I primordi della nostra storia si perdono oltre i confini del tempo, quando Kosmos, cioè l'universo, era già stato creato da Splendor da vari milioni di anni, per esplicita richiesta di quelle divinità definite benefiche, alle quali egli aveva dato origine. Così, una volta avvenuta la sua creazione, molte di loro avevano lasciato Luxan, che era il Regno della Luce, e si erano trasferite nella novella realtà concreta, la quale risultava assoggettata alle rigorose leggi della materia e del tempo. Le divinità in questione avevano avvertito tale desiderio come un'intima esigenza che le spingeva ad attivarsi per tutti gli esseri materiali forniti d'intelligenza, a cui le medesime davano il nome di Materiadi. A costoro esse intendevano rendersi utili, a condizione che la loro condotta si ispirasse ai sani principi del bene e della giustizia. In caso contrario, li avrebbero abbandonati al loro destino, che sarebbe potuto essere unicamente precario.
Purtroppo anche un ingente numero di divinità malefiche residenti in Tenebrun, che era il Regno delle Tenebre, avevano voluto approfittare della straordinaria creazione di Splendor, raggiungendo Kosmos prima delle divinità benefiche. Gli scopi, che esse si proponevano di perseguire nella nuova realtà, sarebbero stati opposti a quelli delle loro antagoniste di natura positiva. Infatti, dopo aver seminato tra i Materiadi l'odio, la vendetta, le liti e le guerre senza fine, tali divinità avrebbero mirato a fare assumere a tutti loro un comportamento diametralmente opposto a quello che veniva caldeggiato dalle divinità benefiche. Esse, inoltre, facendo calpestare dagli stessi esseri il bene e la giustizia, avrebbero dovuto spingerli a commettere i peccati peggiori. Comunque, a questo particolare non si interesserà la storia che sta per essere narrata, poiché essa prenderà in esame i soli contrasti che verranno ad esserci tra le divinità positive e quelle negative. I quali culmineranno in un colossale conflitto, che verrà tramandato con il suo nome più appropriato, ossia Teomachia, il cui significato è "battaglia tra divinità".
Dalle divergenti opinioni, che presto verranno ad esserci tra i due divini schieramenti, sorgeranno vari contrasti insormontabili, i quali li condurranno a contese d’inaudita conflittualità ed agghiaccianti. Essi accompagneranno il lettore lungo l'intero percorso narrativo dell'opera, tenendolo in continuazione con il cuore trepido e il fiato sospeso. Per sua fortuna, ci penserà Iveon, il dio dell'eroismo, a tenergli l'animo risollevato, poiché egli si dimostrerà in ogni istante insofferente verso qualsiasi forma d'ingiustizia e di sopraffazione. Perciò lo si vedrà in azione, tutte le volte che una divinità malefica si darà a nuocere qualche divinità benefica, un popolo di Materiadi oppure un singolo essere umano. Ad ogni modo, le gesta del divino eroe seguiteranno a rifulgere pure dopo la Teomachia, per l'intero primo libro, facendolo trovare in mezzo a traversie e trionfi di ogni sorta, infiammando lo spirito del lettore. Alla fine egli verrà costretto ad andare incontro anche a talune esperienze negative, come il rapimento della sua consorte, che sarà la dea Annura.
Soltanto con l'inizio del secondo libro, quando ci troviamo in un'epoca molto più recente, prima con gli antefatti e poi con la nascita dell'eroe della nostra saga, si entrerà nel vivo delle infinite vicende che lo coinvolgeranno in principio indirettamente e in seguito in prima persona. Le quali continueranno ad avvicendarsi anche nei successivi libri, fatta eccezione del settimo, fino a raggiungere nell'ottavo di essi l’apice dell'eroismo e della gloria.
Va premesso che le grandiose vicende e le eroiche gesta di questa avvincente storia riguardano più propriamente il nostro eroe Iveonte. Ma siccome risalgono a tempi immemorabili, ne consegue che esse non sono facilmente riconducibili ad un determinato periodo storico. Per questo non riesce affatto agevole la loro collocazione in un'area geografica ben definita del nostro pianeta. A tale proposito, il lettore è lasciato libero d’inquadrarle nel periodo storico e nella regione geografica che più gli sembrano probabili oppure sente di scegliersi, secondo una propria esigenza interiore. Anche perché il tempo e lo spazio, nella storia dell’Umanità, non possono avere alcun significato per tutti coloro che si ritrovano a viverla da protagonisti.
Nelle umane vicissitudini, i soli valori a restare imperituri sono quelli etici, sociali e religiosi: essi vi vengono a germinare e a perfezionarsi, intanto che le medesime si concretizzano e vanno esprimendo il loro intenso pathos. Si tratta di valori che, quando l'uomo lo permette, lo accompagnano nel suo infinito peregrinare nel tempo, tracciandogli davanti solchi profondi di continua rigenerazione e di rinnovata perfezione. Per tale motivo il lettore, intanto che si lascia avvincere dagli innumerevoli e travolgenti episodi che popolano questa sterminata epopea, è pregato di cogliervi in modo preminente quei valori che sono universalmente accettati come immutabili ed eterni. Essi soltanto, infatti, sconfinano oltre ogni dimensione temporale e spaziale, nonché danno una giustificazione ed un fine all’evolversi del processo storico dell’Umanità.
Per quanto concerne la terminologia linguistica, è doveroso fare una precisazione. Essendo il contenuto dell’opera avulso da ogni realtà storica, si è ritenuto opportuno ricorrere a quella in uso nel nostro tempo, sebbene a volte la si possa trovare inevitabilmente anacronistica.


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