100-I TRE RITI RELIGIOSI DEGLI ARANEIDI

Ultimata la fase preparatoria, altri tre colpi di gong annunciavano l'inizio della prima parte del rito, cioè l'Immolazione dei Pargoletti. Essa avveniva simultaneamente alla seguente preghiera, che veniva recitata dalla Somma Sacerdotessa: "Accetta, divino Araneo, il tiepido sangue degli otto pargoletti, che devotamente ti offriamo in sacrificio. Grazie ad esso, il tuo simulacro riacquisterà l'animalità e godrà di quei piaceri materiali che provengono dalla sensualità sfrenata. In cambio, ti chiediamo una ingente prolificità per le nostre donne, dopo che le avrai possedute carnalmente per la prima volta. Sappi che quanto più rigogliosa sarà la loro procreazione, tanto meno si correrà il rischio, da parte nostra, di restare senza teneri virgulti da immolarti ad ogni novilunio. In questo modo, si eviterà di reperirli al di fuori della nostra setta, con il pericolo di essere scoperti da quanti ci osteggiano. Lode a te, Ottopode Cornuto!" L'esclamazione laudativa finale, quella che la Somma Sacerdotessa pronunciava alla fine della sua orazione, veniva ripetuta a voce alta dalla totalità degli Araneidi e degli accoliti presenti nel tempio. La sua reiterazione si aveva da parte di tutti loro, fino a quando il grande sacrificio non veniva consumato, come vedremo nel seguito della sacra funzione.

Intanto che la Somma Sacerdotessa proferiva la sua preghiera con voce squillante, ogni aranelda e la sua conversa accompagnatrice cominciavano ad avvicinarsi al bambino che era stato loro assegnato, il quare era legato ad un arto del simulacro del dio Araneo. La prima era munita di un trinciante e la seconda reggeva un'anfora di modeste dimensioni. Dopo averlo raggiunto, mentre la conversa continuava ad impugnare le anse del recipiente di terracotta, cercando di tenerlo ben fermo a qualche centimetro dalla testa del bambino, la sacerdotessa si dava a tutt'altra occupazione. Ella, prendendola per i capelli, badava a stabilizzare la posizione della testa della piccola vittima sopra la bocca slargata del recipiente di forma globulare. Invece il bambino, mostrando due occhietti atterriti, ad ogni costo tentava di divincolarsi dalla mano sinistra della crudele sacerdotessa. Quando infine la religiosa riteneva che la sua manovra di fermo non potesse crearle più alcun problema, con fredda determinazione eseguiva con il suo trinciante un taglio netto nella parte anteriore del collo della piccola vittima, recidendogli la carotide destra. Allora, subito dopo essere stata inferta da lei la profonda ferita al penzolante corpicino, iniziava ad uscire da essa il tiepido sangue. Il quale, mentre ne veniva fuori a fiotti, si riversava nel sottostante vaso che era sorretto dalla conversa ed andava a raccogliersi dentro di esso. Comunque, dopo aver eseguito il taglio suddetto, il compito della sacerdotessa non era da considerarsi concluso. Ella, dopo aver messo da parte il lungo coltello, continuava ad adoperarsi con entrambe le mani. Tenendolo con esse ben saldo, era intenta a far sì che il capo del pargolo non si spostasse troppo da sopra la bocca dell'anfora. Altrimenti il liquido vermiglio poteva finire a terra. Quanto alla testolina del piccolo sacrificando, per alcuni minuti essa continuava ad opporre una tenace resistenza fisica alle sue mani, le quali facevano di tutto per non farlo muovere e per bloccarlo.

Alla fine, essendo il bambino andato incontro al dissanguamento totale, era giocoforza che la sua testa desistesse. Per questo l'inerte ed esanime corpo restava ad oscillare dall'arto ad esso assegnato, fino a quando il decano dei satirei non andava a prelevarlo. Il suo compito era appunto quello di prenderlo e di gettarlo tra le vive fiamme del gigantesco braciere circolare di bronzo, che era sistemato alle spalle del divino simulacro. Nel medesimo tempo, la sacerdotessa, dopo essersi fatta porgere l'anfora dalla sua conversa, si dava a versare il sangue in essa contenuto nella protuberanza imbutiforme che fuoriusciva dal dorso dell'effigie del dio. Quando poi l'intero liquido ematico delle anfore era stato versato nel simulacro di giada del dio ragno, gli Araneidi e gli accoliti smettevano di esclamare la frase "Lode a te, Ottopode Cornuto!". Inoltre, restando muti, attendevano la parte successiva del rito.

A quel punto, la Somma Sacerdotessa dava inizio alla seconda funzione del primo rito religioso, cioè quella che riguardava l'Animalizzazione del divino simulacro. Perciò, tenendo entrambe le mani rivolte verso l'alto ed usando l'identico tono di voce, ella emetteva la seguente esclamazione: "Dèstati, Araneo, nostro divino protettore!". Allora pure il secondo grido altisonante della Somma Sacerdotessa veniva ripreso da tutte le altre persone presenti nel tempio. Esse si davano a reiterarlo a gran voce, finché non si otteneva l'animalità nella divina effigie. Difatti, mentre la suddetta esortazione andava avanti per circa un quarto d'ora, all'improvviso quanti presenziavano la cerimonia divenivano testimoni di un mirabolante prodigio. Essi scorgevano il simulacro del dio Araneo assumere prima una fosforescenza verdastra, la qual cosa avveniva intanto che partivano da essa dei lampeggiamenti azzurrognoli. Solo in seguito esso cominciava ad animalizzarsi, facendo udire fortemente i sordi battiti del suo cuore, poiché rimbombavano nell'intero sacro edificio. Ciò significava che il simulacro del dio iniziava a trasformarsi in un corpo animale vero e proprio, poiché finalmente esso veniva attraversato dal soffio della vita sensitiva e si dava ad animalizzarsi.

Divenuto infine carne ed ossa, il mostruoso essere se ne restava completamente immobile. Allora la somma sacerdotessa gridava alle sue subalterne: "Aranelde, adesso tocca a voi eccitare il divino Araneo!", facendo così cominciare la successiva funzione religiosa, denominata Eccitazione carnale della Divinità. Essa, che dava inizio al secondo rito, consisteva nel portare l'eccitamento sessuale del dio, il quale si era appena animalizzato ad un'intensità tale, da permettergli di raggiungere l'esplosione orgasmica. Ad ogni modo, essa sarebbe stata annunciata da altri tre colpi di gong, come avveniva regolarmente poco dopo.

All'invito della loro superiora, le otto sacerdotesse, dopo essersi date ad accarezzare e a baciare il dio animalizzato, fino a fargli inturgidire l'organo copulatore, andavano a formare una fila davanti al dio vivente. In quel posto, la Somma Sacerdotessa, senza perdere tempo, si preoccupava dei preliminari del loro accoppiamento con i satirei decani. Difatti, dopo averle chiamate una per volta, dapprima ella sfilava di dosso la lunga tunica verde a ciascuna di loro, denudandola interamente. Poi le porgeva da bere una pozione afrodisiaca, che era contenuta in un calice d'argento. Al termine di tali preliminari, i quali erano preparatori della copulazione, ogni sacerdotessa andava a disporsi in posizione coricata ai piedi del rispettivo arto del simulacro. Quando poi le otto infoiate aranelde erano pronte per accoppiarsi, le loro converse, prendevano per mano i satirei decani e li conducevano da loro, invitandoli a possederle e a penetrarle per il tempo stabilito.

Intanto che si consumavano gli otto accoppiamenti tra le aranelde e i satirei decani, il dio animalizzato assumeva uno strano movimento. Emettendo dei versi simili a grugniti stridenti, egli sollevava alternativamente dall'impiantito ora i quattro arti di posizione dispari (prima e terza coppia), ora quelli di posizione pari (seconda e quarta coppia). Ma pur muovendosi frequentemente in quella maniera, egli restava sempre allo stesso posto. Infatti, non andava avanti e non retrocedeva, poiché l'alternanza dei suoi passi non gli consentiva di avanzare e di uscire dal cerchio centrale in cui si trovava. Quello strano atteggiamento del dio Araneo dava l'impressione che egli manifestasse una vera agitazione, con l'intento di far comprendere che dentro di sé ci stava una grande smania di appagare un proprio impulso istintivo. Forse era l'intenso appetito sessuale da lui avvertito in modo preponderante a provocarglielo, ad infonderglielo, ad alimentarglielo e ad accrescerglielo fino al parossismo più folle.

Allora, vedendolo arrapato fino a tale grado, la Somma Sacerdotessa, allo scopo di ammansirlo, interveniva ad annunciargli: "Presto, divino Araneo, ogni tuo focoso istinto sessuale sarà appagato. Le sessantaquattro vergini adolescenti attendono che tu le possieda tramite i satirei e le inizi così alla prolifica esistenza della procreazione. Ciò si avrà, quando esse si congiungeranno carnalmente con i giovani satirei, i quali anch'essi sono già fortemente bramosi di sottoporle alla lacerazione del velo verginale e di penetrarle con voluttà irrimandabile. Le verginelle non hanno dubbi che sarai tu a possederle realmente, anziché gli eccitati satirei, nei cui organi copulatori ti darai a versare la tua totale insaziabile libidine. Inoltre, finirai per profanare con il prorompente turgore degli stessi il tempio illibato della loro verginità." Accolto il dio in quel modo, la Somma Sacerdotessa poco dopo ingiungeva alle sue subalterne: "Aranelde, date immediatamente inizio alla Deflorazione delle adolescenti Vergini. Le quali non aspettano altro, poiché sono pienamente coscienti che sarà il nostro dio Araneo a sverginarle e a penetrarle con una brama eccessiva!"

All'ordine della loro superiora, ogni sacerdotessa porgeva alla propria conversa un vassoio con nove calici, in ognuno dei quali era stata versata una pozione afrodisiaca. Le converse, a loro volta, si avvicinavano con i loro vassoi ai nove decani che dipendevano da loro. Perciò ciascuno, prendendo i calici uno per volta dal vassoio che reggeva la conversa, li distribuiva ai propri satirei, ma tratteneva il nono per sé. Quando tutti i giovani satirei avevano bevuto metà del loro contenuto ed avevano fatto bere la rimanente parte alle rispettive vergini, essi andavano a riporre i calici vuoti sopra i rispettivi vassoi. I quali venivano poi portati via dalle stesse converse. Di lì a poco, le sacerdotesse e le loro converse si avvicinavano ai satirei seduti. Mentre le seconde si portavano via i rispettivi decani; le prime, dopo averli invitati ad alzarsi, privavano i satirei più giovani dell'indumento che copriva le loro pudende. Alle vergini adolescenti, invece, dopo avere invitato pure loro ad alzarsi in piedi, esse sfilavano di dosso la bianca tunica trasparente, perché si presentassero completamente nude. Comunque, a mano a mano che le denudavano, nello stesso tempo esse le invitavano a giacere con i rispettivi satirei, i quali si mostravano già ingordi di sesso.

Al compimento di tali azioni, le quali erano da considerarsi preparatorie, ciascuna aranelda faceva subito ritorno in prossimità del cerchio centrale, dove prendeva posto tra la sua conversa e il satireo decano, che le era stato assegnato. A quel punto, dei leggeri e persistenti colpi di gong annunciavano l'inizio della Deflorazione delle adolescenti Vergini e si davano ad accompagnare i sessantaquattro amplessi per la loro intera durata. Lo sverginamento delle fanciulle e la loro successiva penetrazione, oltre che dai sommessi ed echeggianti colpi di gong, erano accompagnati dal coro ripetitivo tanto degli Araneidi quanto degli accoliti. Essi, accordandosi con il suono della piastra metallica e rivolgendosi al loro dio, si davano a gridargli: "Dio Araneo, possiedile ed inseminale!"

Quanto ai giovani satirei, a loro succedeva qualcosa di molto strano. Ognuno di loro, non appena si metteva a giacere sopra l'adolescente vergine messa a sua disposizione per congiungersi carnalmente con lei, si sentiva a un tratto possedere da una forza oscura ed invisibile. Essa sembrava quasi che si immedesimasse con la sua incontrollata voglia di accoppiarsi con la sottostante vergine. Da parte sua, il satireo defloratore, intanto che stuprava la minorenne fanciulla che gli soggiaceva appagata, carpendole la verginità con un arrembaggio libidinoso, sembrava assecondare la medesima immateriale concupiscenza del suo dio profanatore. Costui, in verità, lo possedeva di fatto, attraverso una sodomizzazione reale, senza che egli potesse ribellarsi e sottrarglisi. Invece le verginelle, che venivano iniziate alla pratica coitale direttamente dalla concupiscente foga del divino Araneo, dopo un primo approccio non del tutto tollerato con gradimento, a un tratto, si trasformavano in vere ninfomani voraci di sesso. Perciò le si scorgevano dimenarsi, quasi fossero in preda alla foia, ed emettere gemiti di 'incontenibile godimento. Solo dopo che i satirei defloratori avevano raggiunto l'orgasmo, terminava la funzione della Deflorazione delle giovani Vergini.

Era in quel momento che aveva inizio la funzione della Celebrazione della Fertilità, la quale faceva parte del terzo rito religioso. Essa consisteva nella pratica sessuale collettiva, alla quale prendevano parte il dio Araneo e l'intera comunità religiosa della setta. A tale pratica si procedeva, quando la Somma Sacerdotessa dava il via all'accoppiamento collettivo. L'ordine veniva impartito da lei, nel momento stesso che ella si metteva coricata nuda sotto il divino simulacro animalizzato. Nel tempio, tale suo atto era preceduto da un'altra terna di colpi di gong. Così anche la Somma Sacerdotessa cominciava a congiungersi carnalmente con il dio Araneo divenuto animale, provando un godimento incredibile ed emettendo nel contempo ansimi di massimo piacere. Iniziava così un'orgia colossale che sarebbe terminata con l'orgasmo generale, da parte di tutti i partecipanti ai tre riti sacri. Durante la quale, mentre la Somma Sacerdotessa veniva posseduta dall'incarnato dio Araneo, a loro volta i satirei decani si congiungevano carnalmente di nuovo con le sacerdotesse. Di conseguenza anche i satirei più giovani riprendevano a possedere le rispettive adolescenti, le quali avevano smesso da poco di essere illibate. Dal canto loro, gli Araneidi e gli accoliti, quasi come impazziti, si davano a possedere le loro donne con una ingordigia mai avuta prima, la quale li faceva sfogare a più non posso. Ma dopo circa un'ora di orgia generale, di cui l'attività sessuale si presentava l'unica estrinsecazione di rilievo, alla fine si aveva l'immensa esplosione orgasmica collettiva. Essa avveniva tra gemiti di piacere beato, che provenivano da tutti coloro che erano presenti nel tempio. Perciò essi non potevano non restarne molto entusiasti ed appagati sessualmente.

La Celebrazione della Fertilità rappresentava il momento culminante dell'intera cerimonia religiosa dei tre riti di novilunio, esprimendo essa l'universale significato dell'esistenza stessa della setta degli Araneidi. Essi facevano basare la loro religione principalmente sul sesso, quale autentica espressione di procreazione e di piacere. Ma perché esso fosse tale, lo si doveva praticare sotto l'egida del loro protettore Araneo. In riferimento al sacrificio umano, per gli Araneidi esso era indispensabile per un motivo molto importante. Secondo loro, esso soltanto permetteva al simulacro del dio di animalizzarsi e di prendere parte alla loro orgia collettiva. Infatti, gli adepti dell'araneismo erano convinti che la divina partecipazione all'eccezionale profusione carnale del momento arrecava alla loro orgia una grande fertilità. Per cui essa, in pari tempo, procurava un'abbondante prolificità alle loro famiglie.

Non appena si esauriva l'orgasmo collettivo, i lussuriosi orgiasti all'improvviso venivano sorpresi da un sonno profondo. Perciò, dopo essersi accasciati sul pavimento, dormivano in quel luogo fino a mezzogiorno. Quando poi ritornavano ad essere desti, al posto della divina bestia mostruosa, essi ritrovavano di nuovo il suo simulacro di giada, privo di ogni segno di esistenza. Allora ciascuno di loro lasciava il tempio e faceva ritorno alla propria dimora, al grido di: "Araneo è vita! Araneo è luce! Araneo è guida! Araneo è speranza!"


Fino a mezzo secolo prima, nei dintorni della città di Cirza, il culto di Araneo era stato abbastanza in voga e il numero dei seguaci dell'araneismo era risultato abbastanza considerevole. Questi ultimi gli avevano edificato il sontuoso tempio, del quale abbiamo conosciuto le caratteristiche e ormai nel tempo attuale restavano in quel luogo soltanto pochi ruderi. A quell'epoca, nonostante la sua grande capienza, durante ogni rito di novilunio, quasi la metà degli appartenenti alla setta araneica aveva dovuto seguire ogni volta la cerimonia religiosa dall'esterno del tempio. Ma essi vi avevano partecipato con lo stesso fervore di quelli che si trovavano all'interno. Comunque, tra gli Araneidi era invalso il principio dell'alternanza. In base al quale, coloro che nel rito precedente lo avevano seguito all'interno del tempio, in quello successivo essi erano obbligati a parteciparvi dall'esterno. Per loro, in verità, non cambiava nulla, vivendolo essi con la stessa intensità e con l'identico fanatismo.

In seguito, la setta degli Araneidi, a causa della loro immolazione di tanti bambini innocenti al dio Araneo, era cominciata ad essere malvista da alcuni sovrani edelcadici. Costoro, però, siccome nell'Edelcadia era tollerata la libertà di culto, non si erano mai messi ad osteggiarla con grande rigore. Perciò essi si erano astenuti dal comminare pene severe contro tutti gli appartenenti alla setta araneica. Allora, a causa della permissività dei regnanti edelcadici, aveva voluto opporsi agli Araneidi il giovane Tespo, che era un sacerdote del dio Matarum. Egli aveva deciso di estirpare alla radice la loro setta e di farla scomparire per sempre dalla faccia della terra. Così, percorrendo in lungo e in largo l'immensa regione edelcadica, alla fine il sacerdote era riuscito a raccogliere mille guerrieri valorosi, cioè quelli che erano risultati dei campioni nelle armi e nelle arti marziali. Dopo averli consacrati Guerrieri Eletti del dio Matarum, si era messo alla loro testa e li aveva guidati contro gli Araneidi.

Da buon conoscitore delle loro usanze, Tespo aveva stabilito di assalirli proprio in una notte di novilunio, quando avrebbe avuto la possibilità di ammazzarli tutti. Egli, però, volendo evitare che si avessero delle perdite ingenti fra i suoi eletti, aveva ritenuto opportuno condurre l'assalto contro i fanatici settari al termine della grande orgia. Dopo la quale, infatti, ognuno di loro sarebbe divenuto preda di un profondo sonno, oltre che massimamente impotente a reagire. Era stato in quel modo che i mille guerrieri al comando di Tespo innanzitutto avevano aggredito quelli che dormivano all'addiaccio. La loro era stata una esecuzione fulminea e silenziosa, poiché ad ogni Araneide addormentato, dopo avergli tappato la bocca, essi avevano squarciato la gola, senza fargli emettere un solo lamento. In seguito era stata anche la volta dei settari che trascorrevano la nottata all'interno del tempio, ai quali avevano riservato lo stesso mortale trattamento di quelli che dormivano all'esterno del tempio. Ma sebbene la missione fosse stata condotta a buon fine e con un eccellente risultato, Tespo non era rimasto soddisfatto come desiderava. Infatti, c'era stata la misteriosa sparizione dal tempio della somma sacerdotessa e del simulacro del dio Araneo. Le loro tracce non erano state ritrovate in nessuna parte, poiché erano sparite nel nulla, come se l'una e l'altro non fossero stati presenti nel tempio durante i tre riti religiosi. Allora, non potendosi agire con il previsto rigore nei loro confronti, a causa della loro irreperibilità del momento, alla fine egli aveva ordinato ai suoi guerrieri di dare alle fiamme il tempio e di procedere alla sua totale demolizione. A conclusione di quella vasta operazione epurativa contro la setta araneica, come egli l'aveva definita, il sacerdote del dio Matarum aveva rimandato alle loro lontane case e presso le loro famiglie i mille valorosi guerrieri. Essi lo avevano assecondato e seguito in quell'avventura contro gli Araneidi, unicamente perché l'avevano ritenuta una causa nobile e sacra.

Dopo la partenza dell'ultimo Guerriero Eletto del dio Matarum, anche Tespo se ne era ritornato ad Actina, dove aveva continuato a servire devotamente la maestosa divinità degli Edelcadi nel suo fastoso tempio, che era stato costruito in città. Oramai il giovane sacerdote avvertiva dentro di sé la più grande gratificazione, poiché si sentiva un trionfatore, per essere riuscito a sterminare alla radice tutti i seguaci dell'araneismo.