di Luigi Orabona

 

 

L'ACCIDIA

Ci capita a volte di venire assaliti
da quel comune difetto assai insidioso
che tutti conoscono col nome di accidia;
essa quasi sempre s'instaura in noi
dopo una sconfitta o una disavventura
oppure dopo un torto ingiustamente subito.

Allora siamo portati a essere indolenti
perché ci viene a sorprendere una grande noia
verso quanto in noi o altro che ci circonda;
spesso ci mostriamo depressi e malinconici,
ci ribelliamo perfino alla nostra esistenza,
avendo smesso di aver fiducia in essa
e non ritenendola più il campo d'azione
dei nostri progetti e delle nostre speranze.

L'abulia e l'apatia riescono alla fine
a far facile breccia nel nostro spirito;
così cominciano a fiaccarlo a tal punto
che davvero gli fanno venire a mancare
la forza di reagire e quella di reinserirsi
in modo costruttivo nella propria realtà.

Non ci conviene cedere all'ignavia,
ma a essa dobbiamo reagire con l'energia
che solo ci proviene dall'intensa operosit ,
visto che l'azione è la medicina più adatta
a guarire ogni forma di grave pessimismo,
qualunque sia la causa che lo ha determinato.

L'attività ci fa pure superare ogni ostacolo,
sia esso di natura psichica o spirituale:
facendoceli essa ignorare prima totalmente,
in seguito ci permette di affrontare risoluti
una grande quantità d'impatti psicologici,
che riescono spesso a influire negativamente
sui diversi organi del nostro organismo.

Ecco perché è questa la mia raccomandazione:
quando veniamo bombardati da momenti difficili,
evitiamo di arrenderci alle prime avversità;
ma, reagendo a esse con tutte le nostre forze,
cerchiamo di dimostrarci quanto più possibile
dinamici e dediti a ogni intraprendenza.

Soltanto combattendo la nostra battaglia
con grande volitività e senza mai arrenderci,
possiamo essere certi che non affonderemo
nell'umiliante disistima di noi medesimi;
né correremo il pericolo di dover mortificare
ancor più gravemente la fine sensibilità
del nostro spirito che si presenta abbacchiato.