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Lettera n. 76
Dolce tesoro di un tempo,
il pentimento e il rimpianto mi derivano da un passato che, in preda alla follia, mi vide calpestare il nostro grande amore, per cui oggi essi si riverberano penosi e graffianti sulla mia pallida anima. Essa ora arretra sbigottita davanti a un simile ricordo, che può unicamente arrecarle la commiserazione di sé stessa.
Rammento ancora quel giorno in cui, ebbro di gelosia, osai ferire il tuo orgoglio e ti trattai villanamente, proprio come se tu fossi una donna da niente. Su di te feci grandinare i tanti miei improperi, che si misero ad assalirti senza né freno né misura, in un susseguirsi crescente di accuse e di offese infamanti, le quali erano solo capaci di avvelenarti ogni attimo di esistenza. In te non ci furono né ribellione né legittima difesa; mentre i miei caustici strali si avventavano contro la tua persona e ti facevano somigliare a una povera pianticella tremendamente bistrattata dalle forze della natura.
Soltanto oggi mi rendo conto che, se allora tu eri la vittima, non potevo che essere io il truce oppressore; però ai soli miei occhi, per una questione di egoismo, in quel momento la cosa non appariva in questi termini, siccome ero convinto di stare dalla parte della ragione. Ma l'animo tuo poveretto, da me tanto umiliato e dissacrato, anche se non si rivoltava mentre vivevi quei momenti drammatici, era chiaro che nel suo intimo soffriva e si struggeva, nonché si sentiva sottoposto ai clamori della mia bufera. Essa continuava a investirlo d'infiniti insulti ignominiosi, che sapevano soltanto intossicargli l'esistenza.
La tua ribellione interiore non poteva che essere soffocata; come pure si mostravano muti gl'inviti che mi facevi, perché mi giustificassi di tutto il male che ti stavo arrecando senza alcuna pietà. Inoltre, si esprimevano cupi e sommessi il tuo pianto e il tuo dolore, i quali entrambi si accompagnavano al silenzio della tua disapprovazione. Ciò nonostante, la tua angoscia riusciva lo stesso a rivelarsi al mondo esterno, eccetto che a me, immensa, profonda e struggente; direi che si palesasse del tutto in preda a un'infima prostrazione.
Per questo, dolce compagna degli anni miei più belli, per averti spinta quella volta in tale terribile frangente, mi ritrovo oggi rammaricato a vivere l'attuale disperazione che sento acuirsi dentro di me, intanto che si affligge e divampa dei rimorsi peggiori! Perdonami, amore mio, per tutto il torto che allora ti arrecai!
Il tuo amore
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