110°-IVEONTE E I SUOI DUE AMICI RAGGIRANO KUERCOS

Arrivati nei pressi dell’accampamento, Murzo si separò dai tre giovani, che generosamente lo avevano risparmiato. Prima di allontanarsi da loro, aveva augurato ai suoi salvatori tanta fortuna, dal momento che ne avrebbero avuto un gran bisogno. Poco dopo, simulando una corsa a perdifiato, egli si presentò al suo capo. Costui, intanto che non ritornavano i suoi uomini dalla loro missione notturna, la quale si stava protraendo oltre il tempo previsto, ne attendeva l'esito con un certo nervosismo. Quando poi vide arrivare il suo vice tutto trafelato, senza esserci con lui né i suoi compagni né le pecore né i prigionieri, Kuercos, non sapendo spiegarselo in qualche modo, restò tremendamente indispettito. Allora, volendo essere messo al corrente di ogni cosa della loro missione, poiché ci teneva a sapere perché il commando non era rientrato per intero al campo, si diede a bersagliarlo di domande:

«Murzo, perché ti fai vivo soltanto tu, fra tutti i partecipanti al commando?! Anzi, mi dici dove sono finiti gli altri uomini, che avevi condotti con te al campo dei pastori?! Inoltre, cosa ne è stato dei prigionieri e del loro gregge, che attendevo nel nostro campo?! Noi due eravamo rimasti d'accordo che sareste dovuti ritornarvi tutti insieme, ossia voi, i tre pastori e le loro pecore! Invece non scorgo né i tuoi compagni né i prigionieri né gli ovini! Cos'hai da riferirmi in merito?»

Esternando un finto turbamento, il suo vice si affrettò a rispondergli:

«Kuercos, forse non ci crederai; ma c'è stato un ammutinamento, da parte dei dieci uomini, che ho guidato nella incursione al campo dei pastori. Essi, capeggiati da Rusbo, si sono impossessati del gregge e dei prigionieri. Anzi, mi hanno incaricato di riferirti che di te non vogliono più sentire parlare, dopo quanto hanno udito dai figli di Tio. Hanno aggiunto perfino che, se non sei d'accordo con quanto essi hanno deciso, sei padronissimo di contendere loro il nuovo bottino. Ma te lo sconsigliano, poiché a loro giudizio, se tu osassi farlo, potresti rimetterci le penne. Infine, dopo che ti hanno affibbiato l'appellativo di scamorza, ti mandano a dire che, se ti verrà la voglia di provarci, ti ridurranno in polpette. Quei bifolchi mi hanno perfino disarmato, come puoi vedere! Prima, però, si sono messi ad insultarmi e a schernirmi, asserendomi che ero tuo degno compare. Ecco chi era il Rusbo, nel quale riponevi una fiducia superiore a quella riposta in me! A quanto sembra, Kuercos, egli aspirava più alla tua carica e non alla mia!»

A quelle notizie, le quali gli si erano rivelate una sfilza di provocazioni, il capo dei predoni si infuriò come un demone. Gli pareva impossibile che ciò fosse potuto succedere nella sua banda, essendo stato sempre convinto che egli era temuto dai tutti i suoi uomini, compresi Rusbo e l'attuale suo vice. Facendosi poi uscire la bava dalla bocca, a causa del forte sdegno che provava verso i ribelli traditori, si diede ad esclamare:

«Vedremo chi ridurranno in polpette quei bastardi figli di scrofa! Tra poco sapranno cosa vuol dire mettersi contro il loro capo Kuercos e sfidare la sua ira! Arrivare poi ad affibbiarmi l'appellativo di scamorza, da parte loro è stata una offesa imperdonabile alla mia persona! Presto li farò pentire della loro tracotanza, come neanche se lo immaginano! Ti garantisco, Murzo, che essi me lo pagheranno salatamene il loro torto!»

Dopo essersi sfogato in quella maniera con il suo luogotenente, il quale nascostamente se ne compiaceva, Kuercos, palesando molta inquietudine, gli si rivolse di nuovo e gli ordinò:

«Murzo, sbrìgati a scegliere i dieci uomini da lasciare di guardia al campo e prepàrati a partire insieme con me, poiché bisogna andare a punire quei luridi disertori. Prima di muoverci dal campo, voglio che ti assicuri che i prigionieri sono stati legati come si deve e non possono sfuggirci! Fai presto ad eseguire i miei ordini, per favore!»

Il suo vice si mostrò felice di aver ricevuto quell'incarico dal suo capo. Così, dopo aver operato la scelta degli uomini da lasciare a sorvegliare il campo, si avvicinò ai due giovani pastori. Facendo poi finta di controllare le corde per accertarsi che esse li tenevano strettamente avvinti, riferì sottovoce ai due germani legati:

«Se le cose andranno per il verso giusto, giovanotti, tra poco verrete liberati. Al posto vostro, però, prima di rallegrarmi, aspetterei l'esito finale, che personalmente prevedo ancora incerto! Comunque, sappiate che ci sono delle persone ansiose di liberarvi!»

«Dici davvero, Murzo? Chi sarebbero quelli che vogliono fare per noi quanto hai detto?» gli domandò Zelio «Forse si tratta di gente che ci conosce? Oppure dobbiamo pensare che essi siano i famosi principi, dei quali hai parlato in precedenza al tuo capo?»

«Se devo esservi sincero, bravi giovani, non so chi essi siano realmente.» gli rispose il predone «Ad ogni modo, è gente che già sapeva che voi eravate stati fatti prigionieri da noi. Sono tre pastori più giovani di voi, ma molto coraggiosi. Essi hanno già eliminato gli uomini di Kuercos, che erano stati inviati sotto il mio comando a prelevarli nel loro campo. Io soltanto sono stato graziato da loro. Tra breve, quando il grosso della banda uscirà dal nostro campo, essi vi faranno irruzione, uccideranno quelli che avremo lasciati qui di guardia e vi libereranno. Adesso, però, vi prego di non farmi altre domande, considerato che mi manca il tempo materiale di rispondervi. Inoltre, è meglio lasciarvi, prima che Kuercos si insospettisca di qualcosa. Intesi? Quanto a me, come avete potuto rendervi conto, non mi ritengo più un membro della banda, essendo passato dalla parte dei vostri imminenti liberatori. La qual cosa dovrebbe spiegarvi il mio nuovo atteggiamento, il quale giustamente potrebbe risultarvi incomprensibile. In bocca al lupo, dunque, miei ragazzi dabbene!»

Iveonte, Francide e Astoride, non appena Kuercos ebbe abbandonato il suo campo con il grosso dei suoi uomini, senza perdere tempo vi fecero la loro irruzione. Ma lì i tre giovani all'improvviso si videro accerchiare dai dieci predoni che erano rimasti a guardia del campo. Essi iniziarono ad adoperare termini poco simpatici e del tutto offensivi nei loro confronti, emettendo nello stesso tempo delle fragorose risate. Queste ultime, che potevano essere soltanto di scherno, ebbero vita breve sulle loro labbra sghignazzanti. Quei terribili briganti, infatti, contrattaccati risolutamente dai loro avversari non con parole taglienti ma con lame perforanti, ne rimasero tutti e dieci trafitti in un battibaleno, senza avere il tempo di capirci qualcosa. L'azione offensiva dei tre giovani era stata così immediata ed incisiva, che il gruppo dei predoni non aveva avuto neppure il tempo di avvertirla e di reagire ad essa. Per cui le loro mosse, che erano state fulminee nello sterminare quel manipolo di malandrini, erano apparse incredibili agli occhi di Zelio e di Ucleo. Per questo i due fratelli si erano andati chiedendo se il loro babbo sarebbe stato altrettanto in grado di compiere una simile impresa, da loro ritenuta quasi impossibile. A dare credito alla loro madre, indubbiamente sì, essendo egli insuperabile nell'uso delle armi e nelle arti marziali!

Uccisi i ribaldi uomini di Kuercos e fatti scappare i loro cavalli, Iveonte e i suoi amici si affrettarono a liberare i prigionieri. Dopo, insieme con i due fratelli, badarono a raggiungere il loro gregge, facendo attenzione a non incrociare il resto della banda, che già doveva essere di ritorno al loro campo. Difatti, in quello stesso momento, anche Kuercos e i restanti suoi uomini stavano ritornando a spron battuto al loro accampamento, con la rabbia che sprizzava a tutti loro dagli occhi. Ma qual era il motivo di tanta loro stizza? Ebbene, essendo pervenuto al campo dei pastori, dove era sicuro di trovare gli ammutinati ad attenderlo, Kuercos invece non vi aveva trovato nessuno di loro, nemmeno i tre pastori prigionieri. All'istante allora si era considerato giocato dai suoi ex uomini ed aveva anche ipotizzato che essi, approfittando della sua assenza, fossero andati a far visita agli altri compagni. Secondo lui, ci sarebbero andati con l'obiettivo di invitarli ad unirsi a loro, se non proprio quello di annientarli, nel caso che non avessero accettato la loro proposta.

Così, allarmato da una eventualità del genere, Kuercos, senza attendere oltre e con gli uomini che ancora restavano al suo comando, si era affrettato a rientrare nel suo campo, volendo arrivare in tempo e dare manforte a quelli che lo proteggevano. Soprattutto intendeva impartire una lezione esemplare ai rivoltosi assalitori, i quali, oltre ad essergli sfuggiti, probabilmente adesso lo stavano ancora burlando, poiché lo stavano facendo figurare un autentico pivello. Invece, quando fece irruzione nel campo, egli dovette constatare con grande stizza di esservi giunto ancora in ritardo. Oltre a trovarvi ammazzati tutti gli uomini che vi aveva lasciato di guardia, vi erano anche spariti i loro cavalli e i due prigionieri. A dire la verità, egli comprese benissimo lo stratagemma, a cui erano ricorsi gli uomini che gli si erano ribellati al fine di danneggiarlo, senza poter fare a meno di ammirarlo. Invece non riusciva in nessun modo a capacitarsi del perché essi non si erano liberati subito dei prigionieri, i quali per loro potevano rappresentare ingombrante zavorra. Secondo il suo parere, quel particolare costituiva il solo neo esistente nel loro astuto piano, la cui paternità era da attribuirsi all'intraprendente suo ex uomo Rusbo, divenuto adesso suo acerrimo rivale.

A quella nuova disfatta, Kuercos si imbestialì ed avrebbe voluto ancora vendicarsi senza perdere tempo. Ma poi, pensando che non gli conveniva mettersi alla ricerca dei ribelli nel cuore della notte, perché così sarebbe stato al loro gioco, rimandò all'alba tutti i suoi propositi di vendetta. Nel frattempo, però, occorreva stare all'erta nel campo, se voleva evitare altre brutte sorprese e non intendeva subire un ulteriore smacco, da parte degli insuperbiti ribelli. Murzo, da parte sua, nello scorgere trafitti a morte i dieci uomini di Kuercos, non poté fare a meno di meravigliarsene grandemente. Il suo stupore maggiore scaturiva dal fatto che questa volta i tre giovani pastori non avevano adoperato archi e frecce per ammazzare i loro avversari; ma erano ricorsi all'uso delle spade. Essi avevano affrontato in un combattimento corpo a corpo i dieci predoni, che erano stati lasciati a sorvegliare il campo. I quali, per far parte della loro banda, sapevano destreggiarsi bene nelle armi! Inoltre, senza dargli neppure il tempo di ricorrere alle spade, i tre giovani se ne erano sbarazzati alla svelta, visto che non si erano fatti sorprendere nel campo al loro ritorno. Infatti, il terribile Kuercos e i suoi uomini sanguinari erano stati dei veri fulmini nell'andare via dal campo e farvi ritorno! Allora quella loro impressionante velocità nell'agire lo fece ricredere nei confronti dei tre pastori, per cui egli incominciò ad avere una differente opinione di loro. Confidò perfino in una loro vittoria finale sulla banda di Kuercos, alla quale egli non si sentiva più di appartenere. Iniziò anche a porre la speranza in una sua prossima liberazione dal feroce predone.

Nel frattempo, i tre giovani amici, insieme con i due fratelli liberati, erano già pervenuti al loro campo, dove i fuochi si mantenevano ancora accesi e sfavillanti. Una volta giunti in quel luogo, Iveonte consigliò a tutti di darsi ad un buon sonno ristoratore. A suo parere, esso li avrebbe mantenuti in sesto per l'alba, la quale si prevedeva alquanto burrascosa. Il sagace giovane era certo che l’incavolato capo della banda non avrebbe più tentato alcuna sortita almeno in quella notte; ma se ne sarebbe rimasto nel suo campo a meditare e a struggersi dall’ira e dal livore.

L'incubo che i suoi uomini ribelli potessero procurargli altre sorprese durante le ore notturne non gli avrebbe fatto chiudere occhio fino al mattino. Al contrario, procurandogli l'insonnia, lo avrebbe tenuto in una snervante agitazione per l’intera nottata. La quale, quindi, a causa di tali acque agitate, si sarebbe presentata più lunga del solito. Ma nonostante la certezza manifestata da Iveonte circa le sue considerazioni, essa non fece presa sugli animi di Zelio e di Ucleo. I due fratelli, che si attendevano di tutto dal crudele Kuercos, non si fidarono delle sue parole. Perciò, ritenendo imprudente lasciare il campo privo di vigilanza, vollero offrirsi come guardie notturne, fino a quando non fosse spuntata l'alba del nuovo giorno. Il giorno dopo, quando il luccichio di qualche stella restava ancora ad agonizzare nel cielo, i tre impavidi giovani si svegliarono. Allora scorsero i due pastori liberati in preda ad un sonno profondo, siccome essi si erano addormentati da poco. Avendo poi stabilito di non destarli, essi lasciarono silenziosamente il loro campo e si diressero verso quello dei predoni, siccome erano animati da nobili propositi. Ma il loro ingresso nel campo nemico non avvenne di soppiatto, come aveva immaginato Murzo; invece ebbe luogo alla luce del giorno e con i predoni che già erano preparati a riceverli sonnolenti.


Si può sapere come aveva trascorso la notte il feroce Kuercos? Esattamente come aveva pensato Iveonte. Il predone aveva preferito trascorrerla senza ricorrere ad alcuna azione bellica, non trovandola conveniente per lui, che disponeva di un numero di uomini doppio di quello di Rusbo. Egli era stato della convinzione che la superiorità numerica dei suoi sgherri gli avrebbe fatto ottenere un successo maggiore sui ribelli, quando il sole era già sorto. Infatti, non si potevano operare tranelli da parte loro in pieno giorno. Per questo Kuercos aveva voluto che i suoi uomini trascorressero le ore notturne, standosene rintanati nel loro campo e dedicandosi ad una rigida sorveglianza. Egli stesso aveva evitato di chiudere occhio, temendo altre defezioni tra le file dei banditi, che erano rimasti dalla sua parte. Se ciò fosse avvenuto, lo scaltro capo non intendeva farsi sorprendere nel sonno dai suoi nuovi ipotetici ribelli. Così, intanto che non trascorreva la notte, oltre a paventare qualche altra insubordinazione fra gli uomini che gli restavano ancora fedeli, Kuercos si era torturato l'animo nell'assistere al lento scorrere delle ore. Comunque, per lui solo esse erano divenute quasi interminabili, considerato che non gli permettevano di vendicarsi con sollecitudine del tiro mancino, che una parte dei suoi predoni gli aveva giocato.

Alla fine, assalito da una ossessione inquietante, egli aveva mandato a chiamare l'amico Murzo. Dopo che il suo luogotenente lo aveva raggiunto, senza farsi attendere molto, lo aveva trattenuto presso di sé, poiché desiderava scambiare quattro chiacchiere con lui e rendere così le ore più spedite nel loro scorrere notturno. All’inizio, il temuto capo aveva invitato il suo vecchio amico a parlargli del come e del perché era sorta la ribellione tra i suoi uomini fidati, i quali, così facendo, si erano dimostrati incoscienti e parecchio ingrati nei suoi confronti. Inoltre, non gli aveva nascosto l'idea che si era fatta in merito ad essa, secondo la quale senz’altro era stato lo scaltrito Rusbo il fomentatore di quell'aperta rivolta che non ci sarebbe voluta, per non averlo egli promosso a suo vice. Murzo, da parte sua, aveva saputo cavarsela a meraviglia nel dargli a bere varie frottole di una originalità personale. Esse lo avevano convinto che i suoi sospetti su Rusbo e sulle sue rivendicazioni avevano davvero un solido fondamento. Inoltre, più di una volta, erano valse ad inoculargli un maledetto malessere nell’animo, avvelenandogli in quel modo maggiormente la traballante esistenza.

Ai primi chiarori dell'alba, Kuercos ordinò al suo luogotenente di far preparare gli uomini che gli erano rimasti fedeli e di tenerli pronti per la grande manovra punitiva. Allora Murzo, prima di eseguire gli ordini del capo, volle rendersi conto se i tre giovani pastori fossero già in arrivo. Per cui andò ad accertarsi se, nella penombra del nascente giorno, già si intravedevano all'orizzonte le loro sagome in avvicinamento. Così si convinse che essi avevano deciso di fare sul serio, visto che avanzavano con passi ardimentosi verso il loro campo. Il qual fatto infuse in lui, in pari tempo, una gioia e un tremito, non sapendo come sarebbero andate le cose all’arrivo dei tre pastori nel loro campo. La sua preoccupazione era dovuta al fatto che egli non conosceva ancora l'esatto valore di quei giovani coraggiosi, anche se si erano già dimostrati abbastanza in gamba. Ma adesso era da vedersi fino a che punto la loro valentia si sarebbe imposta sul resto della banda di Kuercos. Il suo assillo era il seguente: Avrebbe essa avuto un sopravvento pieno e sovrano sui predoni, tale cioè da neutralizzare i pericoli, che sarebbero potuti derivare dallo scontro? In pari tempo, egli aveva anche espresso un vivo auspicio perché la medesima riuscisse a frantumare quella ignobile accozzaglia di odiosi briganti. A ogni buon conto, bisognava ancora attendere le loro mosse future, prima che la verità affiorasse dai suoi dubbi e dalle sue non poche incertezze che lo attanagliavano.

Dopo quelle sue riflessioni, Murzo se ne ritornò dal capo e lo mise al corrente dell'avvicinarsi dei tre giovani pastori. La notizia fece stupire moltissimo Kuercos; ma anche lo indusse a credere che i suoi uomini ribelli gli stessero tendendo una nuova insidia. Altrimenti, perché mai essi avrebbero restituito la libertà a quei tre pastori? Avvalorava la sua tesi il fatto che essi, anziché sparire dopo dalla circolazione, si stavano invece dirigendo con fermezza proprio verso il suo campo. Per questo il capo dei predoni non si astenne dal domandarsi a un tempo quali intenzioni essi celassero oppure portatori di quale ambasciata fossero. Alla fine, però, rinunciò ad azzardare delle risposte a quelle domande che si era rivolte da solo in quell'istante. Secondo lui, assai presto egli avrebbe appreso ogni cosa direttamente dalla loro bocca.

Mentre i tre amici avanzavano, lo sterminatore preferì ordinare ai suoi predoni di prepararsi a ricevere degnamente i tre sciocchi pastori. Egli, pur essendo sicuro che essi stavano operando in combutta con i suoi uomini ribelli, ignorava con quali mansioni ed intenti. Comunque, si ripromise di far pentire amaramente quegli agnellini di aver voluto sfidare con impavido coraggio la tana del lupo. Kuercos, perciò, non fu sfiorato neanche lontanamente dal dubbio che quelli potessero essere dei giovani leoni dotati di artigli potenti. Per cui non avrebbero faticato neppure un poco a sbranare anche dei vecchi lupi, quali si dimostravano lui e i suoi uomini, che si presentavano vaccinati contro tutti i pericoli.