107-LE ORIGINI DI KRONEL, LA FIGLIA DI KRON, IL DIO DEL TEMPO
L'onnipotente Splendor, quando aveva deciso di creare l'universo, per espressa richiesta delle divinità benefiche di Luxan, aveva voluto che esso risultasse costituito dal binomio spazio-tempo. In base al quale, l'intera materia doveva risultare raffrenata nello spazio; inoltre, bisognava sottoporla al rigoroso dominio del tempo. La qualità temporale, da parte sua, nel precipitare degli attimi, avrebbe dovuto fare in modo che la materia non risultasse mai uguale a sé stessa. Anzi, nel pulsare dei giorni, dei mesi, degli anni, dei secoli e dei millenni, si sarebbe incaricata di apportare ad essa delle profonde modificazioni. Ma entrambe le caratteristiche dell'universo, cioè quella spaziale e quella temporale, sarebbero dovute coesistere in un connubio indissolubile, andando d'amore e d'accordo per l'eternità. A tale scopo, Splendor aveva ritenuto giusto fare esercitare il loro potere su di esse da Locus, il dio dello spazio, e da Kron, il dio del tempo. Si trattava di due vetuste divinità gemelle, la cui amicizia era divenuta proverbiale su Luxan, che era il Regno della Luce. Così, dopo averli elevati a divinità eccelse ed averli forniti di iperpoteri primari, l'onnipotente Splendor aveva affidato al dio Locus l'impero dello spazio e al dio Kron l'impero del tempo, affinché tenessero sotto controllo Kosmos, il Regno della Materia e del Tempo.
I regni delle due divinità gemelle erano situati nell'Empireo e ciascuno ne occupava la metà: quello del dio dello spazio era detto Semiempireo di Locus e quello del dio del tempo era detto Semiempireo di Kron. Quanto alla distribuzione delle divinità in tali luoghi, in linea di massima, quelle che tutelavano le virtù astratte risiedevano nel Semiempireo del dio Kron; invece quelle poste a protezione di arti, di parti geografiche e di fenomeni naturali risiedevano nel Semiempireo del dio Locus. Fra i due Semiempirei c'era una zona di mezzo, chiamata Intersereno, la quale era una sorta di oasi della tranquillità e della serenità. Le divinità dell'uno e dell'altro Semiempireo vi si conducevano per scaricarsi di ogni loro tensione, in caso di necessità. La qual cosa avveniva, dopo che esse l'avevano accumulata in seguito a delle avversità subite per un qualsiasi motivo oppure per aver ricevuto un torto da parte di una divinità di grado superiore. Infatti, durante la loro esistenza luxaniana, alcune volte un dio oppure una dea poteva imbattersi in entrambe le circostanze negative, che non erano state previste. Così, una volta nell'Intersereno, la loro esistenza smetteva di trovarsi nella situazione di disagio che stavano vivendo e ritornava ad esistere nella precedente atmosfera di serenità.
Ogni volta che si sposavano un dio e una dea che non erano residenti nello stesso Semiempireo, spettava alla sposa trasferirsi nel Semiempireo dove risiedeva lo sposo. Un fatto del genere era già avvenuto in Luxan, naturalmente in due matrimoni successivi, fra Lux, che era la dea della luce, e i suoi due mariti Aptus ed Alcus, i quali erano rispettivamente dio della musica e dio dell'arte. Il primo era stato il consorte avuto nelle prime nozze; mentre il secondo era l'attuale coniuge, a cui la dea si era unita con le seconde nozze, dalle quali era venuto alla luce il divetto Luciel. Molto spesso si verificava anche che una divinità di un Semiempireo, dando una festa danzante nella propria dimora, invitava anche le divinità amiche residenti nell'altro Semiempireo. Allora, dopo essersi messe in gala, esse vi partecipavano sommamente appagate.
Entrato in possesso del suo regno temporale, il dio Kron aveva sposato la seducente Ebla, la quale era la dea della fertilità. Ella, in un primo momento, gli aveva dato tre figli maschi, ai quali, nell'ordine di nascita, erano stati dati rispettivamente i nomi di Skut, Moek e Kirol. Ma poco tempo dopo, la dea Ebla, pur non risultandone la madre naturale, per un caso strano, aveva messo alla realtà luxaniana pure una figlia femmina. Ebbene, a quest'ultima era stato dato il nome di Kronel. Logicamente, l'affermazione appena fatta, secondo la quale la dea Ebla aveva partorito una figlia non sua, ad un primo esame, almeno per noi umani, potrebbe apparire un autentico paradosso. Difatti, come un tempo era noto, nella coppia solamente il maschio non poteva far valere con certezza i suoi diritti di paternità nei confronti di un figlio. Invece la femmina, per il semplice fatto di esserne stata la gestante, doveva essere considerata per forza la madre della creatura, essendo uscita dal proprio grembo. Comunque, anche in questo caso oggigiorno le cose sono cambiate, poiché una donna può partorire un bambino, pur non essendone la madre naturale. Allora, senza tener conto delle conquiste medico-scientifiche attualmente raggiunte nel campo della gravidanza, cerchiamo di seguire attentamente da vicino tale vicenda. In questo modo alla fine saremo costretti a dar credito alla suddetta asserzione, che tende ad estromettere la dea della fertilità dall'accampare le sue pretese di maternità sulla divetta, che le era nata.
In verità, come tra poco ci renderemo conto, la stessa dea giammai avrebbe giurato di essere la madre naturale della diva Kronel. Anzi, non appena aveva scoperto di essere incinta, anche in lei erano sorti dei forti dubbi in merito alla maternità della nascitura. Per questo motivo, adesso andremo a scandagliare la vita del potente dio Kron e ne metteremo in luce quegli episodi, i quali avevano avuto un certo rapporto con la nascita della sua ultimogenita, divenuta poi sua figlia prediletta. Anzi, essi erano stati sempre ignorati da tutte le divinità di Luxan, fatta eccezione della dea Ebla e della dea Lux. Di conseguenza, neppure Iveonte ne sarebbe venuto a conoscenza per bocca del divino Osur, essendone egli del tutto all'oscuro. Forse in seguito il giovane li avrebbe appresi per bocca della stessa Kronel, siccome ella ne era stata messa al corrente direttamente dalla madre naturale Lux, la quale era la dea della luce.
A questo punto, però, conviene affrettarci a conoscere i retroscena della nascita della diva Kronel. In tal modo, riprenderemo la storia del divino Osur, a cominciare proprio dalla nascita di lei, e ci rimetteremo di pari passo con il suo interessante racconto. Ma là dove il dio sarà costretto ad omettere ancora altre circostanze importanti a lui ignote, si ritornerà ad aprire una nuova parentesi, allo scopo di integrare il suo racconto con i pezzi mancanti di essa. La qual cosa ci permetterà di apprenderlo nella sua versione integrale, esattamente come si era svolta la vicenda, senza esserci in essa squarci ignorati dal divino narratore.
Un giorno, in cui la dea Ebla aveva portato i suoi tre divetti in giro per l'Intersereno, allo scopo di farli divertire e distrarre, la dea Lux, la quale in verità era all'oscuro della sua assenza da casa, si era presentata al potentissimo consorte di lei, che era il dio Kron. Così, mostrandosi molto preoccupata, aveva iniziato a fargli presente:
«Eccelso Kron, tu solo puoi aiutarmi a ritrovare mio marito Alcus. Egli è da più di un mese che non si fa vedere in famiglia, per non essere mai rincasato, cioè da quando l'ha abbandonata e non vi si è più rifatto vivo. Unicamente il tuo sguardo lungimirante può arrivare benissimo fino a lui e riportarlo sano e salvo in seno alla propria famiglia. Anche il mio piccolo Luciel, che adesso ha appena due anni, ha bisogno della presenza paterna in casa nostra; anzi, gli è indispensabile per crescere felice e spensierato. Non dovrebbe esserti difficile immaginare quanto noi due stiamo soffrendo a causa della sua mancanza dal nostro focolare domestico, dal momento che essa si sta protraendo molto a lungo!»
Il dio Kron aveva sempre avuto un debole per l'avvenente dea della luce; però mai glielo aveva rivelato apertamente, come pure non aveva cercato di sedurla. Perciò, trovandosi solo con lei nella propria dimora, più che alle parole della dea, egli si era mostrato interessato alle perfette forme del suo corpo. Le quali, in quel momento, la rendevano irresistibilmente appetibile. Esse, ad un certo punto, gli avevano perfino sconvolto la mente. Allora la dea Lux, essendosi accorta del frastornamento psichico che si era impossessato dell'eccelso dio, aveva cercato di richiamarlo alla realtà, domandandogli:
«Mi dici, sublime Kron, se un attimo fa hai posto attenzione alle mie disperate parole? Oppure devo suppore che io abbia parlato a nessuno, per cui mi toccherà ripetertele, se voglio renderti cosciente del favore che sono venuta a chiederti? Spero proprio che non sia stato così!»
«Certo che ti ho ascoltata, divina Lux. Per cui non c'è bisogno che tu mi ripeta le medesime cose. È stata la tua bellezza a scombussolarmi e a non farmi capire più niente! Se non lo sai ancora, è da un tempo infinito che ti ho sempre ammirata e desiderata, anche se l'ho fatto soltanto nel profondo del mio intimo. Per questo darei chissà che cosa, pur di possederti almeno una volta, amabile dea della luce! Adesso che te l'ho dichiarato con molta franchezza, essendo stato incoraggiato dalla circostanza, sai bene come la penso nei tuoi confronti!»
«Possibile, illustre Kron, che mi vieni a fare le tue profferte amorose, proprio mentre, in preda al mio dolore, ti sto chiedendo una mano per ritrovare il mio Alcus? Tu, oltre a non palesarmi ciò che puoi fare per rintracciarlo, mi istighi pure all'adulterio, invitandomi a tradirlo e proponendomi di concedermi a te senza la minima decenza! Ma ti sembra giusto questo tuo modo di fare nella mia attuale situazione?»
«Hai ragione, deliziosa Lux! Perciò ti chiedo venia per gli inopportuni miei tentativi di sedurti, poiché essi sono stati del tutto fuori luogo. Quindi, per rimediare alla mia momentanea leggerezza, della quale ti chiedo di nuovo scusa, nonché al grave affronto che ti ho arrecato in un mio momento di pura follia, passo subito ad interessarmi del tuo amato consorte. Speriamo almeno che egli, prima di lasciare il mio regno, abbia evitato di attraversare la Nube Nera! Ma se lo avesse fatto, come è noto a tutti, neanche io potrei fare nulla per scovarlo. Tu cosa ne dici riguardo a ciò, dolce Lux? È possibile che egli abbia preso una simile decisione, comportandosi da autentico scapato?»
«In merito ad essa, non so cosa risponderti, autorevole Kron. Se è vero che prima della sua scomparsa c'era stato fra noi due un acceso alterco, però non l'ho creduto di una tale rilevanza, da potere addirittura indurre il mio consorte Alcus a lasciare per sempre me e il nostro Luciel. Comunque, non credo che egli sia ricorso alla Nube Nera, al fine di non farsi più trovare, scomparendo per sempre dalla circolazione. Anche se nessuna cosa può essere data per certa, a mio parere!»
«Se la mia richiesta non ti risulta indiscreta, amabile Lux, vuoi chiarirmi di che natura è stata la tua discussione con tuo marito, prima che egli vi lasciasse, piantandovi in asso? Se vengo a conoscere nella sua interezza il vostro litigio, potrò averne meglio qualche idea! Allora ci stai a parlarmene oppure ti dà fastidio anche il solo farmene una sintesi? Lascio a te la tua decisione al riguardo!»
«Invece posso parlartene senza problemi, esimio Kron. La nostra lite è consistita semplicemente in una sciocca gelosia da parte di mio marito! Egli aveva notato che Adon, il dio dell'amore, ad una festa da ballo organizzata a casa sua, non mi aveva mai tolto gli occhi di dosso. Per cui, una volta che siamo ritornati alla nostra abitazione, essendo stato preso da un accesso di gelosia, ha iniziato ad offendermi con gli improperi più spregiativi. Alle sue accuse, sentendomi del tutto estranea alla vicenda e ritenendo di avere la coscienza perfettamente pulita, ho reagito al mio coniuge con altrettanta asprezza. Nello stesso tempo, gli ho fatto presente che non avevo in nessuna maniera incoraggiato Adon a prestarmi le sue attenzioni. Alla fine, vedendo che egli non smetteva di insultarmi, ho anche aggiunto che, se avesse continuato a trattarmi in quel modo becero, mi avrebbe spinta a dargli una bella lezione, avendo io i poteri per farlo. A quel mio atteggiamento di muro contro muro, Alcus se n'è uscito di casa in preda ad un terribile furore, che gli si leggeva benissimo negli occhi. È stato da allora che non vi ha fatto più ritorno. In seguito al suo abbandono, io e il mio Luciel lo abbiamo atteso invano nella nostra casa. Inoltre, mi ha fatto perfino pensare che non gli importasse più niente neanche di suo figlio, sebbene fosse così piccolo! Perciò adesso eccomi qui da te, con l'intento di fartelo ritrovare.»
«Anch'io, armoniosa dea della luce, sono portato a credere che tuo marito Alcus abbia esagerato quel giorno. Ma dubito che la sua gelosia possa essere risultata talmente morbosa, da tenerlo così a lungo lontano dalla propria famiglia. Può darsi che egli non sia in condizione di raggiungerla, siccome viene trattenuto in Kosmos contro la sua volontà. Chi può affermare che le cose non stiano esattamente come ti ho appena fatto presente? Credo nessuno! Comunque, tra poco lo appureremo.»
«Per questo sono venuta da te, eccelso Kron, e ti ho chiesto di aiutarmi a cercarlo. Tu, che sei il signore del tempo e convivi con l'intero universo per il suo tramite, facilmente riuscirai a perlustrarlo con un solo sguardo, avvistandovi anche le cose più impercettibili. Dunque, ti prego di farmi questo favore! Sì, te ne faccio richiesta soprattutto per il mio sventurato Luciel, il quale continua a piangersi il caro padre assente!»
«Va bene, graziosa Lux! Se è questo che vuoi da me, non ci sono problemi; però ti avverto che, una volta che avrò rintracciato tuo marito, non intendo averci nulla a che fare con lui! Egli, dopo aver abbandonato te e tuo figlio senza un valido motivo, adesso vi sta facendo penare da tanto tempo. Dunque, sarai tu ad affrontarlo e a parlargli, dopo che lo avrò scovato in qualche parte. Perciò viaggeremo insieme in Kosmos a cavallo del tempo ed andremo a ripescarlo all'uscita di casa, la stessa sera che l'abbandonò da vero folle. Viaggiando nello spazio insieme, lo seguiremo ad ogni suo passo, fino a raggiungerlo nell'attuale luogo di soggiorno, dove sarai tu, come ti ho fatto presente, ad avvicinarlo per convincerlo a ritornare in famiglia. Ma perché tu possa volare con il mio sguardo lungimirante e raggiungere tuo marito all'interno di esso, occorrerà ricorrere prima alla compenetrazione, cioè alla fusione perfetta dei nostri spiriti. Come già sai, dovremo immedesimarci identicamente a come avviene fra due divinità che decidono di avere un rapporto di tipo sessuale, anche se esso non è previsto nel nostro caso.»
«Ricorrendo alla compenetrazione, eccelso Kron, non ti sembra che correrò il rischio che tu mi possa possedere, pur non essendo io d'accordo? Al massimo, potrei negarti la fecondazione, dal momento che è la dea posseduta a decidere se venire fecondata oppure no! Tu, quindi, sei disposto a promettermi che, una volta che ci siamo compenetrati, eviterai di approfittare di me? Pretendo la tua promessa, prima che avvenga la nostra indispensabile compenetrazione!»
«Purtroppo, non c'è un altro modo, graziosa Lux, di pervenire al tuo scomparso consorte. Lo sai anche tu che tale pratica, oltre a fare effettuare un coito fra due divinità, risulta il mezzo più efficace per permettere ad una delle due divinità di fare le stesse cose dell'altra, simultaneamente e senza ricorrere all'imitazione. Comunque, se è vero che la divinità che entra in un'altra per immedesimarsi con essa finisce per essere in sua balia, restando in tale stato per l'intera compenetrazione, ti prometto che farò il possibile per tenermi tranquillo e per stare lontano da suadenti tentazioni! Ora ti senti rassicurata?»
«Visto che questa è l'unica strada per arrivare a mio marito, immenso Kron, vuol dire che mi toccherà rischiare. Nel medesimo tempo, posso soltanto sperare che, in quegli istanti di compenetrazione, prevarranno in te i soli pensieri dettati dal buonsenso, anziché quelli istintivi ed incontrollati che potrebbero provenirti dalla incontrollabile lussuria! Altrimenti, chissà che cosa ne sarà di me, dopo che ci saremo compenetrati per motivi del tutto differenti!»
Dopo che la dea Lux si era trasferita nel dio Kron, era incominciata la compenetrazione fra le due divinità. La quale doveva portare i soli loro spiriti alla perfetta fusione, diversamente da ciò che avveniva nella compenetrazione che avviava ad un atto sessuale vero e proprio. In quest'ultima, si attuava con unanime consenso, non soltanto la comunione degli spiriti delle due divinità partecipanti, bensì anche quella delle rispettive psichi. Ma come si è accennato in precedenza, una volta avvenuta la loro fusione spirituale, nulla impediva alla divinità ospitante di forzare quella ospitata di sesso opposto ad una fusione delle loro psichi, con l'unico obiettivo di obbligarla ad un rapporto di tipo sessuale. La qual cosa sarebbe avvenuta, anche nel caso che la parte passiva della compenetrazione non fosse stata consenziente e si fosse opposta energicamente alla parte attiva. A ogni modo, avvenuto il trasferimento della dea della luce nello spirito di lui, il quale era già predisposto a riceverla, il dio Kron si era dato ad invitarla:
«Adesso rilàssati, mia dolce Lux, e fai espandere il tuo spirito nel mio, che si presenta già bendisposto ad accoglierlo in tutte le sue parti sinuose e compiacenti. Anzi, permettigli di avviluppare il tuo spirito nel suo abbraccio ammaliatore ed estasiante. Come pure mettiti ad insufflare l'evanescenza della tua entità nella mia essenza, in modo che venga spalmata da essa, e permettile di sottomettersi al mio signoreggiamento. In questo modo, i nostri pensieri e i nostri desideri inizialmente diverranno gli stessi e si avvertiranno l'un l'altro con la loro caratteristica univoca, dandosi infine ad una comunione di appetiti e di intenti. Allora essi veleggeranno insieme sia negli infiniti sentieri del tempo e dello spazio sia in quelli beati del compiacimento e della somma delizia. Perciò datti ad ubbidirmi, senza frapporre tra me e te ostacoli di sorta!»
La divina Lux, da parte sua, facendosi guidare dall'esperto dio del tempo, intanto che le sussurrava soavemente i suoi consigli con accenti melliflui, li accettava e li seguiva volentieri, abbandonandosi ad essi totalmente. In simultaneità, senza alcuna ritrosia e con un pieno abbandono, ella gli si era espressa con queste frasi calorose:
«Oh, inimitabile Kron, per me è dolcissimo insinuarmi nell'essenza del tuo spirito, collocarmi nella sua interiorità ed avvertire le tante deliziose sensazioni, che da esso mi provengono e mi penetrano con dolcezza ineffabile. Mi sento annientarmi come coscienza ed entrare in una nuova dimensione, la quale mi va spogliando di ogni preoccupazione e mi va privando di ogni decisione a voler essere. Assurgo, perciò, ad entità evanescente e divento parte di te, quasi fossi essenza della tua stessa essenza! Comincio a pensare come te, a desiderare le identiche cose tue, ad espandermi nel tuo stesso spazio e nel tuo stesso tempo. Sì, li vado penetrando con il tuo medesimo sguardo e con la tua medesima foga, solcandoli entrambi estaticamente ed intimamente!»
Quando infine si era effettuata la compenetrazione degli spiriti fra le due divinità, la dea Lux era entrata in una specie di trance. Era avvenuto come se la sua coscienza si fosse riprogrammata, sintonizzandosi perfettamente con quella del dio che la ospitava. Ella poteva soltanto farsi condurre e padroneggiare da essa; ma le era vietato decidere ed intraprendere azioni comuni o indipendenti. Era stata l'altra coscienza, ossia quella del dio Kron, ad avere potere decisionale, a promuovere qualsiasi intraprendenza, a contattare la realtà esterna e a svolgervi ogni tipo di azione ritenuta necessaria ed indispensabile. Mentre se ne restava in quel delirio, che la mandava interamente in visibilio, il compito della dea era stato solo quello di prenderne atto in modo passivo ed acquiescente. Invece ben altre sensazioni erano venute a registrarsi nella parte ospitante, la quale rappresentava la parte attiva della compenetrazione.
All'invasiva e piacevole espansione della dea nelle latebre del proprio spirito, il dio Kron si era sentito come se un massaggio carezzevole e tonificante si fosse messo a stimolarlo lievemente in ogni sua parte. Il gradevole tepore della divina Lux, a mano a mano che si era trasfuso nello spirito di lui, dandosi ad occuparlo per intero e con intensità, gli aveva procurato una piacevole sensazione non soltanto nella sfera spirituale, ma soprattutto in quella psichica. Per il qual motivo, tutto all'improvviso, una sfrenata voluttà era venuta ad infiammarsi in lui; inoltre, si manifestava pronta a scatenarsi nella dea che ospitava piacevolmente. Così egli era rimasto incappato in una eccitazione sessuale tale, che gli sarebbe sbollita soltanto con un reale amplesso con lei. Secondo il suo parere, sarebbe stato ancora meglio, se ella vi avesse preso parte con tutta la sua brama libidinosa e con tutto il suo scottante ardore. Allora, pur di vedere anche la dea della luce concederglisi con la massima carica possibile, si intendeva in senso sessuale, il dio del tempo era ricorso ad un abile artificio temporale.
Nell'immergersi a ritroso nel tempo, lo scaltro dio non si era arrestato nel punto esatto dove avrebbe dovuto ripescare il dio Alcus, cioè nel momento preciso che egli si allontanava da casa. Invece il divino Kron appositamente era voluto andare oltre. Per esattezza, aveva raggiunto quello squarcio temporale, nel quale lo aveva colto mentre egli consumava un rapporto amoroso con la sua avvenente consorte. A quel punto, approfittando di tale circostanza favorevole, in un attimo, egli aveva trasferito in lui le sembianze del marito della sua compagna di compenetrazione. Nella dea, invece, il dio del tempo aveva riversato l'esplosiva carica passionale che le apparteneva e stava facendo esplodere in quell'istante. Ad essere precisi, l'aveva prelevata da lei stessa, proprio mentre era intenta ad esternarla nell'alcova con il proprio amato Alcus. Insomma, ella la stava trascorrendo in una esistenza appartenente ad una fascia temporale non più ripercorribile realmente né dagli dèi né dagli uomini. L'unica eccezione era rappresentata, oltre che dal dio Kron, anche dalla sua prole. Egli, in qualità di esclusivo dominatore del tempo, lo comprendeva in ogni senso e poteva viverlo nel presente, nel passato e nel futuro, senza alcuna difficoltà. In quel momento, quindi, la dea Lux non si avvedeva di stare a vivere una realtà completamente diversa da quella presente, siccome essa era stata falsata dal divino Kron. La nuova realtà, infatti, la relegava in una circostanza temporale ben diversa, poiché apparteneva interamente al suo passato. Allora, in seguito al marchingegno dell'eccelso dio del tempo, ella aveva incominciato a rivolgersi a lui, come se al posto suo ci fosse davvero il proprio consorte, che amoreggiava con lei. Perciò si era data a dirgli:
«Non sai quanto ti agogno, mio Alcus! In questo istante che mi sono trasferita nel tuo spirito e nella tua psiche, mi sento pervadere da una piacevole tenerezza. Inoltre, simultaneamente, una letizia ineffabile mi inebria e mi sta vellicando diversi lussuriosi appetiti, quelli che neanche immagini! Su, scaténati ed accenditi di lascivia forsennata, amato mio consorte! Penetrami e possiedimi, proprio come si comportano i libidinosi satiri con le loro insaziabili ninfe! Inoltre, bramo di essere fecondata da te, poiché sono desiderosa di avere un tuo rampollo, il quale possa poi allietare e vivificare le nostre tediose giornate. Gli altri tre figli del mio precedente marito, sono oramai diventati adulti ed è già molto tempo che essi hanno abbandonato la casa e se ne sono andati a vivere la loro nuova esistenza con le rispettive famiglie.»
Allora il dio Kron non se l'era fatto ripetere più di una volta dalla dea della luce ciò che ella gli andava chiedendo con bramosia. Perciò, in un attimo, l'aveva avvinta a sé e l'aveva immessa nella spirale della sua brama voluttuosa e sfrenata. Durante l'infuocato rapporto amoroso, il dio l'aveva posseduta più volte, come ella gli aveva appunto chiesto, facendole assaporare il godimento più folle e parossistico. Quando poi l'intimo e penetrante rapporto aveva raggiunto il culmine del godimento, la compenetrazione fra le due divinità era ridiventata soltanto spirituale. Di quella psichica, la quale era avvenuta nel travisamento della realtà, non era rimasta nella dea Lux nemmeno il più piccolo squarcio. Per cui non rammentava niente di essa, anche se, alla fine dell'estuoso amplesso, si era sentita assai strana. Intimamente, adesso avvertiva una sensazione inspiegabile, come se una valanga di soavi trasformazioni l'avesse immersa in un'atmosfera di compiaciuto piacere e di altrettanta appagata voluttà. Ma il dio Kron non le aveva dato il tempo di starsene a cercare le cause che l'avevano mandata in solluchero. Prima che la dea avesse provato a farlo, l'aveva condotta nella fascia temporale, in cui era collocata l'uscita di casa del consorte e il suo allontanamento da essa. Così si erano messi a pedinarlo e a seguirlo, fino a quando non lo avevano visto introdursi nella Nube Nera, facendo sparire alle sue spalle ogni traccia di sé e vietando a tutti di individuarlo. Infine, essendosi resi conto che il dio dell'arte non era più rintracciabile da parte di nessuna divinità, fatta eccezione dell'onnipotente Splendor, il dio e la dea avevano smesso di compenetrarsi.
Una volta che si era ritrovata all'esterno dello spirito del dio del tempo, la dea aveva notato in sé una insolita sensazione. Essa la rendeva completamente diversa da come sarebbe dovuta essere. Per questo si era rivolta a lui, affermandogli:
«Eccelso Kron, anche se è logico che l'amplesso avuto con mio marito non è potuto essere che irreale, però mi sento proprio come se qualcuno mi avesse posseduta ed inseminata per davvero. Tu mi sai dire qualcosa su questa mia strana sensazione, la cui provenienza non sono in grado di comprendere, ma che sicuramente è nata mentre ero dentro di te? Vorrei proprio che tu me lo spiegassi in modo convincente!»
«Certo che lo so, Lux, visto che sono stato io a renderti mia partner! Devi però sapere che sei stata tu a chiedermelo. E con quanta bramosia lo hai fatto! Anche se mi chiamavi Alcus, non potevo che essere io il destinatario delle tue frasi piccanti, le quali avrebbero eccitato perfino un sasso! Mentre le pronunciavi, mi hai reso preda della concupiscenza ed ebbro di accoppiarmi con te, spingendomi a possederti tante volte quante tu me ne hai chieste personalmente ed esplicitamente. Non ricordi? Per colpa tua, perciò, non sono serviti a niente i miei buoni propositi di contenermi, durante l'intera nostra compenetrazione!»
«Se è stato come dici, sublime Kron, non rammento nulla di ciò che asserisci. Voglio sperare almeno di non averti pregato di fecondarmi. Così non farei gridare allo scandalo su Luxan e mi sottrarrei ai pettegolezzi di quanti non aspettano altro per scagliarsi contro di me, come desiderano da tempo! Tu non puoi tranquillizzarmi, dandomene le più ampie rassicurazioni fin da ora?»
«A dirti la verità, deliziosa Lux, i tuoi procaci inviti mi hanno mezzo rintontito e mi hanno fatto tuffare nel mare della tua seduzione con tutto il mio ardore passionale. Insomma, non ho fatto più caso alle restanti tue parole e non saprei dirti con precisione se tu mi abbia domandato o meno di fecondarti durante il nostro amplesso. Per quanto riguarda il tuo consorte, visto che ha voluto che nessuno lo potesse rintracciare, non puoi fare altro che rassegnarti e sperare in un suo ritorno volontario fra le tue braccia. Te lo auguro di cuore. In questo modo, tu e il tuo piccolo Luciel ritornerete a fare vita in comune con lui, ovviamente in piena serenità e felicità!»
«Allora, potente Kron, per come si sono messe le cose, ogni mia ricerca per ritrovarlo risulterebbe vana. Inoltre, alle cure di chi potrei lasciare il mio Luciel, se decidessi di farlo io? Adesso, però, devo subito raggiungere il mio divetto a casa della mia amica Laer, la dea della bontà. Prima che venissi da te, avevo chiesto a lei di tenermelo per breve tempo, siccome ho voluto evitare che egli mi fosse di intralcio.»
Era stato in quel modo che aveva avuto termine l'incontro che c'era stato tra l'eccelso dio Kron e la bella dea Lux. La quale, però, mentre abbandonava la casa del dio del tempo, era apparsa triste, pensando a ciò che in futuro sarebbe potuto accaderle, dopo essersi compenetrata con il dio Kron ed essersi lasciata possedere da lui. Ma non erano trascorsi neppure un paio di mesi dalla sua passata visita al dio del tempo, quando la dea Lux, approfittando di un'altra assenza della sua consorte, però questa volta l'aveva appositamente spiata, si era precipitata di nuovo da lui, dicendogli:
«Sublime Kron, ho la certezza che sono incinta. Perciò devi convenire che il divetto, che porto in grembo, può essere soltanto figlio tuo, visto che lo abbiamo procreato insieme, quando ci siamo compenetrati. Il fatto, se da una parte mi inorgoglisce, dall'altra mi spaventa. Ti preciso, non per le chiacchiere che le altre divinità potrebbero fare sul mio conto; ma perché non saprei proprio come giustificare a mio marito il mio stato di gravidanza, qualora tornasse a casa in questo periodo! Se, per alcune occhiate di Adon, egli fece il forsennato, figuriamoci cosa farebbe adesso, trovandomi in questo stato interessante! Dunque, devi venirmi incontro al più presto possibile, se vogliamo evitare uno scandalo! Facendo uso dei tuoi straordinari iperpoteri primari, devi togliermi da tale imbarazzante situazione!»
Il dio Kron, dopo averci riflettuto sopra qualche attimo, aveva trovato la migliore soluzione al loro caso. Perciò aveva voluto proporla alla dea della luce, sicuro che anch'ella sarebbe stata d'accordo, pur con qualche riserva. Così le aveva dichiarato:
«Perché io possa liberarti del tuo feto, Lux, che adesso ti è di impaccio, occorre che ritorniamo a compenetrarci. Da parte mia, esclusivamente nella compenetrazione, posso sottrarti il nascituro e liberartene per sempre. Al suo rientro, tramite una compenetrazione con lei, lo appiopperò alla mia consorte, facendo in modo che ella non se ne accorga per niente. Stando al mio ragionamento, l'espediente dovrebbe funzionare, liberandoti dalle future maldicenze!»
Le cose erano andate proprio come il dio del tempo aveva spiegato a Lux. Infatti, dopo aver prelevato il feto dal grembo della dea, si era affrettato poi a deporlo nell'utero della moglie, durante un suo rapporto sessuale con lei. In questo modo, lo stato di gravidanza era passato dalla dea Lux alla dea Ebla. Ma la dea della luce non avrebbe mai scordato che era lei la madre naturale del divo o della diva, che in seguito sarebbe stato generato dalla dea della fertilità. Quanto alla consorte del dio Kron, non appena si era accorta dell'imprevista gravidanza, che aveva appresa alquanto indispettita, si era rivolta subito al marito, con l'intenzione di averne delle spiegazioni che non la deludessero.
«Lo sai, Kron, che sono di nuovo incinta di te?» gli aveva fatto presente «Eppure, non ricordo in quale compenetrazione io ti abbia espresso la mia volontà di essere fecondata. Per la verità, questa gravidanza mi coglie proprio di sorpresa e, riguardo ad essa, non so a cosa pensare! Non risulta inaspettata pure a te, che dovresti essere il padre del nascituro o della nascitura? Se vogliamo essere obiettivi, dovrebbe sorprendere te più di quanto abbia sorpreso me! Oppure per te la cosa non ti dice nulla e sei disposto a sorvolare su di essa?»
«Certo che è come dici tu, Ebla! Non mi attendevo affatto di diventare nuovamente padre! Ma se sei incinta, è perché in una delle nostre compenetrazioni senz'altro avrai espresso l'esplicito desiderio di essere fecondata da me, anche se oggi non ce ne rammentiamo. Devi sapere che, in una simile circostanza, facilmente può capitare che si perda la bussola e non si riesca a tenere la testa a posto. In quel gratificante momento, è facile che ci sfugga di mente ogni cosa che abbiamo detta e fatta prima! La dea dimentica perfino se ha voluto la fecondazione, anche dopo essersi espressa al suo partner in tal senso.»
«Tu, Kron, mio amabile marito, se la cosa non ti infastidisce, non potresti ripercorrere le nostre ultime compenetrazioni di tipo sessuale e vedere in quale di esse mi è capitato di dichiararti il mio desiderio di essere fecondata da te? Ci terrei a venirne a conoscenza, se non ti dispiace! Come ti rendi conto, si tratta soltanto di una questione di semplice curiosità e di nient'altro!»
«Lo farei volentieri, mia dolce Ebla, se ciò servisse a qualcosa. Ma siccome dopo lo stesso ci ritroveremmo con un quarto divetto nella nostra famiglia, tanto vale che ce lo teniamo, senza caricarci di inutili dubbi e sospetti! Ecco come la penso io! Ragion per cui, eviterò di darti retta.»
Pur non essendo stata soddisfatta come avrebbe voluto, la dea Ebla non aveva replicato all'eminente consorte. Alla fine, obbligata a tenersi per sé i suoi dubbi e i suoi sospetti, aveva deciso di soprassedere alla vicenda che riguardava la sua gravidanza in corso. Comunque, dentro di sé era più che certa che ella non l'aveva mai chiesta e tantomeno voluta. Così, non appena erano trascorsi i cinque mesi di gestazione, poiché la gravidanza di una dea durava all'incirca centocinquanta dei nostri giorni, la consorte di Kron aveva partorito, dando alla luce una stupenda divetta, alla quale era stato dato il nome di Kronel. Allora la dea Ebla, pur dubitando ancora di essere la sua madre naturale, ugualmente si era lasciata prendere dalla bellezza e dalla vivacità della creaturina. Perciò aveva iniziato a considerarla una propria figlia. Anzi, più Kronel cresceva e si faceva grande, più la dea le si era andata affezionando in maniera incredibile.
Con il tempo, ella era giunta perfino a preferirla a quelli che risultavano i suoi figli legittimi! Né il dio Kron aveva dimostrato alla divetta meno affetto della consorte. Kronel, essendogli figlia alla stessa stregua dei tre figli maschi, aveva rappresentato per lui qualcosa di molto prezioso. Per cui, a mano a mano che ella era andata crescendo, egli le aveva dimostrato un bene sempre più grande, fino ad anteporla ai suoi tre fratelli maggiori. Quando era diventata una giovane dea, Kronel si era fatta notare dalle altre divinità, per il suo spirito intraprendente e battagliero. La diva si era distinta in particolar modo per la predilezione che mostrava verso le cose giuste e gli atti di eroismo. Per questo ella era diventata l'orgoglio e il vanto dei suoi illustri genitori.