrificio equivaleva a dare il proprio utile apporto ad una causa nobile, ossia alla lotta contro il male e alla difesa del bene! In tale circostanza, perciò, egli si sentiva onorato di combattere al fianco di coloro che avevano contribuito immensamente al suo radicale cambiamento ed ora gli stavano anche permettendo di redimersi. Inoltre, essi stavano dando una svolta decisiva alla sua vita, quella che da lungo tempo era vissuta nell'illegalità e nell'immoralità, riscattandola dalla viltà e dal disonore.

Nel frattempo, la mischia, che era divampata senza alcun preambolo, aveva assunto le caratteristiche di un ciclone disastroso ed ora si andava svolgendo con una ostinatezza sempre più accentuata. Dall'una e dall'altra parte, grandinavano colpi all'impazzata e fermentavano assalti impetuosi ed irresistibili. In quel modo, ogni combattente faceva sfogare i propri sdegni e i propri livori, metteva in azione la propria astuzia e il proprio acume, pur di riuscire a schiacciare la controparte. Iveonte, già all'inizio dell'aggressione da parte dei malintenzionati predoni, aveva ferito mortalmente due di loro. Invece adesso, dopo essersi creato un varco davanti a sé con dei colpi insostenibili, ne stava infilzando un terzo. Oramai la sua furia e la sua singolare bravura si erano trasformate in una vera macchina micidiale, che non smetteva di mietere vittime. Poco dopo anche Francide, che già aveva fatto fuori uno dei suoi assalitori, riusciva ad ucciderne un secondo, allungandogli un magnifico colpo alla gola. Un attimo più tardi, invece, egli conseguiva già la tripletta. Infatti, con un'ampia mulinata di spada, produsse un profondo taglio nella pancia di un altro uomo del defunto Kuercos, siccome il tipaccio aveva voluto strafare contro la sua persona. Nello stesso tempo, anche Astoride e Murzo, da parte loro, tenzonavano senza perdere terreno, dandosi a dimostrare ardore ed infaticabilità. Il Terdibano, infatti, aveva già atterrato egregiamente uno dei suoi facinorosi contendenti, il quale lo aveva assalito con alquanta protervia.

Adesso i tre valenti giovani e Murzo, volgendosi reciprocamente le spalle a due a due, si erano disposti in modo da formare una specie di quadrato. Esso consentiva una sicurezza maggiore nell'aspra lotta e faceva evitare ad ognuno di loro il rischio di venire colto alle spalle. Tale disposizione era stata suggerita da Iveonte, nel quale alcune singolari doti di strategia militare già si andavano rivelando innate, presentandosi esse in lui sempre in modo del tutto casuale e sorprendente. Anche se essa questa volta si era presentata in miniatura. Così, con il trascorrere dei minuti, la zuffa tra i combattenti si andò esprimendo con un tono maggiormente aspro e tenace. Anzi, assunse pieghe sempre più pericolose, nonché atteggiamenti sempre più spericolati ed intransigenti. Soprattutto iniziò a porre ai predoni rimasti delle condizioni sempre più tassative, più gravose e più cruente. Insomma, comportò un impegno più risoluto e totale per quelli che cercavano di sopravvivere. Iveonte, Francide, Astoride e Murzo, da parte loro, sapevano bene impegnarsi in quella lotta, che era esplosa con una furia incredibile e continuava a non dare quartiere. Ben presto, però, Iveonte, con abilissimi e precisi colpi, spediva nel regno dei morti altri quattro avversari, i quali erano voluti andare oltre le loro reali possibilità. Simultaneamente, Francide colpiva nel segno ancora per tre volte, mentre i suoi furiosi aggressori cercavano di eccedere in ardimento e in temerarietà. Anche l'impegno di Astoride e di Murzo non risultava infruttuoso, dal momento che poco dopo ottenevano dei risultati concreti. Il primo fulminò altri due suoi pericolosi assalitori con una carica possente; il secondo, invece, assestava un bel colpo mortale alle costole del crudele Asup, trapassandogli uno dei polmoni ed uccidendolo.

Così la lotta continuava con attacchi sempre più terribili e mortali, da parte del quartetto che contrastava positivamente le intenzioni malvagie ed omicide degli irriducibili masnadieri. Murzo, mentre combatteva con tutte le sue forze, in pari tempo si entusiasmava e gioiva immensamente. Egli non aveva mai visto guerrieri così forti, come si mostravano Iveonte e Francide, il cui modo di combattere si dimostrava qualcosa di eccezionale e di fenomenale. Difatti il loro impeto combattivo si palesava straordinario ed irresistibile; mentre la loro scherma la si poteva considerare ineguagliabile ed insuperabile. Tali cose gli infondevano molto giubilo e gli facevano moltiplicare le energie in suo possesso, fino a colmarlo di un ardore inconsueto, il quale non lo faceva mollare e lo teneva saldamente in piedi. In verità, fu proprio mentre si entusiasmava che egli abbatté spavaldamente uno dei suoi due rivali che lo tenevano duramente impegnato. La sua faciloneria, però, permise all'altro avversario di appioppargli una profonda ferita alla gamba. Forse l'altro suo ex commilitone gli avrebbe inferto pure il colpo di grazia, se Astoride non fosse intervenuto con tempestività a trarlo fuori dai guai. Egli, una volta accorso in suo aiuto, subito annientò l'insuperbito predone con un poderoso pugno sul capo, provocandogli una morte immediata.

Il ferimento di Murzo fu accolto con molto malumore e con grande sdegno dai tre giovani amici. Allora all'istante nacque in loro una implacabile brama di vendetta, per cui si provvide a concretizzarla attraverso i loro nuovi colpi particolarmente sdegnosi. Così, in quattro e quattr'otto, Iveonte mutilò mortalmente i suoi ultimi cinque competitori, dopo averli aggrediti con furore forsennato e sconvolgente. Altri quattro predoni ricevettero invece la loro giusta mercede dal bravo Francide, il quale apportò a tutti un grosso buco all'addome, facendoli stramazzare a suolo, urlando e vomitando sangue. Nel contempo, Astoride, con attacchi reiterati e tremendi, si liberava dei suoi due ultimi importunatori, i quali non desistevano dall'attaccarlo. Dopo averli disarmati delle loro spade, egli fracassò i loro crani, percuotendoli forte l'uno contro l'altro.

Sgominata l'intera banda di Kuercos, Iveonte badò subito a zaffare con erbe medicamentose la profonda ferita riportata da Murzo. Dopo, tutti insieme, si condussero al loro campo, dove Zelio ed Ucleo dormivano ancora come due ghiri, avendo vigilato per la maggior parte della notte. Quando li ebbero svegliati, essi gli raccontarono quanto era accaduto nella mattinata nel campo dei predoni. Allora i due giovani fratelli appresero con gioia indescrivibile la fine di Kuercos e della sua banda. Ma anche manifestarono molto rincrescimento, per non aver potuto assistere ad un evento così importante. Essi erano convinti che, se fossero stati presenti allo scontro, ne avrebbero gioito tantissimo.

Da parte sua, Zelio parlò così ai loro tre nobili salvatori:

“Vi ringraziamo di cuore, anche a nome di nostra madre, per quanto avete fatto per noi due, nostri grandissimi ed indimenticabili benefattori. Se non foste intervenuti voi a liberarci e a salvarci, adesso mio fratello ed io saremmo già morti. La nostra genitrice, invece, avrebbe pianto la nostra morte per tutta la vita e con inconsolabile dolore. Ella ha già sofferto abbastanza per la scomparsa del nostro povero babbo. Perciò, aggiungendosi ad essa anche la nostra acerba dipartita, non so, anzi non oso neppure immaginarlo, in che misero stato ella si sarebbe ridotta! Invece, grazie a voi, ogni cosa si è risolta per il meglio e si è tenuta lontana dalla nostra povera madre quella che per lei si sarebbe rivelata di sicuro una immane tragedia senza futuro, poiché la morte sarebbe intervenuta ad annullarglielo. Ora, però, bisogna andare a tranquillizzarla immediatamente, dal momento che ella sarà in preda all'agitazione più folle della sua vita, non avendoci visti rientrare ieri sera con il nostro gregge. Inoltre, la nostra cara mamma vorrà conoscere i salvatori dei suoi diletti figlioli e vorrà ringraziarli di persona, oltre che ricompensarli come meglio le sarà possibile. Ecco perché devo chiedervi con insistenza di onorare la nostra casa, dove vi rifocillerete e vi riposerete. Riguardo a Murzo, egli riceverà da nostra madre quelle cure accorte, che consentiranno alla sua ferita di rimarginarsi completamente e in breve tempo. Dovete sapere che ella è espertissima nel fare rimarginare anche quelle ferite che si presentano di una gravità tale, da farsi considerare inguaribili da tutti gli altri. Dunque, grandi eroi, posso fare affidamento su di voi, promettendomi che verrete ad onorare la nostra casa? Io e mio fratello, come pure nostra madre, ne saremo felicissimi!”

L'invito fu accolto all'unanimità e con immenso piacere dai tre giovani valorosi e da Murzo. Essi erano bramosi soprattutto di assistere alla raggiante gioia che sarebbe brillata sul volto della sventurata donna, al momento del suo incontro con i propri figlioli. Essa ci sarebbe stata senza meno sul viso di lei, dopo essersi trovata davanti ai suoi due adorabili ragazzi, quelli che ormai credeva già morti. Invece, miracolosamente, se li sarebbe rivisti davanti sani e salvi, come se fossero ritornati dall'aldilà all'improvviso.

Alla fine i tre amici, i due fratelli e l'ex predone di Kuercos, dopo aver radunato in due branchi distinti le pecore e i cavalli, si misero in cammino con molta speditezza. Essi intendevano raggiungere al più presto la povera donna, la quale senza dubbio stava vivendo la pena più insopportabile della sua vita. Perciò desideravano privarla dell'atroce tormento che la stava consumando interiormente, arrecandole una immane sofferenza.