109°-IL COMMANDO DI KUERCOS NEL CAMPO DEI NUOVI PASTORI

Le tenebre erano appena calate, quando il capo dei predoni inviò uno degli uomini della banda a riferire al suo luogotenente di raggiungerlo con urgenza nella sua tenda, siccome aveva bisogno di lui. Egli intendeva affidargli una missione importante, la quale era da portarsi a termine durante l'ora successiva alla mezzanotte. Quando il suo vice gli si presentò con una certa sollecitudine e restò in attesa di conoscere il motivo della sua convocazione, Kuercos cominciò a dirgli:

«Murzo, ho deciso di assegnarti un incarico di fiducia. Esso dovrà essere espletato da te dopo la mezzanotte. Ti raccomando di non deludermi, come hai già fatto nelle recenti scorrerie. Negli ultimi tempi, se non mi sono sbagliato, mi è parso di notare in te un calo di impeto e di aggressività nelle varie incursioni da noi condotte sia contro i mercanti sia contro i coloni. Perciò questa notte cerca di dimostrarmi che non è vero e che ho interpretato male il tuo atteggiamento nelle nostre scorribande. Non ti nascondo che c'è in gioco la tua luogotenenza, alla quale il tuo compagno Rusbo aspira da tempo. In verità, se non ho ancora preso in considerazione le sue legittime aspirazioni, è perché mi lega a te un'amicizia di vecchia data, la quale risale ai tempi della nostra reclusione nel carcere di Dorinda. Ma un esito negativo dell'operazione che sto per affidarti, ti avviso già adesso, mi costringerebbe a non tener conto della nostra amicizia e ad appagare il desiderio del tuo commilitone Rusbo a subentrarti, senza pensarci due volte! Nell'esprimerti il mio pensiero, ti sono stato esplicito? Comunque, più chiaro e tondo di così non potevo essere! Quindi, stanotte mi attendo da te un radicale mutamento, se vuoi che la tua immagine si riabiliti agli occhi miei!»

«Kuercos, sono sicuro che tra di noi ci sono stati degli indubbi malintesi, non avendo io mai tradito la tua fiducia. Ti posso assicurare che si è trattato unicamente di una tua impressione, la quale non ha niente a che vedere con la realtà dei fatti! Mi dici adesso quale sarebbe la nuova operazione, che dovrei condurre in porto dopo la mezzanotte? Sono ansioso di conoscerla, di intraprenderla e di compierla in modo efficiente, pur di renderti soddisfatto e farti recuperare la persa fiducia in me!»

«Murzo, con dieci uomini al tuo seguito, dovrai pervenire al campo dei tre pastori, che bivaccano a poca distanza da qui. In quel luogo, dovrai prima sorprenderli nel sonno e poi farli prigionieri, traducendoli qui da me. Se non erro, è da molto tempo che nella mia banda non ci si allena in incursioni notturne, la qual cosa vi sta rendendo tutti un po' infingardi e pappamolle! Dunque, concludimi questo raid a regola d'arte, poiché mi preme interrogare i futuri prigionieri su alcune cose, prima di ammazzarli. Se non ti dispiace, gradirei che ci fosse pure Rusbo fra gli uomini che saranno al tuo comando. Così mi sentirò più tranquillo, quando andrete a concludere la vostra nuova missione!»

«Perché dovrebbe dispiacermi, Kuercos, se i tuoi desideri sono per me degli autentici ordini? Inoltre, sono convinto che la presenza di Rusbo nel commando di stanotte, dagli imprevisti incerti, potrà solo rincuorarmi, visto che mi farà sentire più al sicuro! Invece, riguardo alle loro pecore, quali sono le tue disposizioni? Hai già pensato a come dobbiamo regolarci con esse? Se ce lo dici, lo faremo senza meno!»

Kuercos, che proprio in quel momento stava scrutando la buia volta celeste con una evidente preoccupazione, non rispose all'istante alle ultime parole del suo vice, le quali si erano espresse, formulandogli una regolare domanda. Un attimo dopo, però, sempre tenendo lo sguardo fisso su quella parte di cielo che i suoi occhi continuavano ad esplorare assai preoccupato, anziché esprimersi con una risposta, egli fece notare:

«Se non sono in errore, Murzo, questa notte il tempo ha tutta l'aria di dar luogo ad un temporale. Non vedi che la luna fa capolino tra le frenetiche nuvole, mentre si rincorrono sature di pioggia? Perciò, nel caso che nella nottata dovesse piovere, sarebbe opportuno avere entrambe le greggi nel nostro addiaccio. Per la quale ragione, sarei propenso a chiedervi di trasferire pure esse presso il nostro campo.»

«Già, non hai torto, Kuercos.» constatò Murzo, sbirciando pure lui una occhiata verso il cielo «Allora, visto che durante la nottata potrebbe scatenarsi un furibondo acquazzone in quest'area, hai fatto bene a consigliarmi di condurre anche le pecore dei tre pastori presso di noi. Tenendole di continuo sott'occhio, qui potremo controllarle meglio!»

Kuercos, essendosi reso conto che l'amico la pensava come lui in merito al tempo meteorologico, smettendo di apparire esitante, si affrettò ad aggiungergli:

«Allora, Murzo, conducete pure le altre pecore nello stazzo che abbiamo preparato per custodirvi quelle dei figli di Tio. Anche perché esso, oltre a non essere fuori della nostra portata, si presenta meglio riparato e più controllabile a vista da parte nostra. Credo di esserti stato chiaro.»

«Kuercos, puoi stare tranquillo, in merito ai tuoi due ordini! Vedrai che questa notte li eseguiremo entrambi, esattamente come me li stai impartendo in questo momento! Perciò non preoccupartene!»

Più tardi, dopo aver avvisato Rusbo della missione che era stata ordinata dal loro capo, lo incaricò di scegliere altri nove uomini che, a suo parere, si dimostravano più in gamba in azioni notturne. Così, una volta che fu formato, il commando attese che giungesse la mezzanotte, prima di incamminarsi verso il campo dei tre pastori. Esso era lontano appena due miglia e richiedeva pochissimo tempo per essere raggiunto. Perciò, quando infine giunse l'ora di partire, esso si mosse speditamente dal loro campo per raggiungere i tre pastori da far prigionieri. Strada facendo, Murzo provava una grandissima pena anche per i nuovi tre giovani, poiché i poveretti, senza essersi macchiati di alcuna colpa, erano destinati a morte precoce. Era da tempo che l'incallito predone andava provando simili rimorsi, i quali a volte gli suggerivano perfino di lasciare la banda di Kuercos. Egli, però, era convinto che la sua diserzione gli avrebbe scatenato addosso l'ira e la vendetta del suo capo. Per cui, essendo certo che non sarebbe scampato alla morte se l’avesse disertata, continuava a restare malvolentieri nella famigerata banda. Ma pur continuando a restare in essa, in tutte le scorrerie da loro eseguite, Murzo evitava ogni spargimento di sangue ed uccideva solo quando l'avversario l'obbligava a farlo. Quel suo comportamento, alla fine, non era sfuggito ai compagni e allo stesso Kuercos. Perciò gli altri predoni avevano cominciato a trattarlo con disistima e con un certo distacco. Oramai tutte quelle mostruosità, che venivano commesse da tempo senza alcuna compassione dai membri della banda, risultavano a Murzo inconcepibili e destavano in lui esclusivamente grandissimo ribrezzo.

Ecco perché, da un po’ di tempo, erano tante le domande che Murzo si andava ponendo in merito. Perché rapinare e anche uccidere, quando invece essi potevano limitarsi alla sola rapina? Inoltre, perché assalire ed uccidere senza pietà dei pastori disgraziati, i quali già si sacrificavano per intere giornate, al fine di guadagnarsi da vivere? Insomma, la loro era una banda di rapinatori oppure di assassini? A quanto gli risultava, a parte lui, in essa tutti uccidevano non per forza maggiore, bensì soltanto per il gusto di ammazzare. Egli, che non comprendeva neppure un poco quel loro atteggiamento, adesso iniziava perfino ad aborrirlo con tutto sé stesso. Perciò, visto come stavano le cose, in un modo o in un altro, doveva tirarsi fuori dalla banda prima possibile, ammesso che ci fosse stata l'occasione favorevole per farlo. La sua speranza di uscirne adesso si appigliava soltanto all'entrata in scena dei principi giustizieri, quelli che erano stati vaticinati dall'indovino Serienno. Ma in quale giorno essi si sarebbero fatti vivi? Solo dopo il loro arrivo, egli avrebbe avuto l'opportunità di sganciarsi da essa e di mutare finalmente esistenza. A condizione, però, che fosse riuscito a scappare in tempo oppure ad avere salva la vita da tali eroi. Così facendo, avrebbe anche fatto contenta la sua cara madre, la quale era passata a miglior vita da parecchi anni.


Murzo era appena riemerso dalle sue tante riflessioni fatte sui propri compagni d'armi, allorquando si giunse nei pressi del campo dei pastori. I quali, contro ogni loro aspettativa, non se la dormivano; al contrario, essi erano bene all'erta e già preparati a riceverli con tutti i riguardi. Ma quando erano ad un centinaio di metri da esso, il luogotenente di Kuercos ordinò ai suoi uomini di fermarsi, di smontare dai loro cavalli e di legare le bestie a degli alberi, che si trovavano nelle vicinanze. Subito dopo, egli si incamminò alla loro testa verso il campo dei nuovi pastori, i quali per lui risultavano dei poveri sfortunati. In quella circostanza, i predoni avanzavano a piedi e con la massima silenziosità. Una volta che lo ebbero raggiunto, il cauto Murzo inviò i suoi subalterni a catturare i pochi proprietari del gregge, assegnando il comando a Rusbo. Egli, invece, con la scusa che avrebbe sorvegliato il campo dall'esterno, non prese parte alla loro cattura; ma si tenne in disparte, a poca distanza da esso. Stando poi in quel luogo, attese l'esito dell'incursione. La quale, a suo parere, di sicuro non sarebbe stata a vantaggio dei tre pastori. Infatti, essi prima sarebbero stati sorpresi nel sonno dagli uomini posti al proprio comando e dopo sarebbero stati fatti loro prigionieri.

Così, pochi minuti dopo, i predoni, ventre a terra e con il pugnale stretto fra i denti, invasero il campo dal lato di Iveonte e di Francide. Costoro, a loro volta, avevano già a portata di mano sia gli archi che le frecce. Naturalmente, l'accorta penetrazione degli intrusi nel loro campo non sfuggì ai due giovani sorveglianti. Essi, dopo essersi accertati che il commando era formato soltanto da quei dieci uomini che scorgevano, non persero tempo a liberarsene in pochi istanti. Colpendoli tutti alla gola con le loro silenziose saette, a cominciare dall'ultimo della fila, li fulminarono sul posto, senza dargli neanche il tempo di rendersi conto dell'agguato che stavano subendo da parte di coloro che avrebbero dovuto catturare. Ad uno solo di loro, ossia al capofila, il quale risultò essere proprio Rusbo, essi inflissero una bella trafitta ad una gamba, facendogli emettere un acuto grido di dolore.

Il predone, nonostante avesse la gamba sanguinante e molto dolente, la quale gli imponeva un’andatura claudicante, nello scorgere gli altri compagni stecchiti al suolo, tentò di sfuggire all'agguato che gli avevano teso i tre pastori. Dopo aver superato l'area del campo, egli si trovò faccia a faccia con Murzo. Costui, non appena ebbe appreso da lui che i restanti compagni erano rimasti uccisi nell'operazione, subito diede di piglio al pugnale e lo trafisse più volte all'addome. Mentre lo colpiva ripetutamente, seguitava a gridargli: "Seguili all'inferno, Rusbo, perché quello è il posto che tu e i tuoi compagni vi meritate! Invece per me è giunta l'ora della definitiva liberazione!"

Il gesto e le parole di Murzo non erano sfuggite ad Astoride, il quale sopraggiungeva proprio in quel momento. Il giovane, vedendo poi che il predone si accingeva a svignarsela, all’istante gli saltò addosso e lo immobilizzò. Di lì a poco, essendo accorsi pure Iveonte e Francide, i tre giovani tradussero nel loro campo il prigioniero, il quale non oppose la minima resistenza. In quel luogo, Astoride mise al corrente i due amici dello strano comportamento assunto dal predone catturato. Allora, incuriosito, Iveonte volle subito interrogarlo per farsene una giusta idea. Secondo lui, le circostanze avevano dato ad intendere sul conto del predone delle cose che non erano completamente chiare. Per questo, ammesso che il prigioniero non si fosse rifiutato di collaborare, egli intendeva approfondirle meglio possibile. A tal fine, si diede a chiedergli:

«Chi sei, sconosciuto, e perché ti trovavi nelle vicinanze del nostro campo, mentre venivamo assaliti da uomini dalle cattive intenzioni? Oltre a ciò, voglio sapere da te perché hai ucciso quello che noi avevamo solo ferito con l'intento di farlo cantare su varie cose che ci interessavano. Quindi, volente o nolente, ora toccherà a te farlo, al posto suo!»

«Io sono Murzo e guidavo coloro che si sono introdotti nel vostro campo con l'intenzione di sorprendervi nel sonno, di farvi prigionieri e di impadronirsi delle vostre pecore. A ogni modo, mi dichiaro disponibile a rispondere a ogni vostra domanda, al posto del mio compagno che io stesso ho ucciso. Così sarò lieto di rimediare al torto involontario che poco fa vi ho arrecato, uccidendolo alla svelta e senza pietà.»

Fu la risposta del predone, senza smettere di lanciare occhiate in ogni direzione. Egli cercava di scorgervi le rimanenti persone che avevano partecipato alla carneficina dei suoi uomini. A suo parere, quei tre giovani, da soli, non potevano averla avuta vinta con facilità contro i duri individui che avevano fatto parte del suo commando. Ma si poteva sapere dove si tenevano nascosti gli altri pastori, che non si vedevano?

Da parte sua, Iveonte seguitò a parlargli così:

«Allora, visto che sei disposto ad aprire bocca e a collaborare con noi, informaci se hai altri compagni, oltre a quelli che abbiamo uccisi, in un altro posto. Se ne hai, vogliamo sapere quanti sono e dove si trovano. Ma soprattutto ci devi spiegare perché hai ucciso il tuo stesso compagno, mentre egli tentava di scappare dal nostro campo!»

«In verità,» gli rispose l’uomo di Kuercos «non ho da darvi alcuna spiegazione sul mio comportamento, poiché il motivo, che mi ha spinto ad agire come sapete, è piuttosto semplice. Prima, però, voglio farvi conoscere il mio nome, il quale è Murzo. Ebbene, vi faccio presente che per molti anni sono stato costretto a far parte di una banda di autentici criminali, i quali, pena la morte, non mi hanno mai permesso di defezionare. Perciò, in tutto questo tempo, ho sempre sperato invano la circostanza che mi permettesse di sganciarmi da essa. Forse stanotte, non avendo contro più nessuno che me lo impedisse, ci sarei riuscito senza meno, se uno di voi non mi fosse piombato addosso, fermandomi. Ciò che vi ho riferito dovrebbe aiutarvi a comprendere il comportamento da me assunto nei confronti dell'altro appartenente alla nostra banda.»

«Sarà senz'altro come affermi, Murzo; però, per il momento, non ci interessano i tuoi rapporti avuti con gli altri masnadieri. Quindi, rispondi soltanto alle domande che ti ho fatto prima, in merito alla vostra banda! Farai meglio, se ti affretti a dare le risposte alle nostre domande!»

«Per quanto attiene alle altre notizie che mi hai chiesto anche a nome dei tuoi compagni, ho da farvi presente che poco lontano da qui sono accampati i restanti uomini della banda, i quali adesso sono diventati una quarantina, compreso il loro capo Kuercos. Essi, se non mi vedranno ritornare con gli altri uomini posti al mio comando e con voi fatti prigionieri, si insospettiranno ed accorreranno subito qui. Allora per voi sarà la fine. Dunque, finché il tempo ve lo permette, vi consiglio di scappare lontano! Io verrei con voi, sempre che me lo consentiste. A mio parere, ci conviene addentrarci nella foresta, se vogliamo sfuggire ad una loro aggressione senza scampo. A tale riguardo, vi chiarisco meglio le idee. Ci conviene più affrontare le insidie di un luogo simile, anziché andare incontro alla furia della banda di Kuercos. Essa è costituita da sanguinari predoni, senza religione e senza compassione! Ve lo garantisco!»

«Ciò che è da farsi, Murzo, lo decidiamo noi e non puoi essere tu a suggerircelo.» lo contraddisse Iveonte risolutamente «Adesso, però, abbiamo bisogno di sapere se il tuo capo Kuercos tiene prigionieri presso il vostro campo due giovani pastori, i quali dovrebbero essere stati catturati da poco da voi. Per noi è molto importante venirne a conoscenza!»

«Certo che essi sono nel nostro campo! Ma voi come fate ad essere al corrente della loro cattura? Mezz'ora prima del vostro avvistamento, la nostra banda li aveva già sorpresi, mentre se ne ritornavano a casa con il loro gregge. Se sono vostri amici o parenti, sapete anche che i poveretti sono fratelli. Mi dispiace dirvelo, ma Kuercos ha già deciso di farli suppliziare entrambi al sorgere del sole. Nelle intenzioni del nostro capo, con loro due dovreste esserci pure voi tre. Per questo siamo stati mandati a prelevarvi. Invece, per vostra fortuna e per mia consolazione, non abbiamo avuto successo!»

«Stanne certo, Murzo,» gli assicurò Iveonte «che la nuova alba recherà invece la morte a Kuercos e al resto della sua banda. Intanto questa notte stessa libereremo i due giovani pastori. Ti chiariamo subito che essi non ci sono né amici né parenti. A dire la verità, nemmeno li conosciamo! Sono state le loro orme a metterci a conoscenza della loro esistenza e del loro numero. Inoltre, se ci tieni davvero a cambiare vita, dimostralo nell'unico modo possibile, ossia dandoci una mano e mettendoti a nostra completa disposizione. Se acconsenti, ci dimostrerai che le tue parole di poco fa erano sincere! Allora sei disposto a fare tutto ciò che ti verrà proposto da noi?»

Murzo, all’inizio rinnovò invano ai tre giovani l'invito a non fare pazzie, pregandoli di fuggire insieme con lui. In quel modo, avrebbero guadagnato molto tempo sui brutali uomini di Kuercos. Essi sarebbero arrivati abbastanza presto, dopo il suo mancato ritorno e quello degli altri dieci predoni. Alla fine, trovando i suoi interlocutori pervicacemente contrari alla sua proposta, ci tenne a chiarirgli:

«Essendovi grato di avermi graziato, onesti giovani, ho tentato in ogni modo di mettervi sulla buona strada. Ma vedo che ogni mio sforzo, allo scopo di dissuadervi dai vostri folli propositi, risulta vano, a causa della vostra caparbietà. Perciò, per la vita che vi debbo, eccomi disposto ad obbedirvi in tutto e per tutto. Eppure questa volta mi ero convinto di avercela fatta a liberarmi dal birbante Kuercos! Al contrario, mi accorgo che si è trattato solamente di un fugace sogno ingannatore. Dunque, mi tocca ubbidirvi ed aver pazienza!»

«Murzo, non disperare della tua liberazione da Kuercos,» lo rassicurò il suo giovane interlocutore «perché all'alba ti riscatterai per sempre dalla sua ossessione. È una promessa che ti faccio! Ora, però, bisognerà badare prima a liberare i due giovani prigionieri. Essi staranno soffrendo senz'altro il freddo della notte, esposti come sono alle gelide intemperie notturne. Io ho già un ottimo piano per liberarli. Esso, oltre a consentirci di trarre in salvo i due fratelli, ci permetterà di decimare ulteriormente la banda di Kuercos. Comunque, il mio nome è Iveonte e quelli dei miei amici sono Francide ed Astoride. Quest'ultimo è quello che ti ha bloccato giusto in tempo e non ti ha permesso di prendere il volo.»

«Allora vuoi dirmi, Iveonte, se è lecito saperlo, come intendi perseguire i tuoi due obiettivi, ai quali poco fa mi hai accennato?»

Il vice di Kuercos chiese al giovane ardito. Nello stesso tempo, egli, conoscendo bene il loro scaltrissimo avversario, che era il suo capo, non poté fare a meno di mostrarsi stupefatto ed incredulo.

«Se ci tieni a conoscere il mio piano, Murzo, esso è quello che tra breve passo ad illustrarti. Prima facciamo sparire dal campo i cadaveri dei tuoi ex compagni di banda, poi insieme ci condurremo a quello vostro. Una volta nei paraggi di esso, mentre io e miei amici ci nasconderemo lì vicino, tu ti presenterai al tuo capo e gli riferirai che i dieci uomini da te comandati ti si sono ribellati e ti hanno dichiarato che il nuovo gregge spetta interamente a loro. Inoltre, gli mandano a dire che, se egli è di parere contrario, provi pure a contenderglielo! Infine hanno aggiunto che sarebbe molto meglio per lui non provarci. A tali notizie, Kuercos si infurierà e, lasciando degli uomini a vegliare nel campo, si affretterà a punire i ribelli, a causa dell'affronto che gli hanno arrecato. A quel punto, approfittando della sua assenza, noi entreremo nel vostro campo, liquideremo i pochi uomini rimasti di guardia e libereremo i due malcapitati fratelli. Ritornando poi al tuo capo, è facile prevedere quali sospetti egli verrà a nutrire, dopo aver trovato deserto il nostro campo.»

«Mi riferisci, Iveonte, quali saranno i suoi sospetti? Ti ascolto.»

«Egli subito crederà di essere stato giocato dai ribelli, per cui se ne ritornerà come un fulmine al suo campo per impedire loro di sorprendere ed uccidere quanti vi sono rimasti a sorvegliarlo. Invece, dopo che vi ha fatto ritorno, lo attenderà una nuova amara sorpresa, poiché vi troverà i suoi uomini uccisi e i prigionieri spariti. Allora, fattosi furbo, Kuercos deciderà di non stare più al gioco dei suoi ribelli e se ne resterà rintanato nel suo campo, ringhioso e furente. Per questo egli rimanderà alle prime luci dell'alba la sua vendetta ed ordinerà agli uomini che gli sono rimasti fedeli di tenervi un'accurata sorveglianza. Così, mentre essi veglieranno l'intera nottata per difendersi da eventuali rappresaglie notturne da parte dei ribelli, noi ce la dormiremo beatamente. Allo spuntare dell'alba, però, i miei amici ed io ci presenteremo al campo di Kuercos e daremo il colpo di grazia a lui e alla parte restante della sua banda. Dunque, Murzo, come giudichi il mio piano? Non dirmi che non ti è piaciuto, perché in quel caso mi deluderesti non poco!»

L'uomo di Kuercos, sorridendogli incredulamente, volle far presente al giovane che, a suo avviso, egli si era mostrato troppo facilone ed aveva peccato di ingenuità. Nello stesso tempo, non si astenne dall'esprimergli la sua obiettiva opinione; ma lo fece, allo scopo di farlo ragionare con i piedi per terra. Queste furono le sue parole:

«Senza dubbio, Iveonte, il tuo piano si rivela bene architettato e, alla luce dei recenti fatti, sono disposto anche a credere che esso possa funzionare per buona parte delle operazioni. Comunque, ciò che mi lascia molto perplesso è lo scontro finale che ci sarà tra voi e gli uomini di Kuercos. Essi di certo non saranno meno di una trentina, pur detraendo coloro che dovreste eliminare fra poco nel loro campo. Io vi posso assicurare che quelli che vi troverete di fronte non saranno delle donnette, ma degli orsi feroci dagli artigli abbastanza acuminati. Per questo vi esorto ancora una volta a riconsiderare la vostra folle idea, prima di passare alla sua messa in atto!»

«Neppure noi siamo degli smidollati damerini, mio caro Murzo!» gli rispose Francide, intervenendo per la prima volta nel discorso «Ti garantisco che essi sapranno assai presto con chi hanno a che fare. Logicamente, ne verranno a conoscenza a loro spese!»

Dopo l'intervento dell'amico fraterno, il quale aveva voluto esclusivamente difendersi dalle parole del predone, Iveonte soggiunse al suo incredulo interlocutore:

«Se vuoi fare qualcosa di buono, Murzo, presta la tua spada al nostro compagno Astoride. In questo modo, riferendo a Kuercos che i tuoi uomini ti hanno perfino disarmato, sarai più convincente nella tua parte di cane bastonato. Sarà questo il ruolo che nel campo tra poco dovrai sostenere davanti al tuo capo per convincerlo!»

Murzo, senza farselo ripetere due volte dal giovane, porse la sua spada ad Astoride, il quale fu ben lieto di impugnarla; però rimaneva ancora il problema dell’occultamento dei cadaveri. Ma quando anch’esso fu risolto, poiché furono caricati sui rispettivi cavalli e fatti sparire nell'oscurità della notte, tutti e quattro partirono alla volta del vicino campo dei predoni. Non ci volle molto tempo per raggiungerlo, considerato che esso si trovava a poca distanza dal loro. A quel punto, essi si prepararono per dare inizio al piano escogitato da Iveonte, cercando di fargli avere la migliore attuazione.