103-KORUP NON INTENDE RINUNCIARE AL SUO DUELLO CON IVEONTE
Lasciata la sorella Lerinda nelle pessime condizioni che conosciamo, le quali lo avevano spaventato tantissimo, il viceré Raco si affrettò a raggiungere il sovrano suo fratello. Nell'incontro avuto con la sorella Lerinda, essendo venuto a conoscenza che Iveonte era il suo ragazzo, egli aveva intenzione di cantargliene quattro, per averglielo tenuto nascosto a Casunna. Gli si presentò, dunque, in gran fretta e molto adirato, come se poco prima lo avesse morso una tarantola. Una volta al suo cospetto, si diede ad assalirlo con una sfilza di rimproveri, dicendogli:
«Cotuldo, come hai potuto, nella nostra scommessa di Casunna, tirare in ballo proprio Iveonte, pur sapendo che era il fidanzato di nostra sorella?! Eppure avevi preso coscienza del tipo di belva che si era dimostrato Korup, combattendo contro l'intera mia scorta personale! Inoltre, perché non mi avevi mai parlato di lui? Se non lo hai fatto, il motivo è uno solo: non vedevi di buon occhio il suo fidanzamento con lei. Perciò sono portato a credere che, non risultandoti egli abbastanza simpatico, di proposito tu abbia voluto sbarazzartene, incurante del dolore che la sua morte avrebbe arrecato alla nostra Lerinda. La quale già sta penando per altre sue ragioni! Lo sai che io e la sua nutrice l'abbiamo salvata per un pelo? Quando siamo entrati nella sua camera, la poveretta era sul punto di suicidarsi, ricorrendo al taglio delle vene del polso!»
«Davvero dici, Raco? Perché mai ella avrebbe preso tale decisione, se non sapeva ancora del duello che ci sarebbe stato fra Korup e il suo fidanzato? In verità, non riesco a spiegarmi cosa l'abbia spinta ad un gesto simile! Perciò non cercare di addossarmi la colpa anche di questo suo atto incomprensibilmente inconsulto! Lo sai benissimo che nel suo tentato suicidio io non c'entro affatto, non essendo a Dorinda nei giorni precedenti tale sua iniziativa, che non riesco a comprendere»
«Lo so, Cotuldo, che con il suo tentato suicidio non hai nulla a che vedere. Ugualmente, però, non voglio risponderti in merito, siccome hai dimostrato che per te Lerinda rappresenta meno che niente. Per questo è meglio sorvolare sul tuo ipocrita interessamento a lei; ma dimmi perché hai voluto dare in pasto all'Ammazzacampioni il nostro futuro cognato, anche a costo di rimetterci la tua prestigiosa scuderia! Dovresti vergognarti, per aver tramato contro colui che era il tesoro di nostra sorella! Comunque, l'avresti indotta ad uccidersi in altra occasione, ossia dopo averlo fatto ammazzare infamemente dal mostruoso Korup!»
«Non tollero che tu maligni così tanto nei miei confronti, Raco! Ho accolto la tua scommessa, esclusivamente perché sapevo che nostro cognato è in gamba più di quanto immagini. Pensa che egli ha messo in ginocchio perfino Croscione con la sua formidabile scherma! Non lo sapevi? Ebbene, adesso ne sei venuto a conoscenza, fratello!»
«Ti riferisci a quel sacco di patate, che è il tuo braccio destro? E tu solo per questo hai ritenuto Iveonte all'altezza dell'invincibile Korup? Lo sapevi anche tu che gli uomini della mia scorta, presi individualmente, valevano tutti più del tuo Croscione nelle armi! Eppure Korup li ha affrontati insieme e, senza il minimo sforzo, li ha stritolati; anzi, ne ha fatto carne da macello! Nonostante ciò, hai voluto metterlo contro il fidanzato di Lerinda! Per me, questo significa che hai cercato di fare lo gnorri di proposito. Perciò non venire a farmi la parte dell'ingenuo, dal momento che non ti si addice! Stando così le cose, sono venuto da te per farti presente che io mi ritiro dalla scommessa, poiché non desidero più che Korup sfidi Iveonte. Egli, dopotutto, non è neppure un tuo campione! Ma non dovrai preoccuparti per la tua scommessa, siccome te la do per vinta già adesso, pur senza che essa venga giocata! Quando vuoi, puoi prendere possesso della mia scuderia, perché puoi considerarla tua di diritto, essendo io venuto meno al nostro accordo riguardante lo scontro. Sappi che, anche in cambio di tutte le ricchezze del mondo, giammai mi metterei contro mia sorella Lerinda, appunto per non procurarle del male inconsolabile! E tu dovresti comportarti allo stesso modo mio nei suoi confronti, se davvero la consideri una sorella!»
«Ecco che ci risiamo! È mai possibile, Raco, che debba passare sempre io per pecora nera della famiglia? Se per nostri motivi familiari giustamente non vuoi più che si disputi lo scontro fra Korup ed Iveonte, ti non ci sono problemi da parte mia, siccome mi associo alla tua iniziativa. Ma non permetterò a mio fratello di donarmi la sua scuderia, senza che avvenga lo scontro! Sappi che anch'io ci tengo alla mia sorellina e non voglio correre il rischio di ritrovarmi ad essere additato da lei come il principale responsabile della morte del suo amato fidanzato. Perciò ora mando subito Croscione a chiamare l'infernale Korup e gli annunceremo che il suo combattimento con Iveonte è stato disdetto da noi due in pieno accordo e non si farà più, non essendo più intenzionati a scommetterci alcuna scuderia. Così appianeremo il dissidio sorto fra noi quest'oggi. Adesso sei contento? Come vedi, non sono poi un mostro, come tu e Lerinda mi avete sempre dipinto, sebbene io non lo fossi!»
«Ma ho il timore, Cotuldo, che sarà Korup a non volere rinunciare al suo scontro con nostro cognato, indipendentemente dalla nostra scommessa. Questo fatto, siccome complica le cose, comincia a preoccuparmi non poco, essendo al corrente di come la pensa l'Ammazzacampioni! Egli a Casunna mi ha confidato che ammazza anche chiunque venga additato come campione da altri, indipendentemente da se egli voglia o meno scontrarsi con lui!»
«Invece qui dovrà farlo per forza, Raco, visto che sarò io ad intimarglielo, che sono il re! Intanto suggerirò a Croscione di disporre un centinaio di gendarmi nella sala del trono, prima di andare a chiamare Korup e di invitarlo in questo posto. Allora vedremo se egli oserà fare lo stesso il duro con noi, alla presenza di tanti miei soldati! Comunque, mi sentirei più sicuro, fratello, se qui ci fosse presente il valoroso Iveonte. Forse non ci crederai, ma sono convinto che nostro cognato vale più di un migliaio dei miei soldati! Che tu ci voglia credere oppure no!»
«Vorresti darmi ad intendere, Cotuldo, che davvero mostri una fiducia così grande nel fidanzato di nostra sorella? Magari potessi averla anch'io una tale fiducia in lui! Ciò mi consolerebbe almeno in parte!»
«In un certo senso, ce l'ho, fratello. Per questo mi è stato sempre un po' antipatico! La mia fiducia in lui, però, non è immensa, come vorrei che fosse, per sentirmi totalmente tranquillo. Devi sapere che non ho avuto modo di conoscerlo abbastanza, al fine di fare un confronto valutativo fra lui e Korup. Secondo me, solo nostra sorella potrebbe risolvere il dilemma, poiché è lei che lo ha visto ingaggiare il combattimento con il mostruoso Talpok, il quale sarebbe da definirsi ad alto livello. Se esso realmente c'è stato, come lei afferma, Iveonte è senz'altro superiore alla stessa portata dell'Ammazzacampioni! Ad ogni modo, non sappiamo fino a che punto le si possa dare credito, visto che l'amore a volte presenta reali perfino le cose inesistenti. Se invece proponiamo a lei il dilemma, dopo averla convinta delle reali potenzialità di Korup, di sicuro avremo l'esatta sua soluzione. A mio avviso, se ella quel giorno esagerò nel decantare il valore del suo ragazzo, ci scongiurerà perché lo scontro odierno non abbia luogo. Altrimenti, non si opporrà allo scontro odierno con l'Ammazzacampioni; anzi, pretenderà che esso avvenga, essendo persuasa che così un altro malvagio, il quale però adesso non sarei io, cesserà di vivere sulla terra! Ecco come stanno realmente le cose!»
«Quanto suggerisci, fratello, non ha più ragion d'essere, avendo già provveduto io a mettere al corrente nostra sorella sia dell'imminente scontro che stava per aversi fra il suo innamorato e Korup sia della micidiale pericolosità che quest'ultimo rappresenta. A tale riguardo, ti assicuro che sull'Ammazzacampioni non le ho tralasciato assolutamente nulla di nulla, mio caro Cotuldo. Neppure il più piccolo particolare, ad evitare che lei non si intimorisse come avrebbe dovuto!»
«E quale è stata la reazione di nostra sorella, Raco? Naturalmente, Lerinda, dopo essersi spaventata, si sarà subito opposta allo scontro! Magari ti avrà implorato in ginocchi di non farlo avvenire, non volendo perdere il suo amato Iveonte con la sua uccisione da parte di Korup!»
«Se lo vuoi sapere, Cotuldo, al contrario, il previsto scontro del suo innamorato con un rivale così terribile non l'ha minimamente preoccupata! Proprio come hai detto tu, ella ha insistito che esso avvenisse. In tal modo, secondo lei, il mostruoso Korup avrebbe cessato per sempre di esistere e di mietere ancora tante vittime innocenti. Ma io non intendo lo stesso farli affrontare. Lerinda mi è molto cara, perché io possa mettere a rischio la sua felicità! Se Iveonte malauguratamente venisse ammazzato, sono certo che ella ne morirebbe di dolore!»
«Va bene, Raco, se temi ancora che Iveonte non possa farcela contro Korup, procederemo come abbiamo stabilito. Tieni presente, però, che l'atteggiamento favorevole di Lerinda nei riguardi della contesa mi rincuora e mi fa avere nel suo ragazzo una nuova fiducia, la quale è la massima possibile! Anche il mio consigliere Croscione a Casunna mi aveva palesato con convinzione che, soltanto se in quel fatidico giorno Iveonte sul serio affrontò e sconfisse il Talpok, per Korup non potrebbe esserci alcuna probabilità di successo! Ed io la penso allo stessissimo modo suo! Adesso riesci a comprendermi e a tranquillizzarti?»
«Ma chi è questo Talpok? Che tipo di mostro è precisamente? Anche nostra sorella mi ha accennato ad esso. Cotuldo, vuoi dirmi tu qualcosa a tale riguardo, dal momento che ne provi tantissimo spavento? A questo punto, davvero sono ansioso di saperne di più su di esso!»
«Il Talpok è un mostro terrificante ed indistruttibile, caro fratello Raco! Perfino il mio braccio destro, il quale ebbe la disavventura di averlo di fronte proprio mentre si portava via nostra sorella, afferma che esso ha un aspetto orribile. Egli, essendone stato terrorizzato, scappò via senza pensarci due volte. Invece Iveonte, affrontandolo e mettendolo in fuga, si mostrò in grado di liberare la nostra Lerinda. Secondo lei, il Talpok, oltre ad essere invulnerabile, emette dalle fauci un niveo fumo che riesce a disintegrare qualunque cosa venga ad investire. Non puoi immaginare quale desolazione esso provocò sul terreno dove c'era stato lo scontro! Prima non te ne avevo parlato, ma solo perché non avevo dato peso alle parole di Lerinda. Adesso, se me lo consenti, vado ad impartire a Croscione le varie mie disposizioni, delle quali abbiamo già parlato nel corso di questo nostro colloquio; ma come provvedimenti puramente precauzionali. Agendo in questo modo, porremo senz'altro fine alle nostre attuali preoccupazioni!»
Quando Korup fece il suo ingresso nella sala del trono accompagnato da Croscione, rimase sorpreso nello scorgere l'imponente dispiegamento di forze, che in tale occasione era stato messo in atto in quel luogo. Perciò subito subodorò che le cose non stavano più filando lisce come l'olio. Ovviamente, non per lui, considerato che i rischi li avrebbero corsi soltanto coloro che avessero cercato di contrapporglisi. Per quanto lo riguardava, egli poteva unicamente provare ad immaginare che, nella peggiore delle ipotesi, c'era stato un ripensamento da parte di uno dei due scommettitori. La qual cosa lo aveva fatto ritirare dalla scommessa, mandando a monte lo scontro che essi stessi gli avevano proposto a Casunna e che avrebbe dovuto farlo combattere contro il campione, di nome Iveonte. A tale scopo, secondo il suo ragionamento, i due illustri fratelli si affrettavano a metterlo al corrente della nuova decisione da loro presa. In relazione poi alla presenza di tutti quegli armati nella sala del trono, sempre secondo lui, essi dovevano servire esclusivamente ad indurlo senza difficoltà a venire a più miti consigli, senza pretendere più lo scontro. Quei soldati, però, non costituivano affatto un problema per lui. Essi, ad occhio e croce, erano un centinaio al massimo, non potendo essercene più di una cinquantina per lato; inoltre, erano disposti contro le due pareti laterali della sala e risultavano tutti molto bene armati.
Una volta che furono giunti davanti al re Cotuldo e al viceré Raco, mentre Croscione andò ad affiancare il suo sovrano e il fratello di lui, Korup domandò ad entrambi i germani:
«Mi dite, esimie autorità, se sono stati già discussi da parte vostra i preliminari del mio scontro con il campione Iveonte? Ma vedo che il mio avversario non si è ancora fatto vivo in questa sala. Come mai? Avete forse cambiato idea sul duello, che era da farsi quest'oggi? Oppure è stato proprio Iveonte a rifiutarsi di affrontarmi e di presentarsi qui in data odierna? In questo caso, egli lo stesso non riuscirà ad evitarmi!»
Allora il re Cotuldo, senza mezzi termini, gli rispose con un tono visibilmente seccato:
«Se non lo hai ancora capito, Korup, io e mio fratello abbiamo stabilito che non ci sarà più né alcuna sfida, né alcuno scontro, né alcuna scommessa! Il motivo? Iveonte è il fidanzato di nostra sorella e non intendiamo più farlo combattere contro di te. Se dovesse finire male per lui, pensa un poco in che guaio ci metteremmo noi due! Ci inimicheremmo nostra sorella a vita; mentre sia io che lui non abbiamo alcuna intenzione di arrivare a tanto! Perciò, se vuoi che la pace continui a regnare nella nostra famiglia, dovrai rinunciare alla tua sfida con le buone, ossia di tua volontà; altrimenti, saremo obbligati ad importelo con le cattive! Mi sono spiegato? Dal canto nostro, essendo abbastanza ragionevoli, siamo disposti a risarcirti con una cospicua somma di denaro per indennizzarti del tempo che ti abbiamo fatto perdere nello starci dietro invano, senza il combattimento al quale tu aspiravi. Quindi, stabilisci tu la cifra che più ti aggrada e noi te la corrisponderemo senza meno, qualunque vorrai che essa sia! A questo punto, Korup, stiamo aspettando la tua risposta, sperando in una tua saggia decisione!»
«Re Cotuldo, il mio cinismo non mi permette né di tener conto degli altrui problemi familiari né di corteggiare ricchezze di alcun tipo. L'unica soddisfazione mi proviene dallo sfidare i campioni e dall'ammazzarli senza pietà. Tutte le restanti cose hanno ben poco valore per me. Dunque, tenetevele per voi le vostre ricchezze e fatemi sfidare il campione Iveonte, se non volete andare incontro a guai molto seri! Sappiate che non me ne andrò da questa reggia, fino a quando non avrò combattuto contro di lui e non lo avrò ammazzato, come ho fatto con tutti gli altri! Inoltre, se era vostra intenzione intimorirmi, facendomi trovare in questa sala tantissimi gendarmi, avete mosso la pedina sbagliata. Vi dico che non c'è nessuno al mondo che possa costringermi a fare ciò che non voglio oppure a proibirmi ciò che desidero! Adesso che sapete ogni cosa sul mio conto, preparatevi al peggio, se avete stabilito di contrariarmi, vietandomi a qualsiasi costo lo scontro già stabilito fra noi a Casunna!»
«Ma io sono il re e nel mio regno tutti mi devono obbedienza, volente o nolente, Korup! Se non lo sai, rappresento l'autorità in persona, colui che detta leggi a tutti e non accetta imposizioni da parte di nessuno! Perciò ti esorto di nuovo a rinunciare di tua volontà allo scontro con nostro cognato. Se non ti sta bene la mia esortazione, allora ti ordino di lasciare la mia reggia, la mia città e tutti i miei territori!»
«Invece io non riconosco alcuna autorità, sovrano di Dorinda e di Casunna, per cui vado e resto dove mi pare e piace. Nessuno può obbligarmi ad agire in modo diverso da come la penso. Io sono un semidio e per questo sono superiore anche ad un re, il quale è soltanto un comune mortale! Posso uccidere chiunque e quando voglio, senza il permesso di alcun sovrano! Se voi due non mi avete compreso abbastanza fino a questo momento, il peggio sarà esclusivamente vostro!»
Nel sentire Korup usare un tono provocatorio, anzi quasi di sfida verso il suo sovrano, Croscione all'istante intervenne a riprenderlo. Così si azzardò ad urlargli contro:
«Il mio illustre sovrano ti ha dato un ordine e io te lo farò eseguire a ogni costo, anche con la forza! I miei soldati sono già pronti ad intervenire contro di te e a punirti adeguatamente per l'arroganza dimostrata verso il loro re! Perciò, dissennato Korup, ti invito a rinsavire prima possibile, ossia finché ti sarà consentito. Altrimenti guai se disubbidisci!»
Il braccio destro del re Cotuldo ebbe appena terminato di proferire le sue parole, allorquando si vide privare di botto della vista e provare in pari tempo un terebrante dolore ad entrambe le cavità orbitali. Le quali adesso erano rimaste prive del bulbo oculare. Solo gli altri avevano potuto seguire, anche se a fatica, le fulminee azioni del falcone di Korup. L'uccello rapace, infatti, dopo aver ricevuto il solito ordine dal proprio padrone, emesso a fior di labbra, all'istante aveva spiccato il suo scattante volo contro Croscione. Così, in un lasso di tempo infinitesimale, quasi equivalente ad un tempuscolo, aveva già fatto il suo bottino ed era ritornato sulla spalla del suo padrone. Adesso lo si poteva scorgere allo stesso posto, mentre si dava ad ingurgitare soddisfatto i due occhi del malcapitato Croscione, divorandoseli l'uno dopo l'altro.
Quanti erano presenti nella sala del trono assistettero sbigottiti a quell'episodio terrificante, il quale era venuto ad arrecare a tutti loro un turbamento indicibile; ma anche ne raggelò gli animi. Poco dopo, alla vista del volto insanguinato di Croscione, il quale adesso risultava orbato dei preziosi organi della vista, in ognuno si poteva scorgere molto sgomento, ma soprattutto una grande amarezza frammista ad un odio rabbioso ed implacabile. Allora Beurro, il comandante dei gendarmi, vedendo il suo amico Croscione darsi alla disperazione più miserevole, non volle fermarsi alla rabbia nei riguardi di Korup. Egli decise di costituire per lui una concreta minaccia, volendo fargliela risultare di un danno considerevole. Per questo, dopo essersi armato del suo arco, immediatamente gli scoccò contro una freccia, la quale riuscì a trafiggerlo al braccio destro. Al colpo, l'Ammazzacampioni non si scompose più di tanto. Con molta pacatezza, egli badò ad estrarsi il dardo dall'arto superiore, senza mostrare alcun dolore. Avvenuta la sua immediata estrazione, dopo egli lo spezzò a metà e gettò per terra le due parti tronche di esso. Ma ciò che fece trasecolare di più gli astanti fu il successivo fenomeno. Sbalorditi come non lo erano mai stati, essi scorsero la ferita rimarginarsi all'istante, senza lasciare traccia di alcuna cicatrice. Così il braccio di Korup ritornò ad essere integro, qual era prima.
Quel prodigioso episodio, di cui aveva dato prova il terribile forestiero, allarmò maggiormente il re Cotuldo e il fratello viceré. Essi si convinsero che si trovavano di fronte ad un essere diabolico, il quale non si lasciava sconfiggere ed abbattere da nessuna forza umana. In pari tempo, si andavano chiedendo come avrebbero fatto a sbarazzarsi di lui, senza avergli fatto prima affrontare Iveonte. La sua semidivinità, che lo rendeva anche invulnerabile, lo metteva nella condizione di poter dettare leggi anche ai re. Perciò non si intravedeva altra alternativa che quella di farlo combattere contro il cognato, se intendevano liberarsi di lui per sempre, senza averlo più tra i piedi, a guisa di una mannaia. Invece il terribile Korup, dopo aver dato una chiara dimostrazione della sua natura semidivina, si rivolse nuovamente ai due illustri germani, domandando ad entrambi:
«Siete ancora dell'avviso di non farmi affrontare il vostro campione, solo perché è il fidanzato di vostra sorella? Ma se proprio ci tenete, posso convincervi con provvedimenti più persuasivi. Sta a voi decidere come devo comportarmi con voi, ossia se fare il buono oppure il cattivo tempo nei vostri confronti! Quindi, sbrigatevi a soddisfare la mia richiesta, se volete evitare la mia collera e la mia furia, le quali già fremono dentro di me e vorrebbero agire di conseguenza!»
Allora il viceré Raco, da parte sua, avendo intenzione di fare il suo ultimo tentativo, allo scopo di dissuaderlo dalla sua ostinazione, intervenne a rispondergli:
«Tu, Korup, ci hai dichiarato che sei l'Ammazzacampioni; però Iveonte non è affatto un campione, ma un uomo comune. Dunque, che gusto ci trovi a combattere con una persona completamente normale e che vale meno di un mediocre guerriero? Al posto tuo, pur di non rimetterci la reputazione, ci ripenserei ed andrei a cercarmi altrove dei veri eroi, quelli che sono degni di combattere contro di te!»
«Se è come dici, viceré Raco, allora perché tuo fratello, il re Cotuldo, ha voluto scommettere su di lui la propria scuderia, pur avendomi visto combattere? Ciò non sembra anche a te un controsenso? Se puoi, a tale proposito, dimostrami con i fatti che ho torto. Ma ti sarà difficile darmi la dimostrazione del contrario! Te lo garantisco senz'ombra di dubbio!»
«Per come la vedi tu, Korup, la cosa appare certamente così; invece, per come la vedo io, essa si presenta ben diversa. Devi sapere che mio fratello, siccome non vedeva di buon occhio il fidanzamento di Iveonte con nostra sorella, aveva deciso di farlo eliminare da te, che sei invincibile. Allora, venuto a conoscere la verità sulla nostra scommessa, io mi sono opposto allo scontro e ho convinto anche lui a rinunciarci.»
«Senza meno, le tue attuali giustificazioni possono anche essere credibili, viceré Raco. Ma come già ti avevo avvisato, io vado sfidando ed ammazzando non solo chi si dichiara da sé un campione, ma anche chiunque venga additato da altri come tale. Perciò, dal momento che il fidanzato di tua sorella è stato indicato come un campione proprio da tuo fratello, non mi resta che portare a termine la mia missione, senza accogliere alcuna sua ritrattazione. Inoltre, ho deciso anche di vendicarmi con voi due del contrattempo, a cui sono andato incontro a causa vostra. Per questo vi lascerò un mio ricordo, che non dimenticherete facilmente. Visto poi che per principio non intervengo mai contro la persona fisica dei sovrani, dovrò risparmiare il solo re Cotuldo; ma ammazzerò tutti i suoi gendarmi che sono dispiegati in questa sala. Quanto a te, viceré Raco, ti farò fare la stessa fine di Croscione; però non prima di averti fatto assistere alla sanguinosa ecatombe, alla quale sto per dare inizio in questa sala del trono!»
Dopo che ebbe smesso di parlare, Korup si adoperò per fare seguire i fatti alle minacce. In un attimo, allora egli si scagliò nella mischia, visto che i gendarmi, per ordine del loro comandante, già gli si erano avvicinati in massa e stavano tentando di accerchiarlo con molta circospezione. La sua irruzione provocò uno sbandamento inverosimile fra la milizia di Beurro, la quale ne era venuta ad accusare fin dall'inizio gli effetti catastrofici. L'Ammazzacampioni era piombato fra i gendarmi simile ad una furia ciclonica, mettendosi ad infierire contro di loro con chiari intenti di scompiglio e di terrore. Adesso egli sembrava una vera macchina da guerra, mentre andava seminando sbaraglio e morte tra i numerosi soldati. I quali, pur mostrandosi disorientati e terrorizzati al massimo, lo stesso ricorrevano ad ogni mezzo, allo scopo di demolire la prepotenza dell'imprendibile ed inossidabile avversario. Il furore guerresco di Korup si mostrava qualcosa di eccezionale, nel momento stesso che si accaniva con furia contro la milizia reale e l'andava via via sterminando e decimando in modo impietoso. Come potevano rendersi conto il re Cotuldo e il viceré Raco, l'impeto dei suoi ingenti colpi si abbatteva in modo inclemente e brutale su quanti cercavano di opporgli la loro strenua resistenza o tentavano di procurarsi una valida difesa. Ovunque e incessantemente, la spada del semidio andava creando dei varchi, per poi disseminarli di cadaveri orribilmente mutilati. Inoltre, erano parecchi i casi in cui essa faceva volare in ogni direzione teste mozze, arti recisi e quant'altro di troncabile si presentasse nei corpi dei suoi avversari. I quali, ciò nonostante, non cessavano di assalirlo e si davano a combattere con grande impeto. In pari tempo, essendo stati straziati dai colpi mutilanti di Korup, alcuni gendarmi, che presto sarebbero crepati dissanguati, si dolevano delle loro gravi ferite. Ma anche imprecavano contro l'intera schiatta del loro feritore, maledicendola con grande stizza. I due illustri fratelli, di fronte a quelle sequenze diaboliche di Korup, non potevano fare altro che rimanerne sgomenti ed assistere impotenti a tanta strage disumana. La quale andava spegnendo la vita in chi l'aveva oppure si dava a storpiare in modo irrimediabile quei corpi che fino allora erano rimasti fisicamente incolumi.
Terminata la sua annunciata carneficina, la quale aveva reso la sala colma di salme e di organi maciullati, l'Ammazzacampioni rapidamente si avvicinò al trono. Egli, infatti, aveva ancora un conto in sospeso con il viceré di Casunna ed intendeva regolarlo all'istante. Egli iniziò a dirgli:
«Nobile Raco, ti ho dato la dimostrazione di cosa sono capace, quando mi fanno arrabbiare. Ma adesso, mi dispiace per te, che ieri mi eri risultato anche simpatico, tocca alla tua persona saldare i conti con me. Perciò eccomi a mantenere la mia promessa, quella che ti ho fatta un momento fa, prima di dar luogo alla mia cruenta carneficina!»
Un istante dopo, Korup sussurrò al suo falcone la solita frase, che l'uccello oramai conosceva a memoria, cioè: "Vai, Rus! Cava ed ingoia!" Ma il rapace ebbe appena il tempo di alzarsi in volo, con l'intento di scagliarsi contro la sua preda, allorché esso fu visto precipitare a capofitto sul pavimento senza vita. Una volta che il corpicino del pennuto morto raggiunse il suolo, il re Cotuldo, il viceré Raco e Korup notarono che esso era stato trapassato da una freccia scagliata con maestria da mano ignota. Allora, nel vedere per terra il suo fedele falcone privo di vita, il figlio del dio Araneo si sentì quasi impazzire dal dolore. Ma anche si stupì del fatto che un essere umano fosse stato in grado di colpirlo nel suo rapidissimo volo. Infine la rabbia ebbe il sopravvento sullo stupore e decise di vendicarlo immantinente e nella maniera che risultasse la più esemplare. Perciò, prima ancora di voltarsi indietro per avvistare l'uccisore della sua bestiolina amica, la quale gli aveva fatto compagnia per moltissimi anni, gli domandò urlando:
«Chi è stato a farmi un torto così grande!? Assai presto lo farò pentire nel modo più impensabile, per avere ammazzato il mio falcone! Per questo il suo uccisore si prepari a morire di una morte atroce e anche protratta nel tempo! Egli può esserne certo!»
«Sono stato io!» lì per lì, una voce alle sue spalle gli rispose con tono imperioso «Non credere, Korup, di farmi paura con le tue innocue minacce! Ti assicuro che so come trattare le carogne del tuo stampo! Tra poco te lo dimostrerò, verme schifoso!»
A quelle parole di sfida, l'Ammazzacampioni si voltò indietro e scorse un giovane in fondo alla sala del trono, il quale adesso stava avanzando impavido verso di lui. Nello stesso tempo, lo scorsero anche il re Cotuldo e il viceré Raco. Quest'ultimo, dopo essersi sbalordito per il magistrale colpo eseguito dallo sconosciuto arciere, il quale lo aveva salvato dalla cecità, oltre che gioirne, si rivolse al fratello re e gli chiese con gioia:
«Cotuldo, chi è quel giovane che avanza verso di noi? Come ha fatto a sorprendere in volo il falcone di Korup, che noi a malapena riuscivamo a seguirlo con gli occhi!? Egli è stato straordinario! Inoltre, grazie a lui, non sono stato privato della vista, la quale pena era stata già subita da Croscione! Allora chi è? Me lo dici, fratello?»
«Chi poteva operare un simile miracolo, Raco, se non Iveonte, il ragazzo di nostra sorella Lerinda? Egli ti ha salvato la vista giusto in tempo! Adesso speriamo che ci liberi anche dall'odioso Korup, mostrandosi all'altezza dell'arduo compito, che è venuto ad assumersi da solo, senza essere chiamato! Altrimenti qui ci ritroveremo davvero perduti!»
«Il suo è stato davvero un tiro fenomenale, Cotuldo, che io avrei senz'altro ritenuto impossibile! Il suo intervento è stato provvidenziale per me. Fratello, se la sua scherma vale quanto la sua mira infallibile, egli ci lascia ben sperare. Ma come farà nostro cognato a cavarsela contro l'invulnerabilità del terribile Korup? Me lo sai tu dire? Io non so proprio spiegarmelo! Spero che saprà lui come fare!»
«Fratello mio, sono sicuro che Iveonte se la caverà nella stessa maniera in cui riuscì a tener testa al mostruoso Talpok, il quale anche era invulnerabile come Korup. Quindi, ci toccherà aspettare e vedere quale epilogo avrà l'epico scontro fra i due titanici combattenti! Per adesso, più di questo non possiamo fare nient'altro!»
Come mai Iveonte era venuto a trovarsi giusto in tempo nella sala del trono? Con il suo tempestivo intervento, egli era riuscito anche a trarre dai guai il fratello prediletto della sua Lerinda. A dire la verità, egli non era capitato in quel luogo per puro caso, dal momento che non era sua abitudine andare a far visita al re Cotuldo, non tollerandolo per niente. Per tranquillizzarci, allora cerchiamo di capirci qualcosa.
Nella tarda mattinata, Zipro si era fatto vivo al campo di Lucebio, affinché Francide gli impartisse la sua solita lezione di scherma. Dopo essersi presentato al suo maestro d'armi, egli gli aveva riferito che il re Cotuldo aveva fatto ritorno da Casunna. Ne era venuto a conoscenza, solo perché si era imbattuto nel suo seguito, proprio mentre si stava conducendo al campo. Francide allora, rimandando a più tardi l'allenamento dell'allievo, subito era corso a riferirlo ad Iveonte. L'amico, a sua volta, senza perdere un minuto di tempo, era montato sul suo cavallo ed era volato alla volta della città, non vedendo l'ora di riabbracciare la sua deliziosa Lerinda. Una volta all'interno della reggia, il giovane era stato investito da un gendarme, che stava scappando a tutta corsa, come se si fosse trattato di un bolide. Per la precisione, l'investitore era stato Chiscio, uno degli uomini di Beurro. L'impaurito militare, anziché rimanere a combattere al fianco dei suoi commilitoni contro Korup, giustamente aveva preferito tagliare la corda e svignarsela a tutta carriera dalla sala. Finito poi per terra con un bel ruzzolone, a causa del suo violento scontro avuto con Iveonte, costui gentilmente lo aveva aiutato a rialzarsi. Ma avendolo trovato in uno stato agitato e spaventato al massimo, egli non aveva perso tempo a domandargli assai incuriosito:
«Perché tremi tutto dalla paura? A quanto pare, il tremore ti fa sembrare una foglia sbattuta dal vento! Vuoi dirmi da chi stavi scappando a quella velocità supersonica? Per favore, vorrei apprendere da te cosa continua a spaventarti quasi a morte! Avanti, raccontami immediatamente ciò che ti ha terrorizzato così tanto!»
Chiscio allora, seguitando a mostrarsi atterrito, si era messo a raccontargli quanto era successo e stava ancora succedendo nella sala del trono. Gli aveva perfino riferito che il massacro stava avvenendo, soltanto perché il diabolico guerriero Korup intendeva sfidarlo a qualsiasi costo, contrariamente ai pareri del re Cotuldo e di suo fratello Raco, i quali non intendevano farlo combattere con lui. Infine aveva concluso:
«Iveonte, soltanto tu puoi fermare il demoniaco Korup, tu che hai messo in fuga il mostruoso Talpok, dopo aver reso inefficaci le sue micidiali armi! Perciò affréttati a correre nella sala del trono e poni fine alla sua orrenda carneficina! A tale riguardo, ti consiglio di guardati bene principalmente dal suo temibile falcone, il quale è stato ammaestrato a cavare gli occhi alle persone e a divorarseli. Ma devi anche tenere presente che l'Ammazzacampioni è invulnerabile! Dunque, adesso corri a debellare lui e il suo uccellaccio!»
Era stato in quel modo che Iveonte si era lanciato rapidamente nella sala del trono, dove aveva fatto il suo ingresso nell'istante esatto che Korup aveva preso la decisione di aizzare il suo terribile falcone contro il nobile Raco. Egli allora, dopo essersi armato fulmineamente del suo infallibile arco, era riuscito a fermare in tempo la sua missione punitiva. Lo aveva atterrato con un colpo eccellente, non appena esso aveva spiccato il suo volo funesto e si era alzato di circa un metro sopra la testa del suo padrone.
Chiariti i fatti che avevano contribuito a far trovare opportunamente il giovane Iveonte nella sala del trono, ci conviene riprendere con sollecitudine quelli che adesso vi si stavano ancora svolgendo. Anche perché il lettore a ragion veduta è impaziente di seguire l'eccezionale scontro, che era prossimo ad accendersi tra i due straordinari contendenti. I quali vi si sarebbero impegnati con tutte le loro inesauribili risorse e la loro eccellente bravura nelle armi.