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Lettera n. 113
Mio raro tesoro,
oggi avverto un insopprimibile bisogno di scriverti ed eccomi qui a soddisfare questo mio intenso desiderio. A un tratto, mi sono sentito vacillare, spegnermi in un niente apatico e raccapricciante, provare una sofferenza debilitante e scioccante, immergermi in un delirio insensato e spersonalizzante.
Lo sai per quale motivo? Solo perché ho provato a immaginarmi senza la tua compagnia, a esistere senza il pensiero che mi conduce a te, a fare a meno di te e della tua coinvolgente essenza psichica. Quest'ultima, poi, ha cominciato a farsi strada nel mio spirito e a scandagliarlo con un fare meravigliosamente insidioso, il quale mi va ancora procurando un lirismo travolgente e disincantato.
Ti prego, mio dolce amore, scusa i miei ritardi; perdonami, se non sempre mi mostro solerte nel risponderti! Credi tu che io provi gioia, quando tardo a farti pervenire la mia risposta? Anch'io, intanto che non pongo mano alla penna per deliziarti con le mie parole, vengo preso da sgomento, la desolazione s'impossessa di me e mi fiacca l'animo e lo spirito.
Invece è il trantran di questa quotidianità che gioca sulla nostra pelle e ci ghettizza; nonché specula su ogni nostra decisione, fino a farci dipendere totalmente da essa, infischiandosi delle nostre esigenze e delle nostre aspirazioni.
Pensami sempre, tesoruccio mio caro, stammi di continuo vicina con il pensiero e con l'anima; non smettere di essere il faro delle mie scorribande intellettuali e delle mie evasioni artistiche!
Il tuo amore
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